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20 mar 2015

Il Manchester City e la fine di un ciclo

Tutte le squadre, soprattutto le grandi, vivono di cicli. Non sempre è facile mettere la parola fine a certi rapporti, ma l'evidenza tecnica del tramonto tende a palesarsi in momenti ben precisi.
Per il Manchester City l'eliminazione agli ottavi di Champions contro il Barcellona mette la parole fine a questa generazione di calciatori, la più vincente della storia del club.

Le radici del Manchester City di oggi vengono da lontano, e semplificando troviamo due momenti fondanti.
Nel 2008 inizia l'era della proprietà Mansur bin Zayd Al Nahyan e niente, sia per il club che per il calcio inglese, sarà più lo stesso. Iniziano gli acquisti folli e non a caso il primo è un personaggio come Robinho.
Seconda data fondamentale è il 2009, quando Roberto Mancini subentra a Mark Huges. Il periodo manciniano mette il City sulla mappa delle grandi squadre, almeno in Premier, grazie ai primi titoli di spessore e soprattutto alla creazione di un gruppo forte, di talento, chiaramente identificabile. Nel giro di pochi mercati la squadra si consolida attorno a una verticale composta da Joe Hart-Vincent Kompany-Yaya Tourè-David Silva e Sergio Agüero. L'FA Cup e il primo campionato dal 1968 cambiano la storia del City e la sua percezione a livello mondiale. Qualcosa di simile a quanto accaduto al Chelsea con la prima era Mourinho.
L'arrivo di Pellegrini nel 2013 ha portato delle novità a livello di filosofia di gioco, ma la squadra è rimasta la stessa. Per tornare al parallelo col Chelsea, si può fare un paragone con l'arrivo di Ancelotti. Una stagione con un bel gioco, uomini valorizzati e titoli e poi l'inevitabile declino.

Arrivando ai giorni d'oggi, il primo problema del City è esattamente quello che è stato il suo punto di forza: l'ossatura della squadra. Quella verticale nata con Mancini è ancora la base della formazione nel 2015. Il che per certi versi è un bene, ma ci sono due criticità.
Innanzitutto i giocatori sono cresciuti, maturati e hanno sviluppato il loro talento. Le date di nascita recitano 1987-1986-1983-1987-1988. Non parliamo di giocatori finiti, ma tutti per un motivo o per l'altro sembrano aver raggiunto l'apice. Più di così, in questa formazione, non possono dare.
C'è poi il fatto che gli elementi attorno a loro non sono mai riusciti a rappresentare un vero valore aggiunto, se non per periodi brevi. I vari Barry, Lescott, Fernandinho, Clichy, Jesus Navas, persino Nasri, Dzeko, Balotelli, Jovetic tirando le somme sono rimasti uomini di contorno. Nessuno è riuscito a fare un salto di qualità tale da imporsi come leader e fare la differenza. Come aggravante l'ultimo mercato estivo non ha portato di fatto alcun rinforzo per la rosa. Sagna e Fernando sono ancora una volta riempitivi, riserve in ruoli già coperti, mentre lo strapagato Mangala si è dimostrato talmente affidabile da convincere la società a rinnovare Demichelis fino ai 36 anni. E infatti il rendimento è andato calando.
La stagione è cominciata con la sconfitta netta contro l'Arsenal in Community Shield e solo a fine Novembre si è vista una squadra convincente. A Marzo però la magia è finita. Su 14 incontri il City ne ha vinti 5, pareggiati 3 e persi 6, subendo 17 gol complessivi. Particolarmente impietoso è stato il doppio confronto col Barcellona, dove al di là del risultato il City non è mai apparso in grado di vincere o passare il turno, nemmeno minimamente.

Il simbolo assoluto della fine del Manchester City come lo conosciamo è proprio l'uomo che più di tutti ne è ambasciatore. Chiaramente sto parlando del giocatore che insieme al City è cresciuto, l'ivoriano Yaya Tourè.
Rispetto alla stagione scorsa, in cui è stato sostanzialmente una macchina da guerra, è meno presente, meno incisivo, in generale meno coinvolto. La querelle estiva sugli auguri di compleanno è stata il sintomo più evidente di un rapporto logoro. E in campo Yaya fa veramente poco per dimostrare di aver ancora voglia di spendersi, soprattutto fisicamente, per la causa del City.
La sua sostituzione al minuto 72 della gara di ritorno contro il Barcellona, col risultato sull'1-0, è qualcosa di più che simbolica. Quel momento rappresenta una bandiera ammainata, la destituzione di un leader, la chiusura di un'epoca. Quel che manca al club però è chi possa raccogliere il suo testimone.

Giusto l'altro giorno, a poche ore dalla partita, la stampa inglese pubblicava articoli che prevedevano una rivoluzione estiva in caso di mancato passaggio ai quarti. Più giorni passano più sarà evidente che questo City con questa ossatura è arrivato al suo limite. Non bastano più operazioni di contorno per rattoppare certe falle.
Una rosa di talento può avere dei colpi di coda, ma prima o poi serve la rifondazione per ricominciare veramente la scalata alla vetta. Per cambiare esempio, l'Inter per arrivare a vincere in Europa dopo il primo periodo di Mancini ha dovuto inserire 5 nuovi titolari, cambiando profondamente la struttura della squadra. Il Manchester City ha bisogno di innesti di spessore in mediana e in attacco per poter cominciare un nuovo ciclo. Che magari vada anche oltre gli ottavi di Champions League.

14 gen 2015

Mancini e i mediani davanti alla difesa

Spesso parlando del secondo avvento di Roberto Mancini sulla panchina dell'Inter si sente dire che tra le sue richieste c'è un regista da schierare davanti alla difesa, che si prenda la responsabilità di avviare l'azione.
Ma nella sua carriera da allenatore Mancini ha mai cercato un profilo simile?

