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27 ago 2013

La scelta di Samuel Eto'o


Samuel Eto'o è sempre stato un professionista e un professionista si muove per soldi, soprattutto se è uno dei migliori al mondo in quello che fa. A 30 anni dopo due triplete consecutivi ha di fatto scelto di porre fine alla sua carriera ad alto livello, pur avendo ancora i mezzi, per sposare un progetto da quasi 2 milioni di euro al mese.
Il trasferimento all'Anzhi ha fornito dimostrazione tangibile sia di dove l'uomo Samuel Eto'o sia disposto ad arrivare se lautamente compensato (del resto non si dimentichi che aveva fatto più di un pensiero per andare a giocare in Uzbekistan quando non sapeva come liberarsi dal Barcellona) sia del suo status a livello internazionale, perchè non si puntano così tanti soldi su un giocatore se non si crede di avere un forte ritorno.

A due anni di distanza le cose sono cambiate ed Eto'o si trova nelle condizioni di dover tornare nell'Europa che conta. Col suo nome qualcuno lo cercherà sempre, il problema sono le richieste rapportate all'età e ai sostanziali due anni di vacanza.
La scelta pare essere circoscritta a Chelsea e Inter.
La squadra di Londra lo cerca su richiesta di Josè Mourinho, l'allenatore che gli ha permesso di vendicarsi del Barcellona e ha sempre avuto un debole per lui fin dalla prima avventura nella squadra di Abramovic. Il portoghese vuole una punta, possibilmente di un certo spessore, e Samuel sarebbe un perfetto condottiero per tutte le giovani leve dell'attacco anche per il suo grande feeling con la Champions League.
L'Inter lo cerca perchè sa che campione sia e cosa voglia dire averlo in rosa. Può fare la differenza per raggiungere quella coppa indispensabile a fini di bilancio. Eto'o si è trovato bene a Milano e in nerazzurro, ha lasciato un po' frettolosamente tutti in una notte di mezza estate e senza di lui  è calato il sipario. La tentazione di richiamarlo a effetto c'è e a lui piace sentirsi apprezzato.

La scelta in definitiva è sua, visto che l'Anzhi pare disposto a svincolarlo senza oneri. Cosa può influire?
Il Chelsea è una squadra ricca, giovane e (ovviamente) della Premier League, il campionato numero uno al mondo anche per giro d'affari. Sulla carta nessun problema di stipendio, garanzie tecniche da top team, Champions League da giocare con prospettive elevate (del resto l'hanno vinta nel 2012, e l'Europa League nel 2013) e un allenatore tremendamente vincente, carismatico, con cui ci sono stima e fiducia reciproche.
L'Inter è in una delicatissima fase di transizione che coinvolge anche la proprietà, con le casse ai minimi storici, reduce da un sesto e un nono posto negli ultimi due anni, senza coppe da giocare. La Serie A è il quarto campionato in Europa, con outlook negativo. La squadra è un cantiere aperto, con equilibri tutti da trovare e gerarchie da scrivere. Non so cosa Eto'o possa pensare di Mazzarri, ma non mi stupirei se non lo conoscesse nemmeno.

Si capisce benissimo che per Eto'o l'Inter sarebbe una scelta di vita. Accettare uno stipendio ridotto (e per lui contano i soldi), un progetto difficile, come per ricambiare la fiducia avuta nel 2009 e la libertà di scelta del 2011. Venire a Milano da leader assoluto, simbolo, punto di riferimento e quindi accettare oneri e onori di una situazione che sembra al massimo portare a una qualificazione alla Champions League. Basteranno l'affetto e la considerazione?

16 ott 2011

Uno per tutti, tutto per uno.

Tra lo sport sulla carta e quello giocato nel mondo reale passa di sicuro una grande differenza.
La componente mentale.
Spesso sottovalutata o meglio non considerata rappresenta un confine sottile ed invisibile tra quello che si può e non si può fare su un campo da gioco in determinate situazioni.
Ovvio che parliamo di una componente complessa e variegata, difficile da definire ed indagare, ma riassumibile con un singolo concetto: leadership.
In campo serve qualcuno che sappia dare la scossa, tenere le redini del gruppo, fare quel centimetro in più per conquistare qualcosa, essere in prima persona l'esempio e indicare la via da percorrere.

