29 apr 2010

La Champions di Mourinho

In un film avrebbero potuto migliorare solo di poco la storia di questa Champions League per Josè Mourinho. E' mancato solo l'incontro col Porto per finire la panoramica dell'intera carriera dell'allenatore di Setubal nello spazio di sole 7 partite. La sceneggiatura reale ha infatti fatto incrociare la strada dell'Inter con Chelsea, Barcellona e Bayern Monaco, tutte squadre legate per diversi motivi all'alenatore più mediatico del mondo.

Partiamo dagli ottavi. Il Chelsea, la sua prima esperienza in un grande campionato europeo dopo la favola del Porto. Josè ha portato vittorie e dato alla squadra uno spessore di primissima fascia, segnando col suo marchio indelebile il club e il campionato stesso. Non c'è bisogno di aggiungere troppo, la storia è nota. Il legame col Barcellona si articola in due fasi. La prima vede la società catalana come "madre"del Mourinho allenatore. Iniziò infatti li la sua brillante carriera, prima come interprete, poi come vice, a studiare da vicino la realtà straordinaria di questa scuola calcio. La seconda invece parla di un'aspra rivalità sportiva, nata ai tempi del Chelsea. Grandi partite, grandi battaglie, grandi polemiche. E la recente semifinale non si è sottratta a questo copione, tanto da far dire all'allenatore dell'Inter: "Adesso Figo deve ringraziarmi, non è più lui l'uomo più odiato di Barcellona, può camminare tranquillo".

Infine il Bayern Monaco, squadra che in se non ha alcun legame col nostro soggetto. Ma lo ha Luis Van Gaal, attuale allenatore della squadra bavarese che sta ottenendo risultati straordinari. L'allenatore olandese ebbe infatti come suo vice proprio Josè Mourinho nella sua esperienza a Barcellona (guarda caso). Mentore e allievo si ritrovano giusto per la finale, che renderà uno dei due l'unico allenatore in attività ad aver vinto la Champions con due squadre diverse.

Niente male come gioco del destino.

19 apr 2010

C'era una volta un Pallone d'Oro

Ricardo Izecson dos Santos Leite, in arte Kakà, nel 2007 ha ricevuto il Pallone d'Oro, prestigioso premio assegnato da France Football al giocatore che più si distingue nell'anno solare, e il FIFA World Player, riconoscimento similare, ma con differente giuria. Questi riconoscimenti derivano naturalmente dalla splendida Champions League disputata dall'allora giocatore del Milan, chiusa con la vittoria della coppa da capocannoniere con dieci gol. Quest'estate Kakà ha cambiato maglia, passando dal rossonero al blanco della storica camiseta del Real Madrid per una cifra superiore ai sessanta milioni di euro. Un trasferimento pesantissimo a livello economico, a testimoniare il valore attribuito al brasiliano.

Dopo i primi 9 mesi della sua esperienza al Real, si può togliere il velo e trarre le prime conclusioni. L'investimento fatto dalla Casa Blanca su Kakà è secondo solo a quello per Cristiano Ronaldo. E' stato il primo colpo della seconda era Perez, il segno della rinascita dei galacticos. Questo grazie allo spessore tecnico del giocatore, ma anche all'ablilità del Milan a venderlo a certe cifre (puro ossigeno per le casse rossonere). Stella assoluta della squadra, da lui ci si aspettava un'iniezione di classe e talento simile a quella portata da Zidane. Il risultato è stato parecchio deludente. Anzi, a dire il vero sarebbe giusto dire deludente se fosse costato venti o trenta milioni. Oltre i sessanta siamo nel flop storico. Otto gol in tutte le competizioni, una fastidiosa pubalgia, ma soprattutto poco, troppo poco, a livello di creazione di gioco e invenzioni. Vederlo ridotto a un giocatore quasi normale, totalmente oscurato da CR9, ma non solo, in pochi lo avrebbero previsto.

Ad oggi Kakà è un problema per il Real. Altri cinque anni di contratto con stipendio da superstar, problemi fisici non del tutto chiari da debellare, collocazione in campo e intesa coi compagni ancora da limare. Un giocatore da ricostruire, in campo per contratto anche se al collettivo farebbero più comodo altri.

