Avevamo lasciato il Boca quasi un semestre fa a leccarsi le ferite dopo la finale di Libertadores persa e un finale di campionato gettato al vento. Falcioni ha passato mesi a mettere insieme i suoi cocci, trovando una quadratura grazie a esperienza, coraggio e qualche compromesso. Il tempo è servito all'allenatore per trovare un modulo e per scegliere i suoi referenti.
Probabilmente non basterà a salvargli la panchina, ma dopo le vittorie contro San Lorenzo, Velez e Racing il Boca è tornato a fare paura.
Il problema del modulo nasce dall'addio (ma forse è un arrivederci) di Juan Roman Riquelme.
Il 4-3-1-2 su cui la squadra ha costruito le sue fortune aveva senso solo con lui. Si pensava potesse essere il momento per el Pochi Chavez, Falcioni ha provato anche altri trequartisti, ma non è stato mai pienamente soddisfatto da nessuno. Progressivamente è quindi tornato verso il suo modulo preferito, il 4-4-2 in linea.
Avendo di fatto rinunciato a trovare un erede a Roman nel suo ruolo, bisognava trovare i giocatori adeguati al nuovo schema. La rosa del Boca infatti non presenta esterni da 4-4-2, ma solo giocatori adattabili. La quadratura è nata da un mix tra i nuovi giovani emergenti e la vecchia guardia.
Il modulo si regge sulla verticale Orion(una sicurezza)-Schiavi(eterno finchè gioca)-Erviti(uomo di Falcioni per eccellenza,tornato al suo ruolo)-Silva(la garra personificata), tutti uomini d'esperienza.
Fondamentale è l'apporto dei giovani Guillermo Pol Fernandez e Leandro Paredes a centrocampo, esterni rispettivamentea destra e a sinistra. Il primo, classe '91, è giocatore più tattico e di corsa, classico esterno di fascia con buon piede, progressione, e una garra da segnalare. Il secondo è semplicemente il miglior talento emergente del calcio argentino, l'erede designato di Riquelme nelle idee degli xeneizes. Enganche più che ala, si sta adattando sorprendentemente alla fascia sinistra, mettendo in mostra tanta tecnica, capacità tattica, personalità e una facilità di calcio rara. Ha segnato 4 gol nei due clasicos contro San Lorenzo e Racing, è quasi un predestinato ed è appena un '94. Insieme a loro el Pichi Erbes ha recentemente strappato il posto da titolare a Somoza in mezzo al campo come fido scudiero del Mago Erviti. Classe '90, è un centrocampista difensivo con ordine e buone letture tattiche, che sta crescendo in fiducia e voglia di fare. Potrebbe avere margini tecnici ancora inesplorati.
Diverso il caso di Juan Sánchez-Miño, altro classe '90 tra i principali protagonisti dello scorso semestre. Lui era già un titolare per Falcioni sulla fascia sinistra, come ala o terzino, ma è stato bloccato dagli infortuni. Giocatore con un mancino educatissimo, una capacità tattica forse unica e grande senso dell'assist, potrebbe in futuro rivelarsi come erede di Erviti come interno o centrocampista centrale, soprattutto in ottica europea. Ha infatti più capacità di creare gioco che spunto da uomo di fascia, in ogni caso ne sentiremo parlare.
E' tornato ultimamente a farsi vedere anche Nicolas Colazo, ennesimo classe '90 perseguitato negli anni da infortuni. Ala mancina di intensità e buono spunto, si sta sacrificando anche come terzino per servire la causa, ma almeno è tornato in campo.
La parola fine al mandato di Falcioni probabilmente sta nelle dichiarazioni di Riquelme, che si è detto pronto a tornare in campo per il suo Boca, cosa ormai impossibile con l'attuale allenatore in panchina. Si ritirerà Schiavi e andranno fatte scelte precise di modulo e uomini per evitare di ricadere nel periodo nero pre-titolo 2011.
Ma intanto il Boca non crolla e ha gli uomini da cui ripartire.
