Miglior Giocatore - Luis Suarez
Per la serie chi l'avrebbe mai detto...il miglior giocatore della miglior squadra, incidentalmente pure vincitrice. Abbiamo già tessuto le sue lodi in lungo e in largo, aggiungo solo qualche postilla sulla sua crescita.
Rispetto a questi tempi http://aguantefutbol.blogspot.com/2009/11/luis-alberto-suarez.html il giocatore si è molto sviluppato, e la seleccion celeste ha giocato un ruolo fondamentale. Nell'Ajax ha imparato prima a fare il punto di riferimento offensivo chiudendo la stagione 2009/2010 con 49 gol. Segue il Mondiale 2010, dove ha fatto un salto di qualità importante dal punto di vista della personalità, con gol e giocate belle e importanti quando contava, per poi raffinarsi nel semestre successivo come punta esterna prima di passare al Liverpool dove fa di fatto la seconda punta con compiti di rifinitura.
Fisicamente è diventato più forte, è migliorato nella corsa e nella resistenza, ha imparato a smarcarsi benissimo senza palla e tecnicamente prende sempre più fiducia nei suoi mezzi celestiali.
Migliorato sotto ogni aspetto nel giro di due anni. Dove arriverà?
Capocannoniere - Josè Paolo Guerrero
Il nome a sorpresa, dalla sorprendente terza classificata.
Davanti ai vari Pato, Messi, Tevez, Neymar, Higuain, Forlan, Suarez, da simbolo e trascinatore del Perù, Josè Paolo Guerrero con 5 gol (e una tripletta nell'ultima partita col Venezuela) è diventato il miglior marcatore della Copa.
Un traguardo personale importante per una punta che ha sempre dimostrato tanto talento quanta fragilità fisica. Nelle giovanili del Bayern (dove arriva sulla scia di Claudio Pizarro) segna a raffica, ma trova poi poco spazio in prima squadra. Va quindi all'Amburgo dove negli anni è tormentato da continui problemi fisici che lo limitano moltissimo.
Nella Copa la salute lo ha assistito per un mese, e si è visto un attaccante completo e maturo. A 27 anni sa reggere da solo il reparto offensivo, ha forza fisica, tecnica e intelligenza per difendere palla, tenerla e giocarla, producendo assist, gioco e soprattutto gol. Di pregevolissima fattura in particolare il secondo gol personale contro il Venezuela, dove ha saltato un disorientatissimo Vizcarrondo con una finta di rara fattura.
Attendiamo conferme, sarebbe una bella scoperta per il calcio.
Uruguay-Paraguay 3-0
12' Suarez, 42', 89' Forlan
E' finita come doveva finire. Una piccola, piccolissima nazione di nemmeno 3.500.000 anime di trova sul tetto del Sud America.
Inutile girarci attorno: l'Uruguay ha dominato la finale ed è stata la miglior squadra della manifestazione. L'unica ad andare in crescendo, a reagire dopo un inizio balbettante, a mostrare a tutti gioco, garra, capacità tattiche e l'immenso talento dei suoi uomini simbolo, il 10 e il 9, Diego Forlan e Luis Suarez.
El Cachavacha aveva l'incubo del gol in questo torneo, e l'ha sconfitto grazie a una doppietta di sinistro, che lo consacra miglior marcatore di sempre della seleccion celeste con 31 gol (ma Suarez a 21 incalza, eccome). Due gol ovviamente decisivi, come spesso nella carriera di Forlan (vedi doppietta in finale di Europa League), nel contesto di una partita giocata da dominatore vero, con totale controllo del gioco e della sua, pronome possessivo da intendere in senso letterale, squadra. Accanto a lui Luis Suarez, grandissimo talento da 111 gol nell'Ajax, si è consacrato giocatore di spessore forse unico per completezza tecnica assoluta. Prima punta, seconda punta, rifinitore non fa differenza, la scuola-Forlan non mente, e i suoi 4 gol sono la ciliegina su un torneo giocato da miglior giocatore, Guerrero permettendo.
Conferma importantissima dopo il Mondiale per la miglior coppia d'attacco a livello di nazionali.
Contro di loro il Paraguay ha potuto fare davvero poco.
Solita strategia: Justo Villar contro tutti, e speriamo che Dio sia paraguaiano.La rinuncia questa volta a Lucas Barrios per impostare una squadra ancora di più votata alle ripartenze veloci sa tanto di ennesima prova di catenaccio. I primi minuti sembravano il solito copione, con grandi parate del portiere e salvataggi vari tra il miracoloso, l'illecito (mani nette di Ortigoza) e il disperato, ma la ruota gira per tutti come dimostra la doppia deviazione che ha portato all'1-0 e la traversa centrata da Valdez nel secondo tempo.
Dopo aver subito il primo gol della fase a eliminazione sono venuti fuori tutti i limiti di questo tipo di calcio, sia per sterilità offensiva che per difficoltà a difendere quando si devono spostare degli uomini in attacco. Il Paraguay merita più di questo calcio e i talenti li ha, come Zaballos, Estigarribia, Valdez, Barrios, Santa Cruz (se stesse in piedi), Barreto e Ortigoza, lento quanto volete, ma uno dei pochi registi veri visti in tutta la Copa. Per quanto riguarda difesa, portiere, garra e voglia di sacrificarsi se ne trova pure troppa.
Forlan corona così un sogno che sa tanto di tradizione di famiglia, avendo suo nonno e suo padre già vinto la Copa, e regala al suo paese la quindicesima vittoria che porta l'Uruguay ad essere primo nell'albo d'oro staccando l'Argentina ferma a 14. Una bella iniezione d'orgoglio dopo il quarto posto ai Mondiali per un paese che si considera il padre del calcio con le due vittorie olimpice del '24 e del '28 seguite dai Mondiali 1930 e 1950.