13 apr 2010

Il Maestro

Nella straordinaria rosa del Real Madrid c'è un giocatore che è in grado di dare uno straodinario apporto alla squadra in termini di creazione di gioco. Questo giocatore è nella rosa della prima squadra da 15 anni, non ha mai giocato in altri club e tuttavia non è mai stato considerato una stella assoluta dell'universo galacticos, pur avendo le qualità tecniche per esserlo.

Josè Maria Gutierrez Hernandez, detto Guti, gioca nel Real dal 1984, quando aveva 8 anni. Un esempio di fedeltà alla maglia raro nel calcio di oggi, premiato col ruolo di vicecapitano. Mancino illuminato, visione di gioco nel breve e nel lungo, assist e lanci al millimetro le sue doti più splendenti. Proprio per l'assist ha ammesso di avere una predilezione particolare, e c'è da credergli visto cosa è in grado di fare (chiedere a Karim Benzema per informazioni). Oltre 500 presenze, poche da titolare. Giocatore atipico, unico, proprio per questo di difficile collocazione, parecchio incostante soprattutto da giovane. Nella sua carriera ha ricoperto diversi ruoli nella sua unica squadra, trovando i momenti migliori all'inizio dell'era Del Bosque (anche come punta) e negli anni degli ultimi scudetti blancos, ricoprendo il ruolo del vero playmaker. Spesso sottovalutato, difficilmente in quel primo piano occupato da tanti compagni anche meno utili alla squadra. Nel Madrid attuale, con tanti giocatori che tendono a portare palla e cercare il dribbling, lui è l'unico davvero in grado di velocizzare il gioco e creare il fraseggio necessario a una squadra di livello. Quando c'è, la differenza si vede.
Per questo hanno iniziato a chiamarlo il maestro.

8 apr 2010

Maradona: L'imbarazzo della scelta

Lionel Messi - 39 partite, 35 gol
Gonzalo Higuain - 31 partite, 26 gol
Carlos Tevez - 38 partite, 26 gol
Diego Milito - 40 partite, 22 gol
Lisandro Lopez - 34 partite, 16 gol
Sergio Aguero - 39 partite, 14 gol
Mauro Boselli - 32 partite, 22 gol
Martin Palermo - 32 partite, 12 gol
Ezequiel Lavezzi - 25 partite, 5 gol

Raramente piace parlare di calcio limitandosi ad utilizzare dati e statistiche varie, perchè al di là dell'utile argomentazione che possono portare ci sono aspetti del gioco difficilmente riducibili ad un semplice numero o ad una sola e desolante voce di un lungo elenco. Basta pensare all'importanza di una sponda, di una triangolazione, di una sovrapposizione, di un ripiegamento in fase difensiva o di un movimento per liberare lo spazio al compagno: elementi impossibile da descrivere in numeri, ma assolutamente fondamentali nell'economia del gioco. Tuttavia questa volta è sufficiente un semplice e banale elenco di dati per rendere l'idea della piacevole situazione in cui si trova attualmente il DT dell'Argentina Diego Armando Maradona.

Una batteria di cannonieri impressionante, in grado di riunire giocatori dalle più svariate caratteristiche e soprattutto con ruoli complementari, capaci di adattarsi in più posizioni senza alterare minimamente il rendimento in campo. Molti di questi giocatori stanno vivendo dei momenti fondamentali nella loro carriera, basta pensare a Messi, sempre più leader del Barça di Pep Guardiola, sempre più migliore al Mondo, insomma, sempre più Messi, a Higuain, consacratosi nonostante gli innumerevoli acquisti estivi e la feroce concorrenza di Cristiano Ronaldo, a Milito, che ha superato l'esame di maturità in una grande squadra con il massimo dei voti e la lode, o a Tevez, protagonista e bomber nel Manchester City tanto da ricordare il Carlitos dei tempi della Bombonera molto più maturo. Fra gli altri spiccano sicuramente Lisandro Lopez, decisivo nello storico passaggio in semifinale di Champions League del Lione e Boselli, sempre più implacabile con l'Estudiantes e stranamente sottovalutato nonostante una stagione ad ottimi livelli.

Le note meno positive riguardano probabilmente Aguero e Lavezzi. Il primo ha pagato la pessima annata dell'Atletico Madrid, faticando a ripetere quanto di buono messo in mostra la scorsa stagione, mentre il secondo ha lanciato segnali positivi ed incoraggianti soltanto negli ultimi tempi, un po' troppo poco per poter ambire ad un posto fra i 23 che partiranno per il Sud Africa.