Partiamo da due premesse.
In primo luogo il termine regista ormai è un'etichetta che può significare tante, troppe cose diverse. Il ruolo di cui parliamo in inglese si definisce deeplying playmaker, ed ha un suo rappresentante archetipico in Andrea Pirlo. Un profilo decisamente particolare, che nel mondo trova in realtà pochi esponenti ed è utilizzato assai più raramente di quello che si lascia intendere comunemente. Negli ultimi anni in Italia in particolare sembra che senza questa figura sia del tutto impossibile anche solo immaginare di giocare a calcio, quando si possono trovare comodamente svariati esempi del contrario. Occorre anche separare questa figura da quella del mediano di impostazione, giocatore in un certo senso più grezzo, con meno qualità pura e fantasia e una dose maggiore di fisicità e interdizione, questo sì più comune a tutti i livelli del calcio.
In secondo luogo c'è una netta demarcazione tecnica tra una mediana composta da due uomini ovvero da tre.

La prima squadra che lo jesino ha potuto costruire secondo i suoi desideri è stata la Lazio, che ha allenato dal 2002 al 2004. Il modulo di riferimento è il 4-4-2, con una mediana composta quindi da due uomini. Le caratteristiche si dividono in un giocatore più di regia e impostazione, di solito Liverani, ma anche un giovane Stankovic o Ousmane Dabo, e uno più di corsa e contenimento, Giannichedda o per il primo anno Diego Simeone.
Dal 2004 al 2008 è sulla panchina dell'Inter per la sua prima avventura in nerazzurro. Nella prima stagione, il 2004-2005, punta sul 4-4-2 in cui la mediana doveva fondarsi sulla coppia Veron-Davids. Problemi di equilibrio e risultati portarono al varo di una linea più robusta composta da Cambiasso e Cristiano Zanetti, con Stankovic e Veron dirottati sulle fasce in una sorta di 4-2-2-2 alla brasiliana. Volendo dividere per generi, i creativi erano Veron o Stankovic, mentre i portatori d'acqua Cambiasso, Cristiano Zanetti e Davids, finchè è rimasto. Nel 2005-2006 il modulo è lo stesso, ma c'è l'innesto di David Pizarro come alternativa a Veron e Stankovic spostato stabilmente in fascia sinistra. Il 2006-2007 porta alla scoperta del 4-4-2 a rombo, precisamente tra il primo e il secondo tempo della Supercoppa Italiana in cui l'Inter passa dal risultato di 0-3 al 4-3 nei supplementari. Per la prima volta quindi Mancini prova una mediana a tre, con la conseguente necessità di scegliere un uomo da mettere come riferimento davanti alla difesa. Per la prima parte di stagione la scelta cadde su Olivier Dacourt, poi rimpiazzato da Cambiasso quando tornato disponibile, con rarissime apparizioni anche di Stankovic nel ruolo. Meglio glissare sulla scelta fortunatamente occasionale di Burdisso. Notare che Pirlo nel Milan giocava già stabilmente da anni come regista basso. Il 2007-2008, suo ultimo anno, vede la conferma assoluta del rombo, con Cambiasso titolare inamovibile e un paio di presenze anche per Chivu da mediano.
Col passaggio al Manchester City nel Dicembre 2009 Mancini torna alla mediana a due, evidentemente la sua preferita. Il modulo è ancora il 4-4-2 in linea, con Nigel de Jong o Vieirà come mediani difensivi e Gareth Barry uomo d'ordine. Nel 2010-2011 la coppia di riferimento è ancora Barry-de Jong, con Yaya Tourè prima alternativa, mentre il modulo evolve in un 4-2-3-1 soprattutto per sfruttare le incredibili qualità dell'ivoriano. Il 2011-2012 vede più stabile in posizione arretrata Yaya Tourè, con conseguente riduzione del minutaggio di de Jong. Il numero quarantadue diventa l'anima del centrocampo della squadra, capace di alternarsi come mediano difensivo, centrocampista di impostazione o trequartista in base alle necessità del momento. Di fianco a lui si alternano Barry, il partner principale, de Jong e Milner. La stagione successiva Mancini rimane in carica fino a Maggio, il modulo è sempre il 4-2-3-1 e il posto di de Jong viene preso da Javi Garcia. Yaya Tourè è sempre più titolare a centrocampo e il suo partner più continuo è ancora Gareth Barry.
Anche nella breve parentesi, nemmeno annuale, al Galatasaray la sua coppia preferita, in un tourbillon di moduli, era quella composta da Felipe Melo e Selçuk İnan.
Nella sua seconda avventura all'Inter Mancini ancora una volta ha scelto di gettare i semi del 4-4-2, declinato anche come 4-2-3-1. Un mediano si occupa principalmente della fase di contenimento, Gary Medel, mentre il suo partner si occupa di geometrie e strappi verticali, Fredy Guarin. Sia il mercato che le dinamiche tecniche di un'Inter ancora in costruzione devono stabilizzare ruoli, titolari e riserve, ma ad oggi al cileno sono alternativi M'Vila e Krhin, mentre al colombiano Kuzmanovic e potenzialmente Hernanes.

Nell'ideale tattico di Roberto Mancini quindi la mediana è composta da due elementi, di cui uno più dedicato alla fase difensiva e uno di collegamento coi giocatori più offensivi, che può essere sia un giocatore geometrico che uno bravo a spezzare le linee avversarie portando palla in verticale. La rifinitura del gioco è affidata a coloro i quali giostrano dalla trequarti in su.
Un regista alla Pirlo semplicemente non è previsto, nemmeno in caso di un centrocampo a tre. Nelle uniche occasioni in cui ha sfruttato questa variante infatti l'uomo davanti alla difesa poteva anche avere doti di impostazione e lancio, ma sempre accompagnate da spiccate capacità di copertura.

16 mag 2014

L'impatto di Yaya Tourè

Yaya Tourè è senza ombra di dubbio una delle chiavi dei successi recenti del Manchester City.
Era già forte quando è stato prelevato a peso d'oro dal Barcellona, ma nel corso degli anni ha saputo mettere in campo miglioramenti costanti che lo hanno portato oggi a diventare uno dei più forti centrocampisti del mondo, di sicuro il più completo.
Tutto questo trova conferma nei numeri. L'ivoriano a 31 anni ha vissuto una stagione scintillante in ogni singolo aspetto del gioco, un impatto sulla squadra a 360° da lasciare a bocca aperta.

