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15 nov 2014

Le colpe di Mazzarri

Inevitabilmente giunti alla fine di un "impero" si fanno i conti in tasca al reggente uscente.
Evitando infinite discussioni tattiche e sulla composizione della rosa, quali sono le colpe di Mazzarri per il suo primo esonero in carriera?

Walter Mazzarri ha guidato l'Inter dal 24 Maggio 2013 al 14 Novembre 2014.
Giova ricordarlo perchè spesso, diciamo pure troppo spesso, nella stagione in corso il suo operato è stato valutato come fosse da pochi mesi al timone della rosa nerazzurra.
Premessa a sua difesa: si è trovato a lavorare sulle macerie dell'era Stramaccioni (e precedenti, cioè Ranieri e Gasperini), con un'Inter sostanzialmente al minimo storico considerando l'epoca moderna, soprattutto a livello di certezze e autostima. In più ha dovuto fare i conti col cambio di proprietà e con la spada di Damocle del fairplay finanziario, con chiare rispercussioni su mercato e investimenti. Una situazione congiunturale sicuramente scomoda.
Partendo dai semplici numeri, Mazzarri ha chiuso il campionato 2013/2014 con 60 punti figli di 15 vittorie, 15 pareggi e 8 sconfitte, con una media di punti a partita pari a 1,57. Un posizionamento certamente non da sogno, ma in linea con le aspettative di tornare in Europa, un primo passo verso il ritorno ad essere una squadra vera. Nel 2014/2015 il tecnico di San Vincenzo era chiamato a un passo in avanti, se non come gioco quantomento nei risultati e in generale nell'amalgama del suo gruppo. Nel campionato in corso in 11 giornate si sono viste 4 vittorie, 4 pareggi e 3 sconfitte (tutte senza appello contro Cagliari, Fiorentina e Parma) per 16 punti, con una media di 1,45. Un rendimento in chiaro calo e in peggioramento vedendo le 2 vittorie nelle ultime 7 partite.
In totale su 49 giornate di campionato ha ottenuto 19 vittorie, 19 pareggi e 11 sconfitte, in Coppa Italia su 3 partite 2 vittorie e 1 sconfitta, in Europa League su 6 partite 4 vittorie e 2 pareggi.

Andando oltre l'impietosa aritmetica, la critica principale da muovere a Mazzarri è di non aver dato in oltre un anno di lavoro un'impronta precisa alla sua squadra.
Torniamo un attimo alla conferenza di presentazione, datata Luglio 2013. Le idee sono chiare, nette e precise: "nel calcio bisogna partire subito con certe sicurezze", "voglio lavorare sull'autostima, c'è il rischio che i ragazzi possano ancora risentire dell'ultimo campionato, voglio dare un'organizzazione che li tuteli, che li faccia sentire sicuri", "per il blasone che ha, l'Inter ha il dovere di tornare ad essere competitiva, i tifosi dovranno essere orgogliosi di vedere una squadra che non molla mai, credo che attraverso gioco e prestazioni verranno anche i risultati", "i giocatori mi hanno sempre considerato un tattico, uno che cerca di dare un'impronta ben definita alle proprie squadre".
La colpa di Mazzarri è esattamente non aver rispettato nessuna di queste intenzioni.
La sua squadra non ha mai avuto certezze, se non l'insistenza totale sul modulo a tre, l'autostima è stata ad essere gentili ondivaga, l'organizzazione si è vista solamente a tratti e mai completamente sviluppata in entrambe le fasi, sostanzialmente non è mai stata competitiva e men che meno ha dato l'impressione di non mollare mai. La sua Inter non ha mai avuto un'impronta definita, sempre contratta e timorosa, tra il difensivismo eccessivo e la timidezza nell'attaccare. Anche nei suoi tipici punti di forza come la corsa e l'intensità difensiva Mazzarri ha fallito, non riuscendo mai a trapiantarli nel nuovo contesto se non nelle prime 6 giornate della stagione 2013/2014.
Non ho parlato di bel gioco, di calcio spettacolo o altro. Mazzarri non ha portato all'Inter le basi del suo lavoro, e di conseguenza non ha quasi mai espresso il calcio che ci si aspetta da lui.
Nel 2014/2015 i nerazzurri hanno girato pagina in molte cose (rosa, proprietari, medici, pure colore di maglia) e il tecnico aveva l'opportunità di cominciare ex novo con giocatori diversi, più giovani, meno ingombranti, idealmente anche più adatti in quanto scelti dal mercato e un contratto rinnovato. Invece di progredire l'Inter ha fatto passi indietro, sia come gioco che come mentalità. Ed è crollato anche il baluardo dei pochissimi infortuni grazie al lavoro del preparatore Pondrelli.
Una squadra senza identità nè tattica nè a livello di carattere, senza alcuna certezza nè organizzazione in cui rifugiarsi dopo oltre un anno di lavoro.
In più c'è l'eterna querelle del rapporto tra l'allenatore e i giovani. Sempre dalla conferenza di presentazione "avere tanti giovani e arrivare nei primissimi posti non è sempre un connubio vincente, ci vuole la giusta miscela, se mi chiedete di fare 50 punti allora farei una squadra di giovanissimi, ma per arrivare ai primissimi posti è un discorso diverso", concetto anche condivisibile, ma difficile da far coincidere con quanto espresso alla guida dei nerazzurri nella prima stagione, chiusa a 60 punti con una delle rose più anziane, dando per di più spesso e volentieri la colpa dei mancati risultati proprio ai più giovani, colpevoli di sentire troppo il peso della maglia o di errori tattici.

