27 nov 2014

Il Superclasico di Copa Libertadores 2004

Il Superclasico è un evento ormai mondiale che trae gran parte del suo fascino dall'atmosfera, dal folklore, dalla storia e dalla tradizione che porta in campo insieme ai giocatori.
Una pagina fondamentale ed epica di questa storia è stata scritta nel 2004, quando Boca e River si trovarono a scontrarsi per un posto in finale della Copa più nobile del continente sudamericano, la Libertadores. Non poteva uscirne un doppio confronto come tutti gli altri.


Partiamo da un punto fondamentale: le rose erano molto diverse da quelle di oggi.
Il 2004 sembra temporalmente vicino, ma negli ultimi dieci anni sono cambiate davvero molte cose nel futbol argentino. Tra campioni affermati, giovani in rampa di lancio, figure locali e giocatori rivisti a vario livello in Europa, troviamo una serie impressionante di cognomi che ci fanno scattare qualcosa nella memoria.
Nel Boca figuravano Pato Abbondanzieri, Rolando Schiavi, Clemente Rodriguez, Nicolas Burdisso, Guillermo Barros Schelotto, Carlos Tevez, accompagnati da Matias Silvestre, Pablo Ledesma, Pablo Alvarez (tutti visti a Catania), Luis Amaranto Perea (Atletico Madrid), Willy Caballero (prima Malaga, ora City). In rosa, ma senza presenze in Copa anche Mauro Boselli.
Nel River Eduardo Tuzzio, Cristian Tula, Javier Mascherano, Lucho Gonzalez, Marcelo Gallardo, Daniel Montenegro, Marcelo Salas, Josè Sand, Maxi Lopez e Fernando Cavenaghi. Una presenza anche per Federico Higuain, fratello del Pipita, un posto in rosa per Juan Pablo Carrizo (Lazio, Inter), Patricio Toranzo (all'Huracan con Pastore) e persino Dario Conca.
Allenatori? Carlos Bianchi e Leonardo Astrada.


La doppia sfida fu, chiaramente, tesa e combattuta.
Come quest'anno l'andata si giocò alla Bombonera, dove la squadra di casa si impose 1-0 grazie al gol del Flaco Schiavi. Per quanto riguarda gli espulsi, due a uno per il River.



La partita destinata a entrare nella memoria collettiva fu il ritorno al Monumental, partita tra l'altro vietata ai tifosi ospiti.
La rete di Lucho Gonzalez, probabilmente non un caso visto lo spessore del personaggio, che riportò in pari la situazione si rivelò solo l'introduzione a una delle pagine più note di calcio sudamericano contemporaneo.
Carlos Tevez, allora giovane e in cerca di autore, al minuto 89 trovò la via della rete da centravanti vero. Lo stadio ammutolito, le facce sugli spalti e soprattutto l'esultanza dell'Apache a mimare una gallina con conseguente rosso diretto sono talmente famose che è normale pensare che la partita si sia chiusa così.
Invece l'altrimenti anonimo Cristian Nasuti trovò il gol del vantaggio del River in pieno recupero, su punizione di Cavenaghi, portando la sfida all'epilogo dei rigori dove arrivò la seconda beffa per i tifosi di casa. Maxi Lopez sbagliò infatti l'ultima definizione, mandando il Boca in finale.
In pareggio anche il conto degli espulsi visto il due a uno per il Boca.


Per inciso, il River finirà per vincere poche settimane dopo il Clausura 2004, mentre il Boca in finale fece la conoscenza di un portiere colombiano chiamato Juan Carlos Henao.

21 nov 2014

Intervista a Carlo Pizzigoni - Storie Mondiali

Storie Mondiali è il titolo di una serie di programmi passati su Sky in "preparazione" a Brasile 2014. Dieci puntate per dieci Mondiali, dieci racconti diventati di culto in brevissimo tempo narrati da Federico Buffa.
Dal 18 Novembre Storie Mondiali è anche un libro, e per raccontarci questa avventura AguanteFutbol ha intervistato Carlo Pizzigoni, co-autore dei testi e noto giornalista.

Storie Mondiali, Federico Buffa, Carlo Pizzigoni, Sperling & Kupfer, 2014

- Partiamo dall'inizio. C'è stata una telefonata nel cuore della notte da un numero sconosciuto? Ti hanno incappuciato e rapito in strada? A parte gli scherzi, la collaborazione con Sky come è nata?