27 nov 2012
19 nov 2012
L'inutilità delle idee senza applicazione
Il calcio è l'unico "grande" sport a rifiutare con costanza e fermezza, lustro dopo lustro, l'uso dei più svariati mezzi tecnologici per aiutare l'operato dell'abitro (o degli arbitri).
Da Blatter a Platini questa è l'unica certezza storica e condivisa: no alla tecnologia. Senza una motivazione precisa al di là della solita retorica sul fatto che gli errori suscitano polemiche e le polemiche sono il sale del calcio o che i direttori di gara sono uomini, hanno diritto di sbagliare e quindi non è giusto processarli in diretta.
L'ultima invenzione della premiata coppia è stata l'introduzione degli arbitri di porta. Due fischietti in più col compito specifico di "sorvegliare" l'area e la linea di porta, sfruttando anche una visuale favorevole.
Approfitto per chiarificare che i soggetti in questione sono appunto arbitri. Non una figura specificamente formata stile guardalinee o un riciclo dei guardalinee stessi. Arbitri, con conoscenza del regolamento e amenità varie, riciclati in un ruolo diverso un pò sullo stile del quarto uomo, che possono aiutare il primo fischietto sulle questioni più spinose e decisive in quanto suoi "pari", anche per esperienza di direzione e personalità.
Premetto che l'idea in se non è sbagliata. Di 15-20 anni in ritardo, ma sostanzialmente giusta. Due arbitri in più a fare il loro lavoro vedono di sicuro meglio, specie in aree molto affollate in cui succede di tutto. Sempre per tornare agli altri "grandi" sport di squadra, avere più arbitri che poi hanno un riferimento principale e discutono dei singoli casi è la norma, magari da un pò prima del 2012.
Il problema è che la sua applicazione, relativamente al campionato italiano di Serie A, è completamente fallimentare. Completamente. Senza appello. I pochi interventi azzeccati (ricordiamo Orsato allo Juventus Stadium, che si è beccato in testa di tutto nell'indifferenza generale) finiscono nel mare di errori macroscopici impossibili da non vedere per chi è messo in quella zona di campo apposta. O è totale incapacità o mancanza assoluta di personalità e dialogo che squalifica completamente il ruolo. La terza via è Calciopoli, e lasciamo perdere.
In ogni caso c'è un problema grave nell'inserimento e nello sviluppo dell'arbitro di linea nel sistema calcio in Italia.
Purtroppo dubito che interessi risolverlo.
Da Blatter a Platini questa è l'unica certezza storica e condivisa: no alla tecnologia. Senza una motivazione precisa al di là della solita retorica sul fatto che gli errori suscitano polemiche e le polemiche sono il sale del calcio o che i direttori di gara sono uomini, hanno diritto di sbagliare e quindi non è giusto processarli in diretta.
L'ultima invenzione della premiata coppia è stata l'introduzione degli arbitri di porta. Due fischietti in più col compito specifico di "sorvegliare" l'area e la linea di porta, sfruttando anche una visuale favorevole.
Approfitto per chiarificare che i soggetti in questione sono appunto arbitri. Non una figura specificamente formata stile guardalinee o un riciclo dei guardalinee stessi. Arbitri, con conoscenza del regolamento e amenità varie, riciclati in un ruolo diverso un pò sullo stile del quarto uomo, che possono aiutare il primo fischietto sulle questioni più spinose e decisive in quanto suoi "pari", anche per esperienza di direzione e personalità.
Premetto che l'idea in se non è sbagliata. Di 15-20 anni in ritardo, ma sostanzialmente giusta. Due arbitri in più a fare il loro lavoro vedono di sicuro meglio, specie in aree molto affollate in cui succede di tutto. Sempre per tornare agli altri "grandi" sport di squadra, avere più arbitri che poi hanno un riferimento principale e discutono dei singoli casi è la norma, magari da un pò prima del 2012.
