30 lug 2010

River Plate 2010/2011

Ormai ci siamo, il Torneo di Apertura 2010 è alle porte ed all'ombra del Monumental si stanno sistemando gli ultimi dettagli in vista di una stagione cruciale. Mai come in questo momento il River Plate è stato vicino al baratro, ad un passo dalla tristemente storica onta della Seconda Divisione, omaggio gentilmente lasciato in eredità assieme ad una disastrosa situazione finanziaria dalla precedente gestione Aguilar. Un doppio mandato in grado di minare le fondamenta di uno dei club più gloriosi al Mondo, distruggerlo e corroderlo dall'interno, sfruttandolo per mero interesse personale ed abbandandolo a se stesso nel pieno della tempesta. Nemmeno i primi mesi della speranzosa presidenza di Daniel Alberto Passarella hanno dato significativi segnali di risveglio, se non per le ultime partite del Clausura grazie all'arrivo in panchina di Angel Cappa.

E' proprio da qui che i Millonarios dovranno cercare di ripartire: dalla filosofia del loro allenatore, dai suoi ideali storicamente simili a quelli del club, improntanti sul bel gioco e sul possesso palla. Cappa è un'idealista, un uomo tutto d'un pezzo e senza peli sulla lingua, un fedelissimo seguace della corrente "menottista", quella schiera di tecnici per cui nulla è più importante della fluidità della manovra, della spettacolarità dell'azione, della ricercatezza della perfezione nei movimenti e nei tocchi. Il risultato è solo una conseguenza inevitabile di tutti questi aspetti; per loro non vale il machiavellico -o, in ambito calcistico, il mourinhiano- "il fine giustifica i mezzi". Perplessità? Certamente: mai il River Plate ha necessitato di raggiungere importanti risultati in così breve tempo e le squadre di Cappa solitamente hanno bisogno di tempo per assorbire il meglio degli insegnamenti del proprio tecnico, ma la disfatta di un allenatore molto più materialista come Astrada e gli ottimi segnali lanciati dalla squadra negli ultimissimi mesi hanno convinto Passarella e il popolo della Banda a credere nel Filosofo e nel suo River Plate.

Dopo un mercato di riparazione inevitabilmente limitato e superficiale, la dirigenza al termine del Clausura ha potuto giostrare su più fronti setacciando il continente, e non solo, in lungo e in largo alla ricerca dei giocatori adatti all'idea di calcio dell'ex-allenatore dell'Huracan. In quindici hanno lasciato il Monumental, facendo spazio ai nove acquisti messi a segno da Passarella e dal suo staff: un'autentica rivoluzione, che come sempre lascia al contempo speranze ed incognite. La rosa aveva estremo ed urgente bisogno di essere rafforzata in ogni reparto, dalla porta all'attacco, passando per difesa e centrocampo. Un restyling totale, un lavoro di quantità ma anche di precisione, per cercare di ridurre al minimo i rischi ed aumentare il più possibile la qualità media. Servivano giocatori di livello e soprattutto di personalità, in grado di reggere la pressione dell'ambiente e del momento, di caricarsi la squadra sulle spalle e di fare da chioccia ai tantissimi talenti provenienti dalle Inferiores.

Il risultato? Carrizo (Lazio), Nasuti e Arano (Aris Salonnico), Maidana (Banfield), Roman (Libertad), Ballon (San Martin), Acevedo (Independiente), Caruso (Velez) e Pavon (Betis). Un portiere, quattro difensori, due centrocampisti e due attaccanti: la quasi totalità della squadra titolare. Ad alcune scommesse della dirigenza come Ballon, Caruso e Roman si aggiungono certezze come il bomber Mariano Pavone e l'idolo del popolo del Monumental Juan Pablo Carrizo. Le richieste di Cappa sono state soddisfatte -manca forse soltanto un centrocampista- e la squadra ha tutti i requisiti per dare vita ad un buonissimo campionato, consapevole dell'assoluta necessità di fare punti su punti in ottica retrocessione. Ai nuovi arrivati vanno poi sommati i giocatori di valore già presenti nella rosa, come Ferrero, Ferrari, Rojas, Almeyda, Ortega, Buonanotte ed i giovani di interessanti prospettive quali Villalva, Funes Mori, Affranchino, Cirigliano e Lanzini. Proprio quest'ultimo è la vera sorpresa del precampionato della Banda, lanciato senza il minimo ripensamento da Cappa ha scalato posizioni su posizioni nelle gerarchie dei trequartisti, guadagnandosi continui apprezzamenti da parte di tutti gli addetti ai lavori. Classe '93, ha messo in mostra un potenziale di primissimo livello, grande maturità e personalità: se il buon giorno si vede dal mattino, per questo ragazzo che solo qualche mese fa ha debuttato tra le Riserve si prospetta un'annata ricca di gioie e soddisfazioni personali.

E' ancora troppo presto per poter delineare la formazione tipo del River Plate di Miguel Angel Cappa, per la moltitudine di soluzioni a disposizione del tecnico e per le poche amichevoli prestagionali realmente significative, ma considerato che il Torneo di Apertura è ormai alle porte -esordio dei Millonarios il 08/08 contro il Tigre- non resta che rimanere in attesa.

29 lug 2010

Diego Armando Maradona, l'allenatore

Dal 28 Ottobre 2008 a pochi giorni fa, Diego Armando Maradona è stato il commissario tecnico della nazionale argentina. Un periodo di tempo straordinariamente breve, per un'esperienza contrassegnata nel corso di tutto il mandato da tante polemiche e voci varie su complotti di palazzo (dentro e fuori dalla squadra), eminenze grigie, tradimenti. La fine improvvisa e come sempre teatrale voluta da Maradona non fa che chiudere il capitolo del calcio giocato per aprire quello della politica interna dell'AFA, col riproporsi di mille domande che fin dalla nomina pendono sulla testa di Diego e hanno come unica risposta un assordante silenzio.

