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16 giu 2016

Il difficile rapporto tra l'Uruguay e Cavani

La Copa America Centenario è stata una delusione per l'Uruguay e forse il punto più basso della gestione Tabarez, un passo sotto la disastrosa prova alle Olimpiadi 2012. Il Maestro triste ormai guida la Celeste da un decennio e il suo ciclo, almeno in questi uomini, potrebbe essere arrivato alla fine dopo aver toccato il suo zenit tra 2010 e 2011.
In questa edizione speciale della Copa l'Uruguay ha giocato senza il suo leader e referente assoluto Luis Suarez. Ormai una specie di tradizione la sua assenza per squalifica, che tende sempre a lasciare la squadra costretta ad arrabattarsi in cattive acque, perché da centrocampo in su l'Uruguay non ha ancora trovato qualcuno che possa sostituire Diego Forlan. E qui si può cominciare a parlare dei problemi di Cavani.

El Matador ha esordito con la maglia della sua nazionale nel 2008 e oggi punta alla top 5 dei giocatori con più presenze in assoluto. In più a breve sarà il secondo marcatore di sempre dietro a Suarez. Nel 2010 era al Mondiale e nel 2011 ha partecipato alla spedizione in Argentina che ha fatto tornare l'Uruguay sul tetto del Sudamerica. Però Cavani per la Celeste è sempre stato un elemento di complemento. Forte, forse anche fortissimo, ma di complemento.
Prima c'era el Cachavacha Forlan, poi Suarez. Cavani nell'attacco dell'Uruguay è sempre venuto dopo almeno un referente tecnico di spessore assoluto, e ha accettato il ruolo di spalla. Del resto tra le sue caratteristiche da sempre spiccano la corsa e la capacità di sacrificio. Due doti che per convincere Tabarez servono eccome, e il giocatore del PSG non si è mai risparmiato, dando tutto in campo anche in un ruolo secondario. Per chi segue l'Uruguay non è una sorpresa vedere Cavani correre lontano dalla porta, anche in fascia, anche a chiudere diagonali da terzino, pressando chiunque. Non a caso il suo score in nazionale si avvicina di più a quello che ha avuto a Palermo che non alle avventure a Parigi e soprattutto a Napoli.
Il problema nasce esattamente qui: Cavani innanzitutto è vittima di se stesso e della sua disponibilità al sacrificio. Suarez è un giocatore che in campo, almeno con la maglia celeste, trasuda garra e non si risparmia in nulla, ma nessuno si sogna di chiedergli un lavoro da gregario. Troppa è la sua importanza, la sua influenza sui risultati di squadra. A Cavani invece Tabarez lo chiede di continuo, e spesso quando non serve per quello viene pure fatto accomodare in panchina nonostante gli oltre 30 gol in nazionale e la concorrenza di basso livello, escluso il 9 del Barcellona.

Edinson insomma  può considerarsi in qualche modo maltrattato dal suo ct, ma dal canto suo non fa molto per aiutarsi. Cavani infatti ha una capacità unica di gettare al vento le (poche) occasioni che ha di mettersi in mostra e candidarsi come uomo di riferimento per Tabarez.
Questa Copa America Centenario è un esempio perfetto. Con el Pistolero squalificato Cavani sapeva di partire titolare avendo sostanzialmente la squadra sulle spalle. Il girone era roba sua, poi si poteva discutere, con Venezuela e Giamaica che non sembravano proprio avversari impossibili.
Risultato? Zero reti, praticamente nessuno spunto, un impatto sostanzialmente inesistente sulla squadra. Tutto l'Uruguay ha fatto male, sia chiaro, ma Cavani non ha aiutato in nessun modo a trovare una soluzione. Dimostrando nella sfida decisiva contro il Venezuela anche di pagare parecchio la pressione, con due buone occasioni sprecate malamente.