Il problema è che la sua applicazione, relativamente al campionato italiano di Serie A, è completamente fallimentare. Completamente. Senza appello. I pochi interventi azzeccati (ricordiamo Orsato allo Juventus Stadium, che si è beccato in testa di tutto nell'indifferenza generale) finiscono nel mare di errori macroscopici impossibili da non vedere per chi è messo in quella zona di campo apposta. O è totale incapacità o mancanza assoluta di personalità e dialogo che squalifica completamente il ruolo. La terza via è Calciopoli, e lasciamo perdere.
In ogni caso c'è un problema grave nell'inserimento e nello sviluppo dell'arbitro di linea nel sistema calcio in Italia.
Purtroppo dubito che interessi risolverlo.
15 nov 2012
Derive tedesche
Parlando di nazionali, la Germania è da anni un modello sia per gioco che per capacità di puntare sui nuovi talenti. Mancano i risultati per l'opposizione della dittatrice Spagna, ma l'idea è precisa e ben delineata.
Tuttavia l'amichevole Olanda-Germania (finita 0-0 per la cronaca) ha fatto cogliere un concreto rischio di esasperazione del modello di gioco tedesco, pur considerando la tara di un contesto agonisticamente limitato.
La formazione iniziale vedeva in campo Höwedes, Hummels, Mertesaker e Lahm in difesa, Gündoğan, Lars Bender, Holtby, Götze, Thomas Müller e Reus tra centrocampo e attacco. Tutti centrocampisti, tutti giovani, tutti capaci di fare un pò tutto.
Un'idea di calcio senza riferimenti offensivi di alcun genere, sostenuta da un possesso palla continuo, lento, orizzontale, alla ricerca di scambi stretti.
Qualcuno ha detto che ricorda veramente troppo la Spagna?
Tuttavia l'amichevole Olanda-Germania (finita 0-0 per la cronaca) ha fatto cogliere un concreto rischio di esasperazione del modello di gioco tedesco, pur considerando la tara di un contesto agonisticamente limitato.
La formazione iniziale vedeva in campo Höwedes, Hummels, Mertesaker e Lahm in difesa, Gündoğan, Lars Bender, Holtby, Götze, Thomas Müller e Reus tra centrocampo e attacco. Tutti centrocampisti, tutti giovani, tutti capaci di fare un pò tutto.
Un'idea di calcio senza riferimenti offensivi di alcun genere, sostenuta da un possesso palla continuo, lento, orizzontale, alla ricerca di scambi stretti.
Qualcuno ha detto che ricorda veramente troppo la Spagna?
13 nov 2012
Limiti della rosa e riserve
A causa di continui problemi l'Inter si trova improvvisamente a fare i conti con l'ampiezza della sua rosa. Facile in questi casi parlare dell'inadeguatezza delle riserve, ma il discorso ha un'angolazione leggermente differente.
Analizziamo la situazione.
Per il reparto difensivo, ci sono ben 4 centrali indisponibili su 6 in rosa. Ranocchia, Samuel, Chivu, Bianchetti sono rispettivamente titolare, titolare, semi-titolare in rotazione se mai fosse stato disponibile, giovane aggregato che fa numero da ultima ruota del carro e si è rotto proprio quando poteva trovare spazio. Rimangono Silvestre e Juan Jesus di ruolo con Cambiasso adattabile.
Fortunatamente non si riscontrano infortuni dei 4 terzini in rosa.
Per il centrocampo, come spesso detto la rosa ha evidenti limiti numerici. Dei mediani puramente difensivi (Mudingayi e Gargano) uno ha subito un doppio infortunio. Dei senatori Cambiasso riesce a giocare sempre mentre Stankovic è indisponibile fino a data da destinarsi. Dei centrocampisti più offensivi Guarin si è infortunato, Alvarez è disponibiile quanto in crisi di identità, Coutinho e Sneijder sono infortunati da tempo, ma più o meno prossimi al rientro. Si aggiungono i giovani, con Obi ancora fermo ai box e gli aggregati (principalmente Duncan e Benassi) disponibili. Per rimpolpare il reparto si possono adattare gli esterni difensivi. Settimana scorsa in Primavera si è rivisto Mariga al rientro dopo l'operazione ai legamenti, potrebbe addirittura rivelarsi utile.