Un capitolo a parte è il discorso riguardante Martin Palermo. Il Titan è sicuramente un giocatore affidabile, esperto e con la straordinaria capacità di saper entrare e colpire a freddo in qualsiasi momento. Tuttavia, dopo un inizio di Clausura impressionante per continuità di rendimento, sembra in evidente calo, trascinato nell'ombra da un Boca Juniors in profonda crisi. Palermo è sicuro del posto, forte della cieca fiducia di Maradona nei suoi confronti ma, rispetto ai compagni di reparto, è onestamente di livello inferiore.

Il Diez dovrà scegliere sei attaccanti da inserire in lista e, alla luce di quanto fatto vedere in questa stagione, i candidati più meritevoli dovrebbero essere: Messi, Higuain, Milito, Tevez, Boselli e Lisandro Lopez. Difficile, per non dire impossibile, che siano loro i prescelti dal DT, molto più orientato a preferire Palermo a Boselli ed Aguero a Licha Lopez. Sicuramente qualsiasi scelta farà cadere l'Argentina in piedi, con la consapevolezza di essere di fronte in ogni caso ad un parco attaccanti di livello assoluto e inavvicinabile da qualsiasi altra nazionale.

La chiave del successo in Sud Africa sarà riuscire a far rendere tutti i giocatori allo stesso livello espresso nei rispettivi club nel corso della stagione, mettendoli nelle condizioni migliori per sfruttare appieno il loro potenziale e inserendoli in un contesto di gioco logico e tatticamente credibile. L'unica preoccupazione può essere invece rappresentata dalla condizione fisica, perchè l'impressione è che, a differenza dei colleghi brasiliani, i giocatori della Seleccion abbiano finora dato il 100%, correndo il rischio di arrivare ai Mondiali senza benzina nel serbatoio.

7 apr 2010

Un club esclusivo

Barcellona - Arsenal 4-1
Marcatori: Bendtner (A) al 19’, Messi (B) al 21’, al 37’ e al 42’ p.t.; Messi (B) al 43’ s.t.

Con questa partita, Lionel Andres Messi diventa il sesto giocatore nella storia della Champions League (competizione che esiste dal 1992) a calare un poker. Quattro reti in una sola partita, un exlpoit raro quanto esaltante. Il Pallone d'Oro in carica va a raggiungere Marco Van Basten, Simone Inzaghi, Dado Prso, Ruud Van Nistelrooy e Andriy Shevchenko e continua ad aggiornare il suo personale libro dei record.

Il ragazzo della cantera è sempre stato un talento straordinario. Nelle giovanili ci si ricordava di lui anche per le valanghe di gol segnati (record su record anche qui, battuti solo da Bojan Krkic), e lui stesso prima di due anni fa voleva ricordare questo fatto. "Ho sempre segnato tanto, sono stato il miglior marcatore della squadra" diceva come a giustificare i miseri (ai suoi occhi) 17 e 16 gol stagionali delle prime due stagioni da titolare (con anche degli infortuni di mezzo). Ci teneva tanto a dimostrare che non parlava a caso. Nella stagione 2008/2009 38 gol complessivi (di cui 9 in Champions League, capocannoniere), quest'anno già 39 in 42 presenze (compresi 26 nella Liga, capocannoniere), grazie a cui ha tagliato il traguardo dei 100 gol col club che lo ha fatto crescere.

Sempre più fenomeno, sempre più il Barcellona.

1 apr 2010

Dica 137

Inter-Bologna di Sabato 3 Aprile sarà a suo modo una partita storica per via dell'assenza dal campo per squalifica (somma di cartellini gialli in stagione) del capitano della squadra nerazzurra Javier Zanetti.
Dall'Ottobre 2006, data in cui aveva 33 anni, a oggi a 37 da compiere la maglia numero 4 è sempre stata presente in campo. Nessun infortunio, raffreddore, scontro di gioco, squalifica o altro. Sempre sul rettangolo di gioco a onorare la maglia e la fascia. Mediano, interno, ala, terzino, a destra o a sinistra non fa differenza. 137 partite consecutive di serie A, che diventano 170 considerando Champions League e Supercoppa Italiana.
Un record storico per un monumento di continuità agonistica e fisica assolutamente straordinario.