26 set 2009

Que pasa Diego?

Al termine del breve soggiorno altoatesino Maradona ha fatto ritorno in Argentina, pronto a tornare alla ribalta più in forma che mai. A Merano il Diez si era recato ufficialmente per una dieta lampo, ma è facile pensare che la gita italiana fosse anche un pretesto per staccare la spina e stare lontano dal turbinio di voci, accuse e critiche che lo hanno circondato dopo le tremende sconfitte contro Brasile e Paraguay.
A due giorni dal rientro a Buenos Aires, dopo aver chiarito con parole forti chi comanda la nazionale argentina, Maradona ha comunicato la lista dei convocati per la doppia sfida decisiva contro Perù ed Uruguay.


Portieri:

Romero (AZ Alkmaar), Andújar (Catania)

Difensori:

Coloccini (Newcastle), Pareja (Espanyol), Zabaleta (Manchester City), Insúa (Liverpool), Heinze (Marsiglia)

Centrocampisti:

Jonás Gutiérrez (Newcastle), Mascherano (Liverpool), Di María (Benfica), Aimar (Benfica), Lucho González (Marsiglia)

Attaccanti:

Messi (Barcellona), Lavezzi (Napoli), Tevez (Manchester City), Milito (Inter), Agüero (Atlético Madrid), Higuaín (Real Madrid)

PS: Mancano i giocatori che militano nel campionato argentino, i cui nomi verranno comunicati più avanti.


Come nelle precedenti occasioni le sorprese non sono poche. Alcune piacevoli, altre decisamente meno. Era infatti lecito pensare che il DT della Seleccion avesse finalmente imparato dai propri errori, ma a quanto pare le vacanze non hanno portato nè buon senso nè capacità di critica e di analisi.

In difesa si nota subito la rinuncia all'interista Zanetti, che, dopo aver perso la fascia di capitano, perde dunque anche il posto in nazionale. Una scelta poco condivisibile, dal momento che nelle ultime uscite il Pupi è stato uno dei pochi ad avere un rendimento minimamente accettabile e assieme a Veron è parso l'unico leader in una squadra completamente allo sbando ed in balia di se stessa e degli avversari.

Altra assenza sorprendente è sicuramente quella del Muro Walter Samuel, la cui cartolina, evidentemente, non è stata ricevuta dal destinatario. Una decisione, quella di Maradona, che farà discutere a lungo, soprattutto alla luce degli imbarazzanti problemi difensivi messi in mostra dalla sua squadra. Quindi, mentre il miglior difensore argentino rimane comodamente seduto in poltrona -assieme ad Esteban Cambiasso, escluso illustre di lunga data- continua a trovare spazio Gabriel Heinze. Il neo-acquisto del Marsiglia gode infatti della stima assoluta da parte del DT e nonostante le sciagurate prestazioni precedenti rimane un punto fisso della retroguardia albiceleste.

Ancora più inspiegabile è la convocazione di Coloccini, giocatore che in Europa non ha mai trovato la sua vera dimensione e che attualmente milita nella Championship inglese.

Nel reparto offensivo la scelta più discutibile è sicuramente quella del Pocho Lavezzi, l'ennesima seconda punta dal baricentro basso in un reparto che può già fare affidamente su Messi, Tevez e Aguero. Al contrario la necessità è quella di schierare una prima punta di ruolo, un giocatore in grado di combattere sulle palle alte, di essere un costante riferimento offensivo per i compagni, di fare sponde per favorirne gli inserimenti, di giocare spalle alla porta e soprattutto di segnare.

L'identikit non è casuale e combacia perfettamente con la descrizione di Diego Milito. Il centravanti dell'Inter sembrava aver perso il posto nella Seleccion, ma grazie ad un avvio di stagione strepitoso ha riguadagnato la fiducia dell'allenatore argentino, nella speranza di poter finalmente trovare una maglia da titolare e spazio sufficiente per poter dare una vera mano alla causa.

Ma la sorpresa più piacevole è sicuramente la convocazione di Gonzalo Higuain. Il Pipita finalmente potrà fare il suo esordio con la maglia albiceleste, coronando un sogno e terminando un incubo. Il suo, dal momento che non riusciva a spiegarsi le continue esclusioni nonostante la grandissima stagione a Madrid, e quello di tutti gli argentini, terrorizzati dalla possibilità che l'ex attaccante del River Plate scegliesse di giocare per la Francia. Higuain porterà alla Seleccion grandissime motivazioni, entusiasmo, movimento, centimetri e gol. Tutte qualità che permetteranno a Maradona di avere molte più alternative ed opzioni per quanto riguarda la fase offensiva.