L'aggravante del caso Mazzarri è data dalle sue evidenti difficoltà nel comunicare.
Sempre in affanno davanti alle telecamere, impreciso con la sua lingua madre e figuriamoci con l'inglese, approssimativo persino coi nomi dei suoi giocatori, all'apparenza perennemente confuso, evidentemente non riesce quasi mai a veicolare quel che pensa in modo corretto e univocamente comprensibile. C'è poi il capitolo delle scuse, argomento per cui è famoso da sempre, usate in ogni occasione aggrappandosi di fatto a qualunque cosa pur di trovare una giustificazione esterna e ineluttabile per il fallimento. Dai calciodangoli alla pioggia in un anno e mezzo l'aneddotica è ricca, persino crudele nel suo diventare macchietta.
Nel 2014, tra media e social, è difficile galleggiare in queste condizioni.
Un allenatore coi risultati dalla sua vince sempre. Senza i risultati, l'immagine può aiutarlo a sopravvivere. Senza nessuna delle due cose, si precipita in fretta.

2 set 2014

Il mercato di Inter e Milan

Per parafrasare un famoso proverbio, il mercato è morto evviva il mercato. L'inutilmente lunga sessione estiva di calciomercato si è chiusa lasciando i tifosi con nuove speranze o con cupe certezze, pronte a essere confermate o smentite dall'inflessibile giudizio del campo.
Vediamo come stanno le squadre milanesi, due realtà in evidente difficoltà economica, ma pur sempre con un blasone da onorare.


Inter
Chiunque a qualunque livello nella squadra nerazzura ha detto e ripetuto per gran parte della scorsa stagione che con Giugno 2014 si sarebbe chiusa un'era coi definitivi cambi societari e un monte di contratti in scadenza, soprattutto dei giocatori chiave degli ultimi anni di successi. La rosa andava di fatto rifondata, trovando nuovi titolari e nuovi equilibri.
L'organico è composto da venticinque giocatori, così suddivisi:

Portieri: Samir Handanovic (1), Juan Pablo Carrizo (30), Tommaso Berni (46)Cambio solo nel terzo, con un nome utile per le liste UEFA in quanto vivaio italiano. Handanovic è l'indiscusso titolare, ormai al terzo anno, anche se il suo rendimento nello scorso campionato è stato discutibile. Carrizo è il secondo designato, con qualche problema di troppo in termini di affidabilità. Reparto comunque completo, senza particolari necessità nel breve.