L'Uruguay ha portato a casa la sua Copa, in Argentina dopo aver eliminato i padroni di casa. Come l'ultima volta che la Copa si era giocata nella terra di Maradona.
Tutti tranquilli in Brasile per i Mondiali 2014?
Paraguay-Venezuela 5-3 d.c.r.
Primo non prenderle. E' questo il sottotitolo della finale meno nobile della Copa, nonchè la filosofia assoluta del Paraguay finalista.
La squadra del Tata Martino è arrivata in fondo pareggiando sempre, in particolare dopo la fase a gironi con zero gol fatti e zero subiti in due partite, vincendo con Brasile e Venezuela ai rigori. Non esattamente un ricettacolo di calcio spettacolo, catenaccio vecchio stile, ripartenze dosate quanto basta, senza nemmeno preoccuparsi troppo di tirare in porta, che tanto a salvare tutti ci pensa Justo Villar.
Già, lo sconosciuto (in Europa), portiere albirojo è il vero eroe della manifestazione per il Paraguay. Finora si è opposto a tutti e tutto, aiutato da una discreta dose di fortuna quando non poteva essere decisivo in prima persona (vedere i tre legni colpiti dal Venezuela).
Per il resto Martino anche contro la vinotinto rinuncia completamente ad attaccare dopo aver perso anche Estigarribia per un affaticamento, mette in campo tutti i mediani e i difensori che ha e per non correre rischi fa fare il tornante pure a Haedo Valdez. La fase offensiva è così ridotta ai lanci lunghi del pur ottimo Nestor Ortigoza e qualche ripartenza su calcio d'angolo avversario.
Paradossalmente il Venezuela del Mourinho sudamericano Farias gioca molto meglio avendo mezzi inferiori. Almeno ha un'idea di gioco collettivo al di là della difesa a oltranza, come già dimostrato in altre partite. Perdono un pò per l'assenza di Tomas Rincon in mezzo al campo e soprattutto di Fedor Mikù in attacco (un caso che sia stato escluso dopo aver detto che la cultura storica dei bambini venezuelani deve andare oltre al solo Chavez?), ma ci provano con orgoglio e soprattutto con gli insidiosi calci piazzati di Juan Arango. Del resto questo Venezuela è riuscito in una sola edizione a pareggiare le vittorie totali ottenute nella storia della Copa (erano 2 in 14 partecipazioni, ora 4 in 15), raggiungendo una storica semifinale e mettendo in mostra qualche discreto giocatore. Chavez ha ordinato che il calcio doveva dare speranza di vittoria e la nazionale è cresciuta negli anni, un altro caso?
Perù-Uruguay 0-2
53' e 58' Suárez
L'Uruguay punta senza mezzi termini al record solitario di vittorie in Copa e non è un pur volenteroso Perù a fermare i ragazzi di Tabarez.
Da eterni sottovalutati a favoriti d'obbligo nel giro di due settimane. This is football cari miei.
Markarian sogna di ripetere la grande prestazione d'esordio e manda in campo la solita formazione molto organizzata e attenta.
Nel primo tempo il suo Perù resiste alle offensive celesti anche con un pizzico di fortuna e riesce a contrattaccare guidata dai suoi leader tecnici Vargas, Guerrero e Cruzado. Dai loro piedi parte tutto il gioco della nazionale con la banda.
L'Uruguay cambia ancora una volta pelle sotto le indicazioni del Maestro. Nella prima partita le verticalizzazioni improvvise peruviane erano state letali (vedasi gol di Guerrero), quindi Tabarez sfrutta la duttilità tattica di Caceres per impostare una difesa molto mobile, capace di passare da 3 a 4 elementi a seconda delle necessità. L'altra novità, questa volta forzata, è Walter Gargano in mediana al posto dello squalificato Diego Perez. Col giocatore del Napoli si perde in fisicità, ma si vede qualcosa di meglio in costruzione. Opzione da non sottovalutare.
La celeste soffre qualcosa sulle invenzioni di Vargas, ma si applica bene per contenere le offensive avversarie e soprattutto ripartire. Forlan e Suarez sono una spanna sopra a tutti e gli inserimenti di Alvaro Pereira e Alvaro Gonzalez sono sempre pericolosi.
Primo tempo tutto sommato di studio.
Nella ripresa si scatena Luis Suarez con una doppietta nel giro di 5 minuti. Il primo gol nasce da una conclusione dalla distanza di Forlan (col mancino), che il portiere respinge lateralmente. Qui è bravissimo il numero 9 a centrare lo specchio della porta da posizione defilata. Il secondo gol nasce da una splendida intuizione di Alvaro Pereira che con un gran lancio pesca Suarez libero in mezzo ai due centrali. Saltato il portiere, resta solo da appoggiare comodamente nella porta sguarnita.
Il Perù tuttavia non scompare dal campo e ci prova ugualmente. La resa formale è al minuto 69, quando Vargas viene espulso per una folle gomitata a Coates. Del resto sarà chiamato el Loco per qualche motivo...
Alla nazionale del Mago Markarian resta l'onore delle armi. Per tutto il torneo ha messo in mostra organizzazione e gioco. Nessun catenaccio (qualunque riferimento al Paraguay è puramente intenzionale), grande fase difensiva e ripartenze ben organizzate.
Oltre ai già noti numeri 9 e 6, sono da evidenziare altri giocatori. Cruzado da regista offensivo ha saputo anche sacrificarsi come vertice basso, mettendo in mostra un sinistro ottimo nell'impostazione. Lo vedremo a Verona sponda Chievo. Advincula, classe 90, è un bel motorino con fisico, sacrificio e buona gestione della palla. Infine Balbin, mediano difensivo in grado di fornire un fondamentale equilibrio.
L'Uruguay dal canto suo ha un paio di eroi silenziosi.