Un'altra convocazione inaspettata è quella dell'enganche del Benfica, Pablo Aimar. Una chiamata curiosa ed azzardata, ma difficilmente criticabile. Dall'addio di Riquelme l'Argentina ha infatti messo in mostra distanze siderali fra i reparti ed una incapacità di servire le punte estremamente preccupante. La mancanza di un tramite fra centrocampo ed attacco, di un regista avanzato e di un giocatore in grado di dare cambio di ritmo e fluidità di gioco era fin troppo evidente. Data la rinuncia di Riquelme, i nomi a disposizione di Maradona erano pochi: D'Alessandro, Blanco e, appunto, Pablo Aimar. L'ex trequartista dei Millonarios sicuramente rappresenta un passo avanti nel tentativo di dare un gioco ed una identità alla squadra e potrebbe rivelarsi un fattore determinante nelle prossime due partite, quando l'Argentina dovrà dare tutto per evitare il rischio di un'eliminazione storica.

23 set 2009

Balotelli è meno diverso degli altri?



Sorge lecita e spontanea questa domanda sfogliando la maggior parte dei giornali, leggendo interviste ad addetti ai lavori e non, gioravagando per diversi siti web. A parte qualche apprezzata voce fuori dal coro, è uso comune giustificare, fare omertà, sviare e nel peggiore dei casi contrattaccare.

Domenica, a Cagliari, Balotelli entra in campo al posto di Santon, schierandosi al fianco di Milito ed Eto'o, nel tentativo di ribaltare un risultato sorprendente quanto meritato per ciò che si è potuto vedere nella prima frazione di gara. Il giovane azzurrino, ormai trasformatosi in un jolly per Mourinho, corre, dribbla e lotta in quella che dovrebbe essere una domenica come tante e che purtroppo si rivela per l'ennesima volta tale. Perchè ancora una volta a far parlare non è il rettangolo verde, ma gli spalti che lo circondano e soprattutto chi li occupa.

Un normalissimo contrasto di gioco e una reazione accentuata di Dessena sono il solito pretesto per dare il via alla fiera degli insulti più beceri. Ululati ben udibili anche dalla televisione -salvo alcune straordinarie eccezioni- che si alzano prepotenti quanto ignoranti ad ogni tocco di palla di Balotelli e successivamente Eto'o. Un ritornello fuori luogo che lo accompagna per tutta la partita, che lo sfida, lo provoca e lo ferisce. Mario non si scompone, continua a giocare, finge di nulla, facendo credere che siano solo provocazioni che gli scivolano via come niente fosse, che non lo toccano e non lo feriscono, anche se è difficile credergli.

Nei giorni seguenti si leva qualche piccolo coro, qualche voce in lontanza e in minoranza, che cerca di richiamare l'attenzione per quanto successo a Cagliari, ma la maggior parte dell'opinione pubblica tace e minimizza. Probabilmente è la stessa che quando c'è da parlare di Fair Play e di razzismo è la prima a sostenere che serva lanciare un segnale, che sia necessario il pugno duro e che non vi debba essere neanche la minima tolleranza.

Ma per Mario non è la stessa cosa, lui a quanto pare non è abbastanza diverso. Vive con la nomea di arrogante, provocatore e viziato con cui è stato ben presto etichettato e che a quanto pare giustifica ogni insulto, per quanto pesante e soprattutto razzista possa essere. Nessuno nega che il suo atteggiamento sia irreprensibile, ma chiunque può ed è in dovere di notare i miglioramenti dal punto di vista comportamentale di un ragazzo che in questa stagione non è mai stato sopra le righe, complice anche e soprattutto l'ottimo lavoro di Mourinho.
A Cagliari gli insulti sono stati quelli di sempre, con qualche decibel in più, e anche le giustificazioni ai gesti dei tifosi non sono cambiate e trovano il sufficiente spazio sui media. Che si tratti di Cellino, di Allegri, di Ventura o di Legrottaglie il senso non cambia, gli ululati a quanto pare non erano a sfondo razzista e Balotelli fa di tutto per meritarseli.

Eppure tutto tace, un silenzio assenso che se possibile fa ancora più male degli insulti razzisti e di una situazione che non vuole cambiare. Perchè a quanto pare agli occhi dell'opinione pubblica a cambiare deve essere Mario, l'unico per cui il razzismo al momento non vale.

22 set 2009

River: si salvi chi può


E' sempre più buia la crisi in cui si trova il River Plate, un periodo ormai destinato ad essere ricordato come uno dei più imbarazzanti nella gloriosa storia del club. A Sarandì gli uomini di Gorosito si giocavano un record, quello delle quindici partite in trasferta senza ottenere il massimo della posta in palio, stabilito nel lontano 1978. Come prevedibile non è servito molto per eguagliarlo e non è sufficiente vedere come se la passano gli odiati rivali del Boca Juniors per consolarsi.

I Millonarios sono scesi in campo sconfitti in partenza, senza grinta, senza voglia di fare e soprattutto di dimostrare. Arresi ancora prima di iniziare a combattere, passivi sotto i colpi dell'avversario, incapaci di pungere ed imporsi.

Non bastano la grinta e l'attaccamento alla maglia del pelado Almeyda o gli sprazzi di classe di Ariel Ortega, domenica entrambi in evidente difficoltà, per dare vita ed anima ad una squadra che da l'impressione di essere incapace di fare gruppo, di aiutarsi e di trovare la convinzione di poter rimediare ad un avvio di stagione fra i peggiori di sempre. Una sconfitta che arriva alla fine di una settimana durissima, in cui il River Plate ha collezionato tre risultati negativi su tre partite, uno dei quali è costato anche l'eliminazione al primo turno dalla Copa Sudamericana, ad opera del Lanus di Zubeldia.