Difensori: Ibrahima Mbaye (25, se valgono i numeri delle amichevoli), Jonathan (2), Juan Jesus (5), Marco Andreolli (6), Hugo Campagnaro (14), Nemanja Vidic (15), Dodô (22), Andrea Ranocchia (23), Danilo D'Ambrosio (33), Isaac Donkor (54), Yuto Nagatomo (55)
Numericamente abbiamo quattro esterni, cinque centrali e Mbaye, rimasto a sorpresa, come jolly per entrambi i ruoli. Un reparto quindi completo che ha visto come nuovi innesti Vidic per portare leadership, esperienza e indubbie qualità e
Dodô come esterno mancino, ruolo totalmente scoperto. Le incognite stanno nell'affidabilità delle riserve dei centrali, che vedono un Campagnaro totalmente da recuperare a livello di rapporto col tecnico, Andreolli che non convince del tutto e viene da una stagione quasi senza giocare e Donkor che è un classe '95 senza alcuna esperienza di calcio vero. Mbaye, che nei piani doveva giocare altrove, saprà ritagliarsi un suo spazio? Tecnicamente è un giocatore interessante, su cui lavorare anche come ruolo e che potrebbe scalare le gerarchie. Il grande assente è il miglior centrale della passata stagione, anche come gol segnati, ovvero quel Rolando rimasto da emarginato al Porto. Ne riparleremo tra 6 mesi?

Centrocampisti: Mateo Kovacic (10), Fredy Guarin (13), Zdravko Kuzmanovic (17), Gary Medel (18), Joel Obi (20), Renè Krhin (44), Anderson Hernanes (88), Yann M'Vila (90)
Il reparto che vede più novità in assoluto, di cui più si è parlato nel campionato passato e da cui dipendono molte delle fortune dell'Inter.
L'età media è di venticinque anni, quattro giocatori sono nati dal 1990 in poi e nessuno tocca le trenta primavere. Dovendo categorizzare si può dividere i giocatori in mediani posizionali (M'Vila, Krhin, Kuzmanovic), mediani di corsa (Obi, Medel) e giocatori di qualità, adattabili anche a giocare sulla trequarti (Hernanes, Kovacic, Guarin). Mazzarri ha libertà di scelta, ma deve scendere a patti con le caratteristiche dei singoli e trovare un giusto equilibrio tra attenzione difensiva e qualità offensiva. Dei nuovi la grande scommessa è il francese M'Vila, chiamato a tornare la promessa di Rennes dopo anni difficili, mentre Krhin e Obi sono principalmente carne da lista UEFA. Medel è un giocatore dal rendimento sostanzialmente certo, il mediano difensivo puro che manca da anni fondamentale per l'allenatore. Hernanes è chiamato a prendere per mano tutti facendo il vero salto di qualità che gli è sempre mancato mentre Kovacic dopo un anno di apprendistato deve riuscire a imporsi come realtà del calcio almeno italiano. La vera, grandissima incognita è il colombiano Guarin, in lista cessioni fino all'ultimo minuto. Va ricostruito il rapporto umano e tecnicamente va inquadrato in una squadra che, per come è strutturata, ha un bisogno estremo dei suoi strappi offensivi.

Attaccanti: Pablo Daniel Osvaldo (7), Rodrigo Palacio (8), Mauro Icardi (9)
Numericamente il reparto è chiaramente incompleto. I tre sono circa sullo stesso piano come considerazione e potete scegliere la coppia che più vi stimola. Il leader designato è senza dubbio Palacio che viene da due anni ottimi dal punto di vista personale, ma i riflettori sono tutti puntati su Icardi che è la punta del futuro, il nuovo Crespo/Batistuta. Dalla sua crescita e dal riscatto di Osvaldo dopo un anno ai margini passano sostanzialmente tutte le speranze dell'Inter, almeno fino al prossimo mercato. Il "vecchio" Palacio dal canto suo riuscirà a garantire il solito rendimento dopo un anno da stakanovista, un Mondiale giocato da infortunato e una preparazione saltata? L'azzardo è chiaro ed è triplice, situazione veramente al limite per un reparto assolutamente decisivo nelle sorti della squadra. Vista la scarsezza di alternative Mazzarri darà spazio a Bonazzoli e Puscas, almeno nelle coppe?

L'Inter si è mossa sul mercato guardando alle necessità tecniche, ma anche se non principalmente al bilancio. Spese poche, movimenti assai oculati, nessuna cessione remunerativa hanno portato a una rosa interessante dalla metà campo in giù, ma estremamente limitata dalla metà campo in su. La colpa vera e grave è l'assenza di una quarta punta in grado di completare il reparto offensivo, quel giocatore tecnico, veloce e con dribbling capace di giostrare tra le linee per aprire le difese chiuse che tanto si sono sofferte nella passata stagione. Il grosso del lavoro spetta ancora una volta al tecnico Walter Mazzarri, a cui è stata rinnovata fiducia con anche un nuovo contratto. La squadra nerazzurra deve trovare una svolta offensiva attraverso il gioco, visto che a livello di singoli l'attacco è ridotto all'osso e il centrocampo ha il solo Hernanes come realizzatore credibile a meno di imprevedbili exploit di Guarin. In molto è stato assecondato, ora deve dare quel plus che il suo stipendio e la sua considerazione richiedono. Aspettando, magari, Gennaio (sicuro mantra della dirigenza per i prossimi mesi, tifosi siate pronti). La squadra deve assestarsi, trovare nuovi titolari e gerarchie, mi aspetto di vedere alternanza nelle scelte almeno nel primo periodo. La gestione del girone di Europa League sarà fondamentale per mantenere un certo passo in campionato e sarà un vero test per la preparazione fisica del famoso preparatore Pondrelli.