Di telefonate Sky me ne ha fatte tante, ma mi chiedevano dell'abbonamento. A parte gli scherzi, la collaborazione nasce grazie a Federico Ferri, che mi chiamò per lavorare in vista della Copa America 2011. Poi si è andati avanti a intermittenza, ma con l'ottica precisa di arrivare ai Mondiali.

-Sai che le domande su di lui sono una tassa che ti tocca. Federico Buffa? Avete sviluppato il progetto insieme fin dall'inizio?
Il progetto è nato da subito con lui, anche perchè ci conosciamo da diverso tempo. Già lo seguivo da giocatore e appassionato di basket, colpito e incuriosito dal suo modo di raccontare in telecronaca. Poi si è presentata l'occasione di sentirlo per un'intervista, ci siamo trovati a disquisire del Porto pre-Mourinho, di Fernando Santos e del suo ruolo nella crescita di Deco, si è creato interesse reciproco e abbiamo continuato a sentirci. Federico Ferri ci ha poi contattati entrambi per lavorare allo speciale su Maradona che ha gettato le basi per un lavoro più lungo. Ci tengo a dire che Ferri è molto bravo a scegliere i collaboratori e ringraziare specialmente Sara Cometti e Leo Muti (anche nella dedica iniziale del libro, ndr), i veri architetti del programma.

- Vista la vastità della materia e la tua preparazione, come hai selezionato il materiale? Ti sei preparato un pezzo su ogni manifestazione e poi approfondito i più interessanti?
Il lavoro era settato su dieci puntate, quindi dieci Mondiali dall'inizio al 1998. Bisognava ovviamente fare una scelta che non è dipesa solo da me e Federico Buffa, che abbiamo lavorato ai testi. Per prepararci io e lui ci mettiamo a un tavolo e raccogliamo tutte le idee su un certo argomento, ottenendo un quadro generale di quello che vogliamo dire. Poi ci pensa Buffa con la sua straordinaria sensibilità a intuire quali storie possano risultare più interessanti e coinvolgenti.

- C'è una storia/vicenda che per qualche motivo non avete potuto raccontare, ma a cui tieni particolarmente? E un personaggio a cui ti sei affezionato?
L'argomento è veramente vasto e veramente ricco, in ogni Mondiali abbiamo rinunciato a varie storie. I Mondiali 1934, 1954 anche solo per la grande Ungheria e 1978 li avrei raccontati volentieri. Personalmente adoro il Mondiale '58 per la sua valenza seminale. Ci troviamo la stella assoluta Pelè che cambia il calcio come giovane in grado di imporsi in un palcoscenico così importante, regalando ai posteri un esempio, e la più grande Francia di sempre, una nazionale che consegna a una nazione un'identità calcistica offensiva, una filosofia del proporre sempre gioco che porterà anni dopo alla vittoria dell'Europeo e troviamo ancora in allenatori come Wenger.
Un personaggio di cui ho parlato a cui sono particolarmente affezionato è Zinedine Zidane. Sono stato anche a visitare il suo quartiere di origine a Marsiglia. Un giocatore con una storia unica, che parla di calcio, di Francia, di Marsiglia e dell'Africa. Avrei invece voluto parlare di Bruno Metsu, l'allenatore del Senegal sorpresa del Mondiale 2002, che aveva coi suoi ragazzi un rapporto unico e irripetibile da insegnante e padre.

- Una curiosità tecnica. Com'è il passaggio dalla stesura su carta al monologo televisivo? Hai avuto problemi di tempi, battute o altro?
Quello che voi spettatori non sapete è che Buffa recita a braccio, come si dice. Il monologo ha una scaletta, degli argomenti da toccare precedentemente preparati, ma poi la narrazione è opera sua, e a volte pesca dal nulla anche aneddoti extra. Non legge un testo perchè non ne sarebbe capace, semplicemente racconta. Max D'Aloe, l'armonicista, dice che è un jazzista. Le idee sulla messa in scena sono dei nostri collaboratori, in studio si prepara tutta la struttura della puntata.

- Il libro era già previsto o è nato successivamente?
Il libro è un'idea successiva, nato sulla scia del successo delle varie puntate. Ha un linguaggio diverso e per ogni Mondiale c'è del materiale inedito. Del resto anche senza lavorare alle competizioni successive al 1998 abbiamo tanti argomenti da poterne già scrivere un altro, l'editore ci ha posto un limite perchè un libro del genere con troppe pagine (sono 266, ndr) non avrebbe funzionato. 