Arevalo Rios sta disputando una Copa sul livello dello scorso Mondiale. Fisicamente una roccia, corre anche per gli squalificati, si vede ovunque e non lascia respirare nessuno dalle sue parti. In impostazione niente di che, ma ovviamente il suo ruolo è un altro. Straordinariamente continuo e pronto tatticamente per un giocatore che l'Europa l'ha vista solo sulla carta geografica. Martin Caceres sta invece stupendo tutti, in primo luogo i dirigenti della Juventus che non hanno creduto in lui. Applicazione eccezionale da terzino sinistro puro, a suo agio nella difesa a tre dopo una stagione da centrale a Siviglia. Velocissimo, forte fisicamente e di testa, sicuro dei suoi mezzi tecnici, non è ovviamente un terzino di spinta specie sulla sinistra, ma una pedina preziosissima della difesa di Tabarez, che grazie a lui può passare da 3 a 4 elementi senza problemi. La grande personalità, spesso anche eccessiva in passato, l'ha dimostrata battendo il rigore decisivo contro l'Argentina. Classe '87, potrebbe essere stato scartato dalle grandi troppo di fretta. Infine Alvaro Gonzalez. Il giocatore della Lazio non è Cavani come qualità, ma è un esterno di ruolo al contrario del napoletano. Sa coprire la fascia e gestire la palla, ed è stato encomiabile contro l'Argentina ad inventarsi interno di centrocampo in inferiorità numerica. Pedina non molto appariscente ma utile. Menzione speciale per Sebastian Coates, difensore classe 90 che ha esordito in nazionale in questa Copa senza alcuna paura e con tanta personalità.
Se tutto questo gira dietro le spalle dei due migliori giocatori del torneo, Forlan e Suarez, si capisce perchè l'Uruguay è la favorita d'obbligo.
Flop
Argentina: ovviamente la grande delusione del torneo. Batista ha progressivamente perso di mano la situazione e i singoli non sono riusciti a salvarlo. Non si può basare il proprio gioco unicamente sulle accelerazioni di Messi e sugli spazi che conseguentemente si creano. Il tanto criticato Leo ci ha provato giocando praticamente solo da rifinitore, ma si è spento in fretta, e alternative di gioco non ce n'erano. In più dopo l'espulsione di Diego Perez è subentrata quella supponenza di chi è sicuro prima o poi di segnare (non a caso progressivamente l'Uruguay ha preso in mano la partita). All'ennesima rifondazione degli ultimi anni, serve al più presto un allenatore che sappia dare un gioco che prescinda da Messi e dai suoi capricci. Ma soprattutto l'erede di Juan Roman Riquelme.
Attacco del Brasile: trabordante di talento quanto inefficace. I vari Robinho, Neymar, Ganso e Pato sembrano spesso più preoccupati di cercare la rifinitura spettacolare, il numero, l'estetica piuttosto che concentrarsi sul gioco. Sono giovani e si faranno, ma l'impostazione mentale non è delle migliori. A questa si aggiunge un problema generale di personalità in una squadra che non ha un leader al di sopra della difesa. In certi momenti il pallone è pesantissimo e si vede troppo. Lavori in corso in vista 2014, molto più in alto mare di quanto si pensasse.
Calci piazzati (difesa e battitori): i calci piazzati sono fondamentali nel calcio moderno. Ma evidentemente certe squadre (Cile e Argentina) sottovalutano l'importanza di saper schierare la difesa in queste circostanze. La roja è stata abbattuta dal Venezuela con due calci di punizione e l'albiceleste è stata letteralmente messa in croce da Forlan. Parlando di lui, è clamorosa l'assenza di veri tiratori nelle squadre di maggior talento. Brasile e Argentina non hanno uno specialista di questo aspetto del gioco.
Rigori: inspiegabile e indecente che il Brasile ne sbagli 4 su 4, col solo Thiago Silva a centrare (male) la porta. Il terreno sarà stato pessimo, ma qui parliamo di errori tecnici clamorosi sul tiro.
Campi da gioco: come detto poco fa, spesso e volentieri abbiamo visto terreni in condizioni pessime. Chi segue il calcio argentino sa che il problema è diffuso, si sperava qualcosa di meglio per la Copa America giocata in casa dopo 22 anni.
Top
Garra: che sia india o charrua, è stata il marchio di fabbrica delle nazionali non favorite in questo turno. Non hanno mollato nulla su nessun pallone, costruendo la vittoria centimetro dopo centimetro, superando i propri limiti e l'inferiorità tecnica. Fa spesso rima con personalità, pur sfociando in atteggiamenti eccessivi (Uruguay e Paraguay hanno picchiato come i fabbri), e per raggiungere certi obiettivi si conferma fondamentale.
Fisicità: unita alla garra, componente fondamentale per vincere nel calcio moderno. Troppo delicati e molli (fighette si direbbe colloquialmente) i brasiliani, troppo piccoli gli argentini e un misto tra i due i cileni. La superiore fisicità di Paraguay, Uruguay e Venezuela ha lasciato il segno, anche a livello di contrasti. Eccezione la Colombia, che unisce a grandi fisici una velocità unica, ma è stata condannata da errori individuali.
Calci piazzati (attacco): assolutamente letali coi saltatori e i battitori adatti, hanno fatto la fortuna di Venezuela, Uruguay e Perù. Nel calcio moderno si stima che il 70% dei gol nascano da queste situazione, che necessariamente vanno studiate con molta attenzione.
Registi offensivi: figura fondamentale quanto ormai sottovalutata. Quando non basta un dribbling o una giocata singola, servono loro a prendere in mano la squadra. L'ingresso di Valdivia pur non bastando ha scosso il Cile, Ganso pur a terra fisicamente coi suoi tocchi di prima ha illuminato e dato speranza al Brasile. Senza di loro il gioco è troppo limitato di fronte a difese combattive e sempre più organizzate.
Tempi supplementari: appena introdotti, subito decisivi. Tre partite su quattro hanno superato i regolamentari, a testimoniare un grande equilibrio.