Nell'Inter di oggi, al di la dei problemi tecnici e fisici, si può facilmente constatare una totale assenza di leadership.
Quelli che sulla carta hanno i gradi per prendere il comando sono tutti assenti. Ingiustificati.
Sneijder è infortunato, ma da sempre troppo umorale, quasi capriccioso. Thiago Motta è il giocatore più carismatico dell'infermeria. Stankovic, Cambiasso e Zanetti più che altro rincorrono i fantasmi di ciò che sono stati e per quanto l'abnegazione sia lodevole i limiti fisici iniziano a essere troppo evidenti. Samuel non è ancora lui. Lucio per eccesso di slancio tenta di strafare con risultati dannosi.
Dei nuovi arrivati solo Forlan ha un simile spessore e oltre a essere seriamente infortunato sta pagando difficoltà di ambientamento.

Ma soprattutto Samuel Eto'o ormai è in Russia.
E' questa la più grossa differenza tra l'Inter di oggi e quella di un anno fa. Un semplice numero 9 venuto da N'kon.
Da solo per una stagione intera è stato l'attacco dell'Inter (37 gol in stagione, il secondo miglior marcatore a distanze siderali specie senza considerare Pazzini arrivato solo a Gennaio), come lecito aspettarsi, ma anche il centrocampo. Tante, troppe volte il gioco della squadra è stato palla a Eto'o e vediamo che succede, per la capacità del camerunense di prendere palla, saltare l'uomo, correre, segnare, dispensare assist. Da solo rendeva un insieme di giocatori qualcosa di simile a una squadra.
Certo, da solo non bastava a conquistare grandi traguardi. Ma avanzava per mascherare tutti i limiti di una squadra al limite, spremuta fisicamente e mentalmente.

Oggi la sua assenza diventa drammaticamete evidente quando nessuno sa cosa fare con il pallone tra i piedi, nessuno rincorre l'avversario, nessuno aiuta il compagno.
Magari lui un gol se lo sarebbe inventato, avrebbe rincorso l'avversario come un terzino, avrebbe provato a stimolare i compagni (qualcuno si ricorda in Inter-Chelsea quando chiese a gesti di disporsi meglio su una rimessa laterale?).
Lui era l'uno per tutti, il go to guy direbbero dall'altra parte dell'oceano, quello per cui le resposabilità non sono mai state un peso.

Purtroppo un assegno da svariati milioni di euro non fa lo stesso effetto.
Oggi chi rimane?

24 ago 2011

Adios Samuel

Con le visite mediche a Villa Stuart si chiude la parentesi italiana di Samuel Eto'o, 101 presenze 53 gol e 6 titoli conquistati.

Personalmente sono passato da considerare il suo trasferimento in Daghestan un'eventualità totalmente impossibile a ritenerlo totalmente certo nel giro di mezza giornata.
La storia era già scritta e il quadro chiaro, bisognava solo allinearsi ai tempi decisamente lunghi con cui Eto'o fissa su carta il suo futuro (successo anche nella trattativa tra Barcellona e Inter) e qualche schermaglia sul prezzo tra Inter e Anzhi, ma il risultato era solo uno, il numero 9 in Russia.
Difficile capire le vere motivazioni senza essere nella testa del fenomeno africano, ma cronologicamente la storia ha avuto un suo sviluppo.

Il primo approccio c'è stato prima della Supercoppa Italiana, con offerta monstre al giocatore presa da praticamente tutti come una sparata senza senso, un modo come un altro per farsi pubblicità visto che l'Anzhi ha si i miliardi dell'oligarca Kerimov, ma una visibilità alquanto limitata. Eppure quel contatto ha messo un tarlo nella testa di Eto'o che è andato a parlare con Moratti. C'è chi dice abbia chiesto un adeguamento del contratto vista l'offerta che aveva in mano, magari hanno solo parlato di progetti e prospettive. Di sicuro c'è che Eto'o gioca male la Supercoppa e un'intervista fatta in Camerun prima del ritiro in cui il giocatore parla chiaramente di ultimo contratto della carriera e dell'importanza degli stimoli per andare avanti, pur palesando solo l'Inghilterra come ipotesi di trasferimento. Dopo la partita escono non a caso anche le prime voci di malumori tattici con Gasperini, così quando i russi tornano si capisce che la conclusione può essere una sola. Specie dopo che Moratti e Branca parlano chiaramente di trattativa in corso. Circa due settimane dopo, tutto chiuso.

