La Copa America del 2015 ha emesso i suoi primi verdetti. Arrivati alla fine dei gironi, cosa c'è da segnalare per questa edizione cilena?
Generali
La tattica del Cile: Jorge Sampaoli, oltre ad essere un bielsista, è una sorta di alchimista tattico. Ha tante idee e una ferrea volontà di vederle applicate in campo. Il suo Cile, comunque la si metta, è una squadra totalmente plasmata dal suo allenatore (oltre che dai due precedenti), che ha il gioco nel dna, punta a fare la partita e mostra un certo gusto nel farlo. Per chi si interessa di tattica un must assoluto da seguire. In queste gare si sono visti centrocampisti di inserimento usati come falsi nueve (Vidal, Aranguiz), l'uso contemporaneo di difesa a tre e a quattro, una punta usata come esterno sinistro a tutto campo (Edu Vargas), una mediana tenuta in piedi unicamente da un mediano di impostazione (Diaz) e un trequartista visionario (Valdivia). Quando ha dovuto pensare solo al risultato Sampaoli si è normalizzato schierando i giocatori nel modo più logico possibile. Ma non scommettete succeda sempre.
Il gioco del Perù: il Perù non è esattamente la nazionale più quotata del continente, ma si è qualificata ai quarti grazie al secondo posto in un girone con Brasile (con cui ha perso solo nel recupero), Colombia e un Venezuela sulla carta competitivo. Ricardo Gareca ha costruito una squadra decisamente solida, piena di garra, che però ha anche un concetto di gioco ben preciso. Sa cosa deve fare e come farlo, gioca sui suoi punti di forza senza strafare, ma nemmeno rinunciando in partenza. Strutturalmente gli manca un filo di qualità, soprattutto nella regia offensiva, ma per quello il Tigre può fare poco (a parte convocare Reynaldo Cruzado, giocatore col mancino più delicato delle Ande, ma anche col ritmo più compassato delle stesse). La cosa che rende tutto al limite del magico è che Gareca ha preso in mano la squadra a Marzo, alla faccia di chi si lamenta di non avere abbastanza i giocatori.
Il 9 del Brasile: un problema generazionale che rischia di sfociare nel dramma. Romario, Ronaldo, Adriano, Luis Fabiano e poi il nulla. Il 9 del Brasile semplicemente non esiste più. Fred è sempre stato una comparsa, Diego Tardelli con tutto il rispetto una barzelletta. Il grosso rimpianto è Pato, che poteva essere un simbolo mentre ormai può solo fare la comparsa nel campionato locale. La nazione calcisticamente più famosa al mondo oggi produce una marea di esterni/rifinitori/seconde punte (in cui rientra anche Neymar), ma nessun centravanti degno di questo nome. O meglio, uno ci sarebbe, ma è stato costretto a scegliere la Spagna. Grazie Scolari, grazie. A proposito, Jo come sta?
Giamaica volenterosa: alzi la mano chi si aspettava una Giamaica sommersa di gol. Ok, le ha perse tutte, ma onorevoli 1-0, pure contro squadre con attaccanti di un certo livello. Non si grida al miracolo, ma complimenti per l'approccio. Potete tornare in Africa soddisfatti.
L'attacco del Paraguay: siamo dalle parti del culto assoluto. Ramon Diaz ha pensato delle convocazioni che sembrano fatte apposta per solleticare i desideri più inconfessabili dei feticisti del calcio guaranì. Raul Bobadilla, Lucas Barrios, Roque Santa Cruz, Nelson Haedo Valdez, in ordine di numero, rappresentano un insieme che ogni cuore romantico non può che amare.
Delusione Colombia: al Mondiale, solo un anno fa, Pekerman aveva presentato una squadra invidiabile, ben costruita e conscia delle sue potenzialità. Oggi la Colombia sembra un ammasso di giocatori in cerca di autore, tutti persi sia mentalmente che fisicamente come il leader assoluto e capitano Falcao (leggete più sotto). La Colombia non sa come far arrivare il pallone ai suoi uomini offensivi, la manovra è lenta e involuta. La prima causa è che i cafeteros hanno un clamoroso buco di talento in mezzo al campo ulteriormente aggravato dall'assenza di Aguilar, forse l'unico con senso geometrico a disposizione. Si fa rimpiangere persino Guarin, che almeno di forza qualche pallone lo porta avanti. In aggiunta anche James Rodriguez non è nelle scintillanti condizioni di un anno fa e quindi non resta che procedere a strappi sperando che qualcuno si svegli. L'unico giocatore veramente in condizione risponde al nome di Teofilo Gutierrez, il che significa che molto facilmente si farà espellere entro il decimo della prima partita ad eliminazione.