Organizzazione difensiva: il vero tratto caratteristico di questa Copa, nonchè il più grande miglioramento del calcio sudamericano, già dimostrato anche da alcuni club. Nessuna squadra ormai va in campo senza essere ampiamente preparata su come difendere contro i singoli giocatori. L'applicazione tattica marchio di fabbrica europeo si sta diffondendo e non a caso abbiamo molti risultati sorprendenti, spesso con scarti minimi, ed è sempre più la squadra a fare differenza rispetto al singolo. Il calcio cresce.
Flop
Alexis Sanchez: è di sicuro il giocatore più forte del Cile e proprio per questo da lui ci si aspettava qualcosa di più di un gol e qualche dribbling. Tanta tecnica, rapidissimo sul breve, fulminante nel dribbling, ma poi? Tiro poco, passaggi il giusto, tuffi in quantità industriale. Quanto gli mancano le praterie della Serie A, contro le difese chiuse la musica cambia.
Gary Medel: il pitbull è l'equilibratore assoluto di tutta la sua nazionale. Per questo il secondo giallo per tocco di mano a centrocampo è un'ingenuità imperdonabile. Il Venezuela tutto ringrazia.
Carlos Tevez: il vero trascinatore della nazionale argentina degli ultimi anni scompare proprio nella Copa America di casa. Gli è stato chiesto di giocare fuori ruolo con sacrificio, vero, ma la personalità e la garra che lo hanno reso famoso non si sono viste mai. Il rigore sbagliato è il punto piu basso della sua carriera con l'albiceleste. Se tornerà anche in Brasile, possiamo parlare di carriera finita.
Luis Martinez: ha sulla coscienza entrambi i gol del Perù, con errori tanto gravi quanto decisivi.
Radamel Falcao: giudizio severo perchè il suo contributo è fondamentale per la Colombia. Ma il rigore sbagliato condanna la sua nazionale a uscire ai quarti. Pazienza, la Colombia è il futuro.
Andrè Santos: faceva prima a giocare con la maglia del Paraguay. Impreciso e poco lucido in attacco, sbaglia praticamente tutte le giocate anche solo vagamente decisive e in più è irritantemente lezioso. Per completare l'opera calcia il rigore direttamente in Uruguay, e il terreno è assolutamente l'ultima delle componenti.
Pato: ribadisco quanto già detto: non ha fatto male, ma se si mangia due gol a partita qualcosa non va. Dell'attacco del Brasile doveva essere il punto di riferimento, probabilmente non è ancora maturo per un compito simile. Ci risentiamo nel 2014.
Top
Gabriel Cichero: un gol e due salvataggi sulla linea. Basterebbe a diventare eroe nazionale ovunque, figuriamoci nell'assoluta Cenerentola della competizione.
Diego Forlan: lui ha quello che manca a tutti gli altri presunti leader delle altre grandi. Personalità, classe, talento da vendere. Pur senza segnare è praticamente tutto l'Uruguay dal centrocampo in su, ma invece che lamentarsi come altri (Messi e Tevez tanto per non fare nomi) corre, prende calci e cerca di creare. I suoi calci piazzati sono una sentenza, nessun'altro nell'intera Copa America li batte come lui.
Luis Suarez: la metà perfetta di Forlan. Il giocatore più completo visto in Argentina, tra talento, tecnica, pericolosità sotto porta, assist, forza fisica, corsa e intelligenza tattica. Poco pubblicizzato per motivi misteriosi, giocatore verissimo.
Diego Lugano: un gigante. Posizione e forza, soprattutto personalità e garra. Il capitano ideale per l'Uruguay.
Fernando Muslera: il vero incubo degli argentini. L'ex portiere della Lazio si esibisce in una prestazione monstre parando tutto quello che passa dalle sue parti.
Justo Villar: riserva nel Valladolid, idolo assoluto in Paraguay. Misteri del calcio. Il Brasile poteva stare a tirare anche due giorni e non sarebbe servito a nulla.
Nelson Haedo Valdez: ok, segna poco o nulla e si sa. Ma un attaccante con un impatto fisico simile è davvero raro. Il Paraguay ha praticamente un giocatore in più. indemoniato contro il Brasile.
Flop
Sergio Batista: ha avuto il coraggio di andare contro le sue idee, di mettere tutto in discussione ed è stato premiato. Da qui a convincere nella gestione ce ne passa. Perchè Di Maria trequartista quando è un esterno e Pastore in panchina? Perchè epurare totalmente i vari Banega e Tevez facendoli passare per gli unici colpevoli? Si cresce a piccoli passi in fondo.
Difesa del Brasile: già incerta nelle prime partite regala letteralmente due gol a Caicedo, non esattamente tra gli attaccanti top del mondo. Lucio supponente nei disimpegni, Thiago Silva distrattissimo sull'uomo e Julio Cesar di cui abbiamo già parlato. Certo, il centrocampo dovrebbe aiutare, ma qui parliamo di alcuni tra i migliori difensori in attività.
Messico: ok che era la nazionale giovanile, ok che ne hanno dovuti mandare a casa alcuni per motivi disciplinari. Ma almeno qualche minima cosa si poteva provare a fare, come dimostrano i risultati della Costa Rica. Il Messico in questa Copa America è esistito fino alla fine del primo tempo della prima partita contro il Cile.
Paraguay: qualificazione ottenuta a parte, è preoccupante la tendenza a pareggiare sempre. Anche in vantaggio 3-1 al minuto 44 contro il Venezuela. Problemi tattici e di attenzione non da poco per una nazionale tra le migliori.
Top
Argentina: grazie a una formazione finalmente sensata trova gioco, gol e numeri. Il risultato è bugiardo rispetto al dominio assoluto messo in mostra dalla squadra di casa. Messi con una prima punta a liberarlo dalle marcature diventa devastante e regala assist a chiunque corra attorno a lui. Si giocava contro la Costa Rica, è vero, ma adesso il gioco si fa duro. E l'Argentina vuole cominciare a giocare.
