Matías Kranevitter nasce nel maggio del 1993 a San Miguel de Tucuman, capitale dell'omonima provincia nell'interior argentino. Affacciatosi in prima squadra già durante la gestione tecnica di Matias Almeyda, il Colorado -o più semplicemente "Colo"- ha trovato spazio e relativa continuità d'impiego con l'avvento in panchina di Ramon Diaz ed è la nota più lieta del River Plate, che domenica si appresta a giocare l'incontro decisivo per la conquista del Final 2014.
Acquistato dai Millonarios a 14 anni, Kranevitter non si può considerare uno che ha bruciato le tappe, pur essendosi tolto le soddisfazioni di vincere, tra le altre cose, una Copa Libertadores U20 e di aver fatto costantemente parte delle nazionali argentine giovanili. Il debutto in Primera è arrivato infatti soltanto a fine 2012 nella vittoriosa sfida contro il Lanus, quando la Banda era gestita ad interim da Gustavo Zapata, e nei mesi successivi il Colo ha collezionato 4 misere presenze, dando comunque la sensazione di poter essere un giocatore importante per il futuro. Nell'ultimo anno la crescita del ragazzo è stata imponente e Kranevitter è entrato in pianta stabile nel giro dei titolari, prendendo spesso il posto dei senatori Ponzio e Ledesma.
Meno tecnico di Lanzini, meno potente di Eder Alvarez Balanta e meno elegante di Quignon -centrocampista lasciato scappare con troppa facilità al San Lorenzo e da tenere d'occhio-, Matias tra i '93 del River è quello che c'è ma non si vede. Mediano d'ordine e di grande acume tattico, è arrivato in Primera in punta di piedi per completare con un po' di forze fresche il centrocampo millonario ed è bastato poco per intuire che le sue caratteristiche sarebbero ben presto tornate utili a Ramon Diaz. Questo perché pochi giovani sanno muoversi come lui tra centrocampo e difesa, leggere bene le situazioni di gioco e dare equilibrio a un sistema molto delicato e complesso come il 4312 studiato dal Pelado.
Alto poco meno di 1 metro e 80 per un peso di circa 75kg, Kranevitter non ha l'energia brutale di un Mascherano o di un Almeyda, né la qualità pura di un Fernando Redondo, però sa stare in campo, sa recuperare palla e la sa muovere con idee e tempi giusti. Il Colo ha senso della posizione, grinta e tempismo che gli permettono di essere un fattore importante in fase di non possesso, grazie all'ottimo senso tattico e alla predisposizione al sacrificio. La puntualità nelle coperture e l'abilità nel saper galleggiare tra le linee ne fanno infatti un perno davanti alla difesa di sicuro affidamento, che presenta il solo limite dello scarso peso nel gioco aereo.
Con la palla tra i piedi, come accennato, non siamo di fronte a un nuovo Veron, ma Kranevitter ha comunque messo in mostra buone doti di palleggio e lettura del gioco. Tocchi precisi, a volte ancora ritardati di qualche tempo complici i ritmi sudamericani, e aperture interessanti, sia in orizzontale che in verticale. Non a caso Ramon alle volte ha preferito la sua varietà "nell'offerta di passaggi" (per richiamare una celebre frase di Marcelo Bielsa rivolta a Carlos Tevez in un Peru-Argentina del 2004) al ritmo compassato e ai passaggi fin troppo prevedibili del Lobo Ledesma.
Ma al di là di tutto a colpire in queste prime stagioni di Kranevitter sono state la personalità e la sicurezza con cui il tucumano ha saputo inserirsi nei meccanismi (non troppo perfetti) del River Plate, senza soffrire minimamente l'insostenibile pressione del Monumental e di una delle maglie più pesanti del continente. Non a caso Sabella lo segue da tempo e il Colo potrebbe essere una delle sorprese nella lista dei 30 giocatori preconvocati in vista del Mondiale brasiliano.
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