Cominciando dalle cose più evidenti, la stagione 2013-2014 è stata per Yaya la più prolifica di sempre: 24 le reti messe a segno aggiungendo al conto anche 12 assist.
Parlando di Premier League, con 20 gol (6 rigori, 4 punizioni dirette, novità assoluta del repertorio) è terzo nella classifica marcatori dietro Suarez e Sturridge, unico centrocampista nei primi 10 e miglior marcatore del City davanti ad Agüero, essendo tra l'altro solo il quinto per tiri di media a partita. In più è al quarto posto nella classifica degli assist, con 9 passaggi decisivi alla pari di giocatori come Özil e Silva.
Come media voto è il terzo migliore della squadra dietro ad Agüero e Silva. Dei 3 però è quello che ha giocato di più (35 presenze contro 20 e 26), fatto più gol e più assist.
Si trova al terzo posto anche come dribbling riusciti a partita, dietro al solito argentino e a Nasri, ma in compenso tra i giocatori offensivi è uno di quelli che perde meno palloni di media. A conferma della sua pericolosità è anche il sesto giocatore ad aver subito più falli della rosa.
Con 71, 5 è il giocatore che fa più passaggi, con una percentuale di realizzazione del 90,1% che è la terza migliore in assoluto. In aggiunta è il migliore per precisione nei lanci lunghi.
Difensivamente è il sesto della rosa per tackle totali, secondo dietro a Fernandinho dei centrocampisti, settimo come media a partita. Come palloni intercettati è ottavo, dietro a Fernandinho e Javi Garcia come mediano e migliore dei giocatori più offensivi. Cosa da non sottovalutare per un centrocampista centrale, ha preso solo 4 gialli in tutto il campionato.

In sostanza Tourè in assoluto è il giocatore del City con più presenze, più influenza sul gioco, più efficienza e più impatto offensivo, risultando al contempo un importante supporto in fase difensiva.
Se Mancini ha l'indubbio merito di aver puntato forte su di lui, Pellegrini lo sta valorizzando al massimo.

14 mag 2013

Manuel Pellegrini, il sottovalutato


Manuel Luis Pellegrini Ripamonti nasce nel 1953 in Cile. La sua carriera da allenatore inizia nel 1987. Trova particolare successo in Argentina, dove riesce a vincere campionato e Copa Sudamericana col San Lorenzo (primo titolo internazionale del club) e campionato col River Plate.
Nel 2004, dopo 17 anni di esperienza, decide di tentare l'avventura europea sbarcando a Vila-real.

La sua esperienza nel sottomarino giallo è tanto significativa da cambiare di fatto la percezione del club. Da piccola squadra promossa per la prima volta in primera division nel 1998 a compagine protagonista di spessore sia in Liga che nelle competizioni europee.
Sotto la sua guida il Villarreal raggiunge i quarti di Coppa UEFA, una storica semifinale di Champions, mentre in campionato un terzo e un secondo posto. Rilancia totalmente la carriera di Juan Roman Riquelme e Diego Forlan dopo i fallimenti a Barcellona e Manchester e valorizza nomi come Nihat, Gonzalo Rodriguez, Joseba Llorente, Santi Cazorla, Marcos Senna, Joan Capdevila.
La sua esperienza in giallo termina a causa della chiamata del Real Madrid, scelto da Florentino Perez per creare i nuovi galacticos da opporre al Barcellona fresco di triplete. Prende in mano una squadra sicuramente stellare, ma totalmente da costruire come spirito. Paga amaramente dazio nelle coppe (storica l'eliminazione in Copa del Rey contro l'Alcorcon) e chiude il campionato al secondo posto facendo 96 punti, con 102 gol segnati.
Questa avventura etichetterà la carriera di Pellegrini indelebilmente. Lo spettro del fallimento madridista è difficile da scrollarsi di dosso, malgrado un campionato disputato a livelli altissimi. Viene esonerato e subentra alla guida del Malaga nel 2010.
Nella sua prima stagione completa ottiene un quarto posto che vale la storica qualificazione in Champions. Nella seconda (cioè quella in corso) malgrado la cessione di alcuni dei migliori giocatori (Santi Cazorla, Salomon Rondon), problemi finanziari del club (proprietà in disimpegno) e un contenzioso aperto con la UEFA per i parametri del fairplay finanziario (il Malaga non disputerà le coppe nel 2013/2014) porta la squadra al quinto posto e ai quarti di finale di Champions League, sfiorando le semifinali. Il tutto una rosa formata da giocatori al tramonto (Demichelis, Saviola, Joaquin, Julio Baptista, Santa Cruz) con qualche giovane di qualità (Isco).  

Si distingue per un calcio organizzato, pragmatico, ma anche con ottimi spunti offensivi. Impressionante la quantità di giocatori non di nome valorizzati negli anni, così come la signorilità del personaggio. In Europa ha allenato benissimo squadre non di primo piano ottenendo il massimo, col limite di arrivare solo a sfiorare le imprese assolute. Ha sofferto quando gli sono stati imposti grandi nomi in ruoli non funzionali alla sua idea di calcio.
Cosa farà sulla sponda blu di Manchester?

14 mag 2012

Bambino Pons

No, non è il nuovo astro nascente del calcio sudamericano, ma Juan Manuel Pons è balzato agli onori della cronaca pochi minuti dopo il palpitante finale di City-QPR, quando ha celebrato il gol di Sergio Aguero alla sua maniera, cantando un improbabile coro sulle note di "Na Na Hey Hey Kiss Him Goodbye". Per il telecronista argentino non è la prima esibizione e dall'altra parte dell'Atlantico è famoso per i karaoke inscenati durante le partite della Premier League e non solo.

