Il movimento calcistico tedesco ha prodotto negli ultimi anni dei risultati straordinari a livello giovanile, per questo non è raro imbattersi in giocatori di talento ancora giovani che hanno la fortuna sconosciuta altrove (ogni riferimento all'Italia è puramente voluto) di giocare titolari nei propri club di appartenza. Anche in una squadra che non naviga esattamente in ottime acque come il Borussia Mönchengladbach troviamo un ragazzo che vale la pena di seguire.
Marco Reus nasce a Dortmund il 31 Maggio 1989. Si affaccia al calcio professionistico nella stagione 2009/2010 segnando il suo primo gol nell'Agosto 2009 contro il Mainz dopo una progressione di cinquanta metri e oggi è un titolare fisso del Borussia meno famoso. Vanta due presenze nella Germania Under 21 e una convocazione nella nazionale maggiore.
Miglior marcatore della squadra con 7 gol, è un centrocampista offensivo che gioca principalmente dietro alla punta nel 4-2-3-1, ma capace anche di ricoprire il ruolo di esterno. Buon fisico (181 centimetri), grande corsa, ottimo nel portare il pressing e sorprendente nella capacità di intercettare palloni vaganti. Destro naturale dotato di buon tiro, si disimpegna bene con entrambi i piedi. Letale la sua capacità di inserirsi senza palla, per nulla egoista ha anzi un'ottima attitudine al gioco di squadra, vuole gestire il pallone e lo sa giocare con precisione specie di prima e negli scambi stretti, buon dribbling, ma soprattutto ottima progressione palla al piede.
Centrocampista offensivo decisamente completo, può rivelarsi un affare in caso di retrocessione della sua squadra attualmente ultima in Bundesliga.
E già che ci siete, date un'occhiata anche al suo compagno Patrick Herrmann...
Su un noto sito di tifosi viola si sono oggi lette le seguenti parole:
"Quella serie di personaggi "cui tutto è concesso" continua ad imperversare. Lasciando da parte il leader incontrastato Francesco Totti, ieri la Fiorentina ha avuto a che fare con tale Javier Zanetti. Giocatore encomiabile per la propria carriera e per il suo attaccamento alla maglia, ma spesso protagonista di comportamenti un po' troppo sopra le righe. Anche ieri al “Franchi” l’Argentino dell’Inter non ha mai tirato indietro la gamba ed ha spesso protestato in maniera plateale. Ma di cartellini gialli nemmeno l’ombra".
Lasciando da parte il tifo e la parte riguardante Francesco Totti, qui siamo alla completa e totale mistificazione del reale.
E' totalmente evidente che, malgrado quello che vuole far supporre, l'autore non conosca minimamente nè il calciatore, nè l'uomo, nè la carriera di Javier Adelmar Zanetti. In quasi 16 anni di Inter con ad oggi 722 partite, una sola espulsione e gialli pochi, come testimonia la prima squalifica per somma di ammonizioni comminatagli solo pochi anni fa, evento del tutto inusuale per chi ha speso l'intera carriera tra il ruolo del terzino e quello del mediano. Anche non volendo analizzare le doti dell'uomo e capitano, di Zanetti non si ricorda sul campo un singolo intervento pericoloso, scorretto, antisportivo o offensivo, mai una critica ricevuta da alcuno, mai una dichiarazione scomposta o inopportuna fatta o subita.
Mai qualcosa che potesse scostarsi anche di poco da una condotta sportiva esemplare.
Spesso sopra le righe dove e quando? O si argomenta, o sono parole in libertà.
Zanetti ha sempre fatto del fisico un suo punto di forza, e togliergli la palla è sempre stata impresa titanica. A quasi 38 anni è ancora in grado di resistere ai contrasti di giocatori di dieci anni più giovani di lui, sul campo corre e lotta per tutti i minuti di ogni singola partita. Prende calci e falli in quantità e sta zitto. Va deciso sui contrasti perchè fa parte del gioco, e per uno come lui non farsi superare dall'avversario è fondamentale. Interventi oltre i limiti in Fiorentina-Inter? Nessuno, soprattutto considerando che Santana si è infortunato praticamente senza nemmeno subire fallo (ma del resto è sempre stato fragile e di sicuro il fisico non è una sua dote) e i vari Behrami e Donadel non hanno fatto altro che picchiare per tutta la partita tra gli altri anche Zanetti.
Protesta con l'arbitro? Fa parte dei compiti di un capitano, e le proteste plateali sono proprie di altri atleti (vedi Adrian Mutu l'altra sera). Può arrabbiarsi anche lui perchè è un essere umano, ma fermiamoci a questo.
Il calcio è uno sport di contatto e Zanetti ne è un ambasciatore nel mondo. Criticare un giocatore così per quello che fa in campo è talmente stupido da risultare offensivo.
