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8 ago 2015

Intervista a Carlo Pizzigoni - Copa Libertadores 2015

Quando si incontrano persone che condividono una passione è difficile limitare il flusso di parole. Parlare di Copa Libertadores con Carlo Pizzigoni non è stata una vera e propria intervista, ma una lunga discussione che abbiamo cercato di mettere in ordine.

River

Non ho seguito con molta regolarità questa Copa. Sono riuscito a vederla molto all'inizio e molto alla fine, perdendomi qualcosa della parte centrale. Ma non si può parlare della Copa 2015 prescindendo dal magnifico River Plate di Marcelo Gallardo.
La squadra mi ha colpito davvero e per proposta di calcio la considero assimilabile alla U de Chile di Sampaoli che ha vinto la Sudamericana 2011. I nomi, in partenza, non erano chissà cosa, soprattutto se confrontati a quelli del Boca, ma la mano dell'allenatore ha trasformato tutti. C'è stata un'evidente costruzione nel tempo e il lavoro di Gallardo si inserisce perfettamente nel contesto storico del River, in cui si insegna e si fa calcio.
Gallardo come allenatore ha attirato la mia attenzione fin da subito, dalla Sudamericana 2014. Ha dato alla sua squadra un'impronta tattica rarissima da vedere in questo calcio, molto europea come si dice, ed è stato particolarmente bravo a farlo in un ambiente dove non si ha tempo. Gallardo ha messo in campo una squadra vera fin dai primi mesi della sua esperienza.

Del River mi hanno colpito le prestazioni, sia a livello di personalità che come dimostrazione di calcio.
Sono stato al Monumental quando la Copa della Banda sembrava già finita, alla vigilia della trasferta in Messico per giocare contro il Tigres. L'ambiente aveva poca fiducia, sembrava sull'orlo della depressione. Da quella rimonta nel finale c'è stata la svolta. Potrei avere anche portato fortuna vista la coincidenza con la mia visita.
La partita simbolo di questa Libertadores per il River è sicuramente la vittoria col Cruzeiro a Belo Horizonte. Un 3-0 tanto bello quanto inaspettato, con una dimostrazione di calcio semplicemente incredibile.
Un grande punto di forza di Gallardo è che riesce a produrre risultati anche quando gioca male, al contrario ad esempio di Bielsa. Il suo calcio è vario e può gestire situazioni differenti. In questa Libertadores, ancora più che nella Sudamericana, il Muñeco si è dimostrato bravissimo nel gestire le gare, cambiando profondamente atteggiamento tra andata e ritorno con gli stessi avversari, ma anche i singoli momenti delle partite.

Per chiudere su Gallardo, è stato molto bravo fino ad oggi ad allenare in ambienti che conosceva profondamente. Grazie a questo è riuscito a entrare perfettamente nelle dinamiche. Prima di arrivare in Europa aspetterà l'occasione giusta, studiando sia il calcio che l'ambiente giusto per lui.



Giocatori

Parlando di giocatori ancora una volta è impossibile non riferirsi al River. Con Gallardo tutti hanno reso al massimo e il tecnico è stato anche singolarmente bravo a gestirli. Spesso ha tirato fuori il giocatore giusto al momento giusto, da Viudez che pesca l'assist in semifinale a Cavenaghi titolare al ritorno.
Parlare di Kranevitter ormai è persino superfluo. Ponzio ha giocato delle grandissime gare nella fase a eliminazione. Maidana contro Gignac ha dato una dimostrazione di capacità di marcatura e leadership difensiva di livello assoluto, commettendo un solo errore su due gare.
Carlos Sanchez è un giocatore sottovalutatissimo e fondamentale per questa squadra. Tatticamente fa il centrocampista e l'ala, mettendoci chilometri di corsa, qualità e gol fondamentali. La personalità con cui si è preso la palla del rigore in finale, allontanando persino Cavenaghi, dice moltissimo.
A me piace molto Ramiro Funes Mori. Se ne parla poco, ma ha giocato una partita pazzesca contro il Tigres. Ha il difetto di farsi prendere dall'emotività, e quando poi va fuori giri non torna più a regime, ma è un centrale molto interessante.
Alario è stata la vera sorpresa del post Copa America. Gallardo l'ha pescato sostanzialmente dal nulla, mi ha colpito fin dalla prima partita per la sua maturità nel fare reparto. Sa lottare, usare il fisico, fare da riferimento, ma quando serve segna ed è bravissimo nelle sponde.
Una piccola delusione, se così si può dire, è stato Driussi, che mi aspettavo più coinvolto e impattante. Ma ha avuto problemi diversi e parliamo di un '96 di talento assoluto.