Ecco una piccola raccolta delle sue esultanze più famose.

http://www.youtube.com/watch?v=HbRNXpo_wkU

http://www.youtube.com/watch?v=dckm_tEb5yA
http://www.youtube.com/watch?v=kG7byTxAgzc
http://www.youtube.com/watch?v=8WxdldhIuV4
http://www.youtube.com/watch?v=m7vlaUkQ2dk
http://www.youtube.com/watch?v=C-e6WKfchEU
http://www.youtube.com/watch?v=66TuTcPWlVw
http://www.youtube.com/watch?v=2ICQmcYNuy4
http://www.youtube.com/watch?v=ZFFAxxcwbN8

30 gen 2012

Martedì con Aguante Futbol

Assieme ai redattori di Aguante Futbol, facciamo il punto sull'attualità attraverso 4 domande.

1)
A cosa serve la squalifica per bestemmie se poi nei fatti non si riesce mai a stabilire se il labiale è netto?

G.B.: Non serve. E' una regola approvata in fretta e furia per non si sa quale motivo e dimenticata con la stessa velocità. Salvo casi particolari in cui può essere comodo riportarla sulle prime pagine dei giornali.
G.D.C.: A nulla. E' il classico esempio di un attacco isterico di bigottismo che poi nei fatti non si ha il coraggio di applicare. Specie coi forti.
Pile: A prescindere dal fatto che possa servire o meno, o possa funzionare o meno per via del labiale, è il sistema italiano (o più nello specifico il sistema calcio) a non essere adatto ad una regola del genere
A.L.: Un'altra legge inefficace e sterile che in diversi casi ha assunto connotati ridicoli. Inutile rimarcare come il fermo dogma della 'legge uguale per tutti' di fatto non viene mai messo in pratica e applicato. Parlano i casi avvenuti finora; non voglio accennare a parzialità nel giudicare, ma di certo una manifesta variabilità.

2) Mancini: "Datemi più soldi per il mercato e stenderò il Manchester United".

G.B.: Mi sembra una richiesta sensata, in un mercato dopato dagli sceicchi (Malaga e PSG) e dagli Abramovich di turno è giusto che anche l'umile Manchester City abbia il diritto di poter acquistare qualcuno senza doversi accontentare di seconde o terze scelte.
G.D.C.: Richiesta un pò forzata, che messa così sa tanto di bambino viziato. La Coppa d'Africa causa sempre dei problemi, e prima o poi qualcuno dovrà pensare come risolvere la questione.
Pile: Mi sembra una richiesta un pò forzata, ma Mancini ha sempre fatto così, lo fece anche all'Inter dopo una Supercoppa vinta e dopo che Moratti aveva già assecondato tutte le richieste. Può sembrare una presa di posizione arrogante e presuntuosa, per me è sintomo di personalità. Mancini ha tante carenze, ma la faccia tosta non gli manca e questa per me è una qualità.
A.L.: Più che forzata direi piuttosto stravagante, entra di diritto nei colmi calcistici.
Il parere è sempre quello, Mancini e il Manchester City alla fine riusciranno a portare a casa la Premier League, mercato o non mercato che sarà.


3) Ad oggi, Pato giura amore al Milan e impedisce l'arrivo di Tevez. Il Milan ci guadagna o ci perde?

G.B.: Nell'immediato, nonostante il prolungato stop di Tevez, il Milan a mio avviso ci perde. In ottica futura è difficile fare previsioni, perchè come avete giustamente detto Pato ha davanti un'intera carriera ed è tutto nelle sue mani.
G.D.C.: La risposta può darla solo la futura carriera di Pato. Ad oggi il milanista ha di sicuro ottimi numeri, ma è un giocatore con più limiti che pregi. Non ultimi il carattere, il rapporto con Ibrahimovic e quello con Allegri, cose non esattamente secondarie per rimanere al Milan. Tevez doveva essere un'occasione quasi gratis, ma al variare delle condizioni c'era poco da inventarsi.
Pile: Difficile da dire. Pato è un giocatore che, a 22 anni, ha già dimostrato tanto, ma vive un momento difficile. Allo stesso tempo, anche Tevèz è un grande giocatore in un momento un pò così. Io penso che solo la società Milan o gli addetti ai lavori possono conoscere a fondo pregi o difetti di questa (non) operazione.
A.L.: E' veramente una cosa impossibile da prevedere –e sarebbe altrettanto insensato provare a farlo–. Fare un confronto, mettendo in contrapposizione le abilità dei due sarebbe velleitario, poiché sono troppi i fattori e le variabili influenzanti che alla lunga potrebbero rivelarsi determinanti. Pato ha dalla sua l'età, un potenziale ancora da esprimere appieno –o perlomeno farlo con continuità, dimostrare di poter tenere un'intera stagione ad alto livello–, e la garanzia che comunque vadano le cose rimarrebbe nel "calcio che conta" –perchè saranno sempre parecchi i Club alla finestra per lui.
Il valore di Tevez, per quanto mi riguarda, è sempre stato fuori discussione, un fuoriclasse che molto probabilmente attualmente può dare di più –del Brasiliano–, ma è l'instabilità dimostrata e puntualmente venuta fuori ovunque è andato che da qualche grattacapo. L'impressione è che messo a suo agio, Tevez > Pato; ma appunto rimane un'impressione troppo opinabile.


4) Al Porto arriva Danilo, talento brasiliano abbastanza dimenticato negli ultimi mesi. Che impatto potrà avere col calcio europeo?