Così uno dei migliori giocatori al mondo saluta il calcio che conta per trasferirsi nella Russian Premier League. L'Anzhi è una squadra di prospettiva e con ambizioni, ma di fatto nata da pochi mesi. Hanno cercato di migliorare la rosa con buoni giocatori (Jucilei, Diego Tardelli, Dzsudzsák), fatto tornare al calcio Roberto Carlos per avere esperienza (pure troppa) e pubblicità, infine hanno puntato al colpo grosso. Perchè solo con un nome dello spessore di Eto'o potevano sperare di trovare la calamita giusta per altri campioni, tralasciando i contratti multimilionari.
Nel suo contratto triennale Samuel ha implicitamente il compito di scrivere la storia di sicuro del club, forse del calcio russo. E giova in questo senso ricordare che il Cska è arrivato ai quarti di Champions nel 2010. Un obiettivo che può essere stimolante, ma non per un giocatore del suo calibro a 30 anni. Per Roberto Carlos a 38 magari si.

Può darsi che un ragazzo orgoglioso come Eto'o si sia sentito davvero considerato una volta tanto.
Lui che a Barcellona segnava solo grazie a Xavi e Iniesta, che all'Inter era il gregario di Milito a sentire i suoi detrattori, che in Camerun ha sempre diviso l'opinione pubblica.
Lui che in realtà ha vinto tutto ovunque sia andato, nazionale compresa, e viene dalla sua stagione migliore in assoluto (record di gol in Champions e totale in stagione), pur giocando praticamente da solo.
Forse a furia di essere sottovalutato ha finito per perdere la voglia anche lui.
In Russia giocherà sempre bene, anche impegnandosi il minimo, con tanti saluti alle indicazioni tattiche e alle corse senza palla sulla fascia.

Spero per lui che i soldi facciano davvero la felicità.

9 ago 2011

Prospettive e Impressioni di Inizio Stagione - Il CalcioMercato, Cessioni

Il termine designato è il 31 Agosto e la certezza è che fino ad allora, per quanto poco presumibili e credibili possano essere, ne sentiremo -purtroppo- ancora molte. Proviamo dunque a fare un resoconto ragionevole e a supporre e concepire i futuri movimenti, che caratterizzeranno le operazioni in entrata e in uscita.

Nodo Sneijder - Il regista Olandese è il classico pezzo forte del mercato, quest'anno è toccato a lui quel tam-tam di voci che si susseguono, le intuizioni, il rapinare l'ultim'ora, e talvolta -oramai sta diventando abitudine- anche tanta immaginazione, da parte dei giornalisti che di prassi dovrebbero limitarsi a riportare e non partorire da loro. Lasciando i giochini mediatici, il grande interesse proverebbe da Manchester, i due grandi club della città lo United e il City, avrebbero sondato e chiesto informazioni -dai due Manager finora solo assolute smentite. Ragionando, per diversi motivi, si trovano molte falle a una possibile conclusione di trattativa. Una trattativa ? Non che una concreta sia mai stata aperta, solo tanto fumo, e un nulla più di fatto. La squadra di Roberto Mancini aspetta da inizio giugno Samir Nasri -anche i tifosi a giudicare dai post sul forum- e l'arrivo del giocatore escluderebbe per ovvie ragioni quello di Wes. Bisogna però dire, che un'ipotesi di cessione a loro -rispetto alla società di Glazer- appare più credibile sia dal punto di vista economico, che tecnico -di trequartisti fra le linee, in casa Ferguson non c'è ricordo, ali, ali, ali con mandato di andare sul fondo o creare scompiglio tagliando verso il centro. All'Old Trafford poi, sborsare la cifra -intrattabile- che porterebbe Sneijder a vestire la maglia rossa pare davvero un impegno critico, al City of Manchester -per quanto il prezzo del Franco-Algerino si aggiri sui 20/25, contando la scadenza 2012- visto il traffico di capitali inaudito, più verosimile. La cifra intrattabile appunto, perchè la nostra dirigenza non ha messo il trequartista fra i cedibili, ma una meritevole offerta verrebbe presa -doverosamente, visto la nuova politica societaria- in considerazione. Parlare di convenienza e ineccepibilità sarebbe sbagliato, giacché l'organico ne uscirebbe fortemente ridimensionato, e dato lo scopo di natura finanziaria, illogico pensare ad un reinvestimento della somma. Al momento, quando si parla di compravendita nel mondo Inter è infattibile esimersi da un discorso Sneijder, è un patrimonio per il nostro club, e il suo futuro -nel bene e nel male- muoverà e inciderà anche il nostro.
Dal canto mio penso risoluto -oltre che una naturale speranza- che alla fine di questa sessione, la maglia nerazzurra numero 10 sarà ancora sulle sue spalle.