Al di là della pessima prestazione sul terreno di gioco, la partita con l'Arsenal passerà alla cronaca per la prevedibile contestazione da parte dei tifosi, finora insolitamente taciturni a tal proposito e concentrati solo ed esclusivamente ad incitare la squadra. Obiettivi dei reiterati insulti i giocatori e soprattutto Nestor Gorosito, che dopo aver ricevuto un benvenuto tutt'altro che caloroso dai tifosi del Lanus ha collezionato il bis a pochi giorni di distanza. Difficile condannare la hinchada della Banda, sempre presente e numerosa in ogni trasferta, sempre vicina al club di Nunez e giustamente arrabbiata e delusa per tutto ciò che sta accadendo.

La protesta ha portato fin da subito i primi risultati, spingendo il tecnico del River a rassegnare le dimissioni già negli spogliatoi dello stadio del Viaducto. Messaggio però non recepito in quel di Nunez, dove Israel e il presidentissimo Aguilar, non avendo assolutamente intenzione di cambiare rotta, hanno ribadito la loro fiducia a Pipo. Difficile sapere se si tratti veramente di fiducia o semplice interesse, dal momento che a gennaio si terranno le nuove elezioni presidenziali e Aguilar non sembra ormai più intenzionato a voler fronteggiare alcun problema.

Ormai tutti, tifosi, giocatori, allenatore e dirigenti non vedono l'ora che arrivi dicembre, che finisca il torneo di Apertura e che si possa porre finalmente fine a questa grottesca situazione. Risollevare la squadra sembra ormai un'utopia e l'unica speranza è quella di riuscire quantomeno a limitare i danni. Difficile che un cambio di allenatore possa invertire la rotta e impossibile che possa trasformare una squadra ormai disastrata.

Le colpe di Gorosito sono evidenti, ma un nuovo tecnico non porterebbe per magia un centravanti, una coppia di difensori centrali degna di essere chiamata tale oppure un altro mediano capace di dare una mano all'esemplare Almeyda. Nè tantomeno farebbe sparire per magia Aguilar e i suoi sciagurati compagni di merende, che probabilmente cercheranno di guadagnare gli ultimi dollari a discapito del River Plate prima di dileguarsi definitivamente.

Nella migliore delle ipotesi porterebbe una ventata di forza di volontà e di ottimismo che però si perderebbero ben presto in quell'oceano di insicurezza, di mediocrità e di paura in cui navigano in questo momento i Millonarios.

20 set 2009

Cartoline per Maradona

Chissà se il DT della Seleccion in questi giorni di riposo e relax a Merano abbia trovato il tempo di dare una rapida occhiata alla televisione. Fra una dieta e una visita della Guardia di Finanza potrebbe aver avuto l'occasione di vedere qualche spezzone di Inter-Barcellona e Cagliari-Inter, proprio prima di rimettersi in marcia per andare a comunicare di persona l'esclusione dalle ultime e decisive partite di qualificazione ai Mondiali sudafricani ad alcuni giocatori di stanza in Europa.

Probabilmente dopo essersi abilmente divincolato dagli impegni con Grondona, può darsi che abbia deciso di staccare per qualche giorno la spina, isolandosi dal calcio e da tutto ciò che lo riguarda. Se così fosse ci hanno pensato alcuni giocatori a lanciare un segnale chiaro, forte e soprattutto sul campo, con prestazioni maiuscole ed impossibili da ignorare.

Prima Walter Samuel, escluso eccellente della difesa argentina, migliore in campo per distacco nella sfida di Champions League contro il Barça, poi Diego Milito, relegato addirittura in tribuna contro il Paraguay, autore di una strepitosa doppietta contro il Cagliari e arrivato già a quota quattro reti in campionato.

Due cartoline dirette in Alto Adige, nella speranza che Maradona, o chi ne fa le veci, rinsavisca e si renda conto che per arrivare in Sudafrica e potersi giocare il Mondiale c'è anche, o meglio, soprattutto, bisogno di loro.

In attesa del telegramma che sicuramente non tarderà ad arrivare da parte di Esteban Cambiasso, rientrato oggi dall'infortunio al menisco con un recupero lampo.

19 set 2009

Inter: bene così

Prova del nove, sfida decisiva, esame finale. Si sono sprecati decine di titoli e migliaia di parole per presentare Inter-Barcellona, prima partita del girone di qualificazione di Champions League. Aspettative alle stelle per una sfida giocata a otto mesi dalla finale di Madrid, a poco più di due settimane dalla chiusura della sessione di mercato estiva.

Quale può essere dunque il peso specifico di quella che era stata presentata come la sfida fra Eto'o ed Ibrahimovic? Può essere veramente considerata la prova decisiva per giudicare l'Inter, per capire fino a dove può arrivare e soprattutto se è cambiato qualcosa rispetto alla scorsa stagione?