Venezuela: la vera sorpresa del torneo, nonchè l'assoluta presente senza invito alle fasi a eliminazione. Nessuno ci avrebbe scommesso nulla, ma la squadra di Cesar Farias sa stare in campo, prova anche a giocare e ha il carattere tipico dei sudamericani. Non hanno nulla da perdere, mina vagante.
Oscar Washington Tabarez: per la terza volta in tre partite ridisegna il suo Uruguay, e ha sempre ragione lui. Siamo ancora lontani dai livelli del Mondiale 2010, ma soprattutto per colpa dei suoi attaccanti. Il Maestro ha l'obiettivo ambizioso di restituire la celeste all'Olimpo del calcio mondiale e con le sue idee ci può arrivare.
Flop
Julio Cesar: ai limiti dell'imbarazzante, è fortunato che il Brasile vinca malgrado lui. Non è la prima volta che gli capita quest'anno ed è decisamente un brutto segnale. Sveglia Julio.
Luis Jimenez: in un Cile senza 7 titolari poteva e doveva prendere in mano la squadra. Alla fine si nota più per le proteste a vuoto che per qualcosa di decente sul campo. Ma forse sbaglio io a chiedere leadership a un giocatore che a 27 anni decide di andare negli Emirati Arabi.
Humberto Suazo: centravanti atipico tutto tecnica e movimento che ha sempre segnato tanto nei club, nel Cile mi dà sempre l'idea di sentirsi troppo Ronaldo. Cerca sempre e ostinatamente la soluzione più difficile, sbagliando. La Roja avrebbe bisogno della fisicità di una punta vera alla Pinilla in attacco...
Diego Forlan: dal Pallone d'Oro e capocannoniere del Mondiale 2010 non ci si può accontentare di buone prestazioni. Non ha ancora segnato e contro il derelitto Messico ha preso un palo clamoroso a botta sicura. Il gol gli manca di sicuro (non segna in nazionale da un anno), ma anche nella gestione della palla non è fantastico come ai Mondiali. Deve ritrovarsi perchè contro l'Argentina sarà dura.
Top
Gonzalo Higuain: personalmente non una grande partita, ma è l'uomo simbolo della svolta dell'Argentina. La sua presenza in campo permette a Messi di giocare, e non è esattamente poco. Punto di riferimento fondamentale.
Fernando Gago: l'eroe che non ti aspetti. Quello che non gioca da due anni tra scelte tecniche e problemi fisici risponde alla chiamata di Batista, tecnico alla disperata ricerca di un centrocampista di regia. Organizza il gioco, lancia, contrasta, si inserisce e da fuori trova il tiro che sblocca una partita che si stava complicando.
Maicon: detto in breve, indispensabile in qualunque squadra che non si chiami Barcellona. Li può giocare al suo posto Dani Alves, ma solo li. Fisicità straripante, tecnica, miriadi di cross, sostegno offensivo costante e attenzione difensiva. Distrugge praticamente da solo la difesa dell'Ecuador.Non è un caso che in mezza Europa gli piazzino davanti diversi giocatori di corsa per fermarlo.
Renny Vega: ha sulla coscienza qualche gol, ma la sponda di testa per il gol del 3-3 del Venezuela all'ultimo minuto è aneddoto da raccontare ai nipotini.
William Chiroque: se al Cile mancavano 7 titolari, al Perù addirittura 9, e le seconde linee non sono esattamente dello stesso livello. L'esterno peruviano si mette in mostra per tempi di inserimento e controllo della palla, mandando spesso in tilt la distratta difesa cilena.
Radamel Falcao: che sapesse segnare non c'erano dubbi dopo i 17 gol in Europa League che gli sono valsi un record storico (e la vittoria del trofeo). Vederlo giocare così anche lontano dalla porta è un'ulteriore conferma del suo alto livello. Bravissimo e preciso nelle sponde, forte fisicamente, ottimo tecnicamente, fa da punto di riferimento dell'intera squadra, che si appoggia a lui e riparte in velocità. In una squadra più offensiva sarebbe ben oltre i 2 gol.
Pablo Armero: motorino instancabile sulla fascia, sembra addirittura trovarsi meglio da terzino puro che non da esterno nel 3-5-2 come nell'Udinese. Grandissima continuità negli inserimenti, velocissimo e con un cambio di passo letale, dimostra anche di avere il piede per crossare. Chiunque affronterà la Colombia avrà un problema.
Felipe Caicedo: una doppietta al Brasile è qualcosa da raccontare. Il centravanti del Levante dimostra tutta la sua forza fisica e segna con entrambi i piedi, segnale importante. Classe'88, vedremo cosa farà nella prossima Liga.
Flop
Argentina: stessi problemi di pochi giorni fa e stesso inevitabile giudizio. La Seleccion di Batista non ingrana e rischia il tracollo, salvata da Romero e dall'imprecisione delle punte colombiane. Dopo il passo falso iniziale contro la Bolivia era lecito aspettarsi una svolta tattica e mentale, ma il nuovo fallimento non fa che aumentare la già elevata pressione sulle spalle di Messi e soci. A completare il quadro ci pensano le voci di un clima particolarmente teso all'interno dello spogliatoio.
Brasile: il gol di Fred a pochi secondi dal fischio finale salva i verdeoro da una disfatta clamorosa, permettendo loro di poter mantenere più o meno intatte le speranze di accedere alla fase ad eliminazione diretta. Tuttavia la squadra di Mano Menezes mette in mostra un altro brutto spettacolo figlio dell'insopportabile supponenza dei giocatori offensivi e della pochezza in fase di costruzione di un centrocampo che, partita dopo partita, appare sempre più un corpo estraneo al resto della squadra. Un segnale d'allarme arriva inoltre dal reparto arretrato, messo in grossa difficoltà dalle scorribande di Estigarribia e dal continuo movimento fra le linee di Roque Santa Cruz.