- "Chi sa solo di calcio non sa niente di calcio" a pensarci è una frase curiosa per introdurre delle trasmissioni e un libro che parlano di calcio. Che sfumatura vi ha colpito del noto aforisma di Mourinho?
La scelta è stata condivisa da tutti, è un messaggio molto efficace che spiega come il calcio sia un fenomeno a 360°, che va molto oltre il semplice rettangolo da gioco. Non si può parlare di Mondiali senza toccare argomenti sociali e politici, è un argomento estremamente fertile e stimolante.


Si ringrazia Carlo Pizzigoni per la gentilezza e la disponibilità

19 nov 2014

Superclasico: qui Boca

Il Boca si avvicina a questa partita in condizioni psicologiche quasi opposte rispetto agli eterni rivali.
Ha un fondamentale vantaggio: la pressione del pronostico è tutta sulle spalle del River.
Loro sono i campioni in carica, loro sono tenuti a macinare risultati e a portare spettacolo. Gli xeneizes invece possono permettersi di lavorare da underdogs progettando un colpaccio che aprirebbe di nuovo dolorosissime ferite.
Anche solo un mese fa questa sfida sarebbe stata infatti totalmente in favore della banda, pur tenendo sempre a mente l'antico adagio che vede i derby come partite a se stanti, mentre oggi il Boca può  permettersi di non avere paura, compiacendosi dei fantasmi che si fanno strada nella testa degli avversari.
Per i tifosi unire gli sfottò per la comunque fresca retrocessione a una nuova eliminazione in una coppa dopo quella del 2004 sarebbe storico.

Il momento della squadra di Arruabarrena è tutto sommato positivo.
Malgrado il Vasco abbia ereditato da Carlos Bianchi una squadra capace di ottenere il maggior numero di punti insieme al Velez nella classifica aggregata dei campionati 2013/2014 (curiosamente però nessuna delle due ha vinto titoli), l'addio di Riquelme e l'esonero in estate del Virrey hanno lasciato nella maggior parte degli spettatori una netta idea di transitorietà e ricostruzione. Tradotto in aspettative, nessuno vedeva il Boca tra le favorite nonostante il blasone e trovare nella formazione titolare un insieme di nomi per la maggior parte sconosciuti ai meno esperti non aiuta di certo.
Il giovane tecnico, ex giocatore del Villarreal di cui si ricorderanno i tifosi dell'Inter, è stato bravo a gestire una situazione iniziale non semplice e a organizzare la squadra. In campionato, pur non strabiliando, è appena dietro alle quattro squadre più forti e in Copa Sudamericana ha trovato prestazioni importanti dopo quello che è stato forse il punto più basso della stagione, la sconfitta alla Bombonera 0-1 contro il Deportivo Capiatà. La reazione a quella clamorosa disfatta ha resituito al Sudamerica tutto un Boca trasformato.
Si schiera con un 4-4-2 abbastanza dinamico, che può evolvere in 4-2-3-1, 4-1-4-1 o più raramente in 4-3-1-2. I punti fissi sono la difesa a quattro, un mediano difensivo e la prima punta di riferimento, poi ci possono essere schieramenti più spregiudicati (con due centrocampisti di qualità sulle fasce, a piedi invertiti) o più prudenti (con un esterno più di corsa, a volte anche un terzino, e un centrocampista avanzato a supporto del centravanti). Si cerca il possesso con fraseggio palla a terra, a volte un po' troppo lento e insistito, e la formazione risulta tatticamente ordinata e molto "democratica" nella distribuzione del gioco e anche dei gol.
Del resto perso Riquelme nessuno fagocita palloni e la rosa è nettamente alla ricerca di nuovi leader. In difesa e a centrocampo i giocatori di gerarchia sono el Cata Diaz e Fernando Gago, ex di ritorno con carriere importanti, in porta c'è un monumento come Orion e Gigliotti rappresenta ormai una sicurezza a livello realizzativo. Si uniscono a loro gli ex giovani con ormai diverse stagioni in maglia azul y oro in curriculum, come Erbes e Colazo. Manca però, com'è ovvio dopo l'addio di una figura tanto ingombrante e determinante come quella del Mudo, un enganche di riferimento in grado di prendersi le responsabilità e inventare quando il pallone scotta. Carrizo, uno dei favoriti del tecnico, sembra più un gregario di qualità mentre Castellani fatica a consolidare le sue prestazioni nella continuità. Luciano Acosta, l'erede del numero 10, è semplicemente ancora troppo giovane e acerbo. La Copa potrebbe essere un banco di prova importante per uno di loro.