Ieri ha vinto l'Arsenal, ma soprattutto ha vinto, anzi, stravinto, Jack Wilshere. Più del finto esteta Wenger, che pur non potendolo mai ammettere ha riacciuffato una partita destinata alla deriva coprendo bene gli spazi e ripartendo a velocità supersoniche, più del catalano Fabregas e più dell'imprevedibile invenzione del genio maledetto di Robin Van Persie a brillare è stata la stellina del diciannovenne inglese.Sfrontato ed irrispettoso, oppure semplicemente esaltante. Wilshere ha sfidato i maestri catalani al loro gioco, all'ormai leggendario tiki-taka magnificato da Palloni d'Oro, campionati spagnoli, Coppe del Re e soprattutto da un Europeo ed una Coppa del Mondo. C'erano anche ieri gli eroi di Johannesburg e ci saranno anche al ritorno al Camp Nou, quando magari l'operacion Remuntada non sarà così impossibile e quando il tecnico francese dei Gunners dovrà levarsi definitivamente la maschera: è davvero possibile eliminare il Barcellona giocando a viso aperto? Oppure una volta tanto il fine giustificherà i mezzi? Nel frattempo ciò che nessun risultato riuscirà a macchiare è la prestazione del giovanissimo Jack, che al cospetto di Xavi ed Iniesta non ha tremato per un secondo, anzi, coadiuvato dal loro stesso erede, quel Cesc apparentemente sempre più prossimo a fare ritorno a Barcellona, ha risposto colpo su colpo tessendo trame e disegnando linee degne degli avversai. Certo, senza esagerare nei tocchetti in orizzontale o nel palleggio snervante, perchè in fondo lui è nato a Stevenage, mica a Terrassa o a L'Hospitalet, e allora molto meglio una verticalizzazione secca ed improvvisa in grado di dare un decisivo cambio di marcia alla manovra, come in occasione del due a uno di Arshavin.Personalità, capacità di difendere palla in qualsiasi situazione, geometrie e una lucidità sorprendente hanno permesso a Wilshere di mettere tutta la sua qualità tecnica al servizio della squadra e non è un caso se l'Inghilterra dei grandi ha già iniziato a puntare su di lui per ripartire laddove dei mostri sacri del centrocampo come Gerrard e Lampard hanno finora fallito.
Tristezza. E' la parola più adatta per sintetizzare l'addio al calcio dell'unico giocatore in grado di avvicinare ed accarezzare i miti di questo sport, fermatosi a pochi passi dalla cima dell'Olimpo per colpa di un fisico che non ha potuto reggere inumani ritmi dentro e fuori dal campo. Tristezza, non per le serpentine impossibili, le giocate impensabili o le miriadi di gol, ma per l'isolata indifferenza con cui questo saluto finale ha definitivamente congedato Ronaldo dal mondo del pallone. Lacrime, ricordi, immagini che entreranno nella storia come la straordinaria rete segnata con la maglia blaugrana contro il Compostela, il doppio passo per saltare Marchegiani all'ombra della Torre Eiffel, la rete impossibile contro il Generale Inverno a Mosca oppure la superiorità sconcertante messa in mostra nella Copa America boliviana. Questo era Luis Nazario da Lima: un concentrato di classe, potenza ed imprevedibilità che neppure gelo, neve o altitudine potevano fermare. Tristezza, perchè Ronaldo, il vero Ronaldo, ha dato il suo personalissimo addio al calcio nel lontano '98, barcollando debolmente sulle scalette dell'aereo che riportò la Seleção da Parigi a Rio de Janeiro. Da quel momento la carriera del Fenomeno è stata un malinconico rincorrere ciò che non c'era più, ciò che era svanito passeggiando in stato di semi-incoscienza sul prato di Saint-Denis. Qualche moto d'orgoglio, come la rivincita Mondiale in Oriente o il secondo Pallone d'Oro, tante, tantissime reti e altrettanti devastanti infortuni, ma, soprattutto, l'approdo in un limbo affettivo. Amato dagli amanti del calcio per quanto dato negli anni precedenti, ma idolatrato da quanti tifosi? Dai catalani che lo hanno visto tornare in Spagna a vestire la maglia dei nemici di sempre madrileni? Oppure dai tifosi interisti che dopo aver vissuto in trance la sua fuga a Madrid hanno dovuto affrontare il suo canto del cigno in maglia rossonera?Una costante fitta al cuore vederlo ridurre mese dopo mese il suo raggio d'azione, una resa incondizionata e definitiva constatare che ormai non era altro che il miglior predone d'area di rigore in circolazione. Una spirale negativa, un'implosione che è culminata con il desolante ritorno in patria, quando il fu Fenomeno, fra chilogrammi di troppo, vicende personali piuttosto bizzarre, vasectomie e calze contenitive, si è esibito in un'imbarazzante caricatura di sè stesso preferendo i reais del Corinthians al club di cui si è sempre professato tifoso, il Flamengo. Tristezza.
L'International Football Association Board è un organismo internazionale che ha il potere di stabilire qualsiasi modifica ed innovazione delle regole del calcio.
A questo si debbono nel corso della storia novità fondamentali quali l'introduzione delle sostituzioni (prima due, poi tre), il divieto dell'uso delle mani per il portiere sul retropassaggio o l'abolizione di Golden e Silver Gol.