Per l'attacco tutti i giocatori di ruolo sono disponibili. Ricordiamo che sono solo 4, Milito-Cassano-Palacio-Livaja e spesso ultimamente hanno giocato titolari 3 di loro praticamente senza cambi a disposizione.
Per quanto la rosa dell'Inter abbia dei limiti di costruzione, nessuna squadra è fatta pensando di ovviare a 10 assenze condensate in due reparti.
Inevitabile quindi che cambi la prospettiva quando si parla di riserve, che se sono riserve c'è un motivo e se sono riserve delle riserve ancora di più. Soprattutto se vengono inserite all'improvviso in un contesto di squadra quantomeno pericolante.
Analizziamo la situazione.
Per il reparto difensivo, ci sono ben 4 centrali indisponibili su 6 in rosa. Ranocchia, Samuel, Chivu, Bianchetti sono rispettivamente titolare, titolare, semi-titolare in rotazione se mai fosse stato disponibile, giovane aggregato che fa numero da ultima ruota del carro e si è rotto proprio quando poteva trovare spazio. Rimangono Silvestre e Juan Jesus di ruolo con Cambiasso adattabile.
Fortunatamente non si riscontrano infortuni dei 4 terzini in rosa.
Per il centrocampo, come spesso detto la rosa ha evidenti limiti numerici. Dei mediani puramente difensivi (Mudingayi e Gargano) uno ha subito un doppio infortunio. Dei senatori Cambiasso riesce a giocare sempre mentre Stankovic è indisponibile fino a data da destinarsi. Dei centrocampisti più offensivi Guarin si è infortunato, Alvarez è disponibiile quanto in crisi di identità, Coutinho e Sneijder sono infortunati da tempo, ma più o meno prossimi al rientro. Si aggiungono i giovani, con Obi ancora fermo ai box e gli aggregati (principalmente Duncan e Benassi) disponibili. Per rimpolpare il reparto si possono adattare gli esterni difensivi. Settimana scorsa in Primavera si è rivisto Mariga al rientro dopo l'operazione ai legamenti, potrebbe addirittura rivelarsi utile.
Per l'attacco tutti i giocatori di ruolo sono disponibili. Ricordiamo che sono solo 4, Milito-Cassano-Palacio-Livaja e spesso ultimamente hanno giocato titolari 3 di loro praticamente senza cambi a disposizione.
Per quanto la rosa dell'Inter abbia dei limiti di costruzione, nessuna squadra è fatta pensando di ovviare a 10 assenze condensate in due reparti.
Inevitabile quindi che cambi la prospettiva quando si parla di riserve, che se sono riserve c'è un motivo e se sono riserve delle riserve ancora di più. Soprattutto se vengono inserite all'improvviso in un contesto di squadra quantomeno pericolante.
12 nov 2012
Il dilemma di Lucas Viatri
Il Boca di Falcioni sta arrivando alla fine del suo ciclo. A Dicembre scade il contratto dell'allenatore più discusso d'Argentina e non si vede la minima prospettiva di rinnovo. Cambierà lui e con lui tutto il Boca, che ricordiamo lo stesso Falcioni salvò da una crisi durata tanto, troppo tempo.
Con l'allenatore, cambieranno i giocatori.
Tra questi, Lucas Viatri si trova in una fase della sua carriera decisamente peculiare.
Il numero 9 del Boca considera probabilmente chiusa la sua parentesi xeneise. Almeno questo sembra dire il suo atteggiamento sul campo.
Ha aspettato per tanto tempo la sua occasione e il ritiro di Palermo sembrava il trampolino di lancio definitivo. La maglia numero 9, la titolarità dopo tanti, troppi anni vissuti all'ombra di un idolo tanto ingombrante. Poi l'infortunio, che di fatto ha cambiato tutto.
Nel tutto però è anche il caso di parlare del modo di giocare di Viatri. Nell'ambiente è sempre stato considerato l'erede del Titan Palermo e lo si collocava naturalmente al centro dell'attacco.