Centravanti dell'Argentina: flop indirettamente assegnato a Batista e a Leo Messi. Come ha detto giustamente Stefano Borghi, all'Argentina non puoi togliere due cose: la parrilla e il centravanti. Il 9 del Checho è Leo Messi, ma la Seleccion non è il Barcellona e Messi non è una punta centrale. Escludere Higuain è una scelta incomprensibile da qualsiasi punto di vista, dal momento che il Pipita ha avuto fin dall'inizio un impatto devastante su una nazionale orfana per anni di un degno erede di Batistuta.
Esultanza di Caressa: serve parlarne? Il "simpatico" omaggio alla Copa America ha fatto rabbrividire Beppe Bergomi, i telespettatori, il compianto polpo Paul e pure il Burro Andrés. Nella speranza che non l'abbiano sentito i diretti interessati, vale la pena porgere la nostra totale solidarietà al Paraguay, inspiegabilmente (o fortunatamente, dipende dai punti di vista) escluso dall'entusiasmante iniziativa. Non ci resta che sperare in una prematura eliminazione della Seleçao.
Tifosi argentini: no, non parliamo dei fischi e degli insulti a Messi e compagni, ma della folle idea di invocare il ritorno di Maradona alla guida della Seleccion. La frustrazione provocata dal non-gioco della squadra di Batista e dalla figuraccia con la Colombia scampata per miracolo è più che comprensibile, ma non è un po' troppo?
Top
Costa Rica: la vera sorpresa di giornata. Contro la Bolivia parte soffrendo e rischia di perdersi, ma con il trascorrere dei minuti prende campo e controllo del gioco, fino a dilagare nel finale. Tante occasioni, una traversa clamorosa e un rigore fallito: il risultato non rende merito alla prestazione dei ragazzi di Gustavo Quinteros. Da non dimenticare che la selezione centroamericana, invitata dopo il forfait del Giappone, è praticamente una nazionale Under, composta in larga parte da giovani giocatori che, consapevoli dei propri limiti tecnici, si fanno sempre più apprezzare per dedizione e sacrificio.
Perù: dopo aver fermato l'Uruguay di Forlan, una delle favorite di inizio torneo, la squadra andina si ripete e ottiene i tre punti sconfiggendo il giovane Messico. Questa volta l'undici di Markarian dimostra di non essere solo in grado di difendersi e cercare di ripartire con palloni lunghi verso la punta, ma offre un buon gioco fatto di possesso palla, scambi stretti e inserimenti. Guerrero, già in rete contro la Celeste, segna anche questa volta e ha altri due palloni buoni per trafiggere il bravo e fortunato Luis Michel, salvato per ben due volte dai legni sulle conclusioni del capitano peruviano Juan Manuel Vargas.
Venezuela: riconferma tra i Top della Copa America 2011 per la Vinotinto, che, grazie al gol del Maestrico Gonzalez, vola in testa al gruppo B, lasciandosi alle spalle la strafavorita Brasile e il Paraguay. Un risultato straordinario per una delle nazioni calcisticamente meno nobili del continente sudamericano, tanto da far scatenare il Presidente Chavez sui social network dopo lo strepitoso gol del suo numero 11.
Gol del Cile: merita una citazione la stupenda azione della Roja conclusasi con la rete della stella Alexis Sanchez. Dopo un primo tempo incolore Borghi azzecca il cambio e getta nella mischia il Mago Jorge Valdivia, giocatore sublime che lo ripaga subito trovando un corridoio impossibile per servire Beausejour. Per l'ala è facile servire palla all'accorrente Sanchez, abile e scaltro nel trafiggere l'incolpevole Muslera con una velenosissima conclusione di punta.
Tifosi di Cile e Paraguay: al di là di qualche inevitabile comportamento sopra le righe, i tifosi della Roja e dei Guaranì, seppur facilitati dalla posizione geografica, hanno risposto con straordinario entusiasmo agli appelli delle rispettive nazionali, invadendo letteralmente gli stadi e le città argentine. Memorabili le immagini del traffico proveniente dal Cile verso Mendoza.
Flop
Edinson Cavani: bello giocare a Napoli da prima punta con le praterie davanti. In Uruguay gli tocca soffrire e portare la croce in un lavoro fisico che disperde interamente le sue qualità da punta. In più si è infortunato.
Ezequiel Lavezzi: tatticamente formato dai campetti di periferia, e li è rimasto. Prende palla e corre in avanti, a prescindere da ciò che succede attorno a lui. Ciliegina sulla torta, sbaglia un gol in uno contro uno col portiere. L'Argentina ne avrebbe avuto un bisogno folle.
Lionel Messi: infierire non è mai piacevole, ma stavolta unisce a una partita totalmente irritante un atteggiamento passivo, rinunciatario e svogliato che lo fa anche discutere con Burdisso. Bei tempi nelle nazionali giovanili, quando la pressione non esisteva.
Neymar: talmente voglioso di dimostrare il suo immenso talento da cercare sempre la giocata più difficile. Il problema è che non solo la sbaglia, ma si intestardisce anche. Ragazzo da educare.
Daniel Alves: anche per lui vita dura fuori da Barcellona. Dopo una carriera vissuta all'ombra di Maicon aveva una ghiottissima occasione con Menezes, che lo preferisce all'interista in ottica 2014. Non incidere in attacco e regalare un gol al Paraguay non rientrano nei modi per tenersi il posto.
Pato: nel complesso non fa neanche male in un ruolo in prospettiva molto interessante per lui. Ma se sbaglia un gol a partita la sua squadra soffre, e se è il principale riferimento offensivo la questione si aggrava.
Top
Juan Manuel Vargas: opzione fondamentale dell'attacco peruviano, distrugge la difesa messicana colpendo un palo su azione e una traversa su punizione. Con lui in campo il Perù può sempre inventare qualcosa e l'asse con Guerrero funziona a dovere.