Della politica tratteremo in altra sede, fermiamoci all'ambito sportivo.
La seleccion di Maradona è sempre stata sottoposta a una grande esposizione mediatica. In Argentina di suo la nazionale è un fenomeno popolare di massa molto sentito, figuriamoci con un c.t. tanto ingombrante arrivato al termine di un difficile periodo di transizione. L'identificazione tra l'indimenticato 10 di Messico 86 e una sorta di messia pronto a condurre alla gloria la sua squadra fu rapida e immediata, corroborata dalle parole spavalde e dal carisma della persona. Peccato che Diego non avesse la minima esperienza come selezionatore (come allenatore aveva guidato nel 94 il il Deportivo Mandiyù di Corrientes e nel 95 il Racing Avellaneda, con risultati prossimi al disastroso) e tutta la difficoltà del suo nuovo compito gli si presentò durante le soffertissime qualificazioni mondiali per Sudafrica 2010, col punto più basso raggiunto nella storica sconfitta per 6-1 a La Paz contro la Bolivia. L'Argentina arrivò al Mondiale all'ultima partita vincendo con l'Uruguay, senza mai convincere e alla ricerca perenne della sua identità. Tra vari moduli, convocazioni locali (anche di indisponibili), e troppi giocatori provati e scaricati, le scelte di Maradona non furono mai chiare se non a lui stesso. Fioccarono ipotesi sui motivi delle scelte, dalla fiducia cieca nei giovani della nazionale olimpica all'esclusione di alcuni senatori "colpevoli" di non aver boicottato il precedente c.t. Alfio Basile, purtroppo tutte a loro modo credibili vista l'assurdità di certe convocazioni.
Alla vigilia del Mondiale 2010, la formazione scelta da Maradona era basato su un 4-4-2 anni 90, con pochi fedelissimi titolari inamovibili: Mascherano in mezzo al campo, coi gradi di capitano per precisa scelta del ct, malgrado la riluttanza del giocatore, Heinze in difesa, definito il miglior 6 della storia dell'Argentina e il carneade assoluto Jonas Gutierrez. Le sue convinzioni tattiche erano praticamente quelle in voga nel 1986: difesa bassa, con uno dei due centrali più indietro (praticamente un libero) e i terzini (spesso due centrali adattati) bloccatissimi, un mediano difensivo a presidiare la metà campo, uno offensivo e le due ali coi due attaccanti a preoccuparsi unicamente della fase offensiva. Principi in totale disaccordo con quelli che il calcio moderno ci mostra a livello di club, ma scolpiti nell'idea di calcio del c.t..
Messi merita un discorso a parte. Ignorando il suo straordinario rendimento nel Barcellona, anzi criticando le scelte di Guardiola, Maradona ha scelto di lasciarlo libero di giocare a tutto campo per permettergli di inventare, in pratica ragionando come se in campo andasse lui stesso con la maglia numero 10. Lo scarso rendimento con la camiseta albiceleste di Lionel nasce da qui.

Paradossalmente visto come sono finiti, il momento più alto della nazionale nel ciclo Maradona è stato proprio ai Mondiali. Un buon numero di gol, giocatori e stampa in tripudio, sostegno a 360° e soprattutto risultati. Ancora una volta Diego ha rimescolato le carte, cambiando modulo e uomini. Il sogno si è infranto contro la prima squadra di vero spessore tecnico/tattico incontrata, ossia la Germania, che di botto in 90 minuti ha costretto tutti a tornare coi piedi per terra, mostrando tutti i limiti del calcio proposto da Maradona.
Oltre alla fragorosa eliminazione senza appello alcuno, altre cose sono ampiamente discutibili. Innanzitutto, ovviamente, i convocati, vista l'assenza di due campioni d'Europa come Cambiasso e Zanetti (che per pura beffa potevano risultare utilissimi proprio contro la Germania visto quanto la nazionale tedesca fosse plasmata sul Bayern Monaco), ma non solo. Maradona ha subito cambiato modulo per far giocare il suo neo-pupillo Carlos Tevez (giustamente). La prima conseguenza è stato lo spostamento di Jonas Gutierrez, come detto un fedelissimo, a terzino destro, ruolo assolutamente non suo (anche se si potrebbe discutere della sua utilità a una squadra in generale, ma non siamo troppo cattivi...). Dopo due partite con due ammonizioni e conseguente squalifica, Jonas è finito in panchina senza più vedere il campo. Sorte simile ha colpito Walter Samuel, il miglior difensore al mondo nella passata stagione per rendimento e continuità. Mai visto di buon occhio da Maradona (chissà perchè) el Muro è stato escluso dalla squadra appena si è presentata l'occasione grazie a un problemino fisico, senza alcuna motivazione. Clamoroso poi il caso di Diego Milito, protagonista assoluto in nerazzurro con 30 gol pesantissimi, mai considerato da Maradona neanche degno di entrare a partita in corso. E la convocazione di Martin Palermo? Praticamente un premio alla carriera (con gol annesso, più vecchio marcatore della storia dei Mondiali) visto che quando c'era bisogno di attaccanti per rimontare la Germania Diego l'ha lasciato in panchina, senza sfruttare il suo fisico e le sue capacità nel gioco aereo. Per non parlare dell'esclusione dai titolari di Juan Sebastian Veron, richiamato in nazionale da Maradona, leader assoluto dello spogliatoio tanto, si dice, da pilotare le convocazioni, a favore di un Maxi Rodriguez in evidente fase calante.
Il risultato è stato un 4-4-2 a rombo con Di Maria e il suddetto Maxi, due ali, interni e Messi trequartista dietro a Tevez e Higuain (che purtroppo si è confermato grande talento incapace di incidere quando davvero conta). Praticamente una lotta di Mascherano contro il mondo per tenere un minimo di equilibrio e proteggere una difesa tremendamente incerta...