Punto di forza del Boca è sicuramente un attacco capace di produrre 20 gol andando a segno tra l'altro sia con gli attaccanti titolari che coi giovani di riserva. Andres Chavez, per fisico, tecnica e impatto, merita di essere nominato.
A favore dello spettacolo invece c'è una difesa porosa da 18 gol subiti, che dipende molto dalla personalità e dalle condizioni di Daniel Diaz.

17 nov 2014

Superclasico: qui River

Più si avvicina la sfida con il Boca, più la paura e la tensione si fanno largo tra stanze e corridoi del Monumental. Gallardo fa di tutto per dare l'impressione di avere la situazione sotto controllo, di essere dominato da una fiducia totale e, in effetti, il gruppo lascia intendere di essere sicuro e focalizzato verso la prima sfida con l'eterno nemico.
Tuttavia nessuno avrebbe potuto ipotizzare che il River Plate arrivasse alla settimana decisiva con incertezze e qualche scricchiolio strutturale di troppo, ma infortuni e stanchezza hanno lentamente messo fuori fase i perfetti ingranaggi della macchina schiacciasassi costruita dal Muneco. Un costante rallentamento, a tratti impercettibile, accelerato soltanto dalla sconfitta contro l'Estudiantes e dal pareggio contro l'Olimpo. Il liscio di Ramiro Funes Mori, uno dei migliori nella stagione millonaria, ha messo a nudo le difficoltà che sta vivendo la Banda e ha fatto sorridere più di una persona dalle parti della Boca.

Che il Superclasico sia una partita a sè è stato ripetuto allo sfinimento, ma in fin dei conti è la cruda realtà: sono 90 minuti (180, in questo caso) che amplificano emozioni e sensazioni in negativo e in positivo. Allora quella sottile fenditura di incertezza e paura può diventare uno squarcio in grado di piegare i campioni d'Argentina in carica, costretti inoltre a giocare la prima delle due sfide nella tana del rivale. Si sa, la Bombonera non trema, batte, e il River Plate è consapevole della necessità di arrivare al confronto preparato fisicamente e soprattutto mentalmente. La squadra allenata da Gallardo finora è stata elogiata soprattutto per il gioco espresso, per il ritorno al celebre paladar negro riverplatense, sapendo tuttavia mettere in campo anche personalità assoluta e caparbia tenacia. Ora, all'alba di una settimana decisiva per il semestre millonario (le due sfide con il Boca saranno intervallate dal clasico al vertice contro il Racing di Diego Milito), giunge l'inesorabile momento della verità, con tre partite che potranno proiettare il River del Muneco direttamente nella storia del club di Nunez, tra la Maquina di Pedernera e Labruna e i campioni del '96 di Ramon Diaz, o nell'olvido, l'oblio.

Un'altra eliminazione ad opera degli Xeneizes, dopo la storica semifinale di Libertadores del 2004, è un'ipotesi che al Monumental non può essere neanche presa in considerazione, non dopo la B e l'agognato ritorno ai vertici del calcio argentino. Gallardo, che in questi mesi ha mostrato sorprendente maturità e preparazione a 360°, tecnica, tattica e mentale, potrà finalmente contare sugli uomini migliori, eccezion fatta per il mediano Kranevitter. Un'assenza ogni giorno sempre più pesante, perché il giovane tucumano, fermo in infermeria per una frattura al metatarso, ha lasciato un vuoto incolmabile nel cuore del centrocampo, nonostante l'esperienza di Ponzio e la buona volontà di Guido Rodriguez, altro prodotto delle inferiores. Nessuno infatti è stato in grado di sopperire al ritmo e all'attenzione tattica del Colo, permettendo agli avversari di scovare i difetti della retroguardia e di prendere campo con relativa facilità: una chimera, fino a poco tempo fa.

