28 nov 2011

Edu Vargas

Da quando ha conosciuto il tocco del Loco Bielsa il calcio cileno è entrato in una considerevole parabola ascendente non solo a livello di nazionale, ma anche come club.
L'ultimo esempio è l'Universidad de Chile protagonista assoluta della Copa Sudamericana in corso. E nella U non si può fare a meno di notare il numero 17 Eduardo Vargas.

Punta classe '89, destro, il mondo si è improvvisamente accordo di lui grazie ai 7 gol (fin'ora) che lo incoronano capocannoniere della Copa.
La U de Chile che deve ancora affrontare la semifinale di ritorno col Vasco ha letteralmente demolito chiunque sul suo cammino, eliminando Nacional di Montevideo, Flamengo e Arsenal di Sarandì segnando 13 gol e subendone solo 1. Sorpresa della competizione di sicuro, ma soprattutto squadra costruita bene con diversi giocatori interessanti e allenata anche meglio. Il migliore fino a questo momento è stato appunto Edu Vargas.
Chi si immagina la solita storia da giovane fuoriclasse sudamericano si sbaglia di grosso.
Il ragazzo è partito dal basso perchè pur avendo talento non poteva allenarsi nelle inferiores dei grandi club per problemi di distanza dal suo paese d'origine. Ha così percorso caparbiamente la strada di servizio per il grande calcio. Nel 2005 partecipa a un reality show targato Adidas insieme a quel Seymour oggi al Genoa e l'anno successivo a un torneo amatoriale con la sua squadra. Chiude come capocannoniere e viene notato da un osservatore del Cobreloa, squadra di nascita di Alexis Sanchez. Da qui comincia finalmente la sua vera carriera, che lo porta nel Gennaio 2010 alla U de Chile e alla nazionale del Bichi Borghi.

La sua squadra gioca un calcio che ne esalta al massimo le caratteristiche. Alto 1.75, molto veloce, bravo tecnicamente e con una grandissima abilità di giocare negli spazi, sia come movimenti che nel giocare la palla, è principalmente una punta esterna che gioca sulla destra. Da quella posizione può puntare frontalmente la porta, tagliare alle spalle dei difensori e giocare degli uno-due stretti in cui è assolutamente letale grazie a tecnica, visione di gioco, capacità di sponda e velocità. Resta in ogni caso un attaccante e non un'ala per attitudini. In area vede bene la porta, ma sa anche distribuire assist. Per il gioco della U ha imparato a muoversi molto sulla fascia, rientrando anche fino alla metà campo in fase difensiva e scattando rapidamente in avanti quando ha spazio.
In nazionale agisce da seconda punta pura, spesso al posto del Niño Maravilla.

Oggi la sua quotazione è al massimo per la pubblicità derivata dalla Copa, ma di certo Edu è un talento, una punta esterna abbastanza completa. Negli spazi è sicuramente letale e sarebbe un giocatore perfetto per la Spagna o per squadre votate al contropiede come Napoli o Udinese. Per formazioni costrette a affrontare squadre chiuse e spazi intasati è da valutare la sua abilità a confrontarsi con queste situazioni. Una certa capacità di difendere la palla anche spalle alla porta, la velocità, la tecnica e la capacità negli scambi stretti sono di sicuro promettenti.

20 nov 2011

Un problema in più

Parafrasando un vecchio detto, non c'è peggior cieco di chi non vuol vedere.
L'Inter ha un problema, è ora di dirlo. Ed è un problema con un nome e un cognome.

Wesley Sneijder da Utrecht.
Si fa presto a dire che è l'ultimo campione rimasto in rosa dopo la cessione di Eto'o e il progressivo spegnimento dei senatori e che la squadra andrebbe costruita su di lui. Nei fatti è dal 22 Maggio 2010 che è assente, se non per qualche rapida apparizione in qualche partita, tra scarsa voglia di giocare, nervosismo, capricci da superstar, soprattutto infortuni e condizione da rivedere.
Difficile presentarsi come leader in queste condizioni, inutile e anzi stucchevole parlare di continuo tramite twitter e giornali olandesi. Un certo status sul campo Sneijder lo sta perdendo a furia di partite a mezzo servizio causate da poca voglia di giocare in questa squadra e dall'umoralità che lo ha sempre distinto e probabilmente gli impedisce di essere un campione anche nella continuità.
Tutt'altro discorso nella sua nazionale, dove si presenta spesso e volentieri tirato a lucido, da tutto per tutta la partita e gonfia il petto per i risultati e il primo posto nella classifica per nazioni. Li ha evidentemente voglia di giocare, malgrado sulla carta i nomi non siano certo più stellari che nell'Inter, li passa sopra a problemi fisici e gioca tutta la partita. Poi sta a Ranieri centellinarlo quando è presente per evitare ricadute dopo che si infortuna appena torna.
Perchè in aggiunta a tutto il resto Sneijder è sempre stato fragile e vagamente allergico ad allenarsi e vivere da professionista.

Più che cercare di comandare una squadra in una situazione difficile sembra che si sia arreso in partenza dicendo "tanto io qua non ho niente da fare". Come se invece nell'Olanda avesse delle possibilità concrete di vincere qualcosa...
Un circolo vizioso veramente di pessimo gusto.
E' il caso di essere onesti tra tutti e di rendersi conto quando un rapporto è finito.
Buoni Europei Wesley.