Di sicuro la gestione di Maradona è stata troppo approssimativa e confusionaria da un punto di vista tecnico/tattico. Grandissimo comunicatore per carisma e appeal, sempre e comunque sopra le righe, dovrebbe trovare l'umiltà di imparare.

Fine di un'era

La voce girava da mesi, ma adesso è ufficiale.
Raul Gonzalez Blanco non è più il capitano del Real Madrid. O meglio, non ne è più un giocatore. Dopo 18 anni si conclude così, con un addio strappalacrime, il rapporto tra il club più prestigioso al mondo e il suo principale simbolo, che a 33 anni paga la colpa di sentirsi ancora un calciatore e non ancora il monumento da panchina in cui voleva trasformarlo Mourinho (ruolo dato all'Inter a Marco Materazzi, ma in condizioni diverse).

Occorre ricordare la data di nascita di questo grandissimo talento spagnolo, 27 giugno 1977, perchè è sulla scena da talmente tanto da suscitare confusione. Arriva dalle giovanili dell'Atletico (rimpiantissimo, e proprio questo storico errore fece si che la sua ex squadra anni dopo si tenesse strettissima Fernando Torres) nel 1992, e due anni dopo esordisce in prima squadra. In 16 anni di carriera blanca il suo numero 7 è diventato simbolo e storia. Saluta la sua (pronome possessivo d'obbligo) squadra con 741 presenze e 323 gol, migliore della straordinaria storia del Real in entrambe le voci statistiche, che lo hanno portato a sollevare 16 trofei (tra cui 3 Champions League) e a scrivere la storia delle competizioni europee con 68 gol (pareggiando il record di Gerd Muller), di cui 66 in Champions League (miglior marcatore di sempre). Due volte pichichi della Liga (vinta 6 volte), migliore come gol segnati (terzo nella storia), presenze (secondo nella storia) e assist tra quelli in attività. Come ciliegina, miglior marcatore della Spagna con 44 gol.
Numeri assolutamente spaventosi per uno tra i primi attaccanti moderni. Completo, capace di giocare prima o seconda punta con qualunque compagno, ma anche trequartista o ala all'occorrenza, stella nata in casa tra le stelle del Real galacticos, e forse perennemente un pò sotto stimato. Mai sopra le righe, mai inghiottito dal tourbilion madridista, spesso decisivo, lottatore e capitano vero.

Giocatore romantico (anche coi suoi storici baci all'anello) per romantici del calcio. Uno degli ultimi uomini a rappresentare col solo nome una squadra e una città intere. Storia ammainata in nome di presunti fenomeni che pretendono molto più di quanto danno.

21 lug 2010

WC2010: Vincitrice

Alla prima finale della sua storia, la Spagna si porta a casa il primo titolo Mondiale, ideale conclusione di un percorso iniziato due anni fa col trionfo all'Europeo 2008 (impresa riuscita solo alla Germania vincente nel 72-74). Una nazionale storicamente perdente all'improvviso ha trovato la sua quadratura, imponendo al calcio mondiale la sua dittatura.

Il Mondiale 2010 è stato vinto dalla grande favorita, l'unica nazionale al mondo completa in ogni ruolo, e per di più piena di grandissimi giocatori. Proprio in loro si trova la chiave di volta del cambiamento della storia calcistica della Spagna come nazione. L'ossatura di questa grande, forse grandissima, squadra è infatti il Barcellona dominatore assoluto degli ultimi anni di calcio spagnolo. Tutti i giocatori chiave della nazionale si trovano li (incluso il capocannoniere David Villa acquistato un mese prima del Mondiale), giocano insieme da anni e hanno esportato la loro filosofia di gioco e il loro spirito fortemente vincente nella maglia roja. L'asse verticale blaugrana costituito da Puyol (capitano de facto per carisma)-Pique in difesa e Xavi-Iniesta a centrocampo è completato dal gossippatissimo Iker Casillas, capitano della nazionale, simbolo del Real Madrid e praticamente da sempre tra i migliori portieri al mondo. Giocatori con immenso talento, personalità e palmares da storia del calcio. Attorno a loro Sergio Ramos, Xabi Alonso, Fernando Torres e Villa (giocatori di pari talento, ma minor esperienza internazionale e soprattutto personalità vincente) hanno pian piano elevato sempre più il loro livello di gioco, arrivando a imporsi come generazione di fenomeni.
Lo stile di gioco è inoltre diventato un marchio di fabbrica. Sempre di derivazione catalana, prevede un possesso palla quasi esasperato e ipnotico, continuo, estenuate, ma soprattutto di grandissima qualità grazie ai grandissimi palleggiatori che hanno (addirittura dalla difesa in su). Non sempre spettacolari come vorrebbero i nomi e i luoghi comuni, spesso si trovano in difficoltà contro squadre molto fisiche e chiuse, che però sono sempre (o quasi, vedi USA in Confederations Cup) riusciti a stanare con pazienza, senza modificare il proprio credo.
Importante aggiunta per la gestione di un simile gruppo la direzione illuminata di due veri e propri santoni come Aragones prima (che ha gettato le basi, grazie anche a un grandissimo Marcos Senna) e Del Bosque poi, che già nel primo Real galactico aveva dimostrato di trovarsi a suo agio in pollai con tanti galli.

E se non fosse finita qui?

20 lug 2010

"Mi ricorda Rambert..."

No, non stiamo parlando dell'ennesimo giovane talento presentatosi in pompa magna e rivelatosi in pochi mesi il più comune dei "bidoni", ma dell'insolito complimento ricevuto da Patricio Rodriguez, ventenne stellina dell'Independiente. L'autore? Il suo stesso allenatore, Daniel Garnero, da poco subentrato a Gallego alla guida del Rojo.