I tre + 1 - "[...] Abbiamo solo quattro calciatori da vendere, tre più un ragazzo [...]" Parola del direttore dell'area tecnica Marco Branca, c'è più che da fidarsi. La traduzione di questa codificazione, viene soddisfatta con i nomi di Nelson Rivas, McDonald Mariga, Sulley Muntari e Davide Santon, diversi club che hanno mostrato interesse, ma ancora niente di concluso totalmente. Da qui al termine però è certo che partiranno almeno i primi tre, che hanno consumato il loro credito con l'Inter senza mai convincere, dimostrando di avere il talento adeguato. Discorso diverso invece per il Bambino -che ormai più bambino non è-, il capitano dell'U-21 parte ultimo nelle gerarchie dei laterali di centrocampo, e la sostituzione di Faraoni in Supercoppa, preferito da Gasperini, parla da sé. Il fludificante esploso con Mourinho, ha dimostrato, proprio in quel florido periodo, le sue abilità e il suo potenziale, conquistato tutti e raggiungendo la vetta a 18 anni per poi vivere una fase calante, vuoi per infortuni, vuoi per la scadenza nelle doti difensive -non è un mistero infatti che le attitudini sono prettamente d'attacco, a riprova di ciò i ruoli fatti nelle giovanili. Per lui si profila un prestito, o addirittura con diritto di riscatto, da escludere cessione in definitiva.
Tyson partirà nuovamente per l'Ucraina, questione di giorni, e tornerà al Dnipropetrovsk.
Il Ghanese subito il non-riscatto del Sunderland -dove comunque aveva trovato spazio-, e dopo aver rifiutato un paio di club, attraversa una fase di stallo, destinata a smaltirsi visto che l'Inter conta su di lui per quantizzare, e non rientra nei piani sportivi.
Per l'ex-Parma pare imminente il trasferimento alla Real Sociedad -la scorsa, stagione di assestamento in Liga, dopo la brillante promozione in Segunda Division- le parole dell'agente Federico Pastorello fugano ogni dubbio; per lui si spera di far rientrare i soldi spesi dal precedente acquisto.
Con la nostra maglia hanno tutti vinto parecchio, hanno tutti avuto un loro periodo di gloria, ma le esigenze del calcio non sono molto passionali, a loro buona fortuna, in ogni caso [...]

Altri possibili scenari - Per Emiliano Viviano tutto rimandato al post-infortunio.
Attualmente quotidiani/siti/tv scatenati e bollenti riguardo la fantasticheria che vorrebbe Samuel Eto'o in Russia alla corte del magnate Sulejman Kerimov. Più che una prospettiva pare un'astrazione, ma se ci sarà da prendere in considerazione, di certo, ne parleremo abbondantemente.
Alibec va in direzione Verona, la squadra guidata da Mandorlini -in prestito.
Faraoni sembra aver conquistato la fiducia di Gasperini, e potrebbe ritagliarsi uno spazietto in Prima Squadra.
L'asse Milano-Genova nelle ultime stagioni ha comprovato ragion d'esser definito alleato, non è da tralasciare dunque un possibile accordo su Pandev, in uno dei tanti incontri tra la premiata ditta Branca - Ausilio - Capozucca.

17 ott 2010

Questione di ruolo, parte terza

Samuel Eto'o arriva all'Inter nell'estate 2009 nell'ormai celeberrimo scambio con Zlatan Ibrahimovic. Un'eredità pesante anche per un giocatore simile visto quanto lo svedese aveva dato alla sua squadra in termini di gioco, assist e gol, ma soprattutto perchè parliamo di giocatori totalmente diversi per caratteristiche.
L'Inter ha dovuto adattarsi a lui, e lui all'Inter.
Costretto a un terribile lavoro di sacrificio per il bene della squadra, il ragazzo si trovava a giocare da ala, ma sarebbe meglio dire terzino, coprendo chilometri e chilometri a inseguire gli avversari, per garantire un difficile equilibrio tattico. Tanto, troppo lavoro oscuro, poco visibile e comprensibile dagli esigenti spettatori. La stagione per la squadra è stata trionfale, i freddi numeri del camerunense molto meno. "Solo" 16 gol uniti a tanti errori sotto porta che lo hanno portato a perdere molta della considerazione pregressa agli occhi dei tifosi.
Buon giocatore (con ingaggio faraonico), ma le superstar sono altro.