Milan
La sponda rossonera di Milano viene da una insolita stagione con due allenatori e un cumulo di macerie da ripulire. Si è iniziato appuntando Inzaghi come nuovo tecnico e si è proseguito sostanzialmente rivoluzionando la rosa, soprattutto nel reparto offensivo. Senza coppe europee il mister avrà più tempo per plasmare la sua squadra, indubbiamente un bene dopo tanta confusione recente.
L'organico è composto da ventotto elementi:

Portieri: Diego Lopez (23), Christian Abbiati (32), Michael Agazzi (1)
Reparto di fatto rifatto ex novo che vede tre portieri "firmati" in questo mercato, tramite acquisto o rinnovo. Diego Lopez dal Real Madrid è l'indiscutibile titolare, alla prima vera esperienza da numero uno di spessore dopo una carriera di secondo piano e una chiamata inattesa dalla casa blanca, fruttuosissima. Abbiati scala a fare il secondo mentre risulta quantomeno particolare la questione Agazzi. Arrivato a parametro zero e col numero 1 sono bastate poche settimane per farlo finire addirittura nella lista cessioni. Non il terzo portiere a cui siamo abituati, in un reparto affidabile dopo tanto tempo.

Difensori: Ignazio Abate (20), Pablo Armero (27), Michelangelo Albertazzi (14), Daniele Bonera (25), Alex (33), Mattia De Sciglio (2), Phillippe Mexes (5), Cristian Zapata (17), Cristian Zaccardo (81), Adil Rami (13)
10 uomini senza le coppe sono numericamente anche troppi. I terzini vedono una coppia di pura potenza in Abate e Armero, entrambi tecnicamente rivedibili e difensivamente permeabili, e la coppia "delle giovanili", con De Sciglio chiamato a riscattare una stagione complicata magari alternandosi tra destra e sinistra. La batteria dei centrali vede un evidente esubero (Zaccardo) in un insieme di giocatori che partono più o meno alla pari e andranno scremati da Inzaghi. Fisicità tanta, velocità solo in Zapata, conterà anche lo stato di forma.

Centrocampisti: Nigel de Jong (34), Michael Essien (15), Riccardo Montolivo (18), Sulley Muntari (4), Andrea Poli (16), Riccardo Saponara (8), Giacomo Bonaventura (89),  Marco van Ginkel
Un reparto fondato, senza mezzi termini, sulla fisicità di de Jong, chiamato a dare solidità a mediana e difesa. Nel reparto a tre voluto da Inzaghi come interni si possono avvicendare sostanzialmente tutti gli altri, a seconda di voler avere surplus di fisicità o di tecnica. La scommessa potrebbe essere l'invenzione di Saponara, uno che per mille motivi non è ancora uscito da Empoli, o un tentativo col nuovo acquisto Bonaventura, da sempre giocatore eclettico capace di adattarsi e che presumibilmente vedremo anche in attacco. Van Ginkel viene da una stagione di sostanziale fermo, al Vitesse prometteva bene, ma vale la pena puntare su giocatori di altri da sviluppare? Leader emotivo del gruppo Sulley Muntari, che nel suo disordine trova spesso gol fondamentali per le economie rossonere. Montolivo al ritorno dall'infortunio cosa farà? Un ruolo per il capitano del nuovo corso andrà trovato, con un compromesso tra le sue caratteristiche e le idee tattiche in quanto il suo dinamismo si sposa poco col ruolo di interno. Per rendere il Milan una squadra davvero pericolosa qualcuno qua in mezzo dovrà fare un salto di qualità.