Le apparentemente folli parole del Dany sono in realtà prive di malizia o ironia e, a differenza di quanto si potrebbe pensare, fra i tifosi argentini non hanno suscitato il minimo sdegno o indignazione. Basta infatti cambiare continente e lasciarsi un intero oceano alle spalle, abbandonare gli scomodi ed ordinati seggiolini del Meazza per ritornare ai gremiti ed infuocati gradoni della Doble Visera di Avellaneda per conoscere una nuova realtà. Il Rambert italiano, oggetto misterioso famoso soprattutto per essere stato accompagnato nella trasvolata atlantica dall'allora sconosciuto Javier Zanetti, in patria ritorna sorprendentemente ad essere un grande talento mai veramente sbocciato, un attaccante poco prolifico ma estroso ed imprevedibile, in grado di aprire qualsiasi difesa con estrema facilità.

Così come l'Avioncito, anche Patricio Rodriguez è cresciuto nelle giovanili dell'Independiente e l'accostamento, diventato ora un po' più logico, assume anche una certa dose di sensatezza. Dimenticata la sfortunata quanto breve parentesi europea, il neo-allenatore del Rojo Daniel Garnero ha infatti rivisto nel Patito il delicato controllo di palla, la rapidità e l'inarrestabile cambio di passo per i quali Sebastian Rambert era conosciuto ed apprezzato dai suoi tifosi. Considerato da molti il nuovo Caniggia non ha trovato fortuna all'estero ed anche in patria ha vissuto stagioni altalenanti inseguendo e mancando sempre la decisiva consacrazione, accompagnato da una personalità troppo debole per reggere eccessive pressioni.

Patricio Rodriguez, dal canto suo, dopo un brillante e promettente inizio che lo ha portato a conquistare un posto da titolare in prima squadra, ha ben presto incontrato le tipiche difficoltà delle giovani promesse, faticando a riconfermarsi e scivolando nelle gerarchie del Tolo Gallego dietro ad ottimi giocatori come Piatti e Gandin. Il cambio sulla panchina del Rojo gioca ora a suo favore, poichè Garnero ha infatti dimostrato in più occasioni di voler puntare sulla sua esplosione, indicandogli chiaramente la via per compiere il salto di qualità che tutti si aspettano da un talento simile: "Deve imparare a posizionarsi meglio in campo, giocare con più tranquillità per poi scatenare qualità letali come il controllo palla e le imprevedibili frenate ad altissima velocità; non deve dare le spalle alla porta, ma partire da dietro e puntare gli avversari. Non sarà facile e dipende tutto da lui imparare a giocare di prima e capire quando deve rallentare oppure accelerare il gioco."

15 lug 2010

WC2010: Pallone d'Oro

Diego Forlan, uomo simbolo della sorpresa Uruguay e capocannoniere con 5 gol in coabitazione con Villa, Sneijder e Muller, è stato nominato Pallone d'Oro del Mondiale come miglior giocatore.

Qui abbiamo già descritto la carriera e le qualità del giocatore, ma quanto fatto con la sua nazionale merita un'analisi a parte, perchè va a esplorare nuovi ambiti del grandissimo talento di questo campione.
Oscar Washington Tabarez nel costruire il suo Uruguay si trovava per le mani una buona batteria di punte (Cavani, Suarez, Forlan), ma nessun giocatore di qualità in grado di fornirle palloni giocabili. Nel fare di necessità virtù decise di spostare qualche metro indietro proprio il suo miglior finalizzatore. Una mossa a sorpresa, sicuramente in principio discutibile anche per le non eccellenti prestazioni sia di Forlan sia di chi prendeva il suo posto come centravanti, ma che ha portato i suoi massimi frutti proprio al Mondiale.
Dopo un necessario periodo di ambientamento, nel suo Uruguay Forlan si è trasformato da implacabile centravanti a vero e proprio regista d'attacco, facendo da punto di riferimento per la creazione del gioco offensivo. La posizione è quella del trequartista, trait d'union tra un centrocampo di mediani recupera palloni (efficientissimi) e le punte. Nel Mondiale ha messo in mostra una visione di gioco e una capacità di servire i compagni assolutamente completa (di destro o di sinistro, nel breve o con lanci, ma anche su punizioni e calci d'angolo) straordinaria per una prima punta pura, ed è stato uno dei calciatori che ha giocato più palloni in assoluto.

Assist, gol e tanto tanto gioco sono partiti dai suoi piedi, tanto da essere eletto il migliore.Un giocatore maturo dotato di un senso tattico forse unico. Il 10 sulle spalle pare quanto mai appropriato.

13 lug 2010

WC2010: Top11

Panchina: Neuer, S.Ramos, Lugano, Puyol, Van Bronckhorst, Khedira, D.Perez, Robben, Özil, Iniesta, Klose.


Casillas: Mondiale strepitoso per il capitano della Spagna. Si esalta nei momenti difficili, parando un rigore decisivo a Cardozo e superandosi in finale su Robben.

Lahm: eredita la fascia di capitano da Ballack e come sempre non delude. Solido, mai fuori posizione, mai un errore, è una sicurezza assoluta.
Pique: ennesima conferma ad altissimi livelli da parte del centrale del Barcellona. A soli 23 anni ha già vinto l'inimmaginabile ed è inevitabilmente destinato ad un carriera più che luminosa.
Friedrich: la coppia centrale avrebbe dovuto essere uno dei punti deboli della Germania di Löw, ma lui e Mertesacker smentiscono tutti gli scettici con un Mondiale di ottimo livello. Perfetto in marcatura, sicuro ed intelligente negli interventi, il Wolfsburg ha sicuramente messo a segno un ottimo colpo.
Fucile: padrone assoluto della fascia sinistra dell'Uruguay, grazie alla sua polivalenza è una pedina fondamentale nello scacchiere di Tabarez.

Schweinsteiger: anche per lui un'importantissima conferma. Da quando Van Gaal lo ha riportato al suo ruolo naturale ha compiuto un impressionante salto di qualità, consacrandosi come uno dei migliori centrocampisti al mondo.
Xavi: impossibile non inserirlo nella formazione ideale del Mondiale sudafricano. E' il metronomo della Roja, non spreca un pallone ed è prezioso anche sacrificandosi in copertura.