Grazie al lavoro politico del Principe Enzo Francescoli, l'uomo che più di tutti ha voluto far sedere Gallardo sulla panchina del Monumental, Teofilo Gutierrez è già rientrato in Argentina, esonerato dall'impegno con la Colombia di Pekerman; mentre a nulla sono valsi gli sforzi per riportare anticipatamente a Buenos Aires anche Carlos Sanchez, alla prima convocazione con l'Uruguay. I due stranieri, fondamentali negli equilibri della Banda, dovrebbero in ogni caso presenziare dal primo minuto, per la loro importanza, leadership e per l'avversione del Muneco al turnover. La stanchezza sarà infatti uno dei fattori principali nel determinare le sorti del doppio scontro: Gallardo ha coraggiosamente deciso di voler lottare su entrambi i fronti, ma, come visto nella partita casalinga contro l'Olimpo, gambe pesanti e stress possono portare a qualche passo falso di troppo.

Non resta che attendere, confidando magari in condizioni climatiche che permettano di giocare a calcio e non a pallanuoto, come accaduto nel recente Superclasico del Torneo di Transicion.

15 nov 2014

Le colpe di Mazzarri

Inevitabilmente giunti alla fine di un "impero" si fanno i conti in tasca al reggente uscente.
Evitando infinite discussioni tattiche e sulla composizione della rosa, quali sono le colpe di Mazzarri per il suo primo esonero in carriera?

Walter Mazzarri ha guidato l'Inter dal 24 Maggio 2013 al 14 Novembre 2014.
Giova ricordarlo perchè spesso, diciamo pure troppo spesso, nella stagione in corso il suo operato è stato valutato come fosse da pochi mesi al timone della rosa nerazzurra.
Premessa a sua difesa: si è trovato a lavorare sulle macerie dell'era Stramaccioni (e precedenti, cioè Ranieri e Gasperini), con un'Inter sostanzialmente al minimo storico considerando l'epoca moderna, soprattutto a livello di certezze e autostima. In più ha dovuto fare i conti col cambio di proprietà e con la spada di Damocle del fairplay finanziario, con chiare rispercussioni su mercato e investimenti. Una situazione congiunturale sicuramente scomoda.
Partendo dai semplici numeri, Mazzarri ha chiuso il campionato 2013/2014 con 60 punti figli di 15 vittorie, 15 pareggi e 8 sconfitte, con una media di punti a partita pari a 1,57. Un posizionamento certamente non da sogno, ma in linea con le aspettative di tornare in Europa, un primo passo verso il ritorno ad essere una squadra vera. Nel 2014/2015 il tecnico di San Vincenzo era chiamato a un passo in avanti, se non come gioco quantomento nei risultati e in generale nell'amalgama del suo gruppo. Nel campionato in corso in 11 giornate si sono viste 4 vittorie, 4 pareggi e 3 sconfitte (tutte senza appello contro Cagliari, Fiorentina e Parma) per 16 punti, con una media di 1,45. Un rendimento in chiaro calo e in peggioramento vedendo le 2 vittorie nelle ultime 7 partite.
In totale su 49 giornate di campionato ha ottenuto 19 vittorie, 19 pareggi e 11 sconfitte, in Coppa Italia su 3 partite 2 vittorie e 1 sconfitta, in Europa League su 6 partite 4 vittorie e 2 pareggi.