Attaccanti: Fernando Torres (9), Giampaolo Pazzini (11), Jeremy Menez (7), Keisuke Honda (10), Mbaye Niang (19), Stephan el Shaarawy (92), Hachim Mastour (98)
Sei elementi effettivi più l'inserimento di Mastour, uno che in teoria dovrebbe stare ancora negli Allievi, con un cambiamento totale di impostazione dovuto alla cessione di Balotelli. Pazzini e Torres sono le punte pure, Menez è stato scelto come loro sostituto di emergenza in una soluzione ardita quanto inedita su cui è meglio stare prudenti. Il 7 e gli altri saranno chiamati a giostrare sulle fasce cercando giocate e qualità. El Shaarawy liberato dal peso di Balotelli e, si spera, dai guai fisici è chiamato a tornare se stesso, Honda dopo mesi di apprendistato e la preparazione fisica adeguata può portare geometrie e playmaking che nessun altro ha, mentre se ci si aspetta da lui le classiche giocate da esterno rapido ed esplosivo inevitabilmente si finirà delusi . Niang è quasi l'opposto del giapponese, tutto corsa e fisicità, ma ha l'età e una nuova fiducia generale dalla sua, che tuttavia dureranno poco se non riuscirà a trovare la via del gol. Tra tante scommesse le fortune del reparto e del Milan tutto passano dalle resurrezioni del 9 e del 92, o di almeno uno dei due.

Inzaghi porta già di suo speranze, freschezza e nuove idee, in più la squadra è stata rifatta per metterlo nelle condizioni di lavorare al meglio, nei limiti delle ristrettezze economiche. La cessione di Balotelli oltre a portare soldi freschi stravolge le gerarchie tecniche e permette di liberarsi da fastidiosi compromessi. Si perde un talento, ma presumibilmente ora tutti gli altri sono un attimo più liberi di giocare secondo le loro capacità non dovendo assecondare un solista simile. La rosa è ampia specie non avendo le coppe europee e fornisce una certa varietà di idee, che fa spesso rima con scommesse di cui vanno sempre tenuti in considerazione i risvolti negativi. Il nuovo tecnico dovrà stare attento a non perdersi in troppe alchimie, una tentazione abbastanza comoda per chi è chiamato a stupire e vola sulle ali dell'entusiasmo. I dubbi veri sono sulla tenuta difensiva nel lungo periodo e su un ambiente che negli ultimi anni si è rivelato insospettabilmente un vero tritacarne. Il modo migliore per non avere problemi è macinare risultati, nascondendo tutto lo sporco possibile sotto il tappeto. Stona nel contesto generale la cessione di Bryan Cristante, centrocampista classe '95 già da tempo nel giro della prima squadra, investito a più riprese come talento del futuro, ma nelle condizioni attuali ai soldi (anche pochi) non si comanda.

29 apr 2014

Mazzarri, la difesa a 4 e il mercato

Walter Mazzarri, come noto, ha come tratto distintivo lo sfruttamento della difesa a 3 nei suoi moduli tattici, una specie di dogma legato alla convinzione che con quella disposizione, declinata sia nel 3-5-2 che nel 3-4-3, si copra nel modo migliore il campo e quindi si sviluppi al meglio il gioco.
Il tecnico dell'Inter ha tuttavia dichiarato in una recente conferenza stampa di stare pensando di lavorare durante la pausa estiva su moduli alternativi che prevedano una difesa a 4, in particolare sul 4-3-1-2 e sul 4-3-2-1. Una richiesta costante dei tifosi e forse della nuova proprietà, un passo indietro nell'integralismo personale per aprirsi a una prospettiva più internazionale.
L'esperimento è rimandato all'estate per avere il giusto tempo. Si sa quanto Mazzarri sia scrupoloso, ma in questo caso ha molta rilevanza la delicatezza nel suo incarico in nerazzurro. In questa stagione ha dovuto investire grosse energie per inculcare alla squadra i suoi principi di gioco e far assimilare gli schemi fondamentali del suo credo. Solidificate in tutto l'anno le basi, cioè il 3-5-2 e il 3-4-3, sarà più facile poi sviluppare varianti utili alla bisogna. Specifichiamo che il tecnico ha parlato di varianti, quindi meglio evitare voli pindarici su difese a 4 più o meno fisse nel futuro immediato dell'Inter.

