Pochi mesi fa, ai tempi dei saluti ad Allegri, sembrava che la società Milan fosse alla fine di un'era. Non il quadriennio del livornese, ma il quasi trentennale impero di Adriano. Il nuovo avanzante, la figlia del proprietario con trent'anni sì, ma considerando l'età, sembrava una forza inarrestabile, magari lenta, ma sempre intenta a erodere nuovo spazio e nuovo potere.
Oggi, al termine di un semestre di fuoco che ha mietuto le sue vittime, i nuovi rapporti di forza sembrano essere stati stabiliti. E assomigliano tanto a quelli vecchi, con buona pace dei tentativi di ribellione.
Dove eravamo rimasti? Allegri esonerato, Galliani sfiduciato, Barbara Berlusconi in ascesa.
Un chiaro segno del cambiamento degli equilibri si riscontrava nel nuovo organigramma societario. Se prima infatti Barbara aveva un ruolo marginale, quasi ritagliato apposta, poi è stata elevata sostanzialmente allo stesso rango di Adriano. Vice Presidente Vicario e Amministratore Delegato uno, Vice Presidente e Amministratore Delegato l'altra. Balla giusto un aggettivo, che porta al varo di una società con due anime. In parallelo si registra l'addio di Ariedo Braida, storico braccio destro di Galliani, una mossa volta forse a privare il vecchio ad di un suo interlocutore fidato, forzandolo a cooperare con la sua nuova pari grado.
Il passo successivo è stato l'annuncio di Clarence Seedorf come nuovo allenatore. Un'altra coltellata di Bruto (Barbara) a Cesare (Galliani), che non solo si era impegnato a difendere Allegri fino allo stremo, ma in caso di successione aveva il suo nome, Pippo Inzaghi, mentre l'olandese pare fosse più nelle grazie del Presidente padre di Barbara, per quel suo carisma e quel fascino tutto particolare. In una mossa sola quindi venivano messi a segno due colpi in nome della rivoluzione. Il tavolo sembrava chiaramente apparecchiato, tutti gli indizi indicavano che, a breve, Galliani sarebbe stato messo in un angolo, privato del suo potere e infine scaricato.
Era tuttavia chiaro a tutti che una figura come la sua non potesse sparire nel nulla, e mentre un Braida avrebbe potuto trovare casa in altre società (tipo la Samp), risultava inimmaginabile slegare il dirigente con la cravatta gialla dalla società rossonera. Troppo lunga la militanza, ma anche troppo stretto il legame con la squadra, il Presidente e tutto ciò che riguarda il Milan. Non a caso si sono inseguite voci di approdi in altri ambiti dell'impero berlusconiano, dalla politica ad incarichi in società diverse.
Una cosa era chiara: dopo così tanto tempo e un'impronta tanto forte, Galliani non se ne sarebbe andato senza un'alternativa sicura e una cospicua bonuscita. Un paracadute per lui, una precauzione per la società anche per evitare che trascinasse altri con se e qualunque dichiarazione scomoda, nell'immediato come nel futuro, perchè uno con il curriculum del Vice Presidente Vicario ne ha viste a bizzeffe, e se decidesse di raccontare qualche aneddoto potrebbe risultare poco simpatico. Una situazione spinosa, difficile da prendere e forse sottovalutata sia da chi ha tentato la scalata al potere, sia da chi ha lasciato che succedesse, soprattutto perchè dilatava forzatamente i tempi dell'eventuale addio, tra dettagli legali e accordi da trovare.
Forse è stato dato troppo tempo a un vecchio leone come Galliani. Di sicuro è stata sottovalutata la sua capacità di sfruttare le difficoltà tecniche della squadra per il suo tornaconto.
Più Seedorf veniva messo in discussione più la sua figura tornava in auge. Se pensate che le voci sul commissariamento della squadra con proprio lui garante e certe critiche pubbliche anche troppo evidenti siano un caso non avete ben presente come funziona la comunicazione al Milan. L'olandese è stato tanto esaltato senza alcuna base all'arrivo quanto gratuitamente gettato sulla graticola per i motivi più vaghi nel corso della sua avventura. Ancora una volta l'allenatore diventava strumento di lotta politica.
Clarence Seedorf è stato esonerato dall'incarico dopo appena 22 panchine, con un fatturato non disprezzabile di 35 punti in campionato, malgrado un contratto pluriennale e un corteggiamento lungo due anni, portato avanti tra l'altro quando lui ancora giocava. Una mossa sorprendente sia
per le abitudini di casa Milan, sia per la necessaria transazione economica, ma soprattutto perchè la decisione è stata presa da Galliani e
Berlusconi Silvio, non Barbara. Una evidente mossa di potere che fa
tornare tutto come è sempre stato.
Barbara Berlusconi da pasionaria combattente del nuovo Milan, pronta a prendersi responsabilità mediatiche e tecniche sospinta dalla forza evocativa del suo cognome, è stata pian piano spostata ad altri progetti, come la nuova sede, gli eventi, magari lo stadio. Questioni più vicine, paradossalmente, al suo vecchio ruolo, sicuramente lontane dagli interessi dell'altro ad, sicuramente meno influenti e visibili. La tigre che esonerava Allegri a mezzo Ansa si è trasformata in un sonnecchiante micio al massimo in braccio a chi prende le decisioni vere.
La scelta di Inzaghi come allenatore è solo il naturale passo successivo. Fino alla prossima puntata.