Joel Campbell: giovane sorpresa della Costa Rica che gioca senza alcun riposo avendo disputato anche la Gold Cup, si disimpegna bene sia da ala che da prima punta. Mancino, unisce una buona corsa a capacità di inserimento, controllo di palla e fantasia. Un gol, un assist col destro, una traversa su punizione. Magari non sarà il nuovo Eto'o, ma c'è tanto talento sotto la superfice.
Alvaro Pereira: con lui titolare in mezzo al campo l'Uruguay è arrivato quarto ai Mondiali 2010. Nel Porto fa il terzino, ma da interno garantisce corsa, inserimenti, sovrapposizioni e pressing. Utilissimo nella tattica di Tabarez, il gol non viene per caso e rappresenta il giusto premio.
Jorge Valdivia: chi segue il calcio sudamericano sa che el Mago è giocatore tutto genio e sregolatezza. Giocate da campione vero come il filtrante sfoderato in occasione del gol di Alexis Sanchez sono uniche, e dalla panchina si rivela arma preziosissima per Borghi per illuminare il gioco del Cile. Trova spazi dove non ce ne sono.
Mario Yepes: centrale di fisicità e solidità impressionanti, leader carismatico della Colombia. Peccato sia esploso così tardi.
Marcelo Estigarribia: perseguiterà i sogni di Dani Alves a lungo. Il numero 2 del Brasile non riesce mai a contenerlo e il paraguaiano è abilissimo a soffiargli la palla per regalare a Nelson Valdez l'assist del 2-1. Velocissimo e resistente, la notizia è la sua qualità palla al piede. Cross e dribbling da ala vera, in grado di mettere in difficoltà qualunque difesa. Classe '87, da seguire.
Jadson: il metronomo dello Shaktar ha finalmente un'occasione in nazionale e regala il primo gol della competizione al Brasile. Non ha dribbling e numeri di Robinho, ma sa giocare coi compagni, muovere la palla e dare geometrie.
Paolo Henrique Ganso: sprazzi di classe da vero numero 10. Gioca praticamente sempre di prima e regala due assist. L'impressione è che con un altro centrocampista vicino (che sia Jadson o Elano) che possa aiutarlo a impostare renda molto meglio.
Flop
Uruguay: Tabarez presenta una squadra ancora più offensiva di quella dei Mondiali 2010, aggiungendo un trequartista come Lodeiro alle sue tre punte titolari. I problemi nascono dall'origine del gioco (troppo poveri tecnicamente i mediani, inizialmente poco coinvolti i terzini) e dalla scarsa vena dei giocatori di maggior talento. La squadra ha tante soluzioni, ma deve ritrovare umiltà e voglia di lottare. Troppo senso di superiorità e troppo leziosismo.
Argentina: LA favorita per eccellenza, la squadra di casa col miglior giocatore del mondo alla prima strappa solo un pareggio alla Bolivia. L'Argentina ha mostrato di colpo tutti i suoi problemi di organico e di gioco. Manca totalmente un terzino a sinistra come un centrocampista che sappia inserirsi e non solo far girare palla, e magari per sbloccare la partita sarebbe il caso di ricordarsi di Higuain e Milito. In più, tutti i giocatori di maggior talento appaiono tarantolati. Batista ha addosso la pressione di una nazione che non vince da 18 anni, reggerà dopo questo inizio?
Brasile: Mano Menezes è coerente e manda in campo la formazione che ha deciso fin dal suo insediamento sulla panchina del Brasile. I contropiedi appaiono micidiali con frecce come Neymar, Pato e Robinho, ma senza il miglior Ganso a distribuire il gioco tutto risulta troppo improvvisato. Inoltre le punte sembrano compiacersi un pò troppo dei loro numeri tecnici, perdendo sempre qualche secondo prezioso nelle giocate. Servirebbe un centrocampista in grado di cucire il gioco, ma la mediana ha solo distruttori più o meno puri e infatti spesso l'impostazione è compito di Lucio e Thiago Silva. I lavori in corso sono in ottica Mondiali 2014, ma dal Brasile ci si aspetta in ogni caso molto di più di uno 0-0 col Venezuela.
Gli arbitraggi: confusionari, poco coerenti, a volte condizionati, in generale poco apprezzabili pur senza errori clamorosi.
I campi da gioco: purtroppo si sapeva che in Argentina i terreni da gioco non fossero granchè, si sperava in ogni caso in qualcosa di più essendo un evento storico per la nazione.
Top
Perù: Sergio Markarian, tecnico uruguaianio, è la bestia nera della sua stessa nazionale avendo spesso giocato brutti scherzi all'Uruguay, e non si è smentito. Mette in campo un Perù tatticamente attentissimo, che riesce a sopperire a tutte le sue carenze tecniche, acuite dall'assenza di Juan Manuel Vargas e Claudio Pizarro. E proprio inserendo il numero 6 rischia addirittura di vincere.
Venezuela: la squadra con meno tradizione in assoluto (2 sole vittorie in 14 partecipazioni) impone uno storico 0-0 al Brasile dei fenomeni. Tanto pressing e sacrificio da parte di tutti, lotta su ogni pallone e un pizzico di fortuna che non guasta quando il dislivello è così alto. Un punto di puro orgoglio.
Bolivia: Difende bassa con molta densità nella sua metà campo e occupando ogni spazio soffoca il gioco di palleggi orizzontali dell'Argentina. La marcatura a scalare su Messi è insistita e costante, finendo per mandare in tilt il numero 10. La Bolivia farà sudare ogni punto agli avversari se non commetterà l'errore di sentirsi appagata.
Claudio Borghi: che il Cile sia stato trasformato da Bielsa si sa,e l'impronta del Loco è ancora forte e ben evidente. Ma il tecnico argentino coi suoi cambi vince la partita contro il Messico, e non è poco.