Müller: la rivelazione di questo torneo, ha intelligenza tattica da vendere e ottimi fondamentali. La sua capacità di leggere il gioco e la concretezza, se paragonati all'età, fanno tremare.
Sneijder: trascina l'Olanda ad un passo dalla leggenda, illuminando la manovra e all'occorrenza sacrificandosi anche per la squadra. Non riesce ad eguagliare Pelé, ma questa rimarrà comunque una stagione indimenticabile.
Forlan: è l'Uruguay. Punta, seconda punta, ala, trequartista, fa di tutto e lo fa per un mese a livelli eccelsi. Il Pallone d'Oro del Mondiale è il giusto riconoscimento ad un grandissimo giocatore e ad un fantastico leader in grado di trascinare la sua nazionale ad un traguardo che mancava da decenni.

Villa: bomber implacabile, si adatta alla perfezione agli schemi ed al tipo di gioco della Spagna. Non da riferimenti ai difensori avversari, svariando su tutto il fronte offensivo senza perdere un briciolo di incisività e pericolosità in zona gol.


In collaborazione con G.D.C.

12 lug 2010

WC2010: Domanda-Risposta

Ecco di seguito alcune brevi domande a risposta secca con cui cercheremo di decretare i nostri verdetti.


G.D.C.


1] Squadra simbolo del Mondiale? Spagna
2] Giocatore simbolo del Mondiale? Wesley Sneijder
3] Migliori tre giocatori? Wesley Sneijder, Diego Forlan, Thomas Müller
4] Le tre giovani rivelazioni? Thomas Müller, Mesut Özil, Sami Khedira
5] Le tre sorprese? Arevalo Rios, Diego Perez, Arne Friedrich
6] I tre flop? Lionel Messi, Fernando Torres, Arjen Robben
7] Squadra che ha espresso il miglior calcio? Germania, seguita dall'Uruguay
8] Squadra delusione? Brasile
9] Squadra sorpresa? Uruguay
10] Tre migliori CT? Tabarez, Löw, Van Marwijk
11] Tre peggiori CT? Lippi, Domenech, Maradona
12] Tre assenti di lusso? Cristian Rodriguez, Cambiasso, Cassano
13] Partita più bella? Germania-Argentina
14] Gol più bello? Diego Forlan, Uruguay-Germania


G.B.

1] Squadra simbolo del Mondiale? Spagna
2] Giocatore simbolo del Mondiale? Wesley Sneijder
3] Migliori tre giocatori? Wesley Sneijder, Diego Forlan, Bastian Schweinsteiger
4] Le tre giovani rivelazioni? Thomas Müller, Mesut Özil, Kevin Prince Boateng
5] Le tre sorprese? Diego Perez, Arne Friedrich, Diego Lugano
6] I tre flop? Kaka, John Terry, Robin Van Persie
7] Squadra che ha espresso il miglior calcio? Germania, Cile
8] Squadra delusione? Brasile
9] Squadra sorpresa? Uruguay
10] Tre migliori CT? Tabarez, Del Bosque, Löw
11] Tre peggiori CT? Lippi, Domenech, Maradona
12] Tre assenti di lusso? J.Zanetti, Cambiasso, Riquelme
13] Partita più bella? Germania-Inghilterra
14] Gol più bello? David Villa, Spagna-Honduras


Voi cosa ne pensate?

WC2010: Finale

OLANDA-SPAGNA 0-1 dts

RETE: 116' Iniesta.

AMMONITI: Van Persie, Van Bommel, De Jong, Van Bronckhorst, Heitinga (due volte), Robben, Van der Wiel, Mathijsen (O), Puyol, Sergio Ramos, Capdevila, Iniesta, Xavi (S)


La Spagna conquista il suo primo titolo mondiale al termine di una partita lunga e sofferta, in termini sia nervosi che fisici. A leggere i nomi ci si poteva aspettare una partita spettacolare, fatta di possesso palla di grandissima qualità rojo e ripartenze micidiali oranje, ma l'importanza della posta in palio ha distrutto i sogni degli esteti di questo sport, come del resto capita quasi sempre. Gioco molto spezzettato, cattivo, duro (anche troppo come dimostrano i troppi ammoniti), spesso bloccato, con la Spagna a nascondere la palla e prendere botte (il fallo di De Jong su Xabi Alonso rimarrà negli annali).

L'Olanda pensa purtroppo troppo poco a giocare, e il suo leader Wesley Sneijder viene troppo spesso abbandonato a se stesso, poco servito soprattutto da Robben che sembra vivere una sindrome da eroe solo contro il mondo. La difesa spagnola fa un grande lavoro per ingabbiarlo sempre almeno con due giocatori, per impedirgli i suoi tipici slalom da destra verso il centro. Purtroppo per gli arancioni gli errori sotto porta del numero 11 (ben servito in entrambi i casi dal 10) hanno condizionato una partita bloccata sullo 0-0 per tutti i tempi regolamentari. A parte i due fenomeni, c'è poco dell'Olanda. Van Bommel aiutato De Jong pensa a distruggere fisicamente gli spagnoli, i quali ogni volta che attaccano una difesa timorosa fanno paura (e i gialli fioccano). Kuyt, l'altra freccia dell'arco offensivo, a sinistra è fondamentalmente innocuo, troppo poco tecnico per sfruttare il dribbling e troppo lontano dalla porta per incidere. Rimane il suo grande lavoro di fatica, che aiuta a imbrigliare la Spagna. Grande assente a questo punto dell'intero Mondiale Robin Van Persie, troppo a disagio da centravanti. Con lo scorrere del tempo Van Maarwijk inserisce sempre più giocatori offensivi, senza però ottenere benefici nel gioco, anzi perdendo sempre più il possesso del campo. Non è un caso che il forcing spagnolo aumenti fino al gol-beffa a 4 minuti dal termine (di sicuro aiutato anche dall'espulsione per somma di ammonizioni di Heitinga), quando tutti si aspettavano la terza finale della storia decisa ai rigori. Nemmeno quest'Olanda è riuscita a essere vincente, ma l'importante è costruire attorno ai due fenomeni e leader che ha.