Nell'estate 2010, Eto'o ha parlato chiaro. "Voglio giocare più vicino alla porta" il messaggio con destinatario il suo nuovo allenatore Rafa Benitez, che ha fatto in modo di accontentarlo.
Il risultato? 12 gol in 11 partite, con una pericolosità costante in ogni zona del campo e colpi da autentico fuoriclasse.
Del resto, qualcuno davvero credeva che il miglior marcatore del Mallorca nella Liga, uno dei migliori goleador della storia del Barcellona con 130 gol, nonchè capocannoniere della storia del Camerun e della Coppa d'Africa si fosse all'improvviso scordato come si segna?

26 mag 2010

La grandezza di tre titoli

Triplete, treble, grande slam, tripletta, chiamiamolo come ci pare. L'impresa di vincere in un'unica stagione sportiva Campionato, Champions League/ Coppa dei Campioni e Coppa Nazionale è riuscita fino a quest'anno solo a 5 squadre: Celtic Glasgow (1967), Ajax Amsterdam (1972), PSV Eindhoven (1988), Manchester United (1999), Barcellona (2009). Già questo fa capire di che tipo di impresa stiamo parlando, qualcosa di spessore storico che consegna una squadra alla leggenda.

La finale di Champions League 2010 ha rappresentato un caso particolare, in quanto chiunque avesse vinto tra Bayern Monaco e Inter avrebbe completato il sesto treble della storia (e uno tra Mourinho e Van Gaal sarebbe entrato nella storia come uno dei pochi allenatori capaci di vincere due Champions con due squadre diverse), essendosi entrambe già laureate campioni nazionali rispettivamente davanti a Schalke04 e Roma e avendo vinto le rispettive Coppe Nazionali contro Werder Brema e sempre Roma. L'appuntamento con la storia ha premiato la squadra di Milano grazie alla doppietta del bomber argentino Diego Milito. Andando a vedere le squadre eliminate nel corso della competizione dalla squadra di Josè Mourinho si nota poi come il cammino dell'Inter sia singolarmente adeguato alla conquista di un premio una volta chiamato Coppa dei Campioni. Nella fase a gironi il raggruppamento che comprendeva Inter, Barcellona, Rubin Kazan e Dinamo Kiev era l'unico composto da sole squadre campioni dei rispettivi Campionati 2009(italiano, spagnolo, russo, ucraino). Con l'eccezione del CSKA ai quarti, nella fase a eliminazione diretta l'Inter ha poi incontrato Chelsea, Barcellona e appunto Bayern Monaco, campioni dei rispettivi Campionati 2010. Una prova di forza, un cammino che corrobora ancora di più la portata storica di quest'impresa nerazzurra.

Ideale anello di congiunzione tra 2009 e 2010 è Samuel Eto'o. Il fuoriclasse venuto dal Camerun è il comune denominatore tra Barcellona e Inter, nonchè un vero e proprio uomo dei record avendo completato due treble in due stagioni successive, impresa ovviamente unica viste le poche squadre che hanno centrato un tale obiettivo. Che sia solo fortuna, non ci crede veramente nessuno.

2 mag 2010

I cambiamenti del giovane Pep

Retrospettiva: il Barcellona 2008/2009 è entrato di prepotenza nella storia del calcio, e con lui (anzi di più essendo all'esordio) il suo allenatore. La squadra ha semplicemente vinto tutto quello che si poteva vincere centrando l'ormai famoso triplete, mostrando inoltre un calcio altamente moderno e spettacolare. Il mercato estivo aveva portato al cambiamento del centravanti, da Eto'o a Ibrahimovic, più qualche movimento di contorno, mentre la squadra ha continuato a vincere (Supercoppe e Mondiale per club), giungendo ai 6 trofei nell'anno solare. Cambiati i nomi, il risultato è rimasto lo stesso.

Nel 2010, qualcosa è successo. Eliminati dal Siviglia in Coppa del Re, eliminati dall'Inter in Champions League. Improvvisamente il Barcellona si è scoperto vulnerabile, fuori da due competizioni e col Real a 1 punto nella Liga. Un brusco ritorno alla realtà (specie a giudicare da certe dichiarazioni pre e post Inter), con delle motivazioni da trovare tra le righe, nascoste nelle pieghe dei grandi nomi e del calcio spettacolo.
La squadra, sia chiaro, resta sulla carta ancora superiore a tutte le altre senza discussione. Troppa qualità, troppa capacità di creare gioco, troppa abitudine a giocare insieme. Ma qualcosa è cambiato, e gli avversari ne hanno approfittato.