16 nov 2011

Top Argentina - Talenti sprecati

Il calcio del Sud America è da sempre sinonimo di tecnica, grandi giocate e gol spettacolari. Un calcio predicato sul talento individuale che spesso però risulta bloccato nel suo sviluppo da motivazioni ambientali, caratteri particolari o semplice pigrizia.
Questa è una carrellata di talenti che si sono fermati qualche gradino sotto a quello che poteva essere il loro vero potenziale, soprattutto nella loro esperienza nel vecchio continente.


7. Pablo Aimar: el Payaso è stato un idolo del Monumental con 4 titoli vinti e un protagonista del Valencia dei primi anni 2000. Il più grosso limite al talento di questo fantasista tutto tecnica e dribbling è stato il fisico continuamente tormentato da problemi di ogni genere. A 32 anni si fa ancora rispettare al Benfica.

6. Gaston "la Gata" Fernandez: classica seconda punta con una carriera da eterno sottovalutato. Tra occasioni perse (una su tutti, il River Plate dov'è nato) e un'indolenza naturale che lo porta a fare sempre qualcosa di meno di quello che il suo grande talento gli permetterebbe è sempre rimasto tra Argentina e Messico, trovando casa a La Plata dove ha vinto tutto all'ombra di Juan Sebastian Veron. Non ha mai trovato continuità e soprattutto non si è mai messo in gioco in Europa.

5. Ever Banega: il più giovane della classifica e quindi l'unico che può ancora riscattarsi si trova in mezzo alla discussione perchè ha esordito giovanissimo nel Boca e nell'Argentina Olimpica e Under 20 promettendo tantissimo. Centrocampista assolutamente completo, con cattiveria agonistica, capacità di recuperare palloni e soprattutto tecnica sopraffina e visione di gioco panoramica ha pagato tanto il passaggio in Europa al Valencia, per motivi caratteriali. Ma le etichette si mettono in fretta e poi toglierle è dura. Il calcio spagnolo non lo sta aiutando a migliorare tatticamente, anzi lo spinge in posizioni sempre più avanzate con sempre meno compiti tattici. Ne guadagna il talento libero, ma a che prezzo? Giocatore da salvare.

4. Andres D'Alessandro: il "nuovo Maradona" per eccellenza dei primi anni 2000, mancino da sogno che ha regalato titoli al River in coppia con el Torito Cavenaghi. Dopo gli esordi da stella un discusso e discutibile passaggio in Europa dalla porta di servizio del Wolfsburg (nel 2003 non esattamente tra i top team del continente), con annesso fallimento in Germania e nelle squadre successive, fino alla rinascita in Brasile all'Internacional di Porto Alegre, dove soprattutto vince Copa Sudamericana, Libertadores e Pallone d'Oro Sudamericano. Limiti di personalità e fisici ne hanno segnato la carriera. Il giudizio è ormai di un giocatore inadatto a essere leader e limitato al suo continente d'origine.

3. Ariel Ortega: giocatore dal talento straordinario, specie per chi l'ha visto giocare nel River fino alla Libertadores 1996. Un talento tale da permettergli di giocare ai massimi livelli in Argentina anche a 37 anni, pur con un fisico minuto e innumerevoli problemi comportamentali, soprattutto legati a una brutta dipendenza dall'alcol. Ha girato Spagna, Italia e Turchia, ma ha acceso la lampadina del suo genio solo a sprazzi. Per quanto abbaglianti, veramente troppo poco per il dono che ha.

2. Javier Saviola: il principe dei talenti sprecati, un altro pibe dalle inferiores del River. Esordisce a

16 anni nella squadra di Nunez, a 18 è capocannoniere e miglior giocatore d'Argentina e del Sud America. Poi arriva il Mondiale Under 20 con 11 gol in 7 partite e il passaggio a 20 anni al Barcellona, con 17 gol nella sua prima Liga. Un inizio di carriera che definire folgorante è poco per el Conejo, e infatti da qui è solo discesa. Arriva in Catalogna in un delicato periodo di ricostruzione e finisce macinato, con la gravissima colpa personale di non riuscire mai a mettersi davvero in gioco, accettando troppe panchine o squadre minori per pochi mesi, dimostrando personalità e ambizione inversamente proporzionali al talento. Ritrova una squadra dove giocare titolare con continuità al Benfica alla soglia dei 30 anni, col nostro numero 7 Aimar. 1. Juan Roman Riquelme: possiamo parlare di talento sprecato solo in proporzione alle immense aspettative attorno a un simile giocatore, che rimarrà per sempre unico nel panorama calcistico mondiale. La sua carriera è totalmente spaccata in due tra Europa e Argentina, con una distanza in mezzo ben rappresentabile dall'Oceano Atlantico. Idolo totale e oltre dei tifosi xeneizes per le pagine di storia scritte con la camiseta de Boca, figura di media grandezza in Europa legato alla piccola realtà di Villarreal, squadra sostanzialmente sconosciuta prima del suo avvento, che ha portato il sottomarino giallo alle semifinali di Coppa Uefa e di Champions League. Il principale responsabile della sua scarsa fama in Europa è il suo primo allenatore Louis Van Gaal, che lo impiegava poco e malissimo nel suo Barcellona, e come dicevamo prima le etichette sono dure da togliere. Per fortuna che il palmares col Boca racconta di 3 Libertadores, 1 Intercontinentale e 4 campionati (per ora), conditi da un'infinità di gol, assist e giocate che pochissimi possono anche solo pensare. El Mudo è di sicuro un tipo scontroso e difficile, ma in quanto a qualità di natura è in un'elite di grandi campioni.

(ha collaborato G.B.)