La Spagna dal canto suo si porta a casa il suo primo Mondiale col minimo sindacale, considerando tutto il torneo. Vince perchè ci crede fino in fondo, macinando sempre il solito possesso palla grazie alla qualità di Xavi, Iniesta, Xabi Alonso e Fabregas. Era la squadra più forte e completa sulla carta, giusto che abbia vinto, anche se soffrendo in più occasioni. E dall'intero paese un ringraziamento a San Iker Casillas, che dopo il rigore col Paraguay ipnotizza anche Robben, dando da capitano tanta forza mentale a tutta la squadra. Ottima l'organizzazione difensiva su Robben, e in generale il grande lavoro di pressing a tutto campo in fase di non possesso, che tarpa le ali all'Olanda. Del Bosque ancora una volta si dimostra perfetto direttore di un'orchestra di fenomeni.

9 lug 2010

WC2010: Semifinali

Olanda-Uruguay 3-2
MARCATORI: Van Bronckhorst (O) al 18’, Forlan (U) al 41’ p.t.; Sneijder (O) al 25’, Robben (O) al 27’, M. Pereira (U) al 46’ s.t.

L'Olanda si guadagna la terza finale della sua storia soffrendo anche troppo contro un Uruguay che paga tantissimo le assenze, ma lotta fino all'ultimo.

La celeste deve infatti spostare l'immenso Forlan da regista d'attacco a punta pura (che tutto sommato sarebbe anche il suo ruolo) per la squalifica di Suarez, perdendo così importanti punti di riferimento per la costruzione del gioco offensivo, mentre in difesa si trova senza il suo leader carismatico e capitano Diego Lugano, difensore parecchio sottovalutato nel panorama europeo e guida di una difesa fino a questo punto rocciosa e sorprendente. La perdita dei riferimenti e un pò di paura di non farcela sono alla base dei black out della squadra dopo l'1-0 e il 2-1, cui è infatti seguito il 3-1 quasi immediato. Ci sta per la vera sorpresa di questo Mondiale, che ha dimostrato di avere il carattere per aggrapparsi alla partita prima pareggiando e poi mettendo i brivido all'incerta difesa olandese dopo il 3-2 di Maxi Pereira.

L'Olanda dal canto suo è totalmente in mano al suo leader assoluto Sneijder, che pesca un jolly colossale col gol del 2-1 che di fatto chiude la partita, anche a causa di un Robben troppo individualista e fumoso. La difesa ha pagato l'assenza della copertura di De Jong, metà ideale di un Van Bommel maestro nel non farsi ammonire malgrado i molti calci che concede a ogni partita, ma è un reparto spesso vittima di amnesie, finora per loro fortuna inifluenti. L'ingresso di Van der Vaart per lo spento De Zeeuw ha rianimato gli oranje, e mostrato una delle poche riserve di livello (esterni offensivi a parte) di cui dispone questa squadra. Arrivano in finale col minimo sindacale, ma potrebbero essersi riservati il meglio per l'ultimo atto.


GERMANIA-SPAGNA 0-1
MARCATORE: Puyol al 28’ s.t.

Il polpo Paul non si sbaglia nemmeno stavolta. La Spagna, grande favorita alla vigilia, arriva alla prima finale della sua storia battendo la Germania dei giovani che tanto di bello ha dato a questo torneo.

La roja si affida al solito possesso palla prolungato, senza il convalescente Fernando Torres a favore di Pedro. Nel primo tempo malgrado qualcosa crei grazie alla sua grande qualità non riesce ad essere davvero incisiva col suo tipico tiki-taki e forse è anche un pò contratta vista la posta in palio. Nel secondo tempo si sciolgono i grandi palleggiatori (Xavi e Xabi Alonso su tutti) e la Germania inizia davvero a soffrire, fino al gol di Puyol, simbolo della grinta necessaria per arrivare così avanti.

La Germania dimostra d'un colpo tutti i suoi limiti. C'è di sicuro timore nel lasciare la palla ai talentuosissimi spagnoli (che si sa che se vogliono non te la fanno più vedere) e di conseguenza una certa fretta e imprecisione nel giocarla. Dispiace vedere un atteggiamento troppo rinunciatario in relazione a quanto mostrato fino a questo momento, troppo basato su ripartenze veloci (tanto da essere frettolose) e verticali in cui è mancato tantissimo Thomas Muller. La sua capacità di giocare tra le linee e l'intelligenza tattica sono un punto di riferimento fondamentale, e il solo Ozil non è stato in grado di sopperire a una tale mancanza. I giovani che tanto bene hanno fatto fino a oggi si sono trovati in difficoltà quando non bastava più recitare il copione. Del resto serve l'esperienza per certe cose, e la Germania ha il tempo dalla sua. Ottimo il portiere Neuer (per tutto il Mondiale a dire il vero) che ricordiamo non sarebbe il numero 1, ma la riserva di Adler, e il solito Schweinsteiger in mezzo al campo, a cercare di cantare e portare la croce in mezzo a una marea rossa.


ha collaborato G.B.

5 lug 2010

WC2010: Top&Flop Generali - Quarti di Finale

FLOP

Brasile (Secondo Tempo): irriconoscibile, dopo un grandissimo primo tempo la Seleçao cade sotto i colpi dell'Olanda. Sconvolgente è soprattutto il crollo psicologico generale provocato dal rocambolesco autogol di Felipe Melo, una reazione inspiegabile per una squadra sempre solidissima e sicura dei propri mezzi.

Rigoristi: Cardozo, Xabi Alonso e soprattutto Gyan. La posta in palio è sempre maggiore e la pressione inizia a giocare bruttissimi scherzi, come accaduto in particolar modo al centravanti ghanese, sfortunato protagonista di un terribile dramma calcistico.