Il Barcellona di Guardiola era una macchina perfetta. Pep è stato bravissimo ad intervenire con decisione ed intelligenza sulle ceneri del Barcellona dell'era Rijkaard, squadra ormai stanca, demotivata e con dei campioni giunti alla fine del loro ciclo. Lo spagnolo ne aveva identificati 3 da epurare in quanto dannosi in qualche modo al gruppo: Ronaldinho, Deco e Samuel Eto'o. Il brasiliano (accusato di troppa rilassatezza negli allenamenti e vita notturna, che si traduceva in un pessimo esempio ai compagni, con un rendimento in calando) è andato al Milan, il portoghese (vista l'età aveva concluso il suo ciclo e c'era da lanciare Iniesta) al Chelsea. E' rimasto contro il parere dell'allenatore solo il camerunense, un pò per troppe pretese economiche, un pò per mancanza di acquirenti reali. Oltre a questo, Guardiola si concentrò su tattica, voglia e atteggiamento, troppo trascurate da Rijkaard nel corso della sua gestione. Piena responsabilità e fiducia ai canterani, identificati come la colonna portante della squadra, come Xavi, Iniesta, Messi, Pique e Puyol, ma anche Busquets nel corso della stagione (e Pedro e Jeffren l'anno successivo), e valorizzazione di giocatori quali Henry, Yaya Tourè e Daniel Alves, perfetto complemento ai giocatori cresciuti in casa. Il risultato l'abbiamo visto tutti, ma è da sottolineare l'ironia della sorte, che ha regalato a Guardiola un Samuel Eto'o da 35 gol stagionali, compresa la perla dell'1-0 in finale di Champions League contro il Manchester United. Senza di lui, sarebbero di certo cambiate molte cose.
Ulteriore testimonianza della grandezza della formazione catalana, la classifica del Pallone d'oro 2009. Nei primi 6 posti, 5 sono occupati da giocatori blaugrana. Rispettivamente Messi vincitore, Xavi terzo, Iniesta quarto, Eto'o quinto (sempre la sorte...), ma in classifica troviamo anche Henry quindicesimo e Yaya Tourè ventinovesimo. Praticamente tutta la squadra dal centrocampo in su.

Squadra che vince non si cambia. Eppure Guardiola la pensa diversamente. Ancora Samuel Eto'o è il suo grande problema, finalmente risolto con il famoso scambio con Zlatan Ibrahmovic. E da qui partono i "problemi" del secondo Barcellona di Pep.
Lo svedese e il camerunense sono giocatori completamente diversi, non serve un grande osservatore per capirlo. Ma proprio Eto'o, con tutto il suo modo di giocare, era il finalizzatore ideale della mole di gioco creata da Guardiola. Chiedere certi movimenti e quell'interpretazione del ruolo a Ibrahimovic era impossibile, e i risultati dicono che lo è tutt'ora. Si pensava che dopo un periodo di ambientamento il Barcellona si sarebbe abituato a Ibra e Ibra al Barcellona, trovando un nuovo stile di gioco e un nuovo equilibrio. A 9 mesi di distanza, siamo ancora in alto mare. Malgrado un buon numero di gol segnati da Zlatan, la squadra si è dimostrata molto più pungente con altri in campo al posto suo. E non è un caso che quando si doveva vincere e segnare, sia stato sempre lui il cambio designato. Perchè errare è umano, ma a perseverare Pep non ci sta (e le voci che vogliono Villa al Camp Nou l'anno prossimo lo confermano ampiamente).
Altro desaparecido è stato Thierry Henry. Terza freccia di un arco micidiale, ha chiuso la scorsa stagione a 26 gol, più 12 assist e tanto, ma tanto lavoro di corsa e copertura per la squadra. Vuoi per l'età, vuoi per l'esplosione di Pedro, nella stagione in corso il suo apporto è stato minimo.
Del favoloso tridente da 99 gol stagionali (Henry-Eto'o-Messi), è quindi rimasto il solo argentino. Che, da fenomeno, ha risposto presente, prendendosi spesso sulle spalle l'intera squadra e superando quota 40 gol stagionali.
Ma il passaggio da tre punte straordinarie e un singolo fenomeno, per quanto fortissimo, ha portato dei cambiamenti. Fermare un singolo è più semplice, giocando di squadra, che fermare tre campioni che giocano insieme. L'eplosione di Pedro, per quanto favolosa e importantissima per le sorti delle vittorie blaugrana coi suoi gol decisivi, non è bastata a compensare un tale depotenziamento dell'arsenale offensivo. Lo spagnolo è ancora giovane e deve crescere per essere davvero un fattore a certi livelli. E Ibrahimovic spesso si marca da solo, scomparendo dal gioco.