La risposta sembra essere pressochè unanime ed è affermativa, questa è stata la sfida che ha permesso di trarre molte conclusioni, per quanto affrettate o meno possano essere. Ben diverso però è il contenuto di queste conclusioni, perchè se l'opinione pubblica (tifosi interisti compresi) sembra piuttosto compatta nel giudicare incolore e non sufficiente la prestazione dei nerazzurri, c'è chi preferisce vedere ed analizzare da una prospettiva ben diversa i novanta minuti giocati contro il Barça.

Il Barcellona appunto, campione di Spagna e campione d'Europa, una squadra in grado di esprimere il miglior calcio al mondo per distacco, fatto di movimento, possesso palla, verticalizzazioni, velocità, precisione. Un mix letale di tecnica, qualità e tattica che ha permesso agli uomini di Pep Guardiola di dominare in lungo e in largo la scorsa stagione, che si trattasse di Liga o di Champions poco importa, perchè grazie ad interpreti meravigliosi di questa filosofia di gioco come Xavi, Iniesta, Messi, Henry, Daniel Alves e molti altri nessuna squadra e nessun tecnico è stato in grado di fermarli. L'unico che può recriminare qualcosa è forse Guus Hiddink, che con il suo Chelsea è stato fermato a pochi minuti dal sogno da una magia di Andrés Iniesta. Lasciando da parte le recriminazioni varie legate all'arbitraggio di Ovrebo, sarebbe più opportuno ricordare come il tecnico olandese sia riuscito ad arginare e limitare la superiorità degli spagnoli: undici uomini costantemente dietro alla linea della palla, concentrazione estrema in fase difensiva, marcature impeccabili ed attacco basato su ripartenze rapide e precise. Al ritorno a Stamford Bridge sicuramente il Chelsea è riuscito a rendersi più pericoloso, seppure non cambiando di molto l'impostazione e l'approcio alla gara, ma traendo particolare vantaggio dalle numerose assenze nelle fila del Barça, costretto ad esempio a giocare con Yaya Touré centrale difensivo.

Mercoledì Mourinho ha invece deciso di utilizzare le stesse armi dell'undici blaugrana per contrastarli: pressing asfissiante, ritmo, fiammate in velocità, movimenti continui da parte delle punte e nei limiti del possibile possesso palla. Una scelta coraggiosa, che ha dato buoni/ottimi risultati nella prima frazione di gara e pagata carissima nella ripresa. Per quasi mezz'ora l'Inter ha cercato ed è riuscita a fare la partita, per un'ora complessiva è riuscita a giocare alla pari e a tenere testa al Barcellona, grazie ad un grande spirito di sacrificio, alla compattezza sia della squadra in generale che dei singoli reparti, ad un pressing estremo quanto efficace e a tentativi di verticalizzazioni improvvise che hanno permesso di presentarsi qualche volte nei pressi di Victor Valdes e al contempo di limitare per quanto possibile la pericolosità in fase offensiva degli avversari.

Nella ripresa la squadra è rimasta chiaramente a corto di fiato, cedendo pian piano campo agli avversari, che guidati dal direttore d'orchestra Xavi, migliore in campo per distacco anche questa volta, hanno invaso la metà campo nerazzurra e cercato di insidiare Julio Cesar in ogni modo. Tuttavia, nonostante il secondo tempo di marca nettamente blaugrana, l'Inter ha mostrato grande capacità di soffrire ed una compattezza difensiva impressionante. Samuel, Lucio e Chivu hanno interpretato la partita in modo perfetto, chiudendo, accorciando e sbrogliando le situazioni pericolose in maniera impeccabile. Non a caso Julio Cesar nella ripresa è risultato praticamente inoperoso, una certa novità se si considerano i precedenti big-match di Champions League.

Per concludere si può leggere sicuramente la partita in modo più che positivo, soprattutto se si considera che l'Inter era priva di due perni quali sono Stankovic e Cambiasso e che la squadra lavora da tre settimane al completo. Una leggera differenza rispetto al Barcellona, che ha cambiato un solo titolare e gioca allo stesso modo da anni e anni.
Mourinho e i suoi non sono sicuramente al livello del Barça ed è da visionari pensare che potessero esserlo, ma quei trenta minuti del primo tempo lasciano ben sperare e danno tutta la fiducia necessaria per continuare a lavorare in questo modo, consapevoli del fatto che c'è solo da migliorare, magari prendendo anche spunto dalla fantastica squadra affrontata mercoledì.

15 set 2009

Niente di nuovo a Nuñez

Triplice fischio del discusso direttore di gara, River Plate 0-0 Colon. Sulla carta un discreto risultato, considerando il momento non proprio brillante dei Millonarios, reduci dalla bruciante sconfitta contro il Rosario Central, e l'avversario di turno, il temibilissimo Colon del Turco Mohamed, squadra in grado di lottare fino alla penultima giornata per la conquista dell'ultimo Clausura.