Giocando, Lucas ha avuto un'evoluzione diversa. Un pò per caratteristiche tecniche, un pò per necessità da quando è arrivato Tanque Silva, un pò (oggi) per fare i capricci.
Ha sempre avuto il fisico della prima punta, si è scoperto avere anche una tecnica molto raffinata. E un gusto per la giocata più da Riquelme che da Palermo. Combinazione interessante quanto pericolosa.
Così ha progressivamente cominciato a pensare più alla rifinitura che alla conclusione. Il suo raggio d'azione si è ridotto, il numero dei gol è crollato e il rapporto con Falcioni è andato perduto.
A Gennaio potrebbe decidere di tentare l'avventura europea.
La domanda è: cosa farà da grande questo ragazzo classe '87?.
Con l'allenatore, cambieranno i giocatori.
Tra questi, Lucas Viatri si trova in una fase della sua carriera decisamente peculiare.
Il numero 9 del Boca considera probabilmente chiusa la sua parentesi xeneise. Almeno questo sembra dire il suo atteggiamento sul campo.
Ha aspettato per tanto tempo la sua occasione e il ritiro di Palermo sembrava il trampolino di lancio definitivo. La maglia numero 9, la titolarità dopo tanti, troppi anni vissuti all'ombra di un idolo tanto ingombrante. Poi l'infortunio, che di fatto ha cambiato tutto.
Nel tutto però è anche il caso di parlare del modo di giocare di Viatri. Nell'ambiente è sempre stato considerato l'erede del Titan Palermo e lo si collocava naturalmente al centro dell'attacco.
Giocando, Lucas ha avuto un'evoluzione diversa. Un pò per caratteristiche tecniche, un pò per necessità da quando è arrivato Tanque Silva, un pò (oggi) per fare i capricci.
Ha sempre avuto il fisico della prima punta, si è scoperto avere anche una tecnica molto raffinata. E un gusto per la giocata più da Riquelme che da Palermo. Combinazione interessante quanto pericolosa.
Così ha progressivamente cominciato a pensare più alla rifinitura che alla conclusione. Il suo raggio d'azione si è ridotto, il numero dei gol è crollato e il rapporto con Falcioni è andato perduto.
A Gennaio potrebbe decidere di tentare l'avventura europea.
La domanda è: cosa farà da grande questo ragazzo classe '87?.
9 nov 2012
Un altro Uruguay?
Forse, finalmente, Tabarez ha capito che la sua nazionale ha bisogno di una revisione al motore.
Per l'amichevole del 14 Novembre contro la Polonia ha convocato i seguenti giocatori:
MUSLERA, Fernando (Galatasaray – Turquía)
Per l'amichevole del 14 Novembre contro la Polonia ha convocato i seguenti giocatori:
MUSLERA, Fernando (Galatasaray – Turquía)
SILVA, Martín (Olimpia – Paraguay)
LUGANO, Diego (Paris Saint Germain – Francia)
GODIN, Diego (Atlético de Madrid – España)
COATES, Sebastián (Liverpool – Inglaterra)
CÁCERES, Martín (Juventus – Italia)
AGUIRREGARAY, Matías (Cluj – Rumania)
ARÉVALO RÍOS, Egidio (Palermo – Italia)
GARGANO, Walter (Internazionale – Italia)
EGUREN, Sebastián (Libertad – Paraguay)
GONZALEZ, Álvaro (Lazio – Italia)
PEREIRA, Álvaro (Internazionale – Italia)
RODRIGUEZ, Cristian (Atlético de Madrid – España)
RAMIREZ, Gastón (Southampton – Inglaterra)
LODEIRO, Nicolás (Botafogo – Brasil)
CASTRO, Gonzalo (Real Sociedad – España)
CAVANI, Edinson (Nápoli – Italia)
SUAREZ, Luis (Liverpool – Inglaterra)
STUANI, Christian (Espanyol – España)
Nulla di rivoluzionario se non per l'assenza del suo referente assoluto Diego Forlan.