Cavani, che nel corso della stagione si lamenta un giorno sì e l'altro pure del suo ruolo secondario rispetto a Ibrahimovic nel PSG, in Copa America ha fallito a livello di leadership e carattere. Aveva un'occasione di smarcarsi dal suo ruolo di gregario ed è affondato insieme a tutta la squadra, senza nemmeno provare a stare a galla.

22 giu 2015

Copa America 2015, i gironi

La Copa America del 2015 ha emesso i suoi primi verdetti. Arrivati alla fine dei gironi, cosa c'è da segnalare per questa edizione cilena?


Generali

La tattica del Cile: Jorge Sampaoli, oltre ad essere un bielsista, è una sorta di alchimista tattico. Ha tante idee e una ferrea volontà di vederle applicate in campo. Il suo Cile, comunque la si metta, è una squadra totalmente plasmata dal suo allenatore (oltre che dai due precedenti), che ha il gioco nel dna, punta a fare la partita e mostra un certo gusto nel farlo. Per chi si interessa di tattica un must assoluto da seguire. In queste gare si sono visti centrocampisti di inserimento usati come falsi nueve (Vidal, Aranguiz), l'uso contemporaneo di difesa a tre e a quattro, una punta usata come esterno sinistro a tutto campo (Edu Vargas), una mediana tenuta in piedi unicamente da un mediano di impostazione (Diaz) e un trequartista visionario (Valdivia). Quando ha dovuto pensare solo al risultato Sampaoli si è normalizzato schierando i giocatori nel modo più logico possibile. Ma non scommettete succeda sempre.

Il gioco del Perù: il Perù non è esattamente la nazionale più quotata del continente, ma si è qualificata ai quarti grazie al secondo posto in un girone con Brasile (con cui ha perso solo nel recupero), Colombia e un Venezuela sulla carta competitivo. Ricardo Gareca ha costruito una squadra decisamente solida, piena di garra, che però ha anche un concetto di gioco ben preciso. Sa cosa deve fare e come farlo, gioca sui suoi punti di forza senza strafare, ma nemmeno rinunciando in partenza. Strutturalmente gli manca un filo di qualità, soprattutto nella regia offensiva, ma per quello il Tigre può fare poco (a parte convocare Reynaldo Cruzado, giocatore col mancino più delicato delle Ande, ma anche col ritmo più compassato delle stesse). La cosa che rende tutto al limite del magico è che Gareca ha preso in mano la squadra a Marzo, alla faccia di chi si lamenta di non avere abbastanza i giocatori.

Il 9 del Brasile: un problema generazionale che rischia di sfociare nel dramma. Romario, Ronaldo, Adriano, Luis Fabiano e poi il nulla. Il 9 del Brasile semplicemente non esiste più. Fred è sempre stato una comparsa, Diego Tardelli con tutto il rispetto una barzelletta. Il grosso rimpianto è Pato, che poteva essere un simbolo mentre ormai può solo fare la comparsa nel campionato locale. La nazione calcisticamente più famosa al mondo oggi produce una marea di esterni/rifinitori/seconde punte (in cui rientra anche Neymar), ma nessun centravanti degno di questo nome. O meglio, uno ci sarebbe, ma è stato costretto a scegliere la Spagna. Grazie Scolari, grazie. A proposito, Jo come sta?

Giamaica volenterosa: alzi la mano chi si aspettava una Giamaica sommersa di gol. Ok, le ha perse tutte, ma onorevoli 1-0, pure contro squadre con attaccanti di un certo livello. Non si grida al miracolo, ma complimenti per l'approccio. Potete tornare in Africa soddisfatti.

L'attacco del Paraguay: siamo dalle parti del culto assoluto. Ramon Diaz ha pensato delle convocazioni che sembrano fatte apposta per solleticare i desideri più inconfessabili dei feticisti del calcio guaranì. Raul Bobadilla, Lucas Barrios, Roque Santa Cruz, Nelson Haedo Valdez, in ordine di numero, rappresentano un insieme che ogni cuore romantico non può che amare.