Questa doveva essere la partita del riscatto per gli uomini di Gorosito, l'occasione per lanciare un importante e speranzoso segnale davanti al proprio pubblico, per uscire da una crisi sempre più profonda. Ma nonostante l'atteggiamento fin troppo rinunciatario da parte del Colon, il River non è riuscito ad andare oltre uno scarno zero a zero, risultato che probabilmente alla luce delle occasioni avute penalizza i padroni di casa, ma che mette ancora più in risalto, se ce ne fosse bisogno, le lacune e i limiti di una squadra sempre più allo sbando, sempre più in crisi d'identità.

Gorosito riconferma il 4231 che aveva lasciato intravedere qualche discreta giocata nella ripresa contro il Rosario Central, ma a mancare come sempre sono le idee, l'ordine, la tattica e gli uomini. La distanza fra i reparti è a lunghi tratti incolmabile, la difesa non trasmette un minimo di sicurezza, il centrocampo si ritrova isolato e poco aiutato dai trequartisti, faticando di conseguenza a reggere l'urto degli avversari. Le mezzepunte faticano a cercarsi e a trovare sincronia nei movimenti, il centravanti per l'ennesima volta non è pervenuto.
Non sono sufficienti la personalità e l'anima di un inossidabile Almeyda, migliore in campo a Rosario e grandissima sorpresa di queste ultime uscite, nè del Burrito Ortega, ieri in difficoltà e a corto di idee, per dare una vera anima a questa squadra sempre più in balia della disastrosa situazione di cui è vittima.

La difesa ancora una volta evidenzia gravi limiti, soprattutto sulla corsia di destra con Galmarini e con la coppia centrale composta da Cabral e Coronel. Sulla mediana Barrado e soprattutto Almeyda fanno quello che possono per arginare la spinta del Colon e far ripartire l'azione, un compito alquanto proibitivo considerando il poco aiuto proveniente dagli altri reparti.
Croce e delizia di questa squadra è la trequarti, dove si concentrano gli uomini di maggior talento e qualità. Un reparto che può annoverare tra le sue fila vecchi campioni come Gallardo e soprattutto Ariel Ortega, uniti a giovani promesse del calibro di Buonanotte, Diaz e Villalva. Ieri la difficoltà a creare gioco e dare un'altra marcia alla manovra è stata evidente. L'impressione è che tutto giri intorno al Burrito, alla sua vena e alle sue geometrie. Quando Ariel fatica a trovare ritmo, posizione e continuità nella manovra, l'intera squadra ne risente e il gioco diventa troppo lento e prevedibile.
A complicare le cose è l'assenza di un vero centravanti di ruolo: Fabbiani sta infatti dimostrando sempre più di essere inadatto per quel ruolo, troppo statico e nervoso per riuscire ad incidere sulle partite. Nonostante i proclami di Gorosito, che lo vedeva già convocato fra gli attaccanti argentini per il Mondiale sudafricano, la lacuna è estremamente grave, soprattutto alla luce della mancanza di una valida alternativa: Strahman sta cercando gloria in Israele e Gill non da garanzie sufficienti per poter puntare seriamente su di lui.

Tuttavia la partita con il Colon ha lasciato anche qualche nota positiva, come la prestazione di Orban sulla fascia mancina e la qualità portata dal talentino Mauro Diaz.
Il terzino sinistro classe '89 ha messo in mostra buona personalità, grinta, discreta attenzione in fase difensiva e una buona spinta in fase offensiva. Pochissime le sbavature, nonostante compagni di reparto in grado di trasmettere tutto tranne sicurezza e tranquillità. La giovane età lascia ben sperare e invoglia a dare maggiore fiducia e continuità ad un giocatore lanciato in tutta fretta lo scorso anno e poi accantonato altrettanto velocemente.
Maurito Diaz ('91) invece è stato sicuramente il migliore in campo, con una prestazione tutta dribbling, belle giocate e qualità. Quasi immarcabile palla al piede, si è sacrificato molto in copertura, accompagnando fino a ridosso della propria area il terzino avversario. Autore di qualche pregevole assist per i compagni, è riuscito a mettersi in luce con un'azione personale all'interno dell'area, quando ha saltato tre avversari nello stretto ed è stato fermato soltanto al momento del tiro dal decisivo intervento di un difensore del Colon. A parte il fisico ancora un po' troppo leggero e qualche eccesso palla al piede, le qualità per diventare un giocatore molto importante ci sono tutte.

Adesso per il River inizia una settimana molto importante che porterà al ritorno di Copa Sudamericana contro il Lanus, in programma giovedì.

6 set 2009

AAA Argentina cercasi


Venti minuti. E' quanto è durata la partita della Seleccion, quanto la grinta, la voglia di dimostrare qualcosa davanti alla propria gente e l'entusiasmo hanno permesso di tenere testa al cinismo del Brasile di Carlos Dunga. Da quel momento in poi il verdetto del campo di casa è stato tremendo quanto inequivocabile: i verdeoro sono un altro pianeta rispetto ad un'Argentina sempre più allo sbando, sempre più in caduta libera. Ordine, sacrificio, pazienza, tattica e soprattutto qualità hanno evidenziato la netta superiorità brasiliana rispetto ai padroni di casa, che anche nel loro momento migliore sono apparsi estremamente confusionari, disordinati e precipitosi. Neanche un semplicissimo 442 in linea ha permesso alla squadra di Maradona di trovare la consapevolezza e la tranquillità necessaria per imporre il proprio gioco e soprattutto i propri ritmi. Venti minuti, quanto è durata la sfuriata, quanto è bastato al Brasile per ammortizzare lo slancio argentino, l'attacco alla rinfusa lanciato da Maradona.