Importante è evidenziare quale sia il punto di partenza del futuro lavoro del tecnico di San Vincenzo nell'ottica del nuovo schieramento. C'è infatti un particolare anello di congiunzione tra il modulo a 3 e quello a 4 che permetterebbe a Mazzarri di apportare solo variazioni minori al suo progetto generale, cambiando la forma, ma mantenendo intatta la sostanza nel suo gioco.
L'idea è di sfruttare il vertice basso del centrocampo davanti alla difesa a 4 per replicare l'avvio dell'azione dato dal difensore centrale della difesa a 3. Il giocatore quindi in fase di possesso si abbassa tra i due centrali che si allargano favorendo la circolazione palla. Un escamotage chiaramente non nuovo per chi segue il calcio, portato avanti negli ultimi anni soprattutto dalla scuola spagnola.
La mente va immediatamente al Barcellona e a Guardiola, con Busquets come referente in campo, ma è solo il più famoso degli esempi. Ovviamente Pep ha portato il suo credo anche a Monaco e spesso si vede il mediano basso (Schweinsteiger, Thiago, Lahm) giocare tra Dante e Boateng. Ernesto Valverde, attuale tecnico dell'Athletic Bilbao, è stato uno dei primi a rendere nota questa idea di uscita dalla difesa e Ander Iturraspe oggi ne è un magnifico interprete. A Roma l'esempio è stato trapiantato da Luis Enrique e raffinato da Rudi Garcia. Persino Klopp qualche volta ne ha fatto uso a Dortmund, come Brendan Rodgers a Liverpool. Restando in casa Inter, Stramaccioni ha affidato questo ruolo a Cambiasso in Torino-Inter.
La chiave è puramente tattica, ma permette di schierare un difensore in meno e avere più qualità sul primo passaggio. Il vantaggio per Mazzarri sta nella possibilità di cambiare formazione, acquisendo imprevedibilità e adattabilità, senza perdere il grosso della sua base di lavoro.

Fondamentale diventa sul mercato identificare il giusto giocatore per il ruolo. Mazzarri nel post partita di Inter-Napoli ne ha fornito un identikit: un metodista bravo, per farla breve un De Rossi.
Questo ovviamente non significa che a Milano arriverà il ragazzo di Roma, ma come si diceva prima De Rossi in Italia è il migliore (e per certi versi l'unico) interprete del ruolo, proprio per la sua esperienza con un allievo di Guardiola come Luis Enrique. Il tecnico spagnolo non ha certo lasciato un grande ricordo nel pubblico romanista, ma ha regalato al giocatore il suo ruolo ideale. Citare De Rossi è un modo rapido per spiegare cosa si intende, visto che in Italia lo conoscono tutti.
Quali sono quindi le caratteristiche dcisive per questo particolare ruolo?
Innanzitutto capacità tattiche e di lettura dell'azione. Il giocatore deve essere bravo a vedere il gioco, capendo quando abbassarsi tra i centrali sia in fase di possesso per aiutare il giro palla sia in fase di non possesso per dare manforte in marcatura, tuttavia deve fare attenzione a non abbandonare la sua posizione di centrocampista, trovando il momento di salire per spostare il baricentro della squadra. Tecnicamente deve possedere doti di regia e magari il cambio di gioco per essere pronto a sfruttare punti deboli ribaltando l'azione. Fondamentale è saper giocare a due tocchi, sia per velocizzare il ritmo del possesso che per eludere il pressing. Fisicamente non serve possieda grande intensità e corsa, ma deve farsi valere in marcatura e nel recupero palla. Meglio sia anche forte di testa per aiutare i centrali. Il tiro non è indispensabile, ma è un interessante plus per completare le opzioni. Considerata la posizione arretrata può infatti trovarsi ad avere spazio ed è importante poterlo sfruttare per far male agli avversari.
Vi viene in mente qualcuno? Vi sentite di escludere alcuni dei nomi che sentite di solito?

Specifichiamo infine che parliamo di un lavoro tattico abbastanza particolare, che va provato e spiegato attentamente. Non è infatti una prassi così diffusa e comune da risultare immediata nemmeno in Europa, se non probabilmente in Spagna, figuriamoci in Sudamerica o in altri continenti.


5 dic 2013

Un problema offensivo dell'Inter


L'Inter di Mazzarri malgrado l'atteggiamento prudente e i problemi delle sue punte è tra le squadre più prolifiche del campionato. C'è però un aspetto del gioco offensivo particolarmenre carente, che va migliorato e non è stato sufficientemente evidenziato.