G.B.: Arrivare al Porto lo aiuterà ad adattarsi senza eccessiva pressione al calcio europeo, iniziando in un campionato a metà strada fra l'anarchia brasiliana e i tatticismi del vecchio continente. La squadra di Pinto da Costa potrebbe essere l'ambiente ideale per un giocatore ancora tutto da impostare come lui.
G.D.C.: A me il giocatore è sempre piaciuto, sono molto curioso di vederlo. Magari nel suo ruolo, a centrocampo, perchè da terzino è sprecato e avrebbe veramente troppo da imparare, come dimostra l'altalenante Mondiale Under 20. Col suo dinamismo e la fisicità potrebbe essere una valida opzione anche per la nazionale.
Pile: Il Porto mi sembra essere la squadra giusta per un giovane promettente sudamericano come Danilo. Devo dire che il giocatore non è fra i miei preferiti, anche se la sua duttilità è una qualità importante. Il fatto che, come si dice nella domanda, possa esser stato un po' dimenticato porta un po' alla luce il problema dei giocatori sudamericani, nel senso che spesso in patria li enfatizzano sopratutto per questioni di mercato e forse questo suo accantonamento anche mediatico potrebbe dipendere dal fatto che è stato ceduto da mesi.
A.L.: Può essere la tappa perfetta, il club con un'ottima caratura che gioca in una nazione non rientrabile e non definibile di 'prima fascia', ergo il massimo per l'ambientamento, con un comunque distinto livello di gioco competitivo. Il Porto in particolare poi, non devo dirlo io quante promesse ha prelevato dal Sud America facendole esprimere al massimo -e talvolta anche più- in Europa [..] è una trama già vista.
Il profilo del giocatore, nell'ultimo periodo in particolare, è stato un po' altalenante nelle prestazioni, ma il talento è stato dimostrato -parla anche l'esborso per lui-.
Ha tutte le carte in regola per far bene, e andar progressivamente migliorando.

9 ago 2011

Prospettive e Impressioni di Inizio Stagione - Il CalcioMercato, Cessioni

Il termine designato è il 31 Agosto e la certezza è che fino ad allora, per quanto poco presumibili e credibili possano essere, ne sentiremo -purtroppo- ancora molte. Proviamo dunque a fare un resoconto ragionevole e a supporre e concepire i futuri movimenti, che caratterizzeranno le operazioni in entrata e in uscita.

Nodo Sneijder - Il regista Olandese è il classico pezzo forte del mercato, quest'anno è toccato a lui quel tam-tam di voci che si susseguono, le intuizioni, il rapinare l'ultim'ora, e talvolta -oramai sta diventando abitudine- anche tanta immaginazione, da parte dei giornalisti che di prassi dovrebbero limitarsi a riportare e non partorire da loro. Lasciando i giochini mediatici, il grande interesse proverebbe da Manchester, i due grandi club della città lo United e il City, avrebbero sondato e chiesto informazioni -dai due Manager finora solo assolute smentite. Ragionando, per diversi motivi, si trovano molte falle a una possibile conclusione di trattativa. Una trattativa ? Non che una concreta sia mai stata aperta, solo tanto fumo, e un nulla più di fatto. La squadra di Roberto Mancini aspetta da inizio giugno Samir Nasri -anche i tifosi a giudicare dai post sul forum- e l'arrivo del giocatore escluderebbe per ovvie ragioni quello di Wes. Bisogna però dire, che un'ipotesi di cessione a loro -rispetto alla società di Glazer- appare più credibile sia dal punto di vista economico, che tecnico -di trequartisti fra le linee, in casa Ferguson non c'è ricordo, ali, ali, ali con mandato di andare sul fondo o creare scompiglio tagliando verso il centro. All'Old Trafford poi, sborsare la cifra -intrattabile- che porterebbe Sneijder a vestire la maglia rossa pare davvero un impegno critico, al City of Manchester -per quanto il prezzo del Franco-Algerino si aggiri sui 20/25, contando la scadenza 2012- visto il traffico di capitali inaudito, più verosimile. La cifra intrattabile appunto, perchè la nostra dirigenza non ha messo il trequartista fra i cedibili, ma una meritevole offerta verrebbe presa -doverosamente, visto la nuova politica societaria- in considerazione. Parlare di convenienza e ineccepibilità sarebbe sbagliato, giacché l'organico ne uscirebbe fortemente ridimensionato, e dato lo scopo di natura finanziaria, illogico pensare ad un reinvestimento della somma. Al momento, quando si parla di compravendita nel mondo Inter è infattibile esimersi da un discorso Sneijder, è un patrimonio per il nostro club, e il suo futuro -nel bene e nel male- muoverà e inciderà anche il nostro.
Dal canto mio penso risoluto -oltre che una naturale speranza- che alla fine di questa sessione, la maglia nerazzurra numero 10 sarà ancora sulle sue spalle.

I tre + 1 - "[...] Abbiamo solo quattro calciatori da vendere, tre più un ragazzo [...]" Parola del direttore dell'area tecnica Marco Branca, c'è più che da fidarsi. La traduzione di questa codificazione, viene soddisfatta con i nomi di Nelson Rivas, McDonald Mariga, Sulley Muntari e Davide Santon, diversi club che hanno mostrato interesse, ma ancora niente di concluso totalmente. Da qui al termine però è certo che partiranno almeno i primi tre, che hanno consumato il loro credito con l'Inter senza mai convincere, dimostrando di avere il talento adeguato. Discorso diverso invece per il Bambino -che ormai più bambino non è-, il capitano dell'U-21 parte ultimo nelle gerarchie dei laterali di centrocampo, e la sostituzione di Faraoni in Supercoppa, preferito da Gasperini, parla da sé. Il fludificante esploso con Mourinho, ha dimostrato, proprio in quel florido periodo, le sue abilità e il suo potenziale, conquistato tutti e raggiungendo la vetta a 18 anni per poi vivere una fase calante, vuoi per infortuni, vuoi per la scadenza nelle doti difensive -non è un mistero infatti che le attitudini sono prettamente d'attacco, a riprova di ciò i ruoli fatti nelle giovanili. Per lui si profila un prestito, o addirittura con diritto di riscatto, da escludere cessione in definitiva.
Tyson partirà nuovamente per l'Ucraina, questione di giorni, e tornerà al Dnipropetrovsk.
Il Ghanese subito il non-riscatto del Sunderland -dove comunque aveva trovato spazio-, e dopo aver rifiutato un paio di club, attraversa una fase di stallo, destinata a smaltirsi visto che l'Inter conta su di lui per quantizzare, e non rientra nei piani sportivi.
Per l'ex-Parma pare imminente il trasferimento alla Real Sociedad -la scorsa, stagione di assestamento in Liga, dopo la brillante promozione in Segunda Division- le parole dell'agente Federico Pastorello fugano ogni dubbio; per lui si spera di far rientrare i soldi spesi dal precedente acquisto.
Con la nostra maglia hanno tutti vinto parecchio, hanno tutti avuto un loro periodo di gloria, ma le esigenze del calcio non sono molto passionali, a loro buona fortuna, in ogni caso [...]