A poco è servita la pretattica del DT argentino, se non a caricare di inutili quanto dannose pressioni i giocatori. Un arma a doppio taglio, che ha permesso di imporsi fin da subito, ma che ha demolito gambe, morale e quanto poco altro restava al momento dell'incornata di Luisao. Eppure fino ad allora era l'Argentina che voleva Maradona, una squadra in grado di attaccare gli avversari da tutte le parte, in tutti le direzioni ed in tutti i modi. Poco importa se questo sia durato per poco tempo e se soprattutto sia avvenuto in modo poco ortodosso e conforme alla tattica.

Dall'altra parte Dunga ha predicato calma e tranquillità, consapevole della superiorità della propria squadra, sia dal punto di vista dell'organizzazione che della fisicità. Troppo straripante l'undici brasiliano rispetto ai rivali di sempre, spazzati via in sette minuti con una dimostrazione di forza e concretezza raramente messa in mostra da parte della Seleçao. Una squadra atipica, meno tecnica e spettacolare, ma molto più europea, che fa del cinismo, della fisicità e della personalità le sue armi migliori. Armi che hanno prima ferito la Seleccion e poi l'hanno tramortita, due volte. Un duro colpo da assorbire il primo, ad opera di Luis Fabiano, una mazzata terrificante e letale il secondo, sempre ad opera della punta del Siviglia, proprio quando una prodezza di Datolo aveva riacceso le speranze argentine.

Ma dov'è finita l'Albiceleste? Una squadra che avrebbe dovuto regalare magie grazie ai fantastici interpreti a disposizione di Maradona, selezionatore acclamato a furor di popolo per dare all'Argentina un gioco e una spettacolarità che da tempo si faticano a vedere dalle parti di Buenos Aires. Eppure la situazione non sembra cambiata e a farne da padrona rimane la confusione. Confusione nelle scelte, nei moduli, nel gioco. Una squadra lunga, incapace di dare ritmo e tempi alla manovra, disordinata o addirittura assente nei movimenti, difensivamente disastrosa, offensivamente fumosa e soprattutto senza una vera identità di gioco.

Dietro manca un vero leader, qualcuno in grado di guidare i compagni e dare sicurezza al reparto (Samuel?), così come il centrocampo in linea disegnato dal DT è sembrato leggero e poco efficace in entrambe le fasi. Inutile sottolineare come Cambiasso e Lucho Gonzalez potrebbero rappresentare delle soluzioni più che logiche, in grado di garantire copertura, corsa, geometrie e pericolosità negli inserimenti.

Ma il problema più sorprendente è rappresentato dal reparto offensivo, un agglomerato di talenti e campioni invidiato da qualsiasi nazione e allenatore al mondo. Composto da giocatori del calibro di Messi, Aguero, Tevez, Milito, Lisandro Lopez e che si può permettere di lasciare a casa i vari Higuain, Zarate, etc.
A sorprendere è la decisione e la convinzione di Maradona nel proporre due mezzepunte come Tevez e Messi, che inevitabilmente tendono ad allargarsi o rientrare per giocare più palloni, lasciando scoperta una porzione di campo troppo ampia. Per non parlare degli evidenti limiti fisici della coppia, che impongono soluzioni sempre palla a terra, piacevoli da vedere, ma non sempre efficaci, soprattutto in partite e frangenti in cui la Seleccion si trova in difficoltà. In questo momento sembra irrinunciabile la presenza di Diego Milito, il manuale del centravanti, perfetto in ogni movimento, intelligente in ogni giocata. In grado di alternare sciabola e fioretto, ma soprattutto di valorizzare qualsiasi giocatore schierato al suo fianco, grazie a sponde, tagli e scambi ravvicinati. Così come potrebbe rappresentare una soluzione il Pipita Higuain, attaccante in grado di abbinare le qualità di una seconda punta alla freddezza sotto porta tipica del centravanti.

Altra nota dolente è l'abisso che intercorre fra centrocampo e attacco, fra fase difensiva ed offensiva. L'assenza di un enganche ne è ovviamente la causa e pensare che Riquelme anche ieri era seduto in poltrona a vedere la partita, fa un certo effetto. Sì, proprio lui, el Mudo, l'unico che in questo momento potrebbe dare quella qualità di palleggio, quei rifornimenti alle punte e soprattutto quell'identità di gioco che evidentemente mancano all'Argentina. Inspiegabile la sua esclusione, così come l'assenza di un suo sostituto quale potrebbe essere il giovane Blanco del Lanus, uno dei rari numeri dieci puri ancora in circolazione in grado di far giocare i compagni e far girare la squadra.