Delusione Colombia: al Mondiale, solo un anno fa, Pekerman aveva presentato una squadra invidiabile, ben costruita e conscia delle sue potenzialità. Oggi la Colombia sembra un ammasso di giocatori in cerca di autore, tutti persi sia mentalmente che fisicamente come il leader assoluto e capitano Falcao (leggete più sotto). La Colombia non sa come far arrivare il pallone ai suoi uomini offensivi, la manovra è lenta e involuta. La prima causa è che i cafeteros hanno un clamoroso buco di talento in mezzo al campo ulteriormente aggravato dall'assenza di Aguilar, forse l'unico con senso geometrico a disposizione. Si fa rimpiangere persino Guarin, che almeno di forza qualche pallone lo porta avanti. In aggiunta anche James Rodriguez non è nelle scintillanti condizioni di un anno fa e quindi non resta che procedere a strappi sperando che qualcuno si svegli. L'unico giocatore veramente in condizione risponde al nome di Teofilo Gutierrez, il che significa che molto facilmente si farà espellere entro il decimo della prima partita ad eliminazione.



Singoli

La rabona di Rojo: lo confesso, la aspettavo con ansia da un anno, anche se l'ho accolta con un lieve pizzico di delusione. Riproporla in fase offensiva, anziché nel bel mezzo della propria area di rigore, è stata infatti una scelta poco condivisibile. Ora non ci resta che attendere un gol di Rojo realizzato con il suo marchio di fabbrica.

L'eleganza di Ortigoza: avete mai visto Fantasia? Il pezzo con gli ippopotami e i coccodrilli? Ecco, Nestore Ortigoza sembra uscito da quella danza lisergica. Sihouette rivedibile, ma piedi musicali e capacità di gestire la palla da artista. Tutto nel Paraguay inizia da lui, che sembra sempre doversi fermare per riprendere fiato, ma poi il pallone ce l'ha sempre tra i piedi. Culto assoluto per uno dei giocatori più improbabili di questo calcio.

I guantini di Marcelo Moreno: nulla di tecnicamente rilevante, ma un vezzo quantomeno curioso per el Diablo Moreno. Perchè quei guantini nero e fluo? Con maglia bianca a maniche corte poi, quasi a esasperare il contrasto. Ma in fondo perchè no? Ne ordino tre paia.

Jorge Valdivia: il calcio. L'ingranaggio fondamentale per far girare a meraviglia lo splendido Cile di Sampaoli e la mente perfetta per innescare le letali armi offensive della Roja, grazie al suo piede meraviglioso e alla sua impareggiabile capacità nel leggere ogni azione. È il lato romantico della Copa, il giocatore che più di ogni altro meriterebbe il trionfo, soprattutto dopo il Mondiale ai margini.

Edu Vargas e Sampaoli: la storia è piena di giocatori che con specifici allenatori danno il meglio. Edu Vargas ha il suo mentore in Jorge Sampaoli. Ogni volta che vede il tecnico argentino si trasforma da fumoso e leggero centravanti in Turboman. Gli deve praticamente la carriera visto l'exploit nella U, nel Cile è una pedina fondamentale, e la sensazione è che per il suo ct darebbe anche un braccio.

Neymar e il suo rapporto con la Colombia: parafrasando un detto italiano, vedi la Colombia e poi muori. Neymar fortunatamente è ancora vivo, ma siamo alla seconda competizione consecutiva che per lui termina dopo una sfida con i cafeteros. Ai Mondiali fu un intervento di Zuniga, oggi una crisi di nervi che non colpiva il 10 dai tempi del Santos. Forse ha sentito il peso della responsabilità? Potremmo trovarci alle prime battute di una rivalità piccante.