Andando oltre l'impietosa aritmetica, la critica principale da muovere a Mazzarri è di non aver dato in oltre un anno di lavoro un'impronta precisa alla sua squadra.
Torniamo un attimo alla conferenza di presentazione, datata Luglio 2013. Le idee sono chiare, nette e precise: "nel calcio bisogna partire subito con certe sicurezze", "voglio lavorare sull'autostima, c'è il rischio che i ragazzi possano ancora risentire dell'ultimo campionato, voglio dare un'organizzazione che li tuteli, che li faccia sentire sicuri", "per il blasone che ha, l'Inter ha il dovere di tornare ad essere competitiva, i tifosi dovranno essere orgogliosi di vedere una squadra che non molla mai, credo che attraverso gioco e prestazioni verranno anche i risultati", "i giocatori mi hanno sempre considerato un tattico, uno che cerca di dare un'impronta ben definita alle proprie squadre".
La colpa di Mazzarri è esattamente non aver rispettato nessuna di queste intenzioni.
La sua squadra non ha mai avuto certezze, se non l'insistenza totale sul modulo a tre, l'autostima è stata ad essere gentili ondivaga, l'organizzazione si è vista solamente a tratti e mai completamente sviluppata in entrambe le fasi, sostanzialmente non è mai stata competitiva e men che meno ha dato l'impressione di non mollare mai. La sua Inter non ha mai avuto un'impronta definita, sempre contratta e timorosa, tra il difensivismo eccessivo e la timidezza nell'attaccare. Anche nei suoi tipici punti di forza come la corsa e l'intensità difensiva Mazzarri ha fallito, non riuscendo mai a trapiantarli nel nuovo contesto se non nelle prime 6 giornate della stagione 2013/2014.
Non ho parlato di bel gioco, di calcio spettacolo o altro. Mazzarri non ha portato all'Inter le basi del suo lavoro, e di conseguenza non ha quasi mai espresso il calcio che ci si aspetta da lui.
Nel 2014/2015 i nerazzurri hanno girato pagina in molte cose (rosa, proprietari, medici, pure colore di maglia) e il tecnico aveva l'opportunità di cominciare ex novo con giocatori diversi, più giovani, meno ingombranti, idealmente anche più adatti in quanto scelti dal mercato e un contratto rinnovato. Invece di progredire l'Inter ha fatto passi indietro, sia come gioco che come mentalità. Ed è crollato anche il baluardo dei pochissimi infortuni grazie al lavoro del preparatore Pondrelli.
Una squadra senza identità nè tattica nè a livello di carattere, senza alcuna certezza nè organizzazione in cui rifugiarsi dopo oltre un anno di lavoro.
In più c'è l'eterna querelle del rapporto tra l'allenatore e i giovani. Sempre dalla conferenza di presentazione "avere tanti giovani e arrivare nei primissimi posti non è sempre un connubio vincente, ci vuole la giusta miscela, se mi chiedete di fare 50 punti allora farei una squadra di giovanissimi, ma per arrivare ai primissimi posti è un discorso diverso", concetto anche condivisibile, ma difficile da far coincidere con quanto espresso alla guida dei nerazzurri nella prima stagione, chiusa a 60 punti con una delle rose più anziane, dando per di più spesso e volentieri la colpa dei mancati risultati proprio ai più giovani, colpevoli di sentire troppo il peso della maglia o di errori tattici.

L'aggravante del caso Mazzarri è data dalle sue evidenti difficoltà nel comunicare.
Sempre in affanno davanti alle telecamere, impreciso con la sua lingua madre e figuriamoci con l'inglese, approssimativo persino coi nomi dei suoi giocatori, all'apparenza perennemente confuso, evidentemente non riesce quasi mai a veicolare quel che pensa in modo corretto e univocamente comprensibile. C'è poi il capitolo delle scuse, argomento per cui è famoso da sempre, usate in ogni occasione aggrappandosi di fatto a qualunque cosa pur di trovare una giustificazione esterna e ineluttabile per il fallimento. Dai calciodangoli alla pioggia in un anno e mezzo l'aneddotica è ricca, persino crudele nel suo diventare macchietta.
Nel 2014, tra media e social, è difficile galleggiare in queste condizioni.
Un allenatore coi risultati dalla sua vince sempre. Senza i risultati, l'immagine può aiutarlo a sopravvivere. Senza nessuna delle due cose, si precipita in fretta.

6 nov 2014

Argentina: personaggi imperdibili

Ma chi te lo fa fare di seguire il campionato argentino? Vediamo... ci sono tradizione, vecchi campioni, giovani talenti; è il campionato di Boca e River, è il campionato del Superclasico, quello di Racing, Independiente e dei Cuervos del San Lorenzo. Poi l'Argentina è la patria della passione sfrenata per il futbol, delle tifoserie più celebri e degli aneddoti infiniti!
Chi non ha mai sentito la leggenda all'origine dei soprannomi delle due squadre di Rosario, Central e Newell's? Chi non sa la storia dei sette gatti sepolti nel Cilindro di Avellaneda?
Vogliamo parlare anche dei giocatori? Maradona, Di Stefano, Pedernera, il Charro Moreno, Messi, Redondo, l'uruguayo Francescoli, Ariel Ortega o Juan Roman Riquelme?

Di motivi seri per seguire il calcio argentino ce ne sarebbero abbastanza per scrivere ogni giorno su questo blog, ma ciò che amo veramente del futbol albiceleste è la capacità di generare ciclicamente personaggi in grado di farti venire voglia di chiudere la pagina web, aprire il primo portale di viaggi e prenotare un biglietto aereo diretto a Buenos Aires. Il tutto per atterrare ad Ezeiza, tentare di superare indenni l'infinita coda alla dogana, saltare sul primo taxi, abbracciarli di persona e guardare assieme a loro una partita, con il rischio (la certezza) di essere pure insultati.