Senza mettersi a fare gli schizzinosi sui sostituti (Stuani non vale un decimo di Santiago Silva o el Loco Abreu, per dire) e tenendo ben presente che è solo un'amichevole infrasettimanale pressochè inutile forse per l'Uruguay c'è luce in fondo al tunnel.
Sperando che sia un inizio, suerte Maestro!
4 nov 2012
Il nodo è nel taglio
Per un motivo o per l'altro l'allenatore dell'Inter Andrea Stramaccioni si trova sempre al centro di dispute semantiche di rarefazione unica nel calcio.
Sarà che perdere tempo ad analizzare come o perchè un allenatore con una trentina di panchine (non in Serie A, ma in carriera coi grandi) sia in grado di sollevare la squadra nerazzurra dalle macerie del 2011/2012 trovandole una nuova identità sfruttando alchimie tattiche, dialettica, empatia con giocatori e tifosi, preparazione fisica, uomini vecchi e nuovi, giornalisticamente non interessa a nessuno. O forse mancano competenze e onestà intelletuale per farlo.
Dovendo spostare l'attenzione ci si butta sugli aggettivi qualificativi. Il gioco è appiccicare un'etichetta a questa squadra che in molti vorrebbero vedere sprofondare. Parlare nel dettaglio di calcio annoia, gli elogi non son cosa. Un aggettivo di sintesi, di uso comune e facilmente trasmissibile a tutti è decisamente più comodo e veloce, ma soprattutto deresponsabilizza. Non va spiegato perchè ha un significato in se e può mantenere quel minimo di ambiguità da dico/non dico.
Le parole sono ampiamente interpretabili a seconda del contesto, del tono, del taglio che si vuole dare alle cose. Ed è proprio il taglio di certe aggettivazioni che ha fatto scattare Stramaccioni.
Lui dice di essere permaloso e molti commentatori concorderanno, ma a me sembra semplicemente uno che tiene a veder riconosciuto il suo lavoro sul campo.
Nel suo metodo nulla è lasciato al caso, tutto è peparato e studiato. Per questo non si arrende alle semplificazioni, specie quando nascondono quel pizzico di malignità che parlando di Inter ci sta sempre. Di conseguenza risponde, senza mai essere offensivo o andare fuori dai binari consentiti.
Sarà che perdere tempo ad analizzare come o perchè un allenatore con una trentina di panchine (non in Serie A, ma in carriera coi grandi) sia in grado di sollevare la squadra nerazzurra dalle macerie del 2011/2012 trovandole una nuova identità sfruttando alchimie tattiche, dialettica, empatia con giocatori e tifosi, preparazione fisica, uomini vecchi e nuovi, giornalisticamente non interessa a nessuno. O forse mancano competenze e onestà intelletuale per farlo.
Dovendo spostare l'attenzione ci si butta sugli aggettivi qualificativi. Il gioco è appiccicare un'etichetta a questa squadra che in molti vorrebbero vedere sprofondare. Parlare nel dettaglio di calcio annoia, gli elogi non son cosa. Un aggettivo di sintesi, di uso comune e facilmente trasmissibile a tutti è decisamente più comodo e veloce, ma soprattutto deresponsabilizza. Non va spiegato perchè ha un significato in se e può mantenere quel minimo di ambiguità da dico/non dico.
Le parole sono ampiamente interpretabili a seconda del contesto, del tono, del taglio che si vuole dare alle cose. Ed è proprio il taglio di certe aggettivazioni che ha fatto scattare Stramaccioni.
Lui dice di essere permaloso e molti commentatori concorderanno, ma a me sembra semplicemente uno che tiene a veder riconosciuto il suo lavoro sul campo.
Nel suo metodo nulla è lasciato al caso, tutto è peparato e studiato. Per questo non si arrende alle semplificazioni, specie quando nascondono quel pizzico di malignità che parlando di Inter ci sta sempre. Di conseguenza risponde, senza mai essere offensivo o andare fuori dai binari consentiti.
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