Non tutte le azioni d'attacco riescono a produrre gol o tiri in porta. Oltre che per le reti segnate la presenza nei pressi dell'area avversaria si può notare anche dal numero di calci d'angolo battuti. Un dato che, in qualche modo, raccoglie tutte quelle azioni in cui i giocatori sono arrivati a disturbare la difesa, ma si sono trovati bloccati e si sono dovuti accontentare del minimo.
Nelle 15 partite stagionali l'Inter ha battuto 107 corner per una media di oltre 7 a partita. Un dato che conferma la trazione anteriore della squadra.
Da questa particolare situazione però sono nati solo 4 gol, e tutti con una certa componente di casualità: 3 contro l'Hellas Verona, di cui 1 autogol e 2 tap-in dopo rimpalli, e 1 contro l'Udinese con Ranocchia lesto ad approfittare di un'uscita a vuoto di Brkic. Un bottino utile sui singoli risultati, ma esiguo sul numero totale.

Percentualmente l'Inter ha trovato gol nel 3,74% degli angoli a disposizione. Un dato veramente esiguo, soprattutto considerando l'importanza dei calci piazzati nel calcio moderno.
I problemi ovviamente possono essere vari, dall'incapacità dei battitori, a un errore nella scelta degli stessi, ai pochi saltatori fino alla sfortuna. Tuttavia per una squadra che produce così tante situazioni simili non trovare un modo per renderle utili sembra veramente un peccato.




27 set 2013

L'importanza di chiamarsi Campagnaro


L'arrivo di Hugo Campagnaro a parametro zero all'Inter è uno dei colpi di mercato più sottovalutati dell'anno. L'età non verdissima (parliamo di un classe 1980) e il basso profilo della carriera hanno fatto passare in sordina un acquisto che si sta rivelando fondamentale per le dinamiche della squadra nerazzurra.
In questo di sicuro ha una certa importanza la presenza di Walter Mazzarri, con cui Campagnaro lavora da 7 stagioni consecutive. La carriera del roccioso difensore argentino ha avuto dinamiche particolari, forse uniche, e il lavoro del tecnico toscano è stato fondamentale per il definitivo salto di qualità. A vederlo giocare oggi sembra impossibile che nasca attaccante nelle divisioni inferiori argentine e venga trasformato in difensore solo in Italia.
Nel 2007 la Sampdoria lo preleva dal Piacenza in Serie B e grazie a fisico, cattiveria agonistica e intensità si guadagna un posto nella difesa a 3 che con Mazzarri non perderà più. Il suo rendimento è tale da farlo esordire in nazionale Argentina nel 2012, a 31 anni, diventando un elemento fisso nelle convocazioni di Sabella.

Il reale impatto di Campagnaro nell'Inter va oltre ciò che è immediatamente percepibile.
Grande leadership difensiva, gestione della linea e personalità si sono viste dalla prima partita, e non a caso il reparto è cambiato totalmente rispetto alla scorsa stagione. Guardando le statistiche parliamo del primo in rosa per spazzate in area, del terzo per tackle a partita e per contrasti aerei vinti, del secondo per intercetti e per tiri bloccati. Le sue chiusure e i suoi recuperi sono negli occhi di tutti i tifosi.
Per questo l'Inter ha puntato su di lui a zero come difensore, ma è nella gestione della sfera che Campagnaro si rivela un elemento sorprendente. I trascorsi da attaccante evidentemente gli hanno lasciato in eredità una buona capacità tecnica. Regolarmente è il primo o al massimo il secondo giocatore per tocchi di palla a partita, di gran lunga quello con la maggior media di passaggi effettuati, il terzo per lanci lunghi accurati e il migliore per percentuale di passaggi riusciti tra i titolari. In un certo senso è il vero regista arretrato dell'Inter, l'uomo incaricato di far cominciare l'azione dalla difesa (un ruolo simile, ma più limitato, lo copre anche Juan Jesus). Curiosamente è anche il giocatore che subisce più falli a partita, a testimonianza della sua capacità di avanzare palla al piede. Del resto già col Napoli era stato il miglior difensore per dribbling riusciti in tutta Europa.

In totale, otteniamo il secondo giocatore di tutta la rosa per rendimento, dietro a uno stellare Ricky Alvarez. Non male per uno partito dal nulla.