Singoli
La rabona di Rojo: lo confesso, la aspettavo con ansia da un anno, anche se l'ho accolta con un lieve pizzico di delusione. Riproporla in fase offensiva, anziché nel bel mezzo della propria area di rigore, è stata infatti una scelta poco condivisibile. Ora non ci resta che attendere un gol di Rojo realizzato con il suo marchio di fabbrica.
L'eleganza di Ortigoza: avete mai visto Fantasia? Il pezzo con gli ippopotami e i coccodrilli? Ecco, Nestore Ortigoza sembra uscito da quella danza lisergica. Sihouette rivedibile, ma piedi musicali e capacità di gestire la palla da artista. Tutto nel Paraguay inizia da lui, che sembra sempre doversi fermare per riprendere fiato, ma poi il pallone ce l'ha sempre tra i piedi. Culto assoluto per uno dei giocatori più improbabili di questo calcio.
I guantini di Marcelo Moreno: nulla di tecnicamente rilevante, ma un vezzo quantomeno curioso per el Diablo Moreno. Perchè quei guantini nero e fluo? Con maglia bianca a maniche corte poi, quasi a esasperare il contrasto. Ma in fondo perchè no? Ne ordino tre paia.
Jorge Valdivia: il calcio. L'ingranaggio fondamentale per far girare a meraviglia lo splendido Cile di Sampaoli e la mente perfetta per innescare le letali armi offensive della Roja, grazie al suo piede meraviglioso e alla sua impareggiabile capacità nel leggere ogni azione. È il lato romantico della Copa, il giocatore che più di ogni altro meriterebbe il trionfo, soprattutto dopo il Mondiale ai margini.
Edu Vargas e Sampaoli: la storia è piena di giocatori che con specifici allenatori danno il meglio. Edu Vargas ha il suo mentore in Jorge Sampaoli. Ogni volta che vede il tecnico argentino si trasforma da fumoso e leggero centravanti in Turboman. Gli deve praticamente la carriera visto l'exploit nella U, nel Cile è una pedina fondamentale, e la sensazione è che per il suo ct darebbe anche un braccio.
Neymar e il suo rapporto con la Colombia: parafrasando un detto italiano, vedi la Colombia e poi muori. Neymar fortunatamente è ancora vivo, ma siamo alla seconda competizione consecutiva che per lui termina dopo una sfida con i cafeteros. Ai Mondiali fu un intervento di Zuniga, oggi una crisi di nervi che non colpiva il 10 dai tempi del Santos. Forse ha sentito il peso della responsabilità? Potremmo trovarci alle prime battute di una rivalità piccante.
Radamel Falcao: cercasi Tigre disperatamente. Da quando ha lasciato l'Atletico e si è infortunato Falcao è diventato un altro, nell'accezione negativa del concetto. In campo non ha nemmeno lontanamente l'impatto di un tempo, soprattutto come garra, carisma, presenza nella partita. Una copia sbiatida e vuota dell'incredibile centravanti che ha dominato l'Europa (League). Pekerman lo ha nominato capitano, e conoscendo il suo rapporto con quelli che elegge suoi fedelissimi punterà su Falcao fino alla fine. Probabilmente affondando.
Edinson Cavani: non ha mai trascinato l'Uruguay, a detta di tutti perché costretto a un ruolo da gregario a causa dell'ingombrante presenza di Luis Suarez. Dopo queste prime uscite dell'Uruguay, tuttavia, viene spontaneo chiedersi se il Matador abbia i requisiti per trascinare da solo la squadra charrua. Da stella indiscussa della Celeste finora ha giocato una Copa impalpabile, lontano dal gioco e senza la giusta carica agonistica per essere il vero condottiero della banda Tabarez.
Nessun commento:
Posta un commento