L'arrivo di Guillermo Barros Schelotto in Europa e nello specifico in Italia così, all'improvviso, in una giornata di Gennaio probabilmente non se lo aspettava nessuno. Forse nemmeno Zamparini, noto per i suoi colpi di testa e primo presidente/proprietario nella storia a presentare un allenatore come un acquisto per il futuro, che sarà utile soprattutto l'anno prossimo dopo sei mesi di ambientamento.
Schelotto in effetti è un talento della panchina. Il suo regno al Lanus è stato caratterizzato da un'incessante ricerca del gioco, spesso anche a scapito dei risultati.
Come ben riassunto qui infatti si poteva andare meglio, soprattutto viste le alte aspettative create subito. Ma tra limiti di rosa, cali di motivazione, problemi fisici e scelte di mercato il Lanus non ha mai raggiunto la sua piena dimensione tecnica, finendo per essere una squadra buona, ma mai vincente e continua.
Guardare il Lanus però valeva la pena per il gioco di Schelotto. Il suo calcio fluido, fatto di spazi e movimenti senza palla, in Argentina ha aiutato a far fare un passo avanti all'intero movimento, portando idee e concetti europei in un contesto che, ai tempi del suo insediamento, ristagnava un po'.
Il 4-3-3 o 4-1-4-1 del granate aveva come punti fissi un giocatore davanti alla difesa, stanziale e con compiti tattici e difensivi, e un attaccante centrale col compito di tagliare in profondità e riempire l'area, che spesso però non era un nove vero, ma un giocatore dinamico e tecnico tipo Silvio Romero o Lucas Melano. I due interni e le due ali si scambiavano e portavano rifinitura, tiro da fuori e inserimenti, risultando il vero motore del gioco e il tratto distintivo del calcio di Schelotto. Quasi tutti erano giocatori con una forte componente di tecnica, una certa vocazione per l'assist, pronti a muoversi senza palla e a cercare combinazioni.
Giocatore tatticamente fondamentale per Schelotto infine era Lautaro Acosta, elemento nettamente diverso dagli altri e insostituibile. Con le sue caratteristiche da ala/seconda punta molto veloce e forte in uno contro uno il Laucha serviva per scompigliare le difese e cambiare lo spartito di possesso orizzontale orientato agli scambi corti.
Difficile dire cosa ci si può aspettare da Schelotto nel breve a Palermo. L'ambientamento in Europa ha sempre le sue asperità e un ambiente come quello rosanero, in generale e quest'anno in particolare, non è proprio il massimo per lavorare tranquilli. In più un allenatore che punta sul gioco e ha idee così spiccate può avere difficoltà a far germogliare il tutto in poco tempo, specie senza esperienza europea e senza giocatori di riferimento. Simeone a Catania ha funzionato, ma in un ambiente solido. E sulla stoffa del Cholo abbiamo avuto conferme.
Sarà interessante vedere il suo lavoro sugli interni/rifinitori in rosa. Tutti potrebbero trovare un sistema in cui esaltare le qualità, a patto di inserirsi nel sistema. Il Palermo non può prescindere dal Mudo Vazquez, che però ha trovato la sua dimensione giocando più avanti, a supporto della punta. Sulla carta nelle idee di Schelotto sarebbe ideale nel ruolo dei quattro dietro la punta, giocando un po' centrocampista, un po' esterno, un po' rifinitore, come facevano giocatori come Jorge Ortiz o Junior Benitez nel suo ultimo Lanus, ma non è da escludere che un tecnico intelligente come il Mellizzo adatti le sue idee al materiale disponibile, senza azzardare troppo, sviluppando qualcosa di nuovo, diverso e più italiano.
Singolarmente interessante sarà vedere Cristante: forse, e finalmente, il talento dell'ex Milan potrà trovare l'allenatore giusto per lui visto l'apprezzamento di Schelotto per chi sa dare regia davanti alla difesa assolvendo anche compiti tattici.
Il più grosso dubbio è la capacità di Schelotto di adattarsi a una mentalità più difensiva, e in tempi brevi. Il suo Lanus non ha mai pensato a difendersi o a speculare sul risultato per ottenere il punticino. A Palermo potrebbe invece averne bisogno.