Secondo passaggio fondamentale del cambiamento, gli infortuni di Andres Iniesta. Il ragazzo di Albacete nel 2008/2009 fu semplicemente straordinario per coninuità a livelli altissimi. Tra lui e Xavi il pallone in mezzo andava solo nella direzione che voleva il Barcellona. Dopo la finale di Champions sono iniziati i suoi guai fisici, che non sono ancora terminati. Il suo sostituto nella rosa del Barcellona è Keità, a cui però non si può chiedere nemmeno lontanamente il lavoro di Don Andres. Il Barcellona si è trovato così con un solo creatore di gioco in mezzo, Xavi, che però non può impostare e rifinire allo stesso tempo. Le percussioni, i dribbling, gli inserimenti,i palloni filtranti, i lanci, gli scambi nel breve che garantiva Iniesta sono un vuoto incolmabile, specie contro squadre molto attente alla fase difensiva. L'imprevedibilità di un simile talento non si può perdere senza conseguenze nel lungo periodo.

A margine altre scelte discutibili come l'abbandono di Yaya Tourè davanti alla difesa per fare spazio a Busquets (che ha il solo pregio di essere un canterano) o la scarsa fiducia in Bojan Krkic, accantonato per gran parte della stagione, o scelte di mercato dispendiose quanto inutili (Caceres e Chygrynskiy, ma anche lo stesso Ibra) o infine la rosa molto corta per favorire i ragazzi della masia.

Il Barcellona è cambiato e sta cambiando. Cosa sarà l'anno prossimo?

1 mar 2010

Intangibles

Spesso l'importanza di un giocatore va al di là di ciò che si vede. Una serie di cose intangibili caratterizza il singolo atleta più di freddi numeri da videogioco, e determina di fatto la resa in campo sua e del gruppo di cui fa parte.

Oltreoceano riassumono questo concetto col termine intangibles (da cui la mia libera traduzione) per sottolineare come queste voci non rientrino in nessuna statistica. Proprio per questo sono aspetti meno considerati e più difficilmente comprensibili, ma ugualmente determinanti. E' così che un giocatore con doti modeste può rivelarsi decisivo, mentre uno con grandi numeri perdersi nel suo talento. Gli esempi più immediati nel calcio nostrano possono essere Gattuso e Cassano, ma la lista è lunga.

Non parliamo solo di professionalità, personalità e grinta. Leadership, capacità di stare in campo, di mettere la squadra davanti all'ego, movimenti, essere d'esempio e aiuto per i compagni, essere vincenti, ma anche tutte le piccole cose proprie del modo di giocare unico di un atleta che lo rendono speciale e spesso gli danno un qualche vantaggio in campo. Tanto per fare esempi, un giocatore determinante in questo senso è Samuel Eto'o. Protagonista di una stagione non all'altezza della sua fama, è ed è stato secondo me il giocatore determinante per la nascita dell'Inter attuale. Attraverso il suo esempio di professionalità e abnegazione, perchè è il giocatore più pagato e con più trofei della rosa, ma fa tutto quello che gli si chiede senza fiatare, e quindi i compagni lavorano il doppio per stare al suo passo. Ma anche attraverso la sua leadership, le sue parole, la sua aurea. Cose non immediatamente manifeste, ma che si notano in piccoli gesti tipo il discorso a Balotelli prima di entrare in campo domenica o l'invito ai compagni a salire durante una rimessa laterale in Inter-Chelsea. Esempio negativo l'attuale John Terry, che per le note vicende di gossip sta vedendo la sua corazza di leader sempre più erosa, con evidenti ripercussioni sul campo (come detto anche da Marcel Desailly).

Non è tutto oro quel che luccica, ma capita che ci sia dell'oro che non si vede.

14 ott 2009

Pericolo pubblico numero uno


Il destino dell'Argentina passa per la trasferta in Uruguay.
Ma il destino dell'Uruguay, passa soprattutto per i piedi di Diego Forlan, il pericolo pubblico numero uno (ma anche due e tre).