Altri possibili scenari - Per Emiliano Viviano tutto rimandato al post-infortunio.
Attualmente quotidiani/siti/tv scatenati e bollenti riguardo la fantasticheria che vorrebbe Samuel Eto'o in Russia alla corte del magnate Sulejman Kerimov. Più che una prospettiva pare un'astrazione, ma se ci sarà da prendere in considerazione, di certo, ne parleremo abbondantemente.
Alibec va in direzione Verona, la squadra guidata da Mandorlini -in prestito.
Faraoni sembra aver conquistato la fiducia di Gasperini, e potrebbe ritagliarsi uno spazietto in Prima Squadra.
L'asse Milano-Genova nelle ultime stagioni ha comprovato ragion d'esser definito alleato, non è da tralasciare dunque un possibile accordo su Pandev, in uno dei tanti incontri tra la premiata ditta Branca - Ausilio - Capozucca.

7 ago 2011

Manchester City - Manchester Utd: analisi tattica

MODULO DI GIOCO E INTERPRETAZIONE: Il Manchester United si schiera con uno scolastico 4-4-2, mentre il City con un 4-2-3-1. Il calcio però è molto dinamico e le squadre vanno a dislocarsi diversamente nelle diverse fasi di gioco. Lo Utd nella prima frazione di gioco tiene in posizione sia Anderson che Carrick, gioca con un centravanti (il rapido Welbeck) e una seconda punta come Wayne Rooney. Sulle fasce, Nani e Young si scambiano non le fasce (Young sempre sulla sinistra, Nani sempre sulla destra) ma le funzioni: a volte taglia uno e rimane largo l'altro, a volte succede il contrario. Spesso è proprio Wellbeck a lasciare spazi per l'inserimenti di uno dei due esterni. Lo Utd conta molto sulle sovrapposizioni di Evra mentre Smalling dall'altra parte è molto più guardingo negli inserimenti senza palla: effettuerà un paio di incursioni soltanto quando il francese viene cambiato e viene sostituito Rafael, che, essendo destro, sposta molto l'asse di gioco sulla fascia del giovane inglese. Lo Utd risolve il problema della troppa staticità dei due centrocampisti centrali sostituendo Carrick con il giovane Cleverley che porta maggior dinamismo e creatività.
La struttura del City è molto particolare: i 3 trequartisti di Mancini si stringono molto in fase offensiva lasciando spazio alle percussioni degli esterni. Inoltre, anche Tourè partecipa attivamente alla fase offensiva e Balotelli gioca molto vicino a Dzeko. Milner svolge il ruolo di incursore mentre Silva assume quello di creatore di gioco. L'unico senza particolari compiti offensivi è De Jong che rimane costantemente in copertura. In fase difensiva il Mancio chiede enorme applicazione da parte di tutta la squadra che si chiude a riccio e effettua numerosi raddoppi, lasciando il solo Dzeko davanti.

CONTRAPPOSIZIONE FRA I MODULI: Il City dispone di un uomo in più a centrocampo ma non lo sfrutta granchè poichè la squadra del tecnico ex Inter spesso predilige una manovra che punti alla costruzione immediata. Spesso però vengono sfruttati bene gli inserimenti offensivi, con i difensori dei Red Devils che non sono stati in grado di leggere bene queste situazioni. Lo Utd è stato in grado di creare situazioni di superiorità numerica soprattutto quando metteva in condizione un esterno di portare a termine un taglio fra le linee.

PRESSING E RADDOPPI DI MARCATURA: entrambe le squadre hanno utilizzato un pressing offensivo finalizzato al recupero della palla sulla trequarti avversaria. Tuttavia nel corso della partita hanno mutato il loro assetto. Nella ripresa, infatti, il City è passato ad un pressing difensivo (atteggiamento che non ha pagato molto, a dir la verità) abbassando di conseguenza il baricentro, mentre lo Utd è passato ad un pressing ultraoffensivo finalizzato al recupero immediato della palla. Per almeno 25 minuti del secondo tempo il City è stato in completa balia della pressione della squadra di Ferguson. La squadra di Mancini ha puntato sopratutto a intensificare il pressing in zona esterna, grazie ai raddoppi di marcatura garantiti dalle ali. E' soprattutto lo spagnolo Silva ad essere bravo a raddoppiare costantemente e aumentare l'intensità della pressione sulla fascia preferita dallo Utd (quella di sinistra, con Evra-Young). Lo Utd invece effettua un pressing più centrale mirato a chiudere gli spazi di passaggio ai difensori centrali. Welbeck in questo senso non è certamente uno che si tira indietro, ma è bene dire che tutta la squadra si applica molto in fase di pressing nel tentativo di chiudere tutte le zone.

SISTEMA DI MARCATURA: mentre lo Utd applica un sistema di marcatura a zona integrale. Il City invece applica delle marcature più strette, pur applicando tendenzialmente un sistema a zona. Non è raro notare un difensore centrale seguire un attaccante che ha ripiegato verso il centrocampo per farsi dare palla, nella squadra di Mancini.

DIAGONALI E LINEE DI COPERTURA: il Manchester Utd utilizza la linea di difesa con una sola linea di copertura, mentre il City utilizza due linee di copertura con il centrale difensivo più vicino al terzino che è sulla fascia in cui si trova la palla. La soluzione del Manchester United è rischiosa perchè i due centrali non si danno quasi mai copertura reciproca, ma Ferguson evidentemente crede nelle abilità individuali di Vidic e Ferdinand. La linea difensiva scelta da Mancini invece è quella più comune e il difetto che si porta dietro è quella di concedere maggiori spazi in profondità dovuti al fatto che i due centrali non sono allineati. Va detto che lo Utd appare molto più rapido e sicuro nell'effettuare l'elastico difensivo rispetto al City. Entrambe le squadre non utilizzano la tattica del fuorigioco.