Padri di famiglia, nonne, edicolanti o vecchietti immigrati da tempo immemore, tutti con un'unica immensa e genuina passione: il futbol. E un odio sprezzante per il rivale.


EL TANO PASMAN
 
Il Tano Pasman è con ogni probabilità il più famoso di tutti. Ripreso in segreto dai figli, è balzato agli onori della cronaca mondiale il giorno dopo l'andata dello spareggio salvezza tra River e Belgrano, diventando in pochi giorni un fenomeno virale.

Squadra del cuore: River Plate
Giocatore prediletto: Paulo "el Loncho" Ferrari
Giocatore detestato: Adalberto Roman

Citazione: "Cordobés y la reputa madre que te recontra mil parió"

Purtroppo non sono disponibili testimonianze relative all'infausto incontro di ritorno -che ha sancito la storica retrocessione dei Millonarios-, ma il web ci ha regalato alcune perle che meritano di essere segnalate.

1. Tano Pasman ft. Michel Telo: Eu te puteo: https://www.youtube.com/watch?v=XQmqLVPO9aI
2. Tano Pasman ft. Psy: https://www.youtube.com/watch?v=FhtylNJX5tI
3. La Botonera del Tano Pasman: http://www.martingallardo.com.ar/pasman/botonera.swf


MARTA E LE TRIBUNERAS DEL BANFIELD
 
Banfield, zona sud dell'area metropolitana di Buenos Aires, numero 900 di calle Arenales: ogni due domeniche un fotografo, purtroppo anonimo, va allo stadio del Taladro per immortalare le gesta della massima divisione argentina. Ha il suo posto a bordocampo, verso la tribuna che dà su calle Lugano e, oltre all'incessante tifo della Banda del Sur, gode dell'imperdibile telecronaca di Marta. Per nostra fortuna, un giorno decide di riprendere in gran segreto il trio di Tribuneras, mentre queste, tra una gomma da masticare e l'altra (o è sempre la stessa?), non perdono occasione per complimentarsi sportivamente con arbitro e avversari. In particolare gli ex-Banfield: Erviti e soprattutto Dario Cvitanich (e signora).

Squadra del cuore: Banfield
Giocatore prediletto: Dario Cvitanich
Giocatore detestato: Leandro Somoza

Citazione: "Que lastima que no lo pone [Viatri], para gritarle"

Di Marta preme sottolineare la profonda competenza in materia: conosce perfettamente la carriera di Somoza e soprattutto ci regala un paio di frecciate non molto velate a Viatri e alla vicenda legata al furto da una parrucchiera porteña.

Ma come tutte le storie d'amore, anche questa finisce bene: ecco infatti il video del ricongiungimento tra Marta e Dario Cvitanich.
"No me molesta nadie, meno Boca y Lanus... a muerte!"


EL GORDO DE CENTRAL
 
A Rosario o tifi Central o tifi Newell's. O sei canalla o sei leproso. Più o meno.
Perché l'edicolante di cui sopra aveva giusto qualcosina da ridire a proposito dei suoi concittadini xeneizes, rei di andare allo stadio (la cancha!) soltanto due volte all'anno. Il botta e risposta che nasce tra lui e l'intera Doce è da antologia, molto meglio della partita, durante la quale peraltro a mettere a segno il vantaggio azul y oro è un certo Rodrigo Palacio.

Squadra del cuore: Rosario Central
Giocatore prediletto: n/d
Giocatore detestato: n/d

Citazione: "Anda a la cancha, bobo!"

Dell'eroico baluardo canalla non si è più saputo nulla, se non grazie a una recente fotografia:
 

EL TANO PASCUAL
 
Il Tano è uno di noi. Emigrato nel 1947 dall'Italia, ha trovato casa alla Boca, nel Boca. Di tutti questi personaggi, è sicuramente il più emozionante, il più toccante, con quel suo italiano porteñizzato e un amore senza confini per gli Xeneizes. Ci ha lasciati poco più di due anni fa, ma alla Bombonera lo ricordano ancora come il vero jugador n°12. Sempre presente: allo stadio, a Casa Amarilla per assistere agli allenamenti del suo Boca e sempre lì, con il sole o con la piogga, ad attendere l'arrivo del pullman prima delle partite, con il suo celebre grido "el mejor jugador del mundo!", quando a scendere i quattro scalini era Juan Roman Riquelme. Era uno di casa, uno del barrio, l'amuleto dei giocatori del Boca e del Coco Basile, che per questo motivo lo voleva sempre presente ad allenamenti e partite.