Nome certamente non nuovo per chi segue il calcio vista la sua lunga militanza in Europa (arrivò infatti nel Gennaio 2002, a Manchester sponda United), a nn tutti è chiara la caratura del giocatore.
Parliamo certamente di uno degli attaccanti più sottovalutati nel panorama calcistico quantomeno europeo.

Forlan sconta ancora, a livello di "fama", gli anni in Inghilterra. Due stagioni e mezza con un compagno di reparto ingombrante quanto Ruud Van Nistelrooy. Pagò tantissimo il salto dall'Independiente (club dell'esordio a 19 anni, esperienza che si chiude con 80 presenze e 37 reti) al Manchester, tanto da metterci 27 presenze a trovare la prima rete. Pochi i gol, anche se spesso importanti, tante presenze, ma spesso spezzoni di gara. Tuttavia a vedere il giocatore, rimane l'impressione di un talento bloccato, con speciali capacità soprattutto di tiro. Reti mai banali, con entrambi i piedi.
L'arrivo di Wayne Rooney fu l'anticamera della sua cessione in Spagna, a un nascente Villarreal.

Proprio nella Liga di fatto esplode (o meglio, comincia) la carriera di Diego.
Nel sottomarino giallo resterà tre stagioni, aiutando a far uscire la squadra dall'anonimato a suon di gol. Speciale da subito l'intesa con un altro talento in cerca di rilancio, Juan Roman Riquelme, da sempre in grado di far segnare chiunque. Ma Forlan chiunque non è, e il primo anno si presenta con 38 presenze e 25 reti, titolo finale di capocannoniere e Scarpa d'oro come miglior bomber d'Europa. Non male per un brutto anatroccolo.
La seconda stagione non fu indimenticabile con solo 10 reti, facendo subito parlare le male lingue di exploit isolato per la stagione precedente, anche se va ricordato un gol in Champions League ai danni dell'Inter nei quarti della competizione.
Nella terza e ultima stagione, chiuse nuovamente con un buon bottino di reti, 19 in 36 presenze.
Ovviamente tutto questo nn rimase inosservato, e l'Atletico Madrid scelse lui per sostituire il partente Fernando Torres.

Proprio nella seconda squadra di Madrid, Forlan compie il definitivo passo verso la completa maturazione.
Nella prima stagione mette a segno 16 reti, ma soprattutto contribuisce alla rinascita dell'Atletico Madrid, mettendo in mostra personalità, ma anche capacità tattiche preziose.
Ma è la stagione 08/09 ad essere abbagliante. Tantissima continuità, personalità da leader, presenza tangible in campo, chiude una stagione fantastica con 32 gol in 33 presenze, secondo titolo di pichichi e seconda Scarpa d'oro.

Curiosità: è l'incubo personale di Samuel Eto'o, avendo vinto entrambi i titoli di capocannoniere (e di conseguenza la Scarpa d'oro) proprio ai danni del camerunense

Assodato che parliamo di uno che segna e tanto,anche gol pesanti contro le grandi, vediamo di fare chiarezza sulle sue caratteristiche.
Centravanti si, ma moderno. Capace di giocare con e per la squadra, di iniziare, rifinire e concludere l'azione.
Non fortissimo fisicamente (1,80 per 75kg), diventa letale fronte alla porta, quando può puntare l'uomo. Non tanto per un dribbling stellare (che non ha), ma per la sua straordinaria capacità di tiro. Totalmente ambidestro (
addirittura dai sedici metri in su sembra tirare meglio col mancino), centra la porta da ogni posizione in ogni modo, con tiri potentissimi, improvvisi e precisi, senza scampo. Molti suoi gol sono veri gioielli. Rapido nel breve, rapace in area grazie a un grande fiuto del gol, gli anni passati con un grande assist-man come Riquelme gli hanno lasciato una non comune capacità di "dettare" il passaggio con l'inserimento, il che lo rende difficilmente arginabile negli spazi. Tatticamente capace di essere dove serve per la squadra, è anche abile nel servire i compagni. Niente di trascendentale nel gioco aereo, si fa rispettare grazie a un buon tempismo.

Parliamo di un giocatore di 30 anni (classe 1979, una delle tante coincidenze che lo accomunano a Diego Milito), nel pieno della sua maturazione tecnico-atletica.
I difensori argentini faranno meglio a prepararsi bene, per non leggere il nome sulla sua maglia quando sarà ormai troppo tardi.