Radamel Falcao: cercasi Tigre disperatamente. Da quando ha lasciato l'Atletico e si è infortunato Falcao è diventato un altro, nell'accezione negativa del concetto. In campo non ha nemmeno lontanamente l'impatto di un tempo, soprattutto come garra, carisma, presenza nella partita. Una copia sbiatida e vuota dell'incredibile centravanti che ha dominato l'Europa (League). Pekerman lo ha nominato capitano, e conoscendo il suo rapporto con quelli che elegge suoi fedelissimi punterà su Falcao fino alla fine. Probabilmente affondando.

Edinson Cavani: non ha mai trascinato l'Uruguay, a detta di tutti perché costretto a un ruolo da gregario a causa dell'ingombrante presenza di Luis Suarez. Dopo queste prime uscite dell'Uruguay, tuttavia, viene spontaneo chiedersi se il Matador abbia i requisiti per trascinare da solo la squadra charrua. Da stella indiscussa della Celeste finora ha giocato una Copa impalpabile, lontano dal gioco e senza la giusta carica agonistica per essere il vero condottiero della banda Tabarez.

1 giu 2015

Capocannonieri e posizione in classifica della squadra

"Strano vedere il capocannniere della Serie A nella squadra arrivata ottava".
Questo è stato il commento di Massimo Mauro alla doppietta di Icardi nell'ultima giornata di Serie A che gli ha permesso di raggiungere la vetta della classifica marcatori in coabitazione con Luca Toni.
Tralasciando il dettaglio che Toni gioca nel Verona arrivato tredicesimo (dettaglio sottile che deve essere sfuggito a un attento osservatore come Mauro) quanto c'è di vero nell'affermazione del commentatore?

Prendendo in analisi le ultime quindici stagioni, quindi i campionati del nuovo millennio dal 2000/2001 al 2014/2015, la Serie A ha avuto questa correlazione tra capocannoniere e posizione della squadra:

- stagione 2000/2001: Hernan Crespo (26 gol), della Lazio terza.

- stagione 2001/2002: Dario Hübner e David Trezeguet (a pari con 24), rispettivamente del Piacenza dodicesimo e della Juventus prima.

- stagione 2002/2003: Christian Vieri (24), dell'Inter seconda.

- stagione 2003/2004: Andriy Shevchenko (24), del Milan primo.

- stagione 2004/2005: Cristiano Lucarelli (24), del Livorno nono.

- stagione 2005/2006: Luca Toni (31), della Fiorentina nona (classifica post Calciopoli, altrimenti quarta).

- stagione 2006/2007: Francesco Totti (26), della Roma seconda.

- stagione 2007/2008: Alessandro Del Piero (21), della Juventus terza.

- stagione 2008/2009: Zlatan Ibrahimovic (25), dell'Inter prima.

- stagione 2009/2010: Antonio Di Natale (29), dell'Udinese quindicesima.

- stagione 2010/2011: Antonio Di Natale (28), dell'Udinese quarta.

- stagione 2011/2012: Zlatan Ibrahimovic (28), del Milan secondo.

- stagione 2012/2013: Edinson Cavani (29), del Napoli secondo.

- stagione 2013/2014: Ciro Immobile (22), del Torino settimo.

- stagione 2014/2015: Mauro Icardi e Luca Toni (22), rispetivamente dell'Inter ottava e del Verona tredicesimo.

Nelle utlime quindici stagioni ci sono stati quindi diciassette capocannonieri.
Tre volte il capocannoniere è venuto da una squadra sotto al decimo posto (due volte a pari merito).
Allargando l'ottica, sotto al quarto posto troviamo altri quattro nomi (contando Toni alla Fiorentina), per un totale di sette nomi dalle parti meno nobili della classifica.
In ben otto casi invece il capocannoniere giocava in una squadra tra le prime tre del campionato.
In solo due casi (Trezeguet e Ibrahimovic) il miglior marcatore faceva parte anche della squadra campione d'Italia.

Tendenzialmente qundi il capocannoniere viene da una delle prime tre squadre in classifica. Il vero evento raro quindi è avere il re dei bomber nella squadra campione di Italia o in una sotto il decimo posto in classifica.