Squadra del cuore: Boca Juniors
Giocatore prediletto: Juan Roman Riquelme
Giocatore detestato: n/d

Citazione: "[Boca] lo quiero como a mi mamà"

La prima sessione di allenamento di Basile al ritorno sulla panchina del Boca:
"Coco, te llevo en el corazon!"

Un'intervista televisiva conclusa con un caloroso saluto agli eterni rivali del River Plate:
"1, 2, 3, 4, 5... los de River, que me chupen..."

4 nov 2014

San Lorenzo: guida ai cori

Domani (mercoledì 5 novembre), in occasione del Trofeo Berlusconi, San Siro ospiterà il San Lorenzo fresco campione della Copa Libertadores e istituzione del calcio argentino. Il Ciclon, una delle cinque grandi del futbol albiceleste, arriva a Milano in vista del campionato del Mondo per club, approfittando dell'invito del Milan per abituarsi al calcio europeo -sempre che quello italiano sia lontanamente equiparabile allo sport praticato dal Real Madrid- e per sfruttare l'inevitabile ritorno d'immagine. Difficile sapere se la squadra del barrio di Boedo avrà al seguito la sua celebre hinchada, quell'impressionante marea umana nota ai più come "La Gloriosa Plaza Butteler", ma ci sembra d'obbligo far conoscere a tutti i cori più famosi che si sentono dalle parti del Nuevo Gasometro.

Da ascoltare e riascoltare, per non farsi cogliere impreparati.

Un ultimo consiglio: se lo trovate, portate con voi un ombrello azulgrana.


Dicen que estamos todos de la cabeza,
pero a San Lorenzo no le interesa.
Tomamos vino puro de damajuana
y nos fumamos toda la marihuana.
Ohhh San Lorenzo
Ohhh San Lorenzo


Cuervo sos mi alegría,
mi locura vos sos mi vida,
a Boedo vamo a volver
por la vuelta todo daría daría Ciclon.
Donde juegues yo voy a estar,
hasta la muerte, hoy tenes que ganar,
que Boedo es un carnaval.
Acá esta la mas fiel,
la Gloriosa Plaza Butteler.


Mirala que linda viene,
mirala que linda va,
es la banda de Boedo,
que al Ciclon viene a alentar.
No me importa donde juegues
siempre te voy a seguir,
yo lo quiero a San Lorenzo
y por el voy a morir.


Vengo del barrio de Boedo,
barrio de murga y carnaval.
Te juro que en los malos momentos,
siempre te voy a acompañar.
Dale dale Matador
dale dale Matador
dale dale dale dale Matador.


Vamo' Ciclon, vamo' a ganar,
la Butteler te va alentar,
vamo' azulgrana te vengo a ver,
hoy no podes perder.
Soy del barrio de Boedo,
yo soy de San Lorenzo,
lo sigo de pendejo,
porqué es un sentimiento
y esta banda que esta descontrolada
no te deja de alentar.


Pasaron 100 años
que nace este sentimiento,
quisieron privatizarte
pero yo a vos no te vendo.
Nos siguen diciendo
que estamos de la cabeza,
nos bancamos el descenso
hicimos la cancha nueva.
Yo quiero a la banda de fiesta y en pedo,
sabemos que vamos
a volver a Boedo.
A tanta locura no hay explicación,
si yo de pendejo estoy junto a vos.
Tanto sentimiento, tanto carnaval
nos hizo Gloriosa por la eternidad.


Que te pasa Quemero, todavia seguis esperando.
Que te pasa Quemero, en la quema estan todos llorando.
Van pasando los años, jugadores, tambien dirigentes,
pero no te das cuenta, que el problema lo tiene la gente.
Que no alienta cuando el globo va perdiendo oooh,
que no estaba cuando te fuiste al descenso oooh,
que no aguanta cuando ve a San Lorenzo.
Yo se que duele, yo se que es feo,
pero a tu hinchada le faltan huevos.


Y dale alegria alegria a mi corazon,
la Copa Libertadores es mi obsesion.
Tenes que dejarlo todo por el Ciclon
tenes que poner mas huevo pa' ser campeon.
Ya van a ver
nosotro' no somo' Boca ni River Plate.