Palloni: siamo lontani dal tristemente famoso Jabulani. Nessuna lamentela e un'ottima impressione generale di controllo e "giocabilità". Grazie Nike.
Bombolette spray: l'idea più geniale del calcio sud americano. Le bombolette spray per gli arbitri per segnare il punto di battuta delle punizioni e dove deve posizionarsi la barriera devono assolutamente essere importate in Europa al più presto. Le alte sfere del calcio si degneranno di fare qualcosa di utile?
Flop
Lionel Messi: al solito con la camiseta iniziano i guai. Vuole giocare da solo contro il mondo ed è nervosissimo anche contro la modesta Bolivia. Il vero Messi è ancora a Barcellona.
Ezequiel Lavezzi: titolare a sorpresa, conferma anzi esalta i limiti che ha anche a Napoli. Non basta correre per essere un nazionale argentino.
Edinson Cavani: dura la vita da esterno d'attacco, come del resto è successo spesso in nazionale e al Palermo. L'impegno e la corsa ci sono, aspettiamo un lampo della classe mostrata nell'ultima Serie A.
Paulo Henrique Ganso: numero 10 alla ricerca di se stesso ormai da quasi un anno, la situazione potrebbe diventare preoccupante.
Lucas Leiva: simbolo di una mediana verdeoro incapace di mettere insieme due passaggi, tanto da costringere sistematicamente i difensori all'impostazione.
Juan Arango: siamo severi, vero. Ma è il miglior giocatore del Venezuela per esperienza e fallisce la clamorosa occasione per battere il Brasile.
Top
Josè Paolo Guerrero: e con lui tutto l'attacco del Perù, che sfiora il colpaccio contro l'Uruguay, una delle favorite. Ha la tecnica, il fisico e l'intelligenza tattica per mettere in difficoltà da unica punta tutta la linea difensiva celeste. Avesse segnato il secondo gol sarebbe stato forse troppo.
Jorge Enriquez: gran mastino di centrocampo di un Messico giovane e (troppo) sperimentale, non si arrende mai al palleggio del Cile, mettendoci gran lettura del gioco, tanto dinamismo e anche un minimo di regia.
Luis Suarez: la guida dell'Uruguay, prova a vincere la partita, ma viene abbandonato dai suoi compagni. Mette in mostra classe e tecnica sia lontano dalla porta che in area, sa segnare e distribuire assist.
Sergio Aguero: il genero di Maradona entra in campo e cambia la partita. Una scossa elettrica pura per l'attacco asfittico dell'Argentina, tra serpentine tiri e passaggi sempre precisi. La domanda è: perchè sta in panchina?
Adrian Ramos: goleador a sorpresa di una Colombia che produce talenti. Di certo tra i meno attesi, si dimostra una zanzara decisamente fastidiosa, ottimo complemento a un giocatore come Radamel Falcao.
Nestor Ortigoza: sarà grasso, sarà un comodino, ma in mezzo al campo detta legge. Gestisce il pallone e tutti quelli che orbitano attorno a lui.
Josè Rondon: lotta contro i giganti Lucio e Thiago Silva, la notizia è che non solo non ne esce sconfitto, ma rischia addirittura di vincere. Non sarà tecnicamente raffinato, ma a una punta si chiede anche altro, e parliamo di un classe '89.
Fin dal Mondiale 2002 una nazionale storicamente di grande qualità come il Brasile ha avuto la tendenza a schierare in mediana giocatori principalmente fisici.
I nomi di Kleberson, Gilberto Silva, Emerson, Felipe Melo, Josuè, Mineiro, fino a Lucas Leiva e Ramires forniscono un identikit abbastanza chiaro, che negli anni ha continuato a riproporsi.
Socrates, indimenticato pilastro del Brasile di Telè Santana, ha espresso un'opinione interessante. Facendo un'analisi storica delle caratteristiche dei giocatori brasiliani trova come fattore dominante tecnica e palleggio, al contrario di altre nazionali che hanno più carattere e temperamento. Perdendo l'assoluta superiorità tecnica col passare dei decenni si sono dati a un calcio più fisico, che però risulta contrario alla loro indole naturale e quindi risulta forzato.
Un centrocampo così composto crea inevitabilmente dei problemi nello sviluppo del gioco (testimoniati anche in Brasile-Venezuela), che nelle idee degli allenatori venivano compensati da attaccanti e rifinitori.
I vari Ronaldo, Rivaldo, Ronaldinho, Adriano, Kakà, Neymar, Pato, Ganso e Robinho sono stati eletti come la vera anima del Brasile.
Tutto ciò ha portato certamente dei risultati, ma anche dei fallimenti clamorosi (Mondiali 2006 e 2010). Soprattutto si vede spesso una nazionale con una forte tradizione di gioco saltare il centrocampo anche con lanci lunghi per innescare quanto prima i funamboli offensivi.
Una mediana più qualitativa porta a un gioco più fluido, continuo e meno dipendente dalla vena delle punte. E il Brasile ha un centrocampista perfetto per questo, nato proprio negli anni d'oro della selecao di Socrates, Falcao, Cerezo e Zico.
Thiago Motta unisce il fisico di un mediano alla capacità tecnica del regista, con in aggiunta la formazione tattica che solo la cantera del Barcellona sa dare. Ma dopo le convocazioni con le nazionali Under ha dovuto aspettare a 28 anni la chiamata dell'Italia per vestire una maglia diversa da quella di un club.
Non è ovviamente l'unico (Juninho Pernambucano e Hernanes sono altri esempi), ma è di sicuro il più completo e il più utile che il Brasile avrebbe potuto schierare in quel ruolo.
Perchè sono state date possibilità a mediani di ogni genere e provenienza e non a uno dei pochi centrocampisti di qualità vera disponibili?
P.S.
Nel caso ve lo steste chiedendo si, Thiago Motta è una piccola fissazione degli autori di questo blog.