MODALITA' DI COSTRUZIONE DEL GIOCO E TECNICHE DI RIFINITURA: le due squadre si differenziano per le modalità di costruire il gioco, anche per via delle differenze relative alla tipologia di giocatori in campo. Lo Utd predilige una costruzione elaborata, un buon mix di passaggi verticali e orizzontali al fine di sfruttare ampiezza e profondità del campo. Lo Utd gioca il pallone lungo quasi esclusivamente quando cerca la profondità degli esterni. In questo senso una giocata caratteristica è stato il lancio dei terzini per il contromovimento in profondità degli esterni, specie sull'asse Smalling-Nani, sfruttando il fatto che Kolarov fosse spesso mal posizionato.
Il City invece ha preferito una costruzione immediata, per sfruttare l'abilità di Dzeko nel giocare spalle alla porta. La strategia ha ben funzionato nel primo tempo, mentre non ha funzionato nella ripresa quando la squadra si è allungata e abbassata troppo e l'ex Wolfsburg è visibilmente calato.
Le tecniche di rifinitura utilizzate dal Manchester United si sono viste sopratutto nella ripresa: tagli per gli esterni (creati dai movimenti di Welbeck), cross e sovrapposizione (sopratutto con Evra a sinistra) e combinazione (vedi gol lo splendido gol del pareggio che ha coinvolto 4 giocatori). Raramente ci si è affidati al dribbling oppure al gioco di sponda, non essendo presente un giocatore come Dimitar Berbatov, entrato solo nel finale.
Il City ha creato occasioni sopratutto con le sponde di Edin Dzeko e l'immediata giocata verso un esterno o verso James Milner, abilissimo in un paio di occasioni ad inserirsi nella zona fra centrale e terzino, sopratutto dalla parte di Evra, non sempre bravo a leggere queste situazioni. L'altra tecnica di rifinitura maggiormente utilizzata dal City è il cross, che viene utilizzato anche dalla trequarti campo: in queste occasioni il City porta in area, assieme a Dzeko, anche Mario Balotelli.

VELOCITA' E INTENSITA' DI MANOVRA: ci sono stati due Manchester Utd. Quello con una velocità di gioco media ma con un intensità (intesa come rapidità dei movimenti senza palla) troppo bassa della prima frazione di gara e quello della ripresa, veloce e pimpante. In entrambe le occasioni comunque lo Utd non ha perso il suo caratteristico gioco a 2 tocchi. Anche il City ha mantenuto una rapidità simile per tutta la partita mentre è variata l'intensità che è stata di medio livello nel primo tempo (alcune sponde di Dzeko potevano essere sfruttate meglio con una più rapida dislocazione dei tanti incursori) e di basso livello nella ripresa, quando i Citizens faticavano a riprendere i 20 metri di campo che sono stati persi.

DISCIPLINA TATTICA: su questo punto lo Utd non tradisce mai. Può variare il ritmo e l'intensità del match (sempre a proprio piacimento, però) ma la squadra di Ferguson gioca un calcio pulito, coinciso, forse apparantemente semplice, ma sempre coerente, in qualunque direzione vada il match. Il City ha perso proprio per questo: dopo un buon primo tempo, Mancini ha variato l'organizzazione della squadra in campo, o forse semplicemente la squadra ha sbagliato l'approccio, fatto sta che non sembravano la stessa squadra, perdendo completamente distanze nel campo di gioco.

PALLE INATTIVE: troppo difficile analizzare entrambe le squadre senza la possibilità di stoppare l'azione. Per ora si può dire che lo Utd è un autentico spettacolo per la gamma di possibilità che Ferguson ha donato alla propria squadra. Da questo punto di vista è sempre stato ammirabile vedere i Red Devils, ad ogni corner segue uno schema diverso, magari non sempre efficace, ma è davvero difficile per qualsiasi avversario prendere le contromisure. In fase difensiva ho visto lo Utd marcare a zona: sul primo gol, Ferdinand e Vidic faticano a capire chi deve marcare Lescott e regalano il gol del parziale vantaggio.

23 mar 2011

Harold Wood e Ryan Wilson

1986, Swinton, distretto metropolitano di Salford. Il borgo della contea di Greater Manchester all'epoca conta oltre duecentomila abitanti, uno di loro è Harold Wood, professione edicolante; una domenica sì e una no Harold è di servizio come steward al Teatro dei Sogni, comunemente noto come Old Trafford. E' l'alba dell'era Alex Ferguson, arrivato in Inghilterra da pochi mesi assieme al vice Archie Knox e impegnato nella ricostruzione di un Manchester United invischiato nelle zone basse della classifica e ben lontano dai fasti di un tempo.

Un giorno Mister Wood, grande appassionato di calcio locale, assiste ad una partita di una formazione giovanile del Deans FC, squadra dispersa nei meandri della non-league inglese, e rimane abbagliato da Ryan Wilson, mancino tredicenne già sotto contratto con la School of Excellence del Manchester City. Il primo impatto è sconvolgente, Wood non perde di vista il ragazzino e tenta con ogni mezzo di segnalarlo agli addetti ai lavori dello United. Dopo ripetuti tentativi andati a vuoto Harold riesce a mettersi in contatto direttamente con Alex Ferguson, convincendo il manager dei Red Devils ad inviare a Salford un suo uomo di fiducia per visionare Wilson. L'edicolante non aveva sbagliato e gli osservatori, per permettere allo stesso allenatore scozzese di assistere al provino, organizzano subito un incontro al centro di allenamento di Cliff fra il Deans FC e la squadra under 15 del Manchester United.

La prima impressione? "Ciò che ha fatto Ryan in quella partita mi ha regalato uno di quei momenti che danno un senso a tutta la fatica, la frustrazione e la sofferenza dell'essere allenatore. Non dimenticherò mai la prima volta in cui lo vidi giocare: fluttuava sopra il campo di Cliff con una tale naturalezza da giurare che i suoi piedi non stessero neanche toccando terra."
Quasi un anno dopo, il giorno del suo 14° compleanno, Alex Ferguson in persona e lo scout Joe Brown si presentano a casa di Wilson con un contratto di due anni nell'Academy dello United e la possibilità di diventare professionista a partire dal terzo: il costo del trasferimento sarà di 350.000 sterline, record per un giocatore non professionista. E' il 29 novembre del 1987, tre anni dopo esatti, il 29 novembre 1990, Ryan Wilson diventa ufficialmente professionista. Nel maggio del 1991, alla prima partita da titolare, arriva anche il primo gol con la maglia dei Red Devils: ironia della sorte, la vittima designata è il Manchester City, la squadra che non aveva creduto fino in fondo nelle sue capacità.