Nella prossima riunione del 5 Marzo spicca all'ordine del giorno un tema di fondamentale importanza: gli scaldacollo tanto usati nel periodo invernale vanno proibiti in quanto pericolosi per l'incolumità fisica degli stessi atleti?
Con tutti i problemi e le possibili innovazioni utili al calcio moderno, mi pare una tematica assolutamente fondamentale.
A 28 anni, Thiago Motta ha ricevuto la sua prima convocazione in nazionale. La nuova Italia di Cesare Prandelli ha scelto di aprirsi consistentemente agli oriundi (già provati Ledesma e Amauri, sotto osservazione Zarate e Taddei) per non precludersi nessuna alternativa. In precedenza dagli anni sessanta al duemila troviamo solo Mauro German Camoranesi come predecessore illustre, pedina fondamentale per carattere, tecnica e duttilità tattica della squadra campione del mondo a Germania 2006.
Come ha detto il suo allenatore Leonardo dopo le presenze con le giovanili "mi stupisce che fino a oggi non l'abbia chiamato il Brasile", e in effetti un centrocampista con le sue caratteristiche fisico-tecniche avrebbe fatto parecchio comodo anche alla nazionale pentacampeão.
Per l'Italia Thiago rappresenta un valore aggiunto spaventoso. Centrocampista totale, porta tecnica, fisico, personalità, leadership e mentalità vincente (basta vedere il palmares) a una squadra in una delicata fase di transizione. In mezzo al campo può essere schierato in ogni posizione, e per stile di gioco e potenzialità tecnico-tattiche si sposa a meraviglia con centrocampisti quali Montolivo, De Rossi, Aquilani, cioè il presente e il futuro della nazionale. Anche il fatto che sia l'unico mancino non guasta.
Senza esagerare coi facili entusiasmi, questo matrimonio promette molto. Se il fisico lo assisterà, Motta in nazionale sarà un crack.
"Adesso che è andato via Benitez, compro cinque giocatori!" scherzava Massimo Moratti a fine Dicembre, mentre ufficializzava l'arrivo in panchina di Leonardo, canzonando le richieste avanzate da Rafa Benitez dopo aver vinto il Mondiale per Club.
A un mese di distanza, possiamo dire che non era uno scherzo.
Dopo un'estate di immobilismo, l'Inter ha deciso di non stare a guardare. Perdere un'altra occasione di rinforzarsi non era proprio cosa, vista anche una non semplice situazione in classifica e i problemi di infortuni accusati dalla squadra. In un mese di calciomercato sono arrivati quei giocatori che mancavano, e che presentavano tutte le caratteristiche necessarie: di ruolo, giovani, di prospettiva e a un prezzo giusto.
Andrea Ranocchia, Giampaolo Pazzini, Houssine Kharja, Yuto Nagatomo, più i più giovani Luc Castaignos (in arrivo a Giugno) e Christoph Knasmullner.
Decisamente più costosi i primi due, ma anche i giocatori di maggior spessore. Un centravanti e un centrale difensivo. Presente e futuro della nazionale italiana, sono nomi tenuti sotto osservazione da tempo, e anticipati a oggi nell'acquisto (parole di Marco Branca) uno per il grave infortunio di Walter Samuel, l'altro per un buon prezzo (12 milioni più Biabiany) e la disponibilità della Sampdoria a trattare. Età giusta (classe '88 Ranocchia, '84 Pazzini), ambiziosi, di talento e soprattutto utili per colmare le più evidenti lacune della rosa.
Kharja e Nagatomo arrivano in prestito con diritto di riscatto a Giugno, da Genoa e Cesena (cui è andato in cambio Davide Santon, alla ricerca di se stesso). Classe'82 il marocchino e '86 il giapponese, sono due pedine a costo praticamente zero che forniscono alternative e profondità alla panchina, con caratteristiche uniche rispetto ai compagni. Centrocampista poliedrico in cerca di rilancio dopo una brutta esperienza sotto la lanterna Kharja, terzino ambidestro in ascesa e fresco vincitore della Coppa d'Asia col suo Giappone Nagatomo.
I restanti due sono giovanissimi classe '92. Castaignos è il talento del futuro del calcio olandese, e arriverà a Giugno dopo altri 6 mesi al Feyenoord da titolare per aggregarsi alla prima squadra. Costo tra i 2 e i 3 milioni di euro. Knasmullner è un centrocampista offensivo austriaco di scuola Bayern Monaco, arrivato a parametro zero dalla squadra bavarese. Incomprensioni con l'allenatore della squadra B (in cui vanta 38 presenze e 2 gol, più una panchina in Champions League contro il Cluj col Bayern) lo hanno portato a non rinnovare il contratto. Un suo ex allenatore di prestigio, Mehmet Scholl, lo definisce un talento senza limiti...intanto alla prima partitella con la prima squadra dell'Inter ha messo a segno una doppietta. I due rappresentano investimenti a lungo termine, da tutelare e far crescere con calma.
L'Inter aveva bisogno di forze fresche, sia per la stagione in corso, sia soprattutto per il futuro (vista la rosa decisamente da svecchiare). Sono arrivate.