5 set 2009

Patricio Rodriguez

NOME: Patricio Julián Rodriguez
NATO: 04 - Maggio - 1990
PAESE: Argentina
SQUADRA: Independiente

Sono bastate poche uscite stagionali e le prime reti ufficiali per convincere anche quei pochi tifosi scettici che Patricio Rodriguez ha personalità e mezzi per meritare di indossare la storica maglia numero 10 dell'Independiente. E se non fosse bastata l'investitura dell'allenatore Gallego, sono piovuti in fretta i primi paragoni con l'ultimo grande idolo dei tifosi proveniente dalle giovanili del Rojo: Sergio Aguero.

Sicuramente responsabilità non da poco per un diciannovenne, ma non stiamo parlando di un ragazzo qualunque. Patricio, meglio noto come Patito, ha fin da subito dimostrato personalità e qualità fuori dal comune, tanto da meritarsi l'esordio in Primera ad inizio 2008 nel Torneo di Verano contro il River Plate, a cui è seguita la prima rete pochi giorni dopo, contro il Boca Juniors. Un predestinato che ha raccolto applausi ed investiture fin dai tempi delle giovanili dell'Independiente, conquistando tutti i tecnici che lo hanno potuto allenare e crescere.

Difficile non rimanere subito colpiti dal suo talento e dalla classe cristallina delle sue giocate. Una mezzapunta imprevedibile, rapidissima e molto mobile, schierata solitamente sulla fascia sinistra dei Diavoli Rossi, per sfruttare gli spazi e risultare così una costante minaccia per le difese avversarie. La qualità che più balza agli occhi è la straordinaria velocità di gambe, che unità ad una buona rapidità e ad un'ottima agilità gli permettono di essere devastante sia negli spazi larghi che in quelli stretti. Ad un dribbling secco e preciso abbina anche ottime giocate di prima intenzione verso i compagni e movimenti abbastanza intelligenti per la giovane età.
Dotato di un piede destro precisissimo ed evidentemente pericoloso per gli avversari, non è da sottovalutare un sinistro abbastanza educato, che gli permette di avere a disposizione un'infinità di soluzioni in fase offensiva. Abile ad infilarsi negli spazi, è in grado di dialogare ottimamente con i compagni e di fornire alle punte palloni splendidi giocati con il contagiri. Talvolta tende ad eccedere nella ricerca della giocata personale, ritardando lo sviluppo dell'azione e attirando le attenzioni poco affettuose dei difensori avversari.

A sorprendere tuttavia è la personalità con cui si è imposto fra le fila dell'Independiente e con cui affronta ogni partita. Succede di vederlo sbagliare, ma raramente non lo si vede rincorrere un avversario o tirarsi indietro di fronte ad un contrasto. Nonostane il fisico poco imponente, il lavoro che è in grado di svolgere sulla fascia è sicuramente fondamentale e apprezzatissimo da Gallego, che difficilmente si pentirà di aver consegnato nelle mani del giovane Patito il numero dieci del Rojo.

4 set 2009

3 set 2009

Higuain a la Seleccion!



Nuovo giro, nuove convocazioni, nuovi nomi, stesse perplessità. Lasciano sempre più basiti le scelte di Maradona alla guida della nazionale argentina e dopo le convocazioni in vista del doppio impegno contro Brasile e Cile è più che lecito porsi qualche interrogativo. Scorrendo l'elenco si nota qualche assenza pesante e alquanto inspiegabile, soprattutto dopo aver visto i nomi dei sostituti. Dov'è Samuel? Dov'è Cambiasso? E soprattutto dov'è Gonzalo Higuain?
Se poi volessimo essere particolarmente pungenti si potrebbe avanzare anche qualche dubbio dal punto di vista tecnico-tattico: qual è il modulo di questa squadra? Dov'è l'idea di gioco? Insomma, dov'è finita l'Argentina?
Probabilmente tante, troppe domande, che magari fra tre giorni saranno spazzate via dal ciclone-Maradona, sulle ali dell'entusiasmo di una possibile vittoria contro gli storici rivali del Brasile. Oppure domande che potrebbero ritornare con un eco molto più forte se qualcosa non dovesse andare per il verso giusto.

Per quanto riguardo Samuel e Cambiasso c'è ben poco da aggiungere, se non per chiedersi per quale arcano motivo il CT argentino non convochi uno dei migliori centrali difensivi in Europa ed il miglior centrocampista in Italia, due colonne indiscusse dell'Inter. A lasciare ancora più sconvolti sono i sostituti scelti da Maradona: neanche il più fanatico tifoso del Diez può pensare che Schiavi, Burdisso, Pareja, Dominguez, Brana ed il giovane Otamendi possano essere centrali difensivi al livello del Muro, così come è difficile credere che lo siano i titolari Demichelis e all'occorrenza Heinze.
Stesso discorso per quanto riguarda l'asse mediana, dove l'intoccabile Mascherano è affiancato dai vari Gago, Veron, Battaglia e Bolatti. Tutti buoni centrocampisti, ma sicuramente non in grado di pareggiare il contributo del Cuchu, che a differenza di Samuel non è neanche mai stato convocato da Maradona.