Uscendo finalmente dal mondo River Plate, Federico Santander merita sicuramente una citazione. Chi l'ha visto con la maglia del Racing non può che stupirsi dei progressi del giocatore. Nella favola Guaranì ha fatto benissimo. Non è solo un centravanti, è capace di segnare e far girare la squadra come riferimento offensivo. Grande difesa del pallone e capacità di smistare.
Valdivia dell'Internacional è da seguire perchè non è il classico dribblomane fumoso che cerca la giocata fine a se stessa. Ha un primo controllo fantastico, sempre produttivo, e forza nelle gambe per trovare lo spunto e saltare l'uomo.
Molto interessante è la trasformazione di Guido Pizarro. Il Tuca Ferretti lo ha plasmato come regista di prima costruzione e lui si è calato alla grande nel ruolo. È cambiato molto ed è cresciuto.
Rafael Sobis nel Tigres ha svolto un ruolo fondamentale. Non è appariscente, ma rappresenta uno sbocco fondamentale per la manovra in fase di costruzione col suo movimento continuo, specie contro difese schierate. Sa leggere benissimo gli spazi e adattarsi, trovando varchi. In più sull'esterno può far valere la sua tecnica nell'uno contro uno. Il suo limite è che segna poco. Nella finale di ritorno al Monumental ha sofferto il clima, ma non bisogna pensare abbia un problema di personalità. Al Beira Rio contro l'Internacional, sua ex squadra, ha fornito una prestazione di alto livello malgrado le bordate di fischi
Infine Gustavo Bou, il capocannoniere della Copa. Anche lui mi ha sopreso per la crescita. Tecnicamente ha trovato gol belli con soluzioni balistiche significative, ma il suo gioco non si limita a quello. Ha imparato a muoversi e giocare con la squadra, crescendo molto nelle letture tattiche e nella gestione delle diverse fasi, ad esempio la transizione. L'impatto emotivo che ha nel Racing è importante.

Giusto per evidenziare l'importanza del contesto di squadra, Bertolo e Arevalo Rios che hanno giocato la finale sono entrambi stati scaricati dal Palermo.


Racing

A livello personale il Racing è stata una piccola delusione in questa Copa.
Chiariamoci, la squadra ha evidentemente dei limiti di rosa e dipende da Milito. Il Principe è stato straordinario a tornare e a gestirsi per dare ogni goccia residua della sua immensa classe alla causa del Racing, ma stiamo arrivando veramente alla fine del serbatoio. La differenza anche solo con lo scorso semestre è evidente. Alla luce di questo parlare di delusione è improprio, ma l'uscita col Guaranì non è stata bella nel complesso. Si poteva fare un turno in più, soprattutto lo meritava il tifo straordinario che segue sempre l'Academia.




Un grazie a Carlo per la cortesia e la disponibilità

6 lug 2015

Copa America 2015, finale

Generali

Cile: una bellissima storia di calcio. Tutto parte dal lontano, andando a ritroso tra Sampaoli, Borghi e Bielsa (tutti argentini), arrivando fino al terzo posto al Mondiale Under 20 2007. Quel Cile sconfitto dall'Argentina in semifinale aveva in rosa Medel, Vidal, Isla e Alexis Sanchez. Questa generazione di sicuro talento è stata forgiata giorno dopo giorno, torneo dopo torneo. Sampaoli è stato magistrale nella gestione della rosa ed ha portato in finale una squadra sicurissima dei suoi mezzi, padrona del gioco anche contro i più forti di tutti. Il Cile ha puntato sul gioco, sul pressing, sugli scambi e sulla garra, arrivando al premio finale. La prima volta per tutti, per una bellissima storia.

Argentina: c'è chi entra nella storia dal lato sbagliato, e l'Argentina purtroppo si sta specializzando. Per il secondo anno consecutivo l'Argentina deve accontentarsi del secondo posto. Una generazione d'oro sta perdendo occasioni su occasioni per trovare compimento. Contro il Cile è mancato un po' di cinismo sotto porta, ma in generale l'albiceleste è sembrata un po' troppo contratta. Al contrario del Mondiale qui era la squadra più forte, eppure non ha tolto il pallino del gioco ai padroni di casa. L'infortunio di Di Maria e la scomparsa degli uomini di maggior talento ha dato il colpo finale.


Singoli

Higuain: Buenos Aires abbiamo un problema. Dal Mondiale alla Copa America, passando per i preliminari di Champions e la sfida con la Lazio, Higuain ha sbagliato tutte le partite decisive. Non solo incidendo poco, ma proprio con errori fondamentali per il risultato. Già Martino lo ha declassato a riserva, questo potrebbe significare la fine del suo rapporto con l'albiceleste, anche visto gli scalpitanti '93. Quanto peserà tutto questo sul suo futuro?

Messi: non ha colpe per la finale, ma nemmeno meriti. E se ti chiami Messi questo è un problema. In 120 minuti non ha regalato praticamente nulla del suo talento, se non una scodellata in area per Aguero. Ancora una volta con l'Argentina non riesce a incidere come tutti, lui per primo, vorrebbero. Il solco con Maradona sta tutto qui. In tutto il torneo 1 gol, su rigore. Sono stati 58 col Barcellona in stagione.

Tevez: detto in breve, cosa è stato convocato a fare? In attacco era la terza scelta come prima punta dopo il Kun e il Pipita, come esterno Martino ha preferito Di Maria e Lavezzi. Forse la sua personalità poteva servire anche in finale dopo il rigore in semifinale. Gestione curiosa, per non usare altri termini.

Di Maria: se Higuain ha la maledizione di sbagliare le partite decisive, lui ha quella degli infortuni che gliele fanno saltare. Dopo il Mondiale ancora non riesce a finire il torneo sano. E dire che sembrava in condizione, una grave perdita per la seleccion.

Demichelis: tutti pensano sia finito, ma alla fine arriva sempre a giocare titolare. Quasi incredibile come si sia conquistato anche in Copa il posto dopo aver convinto Sabella ai Mondiali. E non sbaglia niente, cosa non sempre garantita.

Mascherano: salvate il soldato Mascherano. Lui, veramente, non si merita tutto questo. In campo c'è sempre, tra difesa e centrocampo, pronto a recuperare e imbastire il gioco. Un pilastro dell'Argentina che meriterebbe di alzare un trofeo. Aiutatelo per piacere.

Sanchez: il rigore decisivo battuto a cucchiaio, davanti a tutta Santiago. Un gesto che rimarrà nella storia, sia per impertinenza che per importanza visto che ha portato alla vittoria. In Italia, per intenderci, parliamo ancora del cucchiaio di Totti per molto meno.

Silva:
il coniglio uscito dal cilindro di Sampaoli per la finale. Ha di fatto sostituito lo squalificato Jara, ma è stata una scelta a sorpresa visto che col Perù aveva giocato Rojas. Risposta di personalità e qualità, e contro avversari di livello assoluto.

Diaz: il riferimento assoluto della mediana del Cile è un uomo tatticamente fondamentale per Sampaoli tanto quanto poco appariscente. Detta i ritmi, copre, scala in difesa sia per favorire il possesso che per coprire e ci mette intensità e personaltà. Di fatto è il gemello di Medel, e non è poco.

Valdivia: il Mago si inceppa nella partita più importante. C'era da aspettarselo conoscendo il personaggio, ma era bello sognare una sua giocata decisiva. Ha preso con una certa filosofia anche la sostituzione nel secondo tempo, ma la vittoria ripaga di tutto. Ci vediamo in Arabia.

22 giu 2015

Copa America 2015, i gironi

La Copa America del 2015 ha emesso i suoi primi verdetti. Arrivati alla fine dei gironi, cosa c'è da segnalare per questa edizione cilena?


Generali

La tattica del Cile: Jorge Sampaoli, oltre ad essere un bielsista, è una sorta di alchimista tattico. Ha tante idee e una ferrea volontà di vederle applicate in campo. Il suo Cile, comunque la si metta, è una squadra totalmente plasmata dal suo allenatore (oltre che dai due precedenti), che ha il gioco nel dna, punta a fare la partita e mostra un certo gusto nel farlo. Per chi si interessa di tattica un must assoluto da seguire. In queste gare si sono visti centrocampisti di inserimento usati come falsi nueve (Vidal, Aranguiz), l'uso contemporaneo di difesa a tre e a quattro, una punta usata come esterno sinistro a tutto campo (Edu Vargas), una mediana tenuta in piedi unicamente da un mediano di impostazione (Diaz) e un trequartista visionario (Valdivia). Quando ha dovuto pensare solo al risultato Sampaoli si è normalizzato schierando i giocatori nel modo più logico possibile. Ma non scommettete succeda sempre.

Il gioco del Perù: il Perù non è esattamente la nazionale più quotata del continente, ma si è qualificata ai quarti grazie al secondo posto in un girone con Brasile (con cui ha perso solo nel recupero), Colombia e un Venezuela sulla carta competitivo. Ricardo Gareca ha costruito una squadra decisamente solida, piena di garra, che però ha anche un concetto di gioco ben preciso. Sa cosa deve fare e come farlo, gioca sui suoi punti di forza senza strafare, ma nemmeno rinunciando in partenza. Strutturalmente gli manca un filo di qualità, soprattutto nella regia offensiva, ma per quello il Tigre può fare poco (a parte convocare Reynaldo Cruzado, giocatore col mancino più delicato delle Ande, ma anche col ritmo più compassato delle stesse). La cosa che rende tutto al limite del magico è che Gareca ha preso in mano la squadra a Marzo, alla faccia di chi si lamenta di non avere abbastanza i giocatori.

Il 9 del Brasile: un problema generazionale che rischia di sfociare nel dramma. Romario, Ronaldo, Adriano, Luis Fabiano e poi il nulla. Il 9 del Brasile semplicemente non esiste più. Fred è sempre stato una comparsa, Diego Tardelli con tutto il rispetto una barzelletta. Il grosso rimpianto è Pato, che poteva essere un simbolo mentre ormai può solo fare la comparsa nel campionato locale. La nazione calcisticamente più famosa al mondo oggi produce una marea di esterni/rifinitori/seconde punte (in cui rientra anche Neymar), ma nessun centravanti degno di questo nome. O meglio, uno ci sarebbe, ma è stato costretto a scegliere la Spagna. Grazie Scolari, grazie. A proposito, Jo come sta?

Giamaica volenterosa: alzi la mano chi si aspettava una Giamaica sommersa di gol. Ok, le ha perse tutte, ma onorevoli 1-0, pure contro squadre con attaccanti di un certo livello. Non si grida al miracolo, ma complimenti per l'approccio. Potete tornare in Africa soddisfatti.

L'attacco del Paraguay: siamo dalle parti del culto assoluto. Ramon Diaz ha pensato delle convocazioni che sembrano fatte apposta per solleticare i desideri più inconfessabili dei feticisti del calcio guaranì. Raul Bobadilla, Lucas Barrios, Roque Santa Cruz, Nelson Haedo Valdez, in ordine di numero, rappresentano un insieme che ogni cuore romantico non può che amare.

Delusione Colombia: al Mondiale, solo un anno fa, Pekerman aveva presentato una squadra invidiabile, ben costruita e conscia delle sue potenzialità. Oggi la Colombia sembra un ammasso di giocatori in cerca di autore, tutti persi sia mentalmente che fisicamente come il leader assoluto e capitano Falcao (leggete più sotto). La Colombia non sa come far arrivare il pallone ai suoi uomini offensivi, la manovra è lenta e involuta. La prima causa è che i cafeteros hanno un clamoroso buco di talento in mezzo al campo ulteriormente aggravato dall'assenza di Aguilar, forse l'unico con senso geometrico a disposizione. Si fa rimpiangere persino Guarin, che almeno di forza qualche pallone lo porta avanti. In aggiunta anche James Rodriguez non è nelle scintillanti condizioni di un anno fa e quindi non resta che procedere a strappi sperando che qualcuno si svegli. L'unico giocatore veramente in condizione risponde al nome di Teofilo Gutierrez, il che significa che molto facilmente si farà espellere entro il decimo della prima partita ad eliminazione.



Singoli

La rabona di Rojo: lo confesso, la aspettavo con ansia da un anno, anche se l'ho accolta con un lieve pizzico di delusione. Riproporla in fase offensiva, anziché nel bel mezzo della propria area di rigore, è stata infatti una scelta poco condivisibile. Ora non ci resta che attendere un gol di Rojo realizzato con il suo marchio di fabbrica.

L'eleganza di Ortigoza: avete mai visto Fantasia? Il pezzo con gli ippopotami e i coccodrilli? Ecco, Nestore Ortigoza sembra uscito da quella danza lisergica. Sihouette rivedibile, ma piedi musicali e capacità di gestire la palla da artista. Tutto nel Paraguay inizia da lui, che sembra sempre doversi fermare per riprendere fiato, ma poi il pallone ce l'ha sempre tra i piedi. Culto assoluto per uno dei giocatori più improbabili di questo calcio.

I guantini di Marcelo Moreno: nulla di tecnicamente rilevante, ma un vezzo quantomeno curioso per el Diablo Moreno. Perchè quei guantini nero e fluo? Con maglia bianca a maniche corte poi, quasi a esasperare il contrasto. Ma in fondo perchè no? Ne ordino tre paia.

Jorge Valdivia: il calcio. L'ingranaggio fondamentale per far girare a meraviglia lo splendido Cile di Sampaoli e la mente perfetta per innescare le letali armi offensive della Roja, grazie al suo piede meraviglioso e alla sua impareggiabile capacità nel leggere ogni azione. È il lato romantico della Copa, il giocatore che più di ogni altro meriterebbe il trionfo, soprattutto dopo il Mondiale ai margini.

Edu Vargas e Sampaoli: la storia è piena di giocatori che con specifici allenatori danno il meglio. Edu Vargas ha il suo mentore in Jorge Sampaoli. Ogni volta che vede il tecnico argentino si trasforma da fumoso e leggero centravanti in Turboman. Gli deve praticamente la carriera visto l'exploit nella U, nel Cile è una pedina fondamentale, e la sensazione è che per il suo ct darebbe anche un braccio.

Neymar e il suo rapporto con la Colombia: parafrasando un detto italiano, vedi la Colombia e poi muori. Neymar fortunatamente è ancora vivo, ma siamo alla seconda competizione consecutiva che per lui termina dopo una sfida con i cafeteros. Ai Mondiali fu un intervento di Zuniga, oggi una crisi di nervi che non colpiva il 10 dai tempi del Santos. Forse ha sentito il peso della responsabilità? Potremmo trovarci alle prime battute di una rivalità piccante.

Radamel Falcao: cercasi Tigre disperatamente. Da quando ha lasciato l'Atletico e si è infortunato Falcao è diventato un altro, nell'accezione negativa del concetto. In campo non ha nemmeno lontanamente l'impatto di un tempo, soprattutto come garra, carisma, presenza nella partita. Una copia sbiatida e vuota dell'incredibile centravanti che ha dominato l'Europa (League). Pekerman lo ha nominato capitano, e conoscendo il suo rapporto con quelli che elegge suoi fedelissimi punterà su Falcao fino alla fine. Probabilmente affondando.

Edinson Cavani: non ha mai trascinato l'Uruguay, a detta di tutti perché costretto a un ruolo da gregario a causa dell'ingombrante presenza di Luis Suarez. Dopo queste prime uscite dell'Uruguay, tuttavia, viene spontaneo chiedersi se il Matador abbia i requisiti per trascinare da solo la squadra charrua. Da stella indiscussa della Celeste finora ha giocato una Copa impalpabile, lontano dal gioco e senza la giusta carica agonistica per essere il vero condottiero della banda Tabarez.

6 giu 2014

Jorge Valdivia, futbol y magia

Il Sudamerica è terra promessa per chi venera talenti cristallini sbranati dal vizio, dall'incostanza, dall'assenza di professionalità e da comportamenti costantemente sopra le righe. Calciatori dotati di colpi sensazionali, in grado di far innamorare senza distinzione persone di ogni razza e ceto sociale, ma incapaci di adattarsi ai ritmi e ai requisiti di un calcio in costante evoluzione. Giocatori non disposti a conformarsi all'idea dell'atleta perfetto alla Cristiano Ronaldo, portati inconsapevolmente a una carriera di alti e bassi, con picchi di gloria assoluta e passaggi a vuoto inspiegabili per un comune mortale.

Jorge Luis Valdivia Toro è soltanto uno dei molti esponenti di questa corrente calcistica votata alla dilapidazione del talento, ma in questo momento è l'unico, assieme a Cassano, a essere riuscito a conquistare un posto in Brasile. Croci e delizia degli impotenti tifosi, condannati ad amarli, sapendo che la loro sorte sarà legata indissolubilmente all'estro dei prestigiatori. O del Mago, il soprannome di Valdivia, giocatore tanto incostante quanto prezioso per la nazionale cilena allenata da Sampaoli, che non ha pensato neanche per un secondo di lasciare in patria il suo numero 10, fondamentale per ovviare ai limiti di costruzione del gioco della Roja emersi dall'addio di Marcelo Bielsa.

Nato nel 1983 a Maracay, stato venezuelano di Aragua dove il padre si trasferì per lavoro, Jorge è cresciuto calcisticamente nel Colo-Colo, una delle massime istituzioni del Paese e unica fede dell'intera famiglia Valdivia. Trequartista estroso e imprevedibile, fin dalle giovanili ha pagato gli eccessi di un carattere difficile da inquadrare, tanto che nel 2003, senza neanche un minuto in Primera Division, il club di Santiago decide di dirottarlo alla neopromossa Universidad de Concepciòn. Nel capoluogo della Regione del Biobio, Valdivia trova l'ambiente ideale per dare uno scossone al torneo locale, trascinando il Campanil a una storica qualificazione alla Copa Libertadores, con un campionato da esordiente impreziosito da 30 presenze e 7 reti.
Non abbastanza per convincere i dirigenti del Colo-Colo, che scelgono per lui la strada dell'Europa: prima al Rayo Vallecano, poi a un Servette sull'orlo del baratro finanziario, dove Valdivia ritrova il compagno dell'Universidad de Concepciòn Jean Beausejour. Due parentesi anonime prima del ritorno all'Albo nel 2005, squadra in cui il Mago si ferma un solo anno, togliendosi però la soddisfazione di guidare il club alla conquista dell'Apertura 2006, consacrando il proprio talento grazie all'arrivo in panchina di Claudio Borghi.

Pochi mesi dopo Valdivia si trasferisce in Brasile, al Palmeiras di San Paolo, dove dopo un inizio difficile si impone come uno dei migliori talenti del campionato, giocando oltre 100 partite, intervallate soltanto da una parentesi biennale all'Al Ain, in risposta al richiamo irresistibile del denaro degli Emirati Arabi. Soldi e magie, perché, nonostante il poco tempo trascorso nella penisola araba, il Mago diventa un vero e proprio idolo locale, tanto da essere votato dai tifosi stessi miglior giocatore della storia del club. Ma è al Verdao che Valdivia ottiene i risultati più significativi: un campionato Paulista, una Copa do Brasil (accompagnata però da una clamorosa retrocessione), innumerevoli premi individuali e soprattutto l'affermazione tra i più forti giocatori dell'intero continente.
Un'ottima carriera, frenata però da troppe bizze caratteriali: litigi con allenatori e dirigenti, qualche espulsione di troppo, uscite serali oltre i limiti, decisioni, come quella di trasferirsi negli Emirati Arabi, difficilmente condivisibili e un'indimenticabile perla alla Jens Lehmann.

Un'incapacità di controllarsi che accompagna e macchia anche il rapporto tra il Mago e la Nazionale cilena, perché le 55 partite giocate dal numero 10 sono segnate da due episodi entrati a gamba tesa nella storia della Roja. Il primo durante la Copa America del 2007 -il famoso Puerto Ordazo-, quando Valdivia e altri giocatori danno vita a uno scandalo dai contorni poco chiari nell'hotel dove alloggia la Seleccion: sei giocatori verranno squalificati dalla Federazione per 20 partite, poi ridotte a 10. L'altro nel 2011 agli ordini di Claudio Borghi, quando Jorge e altri 4 compagni (tra i quali Vidal) si presentano all'allenamento con 45 minuti di ritardo, dopo una notte dall'elevata gradazione alcolica per festeggiare il battesimo della figlia dello stesso Mago. Un gesto di indisciplina che, sommato al periodo difficile attraversato dal Palmeiras, costano a Valdivia un lungo esilio dalla Nazionale, ritrovata soltanto nel 2013, con Sampaoli già approdato sulla panchina cilena per sostituire il Bichi Borghi.

Tuttavia, nonostante il carattere indomabile e una carriera sempre lontano dall'Europa, il Cile non ha mai rinunciato definitivamente al Mago di Maracay, perché in fin dei conti si trattata di uno dei numeri 10 più forti nella storia della Roja: un giocatore indisponente quanto sublime, irritante quanto creativo. Ed è proprio quel suo essere agli antipodi del giocatore moderno che fa di lui un jolly indispensabile, per la sua capacità di distruggere gli equilibri, di interpretare il gioco a un livello inarrivabile per la stragrande maggioranza dei suoi colleghi e la naturalezza con cui tutto gli riesce con un pallone tra i piedi. Tatticamente Bielsa, il padre calcistico della rinascita cilena, gli ha spesso preferito Mati Fernandez, ma neanche il Loco ha voluto rinunciare all'imprevedibilità di Valdivia e alla sua capacità di danzare tra le linee nemiche, armando un attacco tutto velocità e movimenti negli spazi come quello della Roja.

"Jorge è un talento insostituibile per noi. In questo momento è l'uomo chiave per il gioco che proponiamo, perché è di un'altra categoria, come Messi per l'Argentina, Ronaldo per il Portogallo e Ribery per la Francia. Ci serve ai suoi massimi livelli." (J.Sampaoli)

Le parole dell'attuale DT della nazionale, Sampaoli, parlano da sè: in una squadra che impronta il proprio gioco su possesso palla, velocità e verticalizzazioni, avere un playmaker come Valdivia è di vitale importanza, perché pochi giocatori al mondo riescono a leggere gli spazi come il numero 10 cileno, capace di giocate surreali quando giunge il momento di cercare la profondità. Con lui in campo tutto può accadere e attaccanti come Alexis Sanchez ed Edu Vargas non possono che beneficiarne.

Visione di gioco, piedi sopraffini, tiro preciso, controllo di palla delicato e la capacità naturale di liberarsi della pressione avversaria: a Jorge non mancherebbe nulla per essere nell'elite del calcio mondiale. Ma se non avesse un carattere e una personalità tutte sue, non sarebbe il Mago, non avrebbe dilapidato tutto il suo talento e probabilmente non gli vorremmo così bene.

10 lug 2011

CA2011: Top&Flop Generali - Seconda Giornata

Flop

Argentina: stessi problemi di pochi giorni fa e stesso inevitabile giudizio. La Seleccion di Batista non ingrana e rischia il tracollo, salvata da Romero e dall'imprecisione delle punte colombiane. Dopo il passo falso iniziale contro la Bolivia era lecito aspettarsi una svolta tattica e mentale, ma il nuovo fallimento non fa che aumentare la già elevata pressione sulle spalle di Messi e soci. A completare il quadro ci pensano le voci di un clima particolarmente teso all'interno dello spogliatoio.

Brasile: il gol di Fred a pochi secondi dal fischio finale salva i verdeoro da una disfatta clamorosa, permettendo loro di poter mantenere più o meno intatte le speranze di accedere alla fase ad eliminazione diretta. Tuttavia la squadra di Mano Menezes mette in mostra un altro brutto spettacolo figlio dell'insopportabile supponenza dei giocatori offensivi e della pochezza in fase di costruzione di un centrocampo che, partita dopo partita, appare sempre più un corpo estraneo al resto della squadra. Un segnale d'allarme arriva inoltre dal reparto arretrato, messo in grossa difficoltà dalle scorribande di Estigarribia e dal continuo movimento fra le linee di Roque Santa Cruz.

Centravanti dell'Argentina: flop indirettamente assegnato a Batista e a Leo Messi. Come ha detto giustamente Stefano Borghi, all'Argentina non puoi togliere due cose: la parrilla e il centravanti. Il 9 del Checho è Leo Messi, ma la Seleccion non è il Barcellona e Messi non è una punta centrale. Escludere Higuain è una scelta incomprensibile da qualsiasi punto di vista, dal momento che il Pipita ha avuto fin dall'inizio un impatto devastante su una nazionale orfana per anni di un degno erede di Batistuta.

Esultanza di Caressa: serve parlarne? Il "simpatico" omaggio alla Copa America ha fatto rabbrividire Beppe Bergomi, i telespettatori, il compianto polpo Paul e pure il Burro Andrés. Nella speranza che non l'abbiano sentito i diretti interessati, vale la pena porgere la nostra totale solidarietà al Paraguay, inspiegabilmente (o fortunatamente, dipende dai punti di vista) escluso dall'entusiasmante iniziativa. Non ci resta che sperare in una prematura eliminazione della Seleçao.

Tifosi argentini: no, non parliamo dei fischi e degli insulti a Messi e compagni, ma della folle idea di invocare il ritorno di Maradona alla guida della Seleccion. La frustrazione provocata dal non-gioco della squadra di Batista e dalla figuraccia con la Colombia scampata per miracolo è più che comprensibile, ma non è un po' troppo?


Top

Costa Rica: la vera sorpresa di giornata. Contro la Bolivia parte soffrendo e rischia di perdersi, ma con il trascorrere dei minuti prende campo e controllo del gioco, fino a dilagare nel finale. Tante occasioni, una traversa clamorosa e un rigore fallito: il risultato non rende merito alla prestazione dei ragazzi di Gustavo Quinteros. Da non dimenticare che la selezione centroamericana, invitata dopo il forfait del Giappone, è praticamente una nazionale Under, composta in larga parte da giovani giocatori che, consapevoli dei propri limiti tecnici, si fanno sempre più apprezzare per dedizione e sacrificio.

Perù: dopo aver fermato l'Uruguay di Forlan, una delle favorite di inizio torneo, la squadra andina si ripete e ottiene i tre punti sconfiggendo il giovane Messico. Questa volta l'undici di Markarian dimostra di non essere solo in grado di difendersi e cercare di ripartire con palloni lunghi verso la punta, ma offre un buon gioco fatto di possesso palla, scambi stretti e inserimenti. Guerrero, già in rete contro la Celeste, segna anche questa volta e ha altri due palloni buoni per trafiggere il bravo e fortunato Luis Michel, salvato per ben due volte dai legni sulle conclusioni del capitano peruviano Juan Manuel Vargas.

Venezuela: riconferma tra i Top della Copa America 2011 per la Vinotinto, che, grazie al gol del Maestrico Gonzalez, vola in testa al gruppo B, lasciandosi alle spalle la strafavorita Brasile e il Paraguay. Un risultato straordinario per una delle nazioni calcisticamente meno nobili del continente sudamericano, tanto da far scatenare il Presidente Chavez sui social network dopo lo strepitoso gol del suo numero 11.

Gol del Cile: merita una citazione la stupenda azione della Roja conclusasi con la rete della stella Alexis Sanchez. Dopo un primo tempo incolore Borghi azzecca il cambio e getta nella mischia il Mago Jorge Valdivia, giocatore sublime che lo ripaga subito trovando un corridoio impossibile per servire Beausejour. Per l'ala è facile servire palla all'accorrente Sanchez, abile e scaltro nel trafiggere l'incolpevole Muslera con una velenosissima conclusione di punta.

Tifosi di Cile e Paraguay: al di là di qualche inevitabile comportamento sopra le righe, i tifosi della Roja e dei Guaranì, seppur facilitati dalla posizione geografica, hanno risposto con straordinario entusiasmo agli appelli delle rispettive nazionali, invadendo letteralmente gli stadi e le città argentine. Memorabili le immagini del traffico proveniente dal Cile verso Mendoza.