Argentina: inevitabile, prevedibile, giusta. Tanti possono essere gli aggettivi per descrivere l'eleminazione della Seleccion, che, nonostante i continui elogi ricevuti durante il torneo, mette definitivamente in mostra i già evidenti punti deboli. E' bastata una squadra valida e soprattutto organizzata per far crollare un castello di carte inspiegabilmente considerato a livello globale una fortezza inespugnabile.

Beatificazione di Maradona: come sempre il campo ha ragione ed è meglio aspettare i suoi verdetti prima di trarre affrettate conclusioni. Sono bastate quattro partite contro avversari tutt'altro che irresistibili per avviare i primi processi di beatificazione per il Diez allenatore, il nuovo Mourinho, il rivoluzionario della tattica, maestro della panchina dotato di intuizioni geniali, infallibile nello scegliere i suoi uomini e nel muovere le pedine sullo schacchiere. Ora, improvvisamente, Maradona è tornato un buonissimo motivatore abile nel gestire lo spogliatoio ma carente dal punto di vista tattico. Era davvero necessario dover assistere a tutto questo?

Pupilli degli allenatori: tema ampiamente trattato in un recente articolo del blog, le scelte impopolari sono finora costate carissimo a tutti i CT. Lippi e Domenech prima, Dunga e Maradona adesso. Lasciare grandi giocatori a casa in nome del gruppo, del proprio credo calcistico e via dicendo non ha pagato, anzi, ha inevitabilmente condannato questi selezionatori ad uscite di scena piuttosto ingloriose.

Leggenda di F.Melo: da oltre un anno sentiamo ciclicamente questa leggenda secondo cui il mediano ex-Fiorentina si esprimerebbe sempre ad ottimi livelli in Nazionale e sarebbe una delle colonne portanti della Seleçao di Carlos Dunga. Detto che qualche buona prestazione Felipe Melo l'ha effettivamente offerta e che raggiungere il livello e la costanza messe in mostra con la Juventus è un'impresa ai limiti dell'impossibile, la sensazione è che questa differenza non sia poi così marcata. Buono il lavoro in copertura e fase di non possesso, rivedibilissimo l'apporto in costruzione e smistamento del gioco, scandalosa l'incapacità di saper giocare e comportarsi a certi livelli.

Fuoriclasse: Rooney, Cristiano Ronaldo, Kakà e Messi. Le stelle più attese sono tornate tutte a casa senza un briciolo di gloria, schiacciate dall'enorme pressione e dalle troppe aspettative. E' ancora giusto considerarli tutti dei "fuoriclasse"?


TOP

Brasile (Primo Tempo): i primi 45' di gioco sono uno spettacolo dei brasiliani, corti, aggressivi e velocissimi nelle ripartenze. Purtroppo per loro si accontentano del risultato e non fanno gli straordinari per cercare di chiudere la partita, sottovalutando l'Olanda e soprattutto i suoi campioni.

Olanda: dopo un'ora di sofferenza e paura gli Orange si svegliano e, complice il fortunoso pareggio, mettono sotto pressione il Brasile, raggiungendo una grande quanto meritata vittoria. Non appena Robben e Sneijder entrano in partita la squadra di Van Marwijk decolla, alzando la linea del pressing e non concedendo più agli avversari nessun punto di riferimento.

Parata di Suarez: molti lo hanno considerato un gesto antisportivo ed assolutamente da condannare. Noi però andiamo controcorrente e lo mettiamo fra i Top, perchè l'attaccante dell'Ajax ha deciso di giocarsi tutto regalando ai compagni e alla sua nazionale un'ultima chance per sperare nel passaggio del turno. Espulsione e giornata di squalifica sono il giusto prezzo che Suarez sarà ben felice di pagare, nel frattempo in patria c'è già chi lo considera eroe nazionale.

Germania: ancora una volta fra i Top, impossibile non menzionarli dopo i quattro gol rifilati anche all'Argentina. La corazzata teutonica continua a mietere vittime illustri e, priva del talentino Müller squalificato per somma di ammonizioni, si prepara ad affrontare la favorita Spagna . Ci sarà un'altra sorpresa?

Mediani tedeschi: Schweinsteiger e Khedira sono probabilmente la nota più positiva dei quarti di finale, grazie ad una prestazione superlativa su tutti i fronti. Corrono, recuperano decine di palloni, ingabbiano e fanno fare una pessima figura a Messi, ripartono, fanno girare palla e sono decisivi anche in zona offensiva. La sfida contro il centrocampo spagnolo sarà sicuramente uno spettacolo nello spettacolo.

Squadre europee: abbiamo lodato fino a pochi giorni fa il Sudamerica e le sue rappresentative, apparse in forma smaliante ed assolutamente incontenibili, ma l'unica superstite ad approdare in semifinale è l'Uruguay. Il calcio del vecchio continente dimostra una volta per tutte che non va minimamente sottovalutato quando il gioco inizia a farsi serio.

4 lug 2010

WC2010: Top&Flop Giocatori - Quarti di Finale

FLOP

Kakà: distrutto fisicamente e nell'orgoglio. Non gli riesce nulla di ciò che l'ha portato al Pallone d'Oro appena 3 anni fa, aggiungendo al mix una personalità da bambino arrogante. Deve ricominciare da zero, e potrebbe non bastare.

Felipe Melo: questi Mondiali consegnano un giudizio impietoso, giocatore non di questo livello. Un anno fa sembrava sul punto di esplodere, è collassato su se stesso. E si crede anche (e ancora) un fenomeno...

Luis Fabiano: non ha visto un pallone, sovrastato dai centrali olandesi. Un Mondiale non all'altezza delle aspettative, e se non segna lui il Brasile di Dunga è spuntato.

Nicolas Otamendi: fuori ruolo, contro avversari decisamente in palla, soffre da matti. Lascia il segno solo per i falli.