15 lug 2014

Brazil2014 Top11/Flop11

Top 11

Neuer: è difficile escludere dalla Top11 Keylor Navas, ma Neuer in questo Mondiale ha confermato di essere il miglior portiere in circolazione per distacco. A volte dà l'impressione di esagerare con le coperture da libero (vedi l'intervento su Higuain in finale), ma tra i pali e in uscita trasmette tranquillità e sicurezza fondamentali per tutta la squadra.

Lahm: è il più forte terzino al Mondo e ormai un monumento del calcio tedesco e internazionale. Purtroppo le prime partite è stato dirottato in mediana, ma tornato nel suo ruolo naturale si è rivisto il piccolo fenomeno bavarese. Un concentrato di tecnica, intelligenza e umiltà unico.

Vlaar: la controfigura di Jason Statham spiega a tutti cosa vuol dire fare il difensore centrale. Fisico, duro quando serve, attento in marcatura, capace di leggere le situazioni, bravo a comandare una inedita linea a tre. Considerata la sua condizione tricotica, l'esatto opposto di David Luiz.

Garay: conferma la crescita esponenziale nell'ultima stagione in Portogallo, questa volta però senza la guida di Luisão. Diventa il leader difensivo dell'Argentina, dominando in marcatura e nel gioco aereo. Un delitto che vada allo Zenit.

Rojo: è la sorpresa dell'Argentina vice-campione. Criticatissimo all'estero e soprattutto in patria, il giocatore dello Sporting ripaga la fiducia totale di Sabella, arando la fascia sinistra con sorprendente qualità. PS: sarebbe stato comunque nella Top11 dopo il rinvio in rabona nella partita contro la Bosnia.

Mascherano: indiscutibilmente il vero capitano della seleccion argentina, lui che con Maradona non voleva la fascia. Da esempio in campo e leader silenzioso è evoluto in leader emotivo e vocale, dimostrando uno status accresciuto negli anni anche grazie all'esperienza vincente a Barcellona. Da centrocampista è uno spettacolo per la sua capacià di leggere gli spazi ed essere sempre dove deve, mettendoci anche pulizia in impostazione.

Schweinsteiger: c'è ma non si vede. Ha meno qualità di Kroos e meno strapotere fisico di Khedira, eppure è fondamentale per dare equilibrio e personalità ai campioni del Mondo. Lui e Lahm sono i pilastri sui cui Bayern e Germania hanno costruito la propria gloria recente.

Kroos: è il Mondiale della sua consacrazione e, pur steccando la finale, Toni conferma di essere uno dei migliori centrocampisti del pianeta. Ha tempi di gioco perfetti, invenzioni da trequartista e senso del gol, difficile pretendere di più. Il Bayern rischia di rimpiangerlo a lungo.

James Rodriguez: probabilmente in assoluto il miglior giocatore visto al Mondiale per leadership e completezza tecnica. Si toglie lo sfizio di chiudere da capocannoniere, con una nuova consapevolezza che può portarlo a un passo avanti verso l'Olimpo dei più grandi.

Robben: di fatto l'uomo su cui si reggeva l'organizzazione dell'Olanda, con la sua capacità di fare tutto da solo supportata da una condizione scintillante. Imprendibile nel girone, decisivo col Messico con un guizzo da campione vero. Fosse stato in queste condizioni nel 2010 l'Olanda avrebbe una stella sulla maglia.

Müller: due Mondiali, dieci gol, un terzo e un primo posto, feeling straordinario con la competizione. Il calcio gli scorre naturalmente nelle vene, tanto che è impossibile assegnargli un ruolo vero. Lui semplicemente sa dove andare e di conseguenza come giocare, oltre a intuire molto spesso dove sarà il pallone. Può anche sbagliare tutto, ma prima o poi si troverà sempre al posto giusto al momento giusto. Provvidenza.



Flop 11

Casillas