All'epoca Wilson, per via dei problemi con il padre, aveva già deciso di scegliere cognome e nazionalità della madre, passando alla storia con il nome di Ryan Giggs, gallese di Cardiff e leggenda del calcio mondiale. Da allora ha collezionato oltre 850 presenze con la maglia dei Red Devils, conquistando trofei su trofei e portando nuovamente il Manchester United nell'elite del calcio mondiale. Da quel 1986 è cambiato un po' tutto: hanno giocato sul prato dell'Old Trafford giocatori del calibro di Eric Canton, Roy Keane, Ruud Van Nistelrooy, Steve Bruce, David Beckham, Cristiano Ronaldo e molti altri, la prima divisione inglese è diventata Premier League e sono cambiati i proprietari dei Red Devils, ma Ryan Giggs ed Alex Ferguson, nel frattempo diventato Sir Alex Ferguson, sono ancora lì, uno sulla panchina del Teatro dei Sogni, l'altro sulla fascia sinistra a correre come un ragazzino.
Che fine abbia fatto l'edicolante Harold Wood non ci è dato saperlo, chissà se terminato il suo impiego come steward stia continuando seguire ancora da vicino quel giovane gallese trapiantato a Swinton oppure se sia ancora in giro fra i campetti polverosi di Salford alla ricerca di un nuovo Ryan Wilson.

16 ago 2010

Il caso Balotelli

Dopo tre anni, 86 presenze e 28 gol si è chiusa la parentesi nerazzurra di Mario Balotelli, che ha scelto di continuare la sua carriera in Inghilterra al Manchester City fortemente voluto dal suo ex allenatore Roberto Mancini.
Cosa ci resta del più grande talento del calcio italiano?
Luci e tante, tantissime, assolutamente troppe ombre, specie per un ragazzo tanto giovane.

Il rapporto di Balotelli con l'Inter è andato peggiorando di anno in anno, arrivando alla rottura con la squadra prima di Chelsea-Inter e con tutto l'ambiente dopo Inter-Barcellona.
In principio ci fu l'insufficiente impegno in allenamento, che portava alla sua esclusione dalle partite vere. E invece di capire e dare tutto, la reazione fu di puntare i piedi e chiedere la cessione (Gennaio 2009), in nome di un atteggiamento da superstar che non poteva accettare di allenarsi come tutti. Solo dopo si notò l'atteggiamento indolente in campo, con continui rimproveri ai compagni, zero concentrazione agonistica e passeggiate sul terreno di gioco. Ma la situazione precipitò da Gennaio 2010. Prima due presenze allo stadio per vedere il Milan in nome di una fede rossonera sempre ostentata, poi la maglia del Milan indossata per colpa di un sapiente raggiro di Striscia la Notizia (in cui lui cadde in pieno, molto furbamente). Infine dicevamo, la rottura totale con la squadra, con l'esclusione dai convocati per (a quei tempi) la partita più importante della stagione. Perchè questo? Atteggiamento infantile in allenamento con insulti a tecnico e collaboratori per richiami tattici, sfottò alla squadra sulla rimonta del Milan, insomma dimostrazioni di non avere alcun rispetto per tutta l'Inter. Tanto per completare l'opera, la scelta di Mino Raiola come procuratore, figura di certo non amata nè dalla società nè dai tifosi.
E quando sembrava che anche questa situazione si fosse ricomposta, ci fu Inter-Barcellona. Una partita stellare, unica per sempre nei ricordi dei cuori nerazzurri. Con solo una nota stonata, un giocatore totalmente avulso dal contesto tecnico agonistico col numero 45. Un ragazzino che entra in campo a San Siro per la semifinale di Champions League e si permette di non giocare passeggiando per il campo, in barba alla fatica eroica messa in campo dai suoi compagni. E ciliegina sulla torta, la maglia gettata a terra dopo i meritati fischi del suo pubblico.

L'unica scelta possibile della società è stato cederlo, all'unico acquirente possibile. Per 28 milioni più bonus, Balotelli è così sbarcato in Inghilterra. Per giocare titolare (come vuole lui) con meno vincoli tattici possibili (come promessogli, così si dice, da Roberto Mancini). Insomma per fare la superstar in campo, senza faticare troppo. Contento lui, contenta la società, che realizza una plusvalenza incredibile vendendo a una simile cifra la prima riserva dell'attacco (costata 350.000 euro a 16 anni) e si libera del maggior elemento di rottura di uno spogliatoio altrimenti granitico. Il regista di questa operazione non poteva che essere il suo nuovo procuratore Raiola, abilissimo a convincere il ragazzo ad accettare questo nuovo mondo dorato.
Di sicuro a Raiola sono andati dei bei soldi. Balotelli si trova in una squadra senza alcun blasone, in Europa League e totalmente da inventare dal punto di vista tecnico/tattico. In bocca la lupo.

Tanto gli è stato perdonato e tanto gli è stato concesso da dirigenti, allenatori, compagni di squadra e tifosi. Tante parole sono state spese in sua difesa da parte di tutto il mondo Inter in molti momenti difficile, al contrario della gran parte della stampa pronta a sparare a zero su un adolescente alla prima occasione, salvo poi farne una specie di martire una volta lasciata l'Inter e l'Italia, con tonnellate di stucchevole demagogia sulla fuga dei talenti e sull'errore societario commesso dalla sua squadra. Pensarci prima? Provare a proteggere quello che si aveva in casa invece di cercare di demonizzarlo?

Talento enorme, in un minuscolo spazio vitale.


In collaborazione con G.B.