Lionel Messi: AAA personalità cercasi. Quando c'è da remare contro le difficoltà, irrimediabilmente scompare dal campo. E ostinarsi a cercare di saltare 5-6 avversari non fa che peggiorare le cose. La camiseta albiceleste è un problema, e grosso.

Gonzalo Higuain: dolorosa conferma. Quando la posta in palio si alza, lui scompare dal campo.


TOP

Kevin-Prince Boateng: fisico e polmoni, ma non sottovalutiamo la tecnica e la duttilità tattica. Se mette un pò a posto la testa, in Europa ne sentiremo parecchio parlare.

Diego Forlan: giocatore di livello assoluto, personalità da vendere.

Wesley Sneijder: fenomeno assoluto, capace di svegliare se stesso e trascinare l'intera Olanda dopo un primo tempo anonimo. Due gol pesantissimi, direttamente alla storia.

Mark Van Bommel: il simbolo dell'Olanda che cresce alla distanza. In mezzo ben supportato da De Jong inizia male, ma mattoncino per mattoncino conquista il centrocampo, il gioco e il Brasile annaspa.

Bastian Schweinsteiger: centrocampista di una completezza ammorbante. Sa fare tutto e bene, in una stagione ha avuto una crescita esponenziale a dire poco. Dove può arrivare?

Thomas Muller: forse il giocatore più decisivo del Mondiale fino a oggi. Alla prima stagione da professionista il ragazzo lanciato da Van Gaal promette già di entrare nei libri di storia.

Sami Khedira: un gigante in mediana. Ogni tanto esagera col dribbling, ma davanti alla difesa è un muro.

Philipp Lahm: cuor di capitano, terzino destro di una solidità difensiva sconvolgente e costante corsa in attacco. Un esempio per la sua squadra.

Miroslav Klose: una sentenza, ai Mondiali si esalta come nessuno, e adesso è a un solo gol da Ronaldo. Punta al record assoluto di gol dopo aver pareggiato una leggenda come Gerd Muller, qualcuno riuscirà a fermarlo? Tanti grandi nomi avrebbero da imparare...

2 lug 2010

Puntare sui cavalli sbagliati

Ogni commisario tecnico di una nazionale ha il preciso compito di selezionare un certo numero di giocatori (si presume i migliori) per rappresentare un intero paese. Per quanto un allenatore sia capace, senza i giocatori giusti (per talento, condizioni fisiche, carisma o quant'altro) è destinato a fallire. Quei 23 ragazzi rappresentano la sua scommessa, e i cavalli del titolo.

Olanda - Brasile esemplifica al massimo livello questo semplice concetto.

Carlos Dunga per me è un ottimo allenatore, pochissimo brasiliano e molto europeo. E' riuscito negli anni a creare un Brasile solidissimo in difesa, attento e concentrato, mantenendo sprazzi di qualità verdeoro, vincendo Copa America e Confederations Cup. Anche in questi Mondiali il Brasile ha giocato due ottime partite (con la Costa d'Avorio e col Cile), ma è stato irrimediabilmente vittima delle scelte del proprio ct proprio contro l'Olanda.
Dunga ha di fatto scelto i suoi uomini e i suoi principi di gioco nella suddetta Copa America 2007. Da allora pochi i cambiamenti. Ha di fatto azzerato o quasi la fantasia tipica dei brasiliani privilegiando calciatori più fisici e funzionali al suo gioco. In alcuni casi ha fatto scelte impopolari, sempre aspramente criticate, che hanno però sempre trovato conferme sul campo. Fino a oggi.
Fragorosa la bocciatura del suo leader tecnico, Ricardo Kakà, e dell'uomo che più di tutti proprio Dunga ha fortemente voluto e difeso in questa selecao, Felipe Melo. Il numero 10 ha giocato un Mondiale in linea con la stagione al Real, anzi anche peggiore perchè si pensava che si risparmiasse col club proprio per arrivare in forma alla nazionale. Tecnicamente in grossa difficoltà, fisicamente anche peggio, nervosissimo con avversari e compagni. Doveva essere la luce, ha trascinato nel buio tutta la squadra. Felipe Melo un anno fa era reduce da una buona stagione con la Fiorentina e da una Conferations Cup strepitosa. Sembrava un giocatore sulla rampa di lancio, pronto a esplodere a 27 anni. Invece, dopo essere passato per 25 milioni di euro alla Juventus ha imboccato una strada in discesa che pare senza fine. Fa l'assist per il gol di Robinho, ma è totalmente incapace di reggere mentalmente quando il match si fa combattuto. Un autogol goffo e soprattutto un'espulsione che è il principale segnale di una stupidità calcistica gravissima. Ad oggi, il suo calcio pare a un livello parecchio più basso di questo.

Dall'altro lato della bilancia, Bert van Marvijk. Anche lui da quando è diventata seria la fase delle qualificazioni Mondiali ha scelto i suoi uomini, cambiando al massimo degli elementi di contorno. Soprattutto ha scelto come leader e faro del gioco Wesley Sneijder, facendolo giocare per primo nel suo ruolo ideale, trequartista dietro a 3 punte. Il giocatore ha così iniziato un proprio cammino di maturazione tecnica, continuato con l'arrivo all'Inter dal Real Madrid . Anche nel club è diventato leader, punto di riferimento, e ha ricoperto di fatto lo stesso ruolo sul campo. In una stagione ha completato un percorso personale impressionante, ottendendo una tremenda personalità vincente, che sul campo riesce a trasmettere a tutti i suoi compagni. Non è un caso che, anche se in campo si vede poco, sia spesso lui a decidere le partite in questo Mondiale per l'Olanda (vedere il gol e mezzo contro il Brasile). Una nazionale storicamente perdente ha trovato la sua anima.

Purtroppo non è facile puntare sui cavalli giusti, ma chi lo fa si può trovare a un passo dalla storia.