Ma il caso più eclatante è però rappresentato dall'omertà che vige attorno al nome del Pipita, Gonzalo Higuain. L'attaccante scuola River Plate infatti non è mai stato preso in considerazione dall'allenatore della Seleccion, mai una chiamata, mai una parola a riguardo. Niente di niente. Un silenzio a tratti imbarazzante, viste le più svariate ipotesi uscite a proposito, inizianda dalla più credibile, che vuole l'attaccante del Real Madrid mal visto dalla Federazione Argentina a causa di un convocazione rifiutata in occasione dei Mondiali sub-20 tenutisi in Canada due anni fa e finendo con quella a sfondo rosa, secondo cui per problemi legati ad una ragazza, Higuain è ai ferri corti con il clan argentino di Madrid, capeggiato dal compagno di squadra Gago. Effettivamente sembra una tesi un po' troppo complottista, quando magari per capire molte cose basterebbe fermarsi alla seconda riga, più precisamente alla frase in cui si fa riferimento alla squadra di provenienza di Gonzalo, ma meglio non affrontare discorsi che rischiano di essere portati avanti su supposizioni che ricordano molto le celebri discussioni "da bar" e ritornare ad un discorso più legato al campo.

Cosa c'è di più legato al rettangolo verde se non la strepitosa stagione di Higuain conclusasi qualche mese fa? Ventidue reti nella Liga e soprattutto la capacità di non far pesare l'assenza di Ruud Van Nistelrooy in fase di realizzazione. Non poco per un ventenne, soprattutto se si aggiungono tante giocate di alta scuola, ottime prestazioni e anche qualche pregevole assist. Ma limitare il Pipita a qualche numero non è sufficiente, perchè la sua crescita rispetto alla stagione precedente è stata incredibile, sia dal punto di vista mentale che tattico. Si è scoperto infatti un giocatore dalla sorprendente continuità e soprattutto dall'esemplare polivalenza, in grado di giocare da prima punta, da seconda punta e all'occorrenza anche da ala.
Tutte caratteristiche che non possono e non devono lasciare indifferente un allenatore, o comunque qualcuno improvvisatosi tale, che fa del gioco in velocità e palla a terra la sua arma principale. Un giocatore con le caratteristiche di Higuain è irrinunciabile, poichè in grado di completare alla perfezione un reparto composto dai vari Messi, Tevez, Aguero, Milito e Lisandro Lopez. Per la sfida con il Brasile, viste le condizioni precarie di Milito, è stato chiamato Martin Palermo, prima punta di peso, dalla dinamicità ormai vicino allo zero. Una chiamata che può starci se si pensa che deve sostituire un'attaccante tatticamente eccezionale come il Principe. Molto meno logico è però il rumour che vuole titolari Messi e Tevez, due seconde punte che fanno della mobilità, della velocità, del cambio di passo le loro armi migliori, ma che sicuramente non sono due noti finalizzatori. In un contesto simile è così sprovveduto, folle, anarchico, immaginare una coppia Messi-Higuain? L'attaccante del Real non toglie nulla alla coppia precedente, ma in compenso aggiunge quella pericolosità sotto porta, quel fiuto del gol che tanto è mancato all'Albiceleste finora.


Purtroppo sono tutti dubbi e quesiti che rimarranno per ora irrisolti e senza risposta, nella speranza che a rimetterci non sia la Seleccion.

2 set 2009

Argentina: convocati per il Brasile




Ecco la lista dei convocati da parte del CT della Seleccion Maradona per l'importantissima sfida con il Brasile:

Portieri:
Carrizo (Saragozza), Andujar (Catania), Romero (Alkmaar)

Difensori:
Burdisso (Roma), Pareja (Espanyol), Coloccini (Newcastle), Heinze (Marsiglia), Zanetti (Inter), Otamendi (Velez), Papa (Velez), Dominguez (Velez), Brana (Estudiantes), Schiavi (Estudiantes)

Centrocampisti:
Gago (Real Madrid), Mascherano (Liverpool), Maxi Rodriguez (Atletico Madrid), Datolo (Napoli), Veron (Estudiantes), Battaglia (Boca Juniors), Bolatti (Huracan)

Attaccanti:
Tevez (Manchester City), Messi (Barcellona), Aguero (Atletico Madrid), Milito (Inter), Lisandro Lopez (Lione), Lavezzi (Napoli), Salvio (Lanus), Palermo (Boca Juniors)

Apertura 2009: giornata 3



Mercoledì 02.09.2009

Arsenal-Racing
San Lorenzo-Estudiantes
Argentinos-Lanús



Giovedì 03.09.2009

Huracán-Atlético Tucumán
Independiente-Godoy Cruz
Boca-Newell's


Venerdì 04.09.2009

Banfield-Chacarita
Colón-Tigre
Gimnasia-Vélez


Martedì 08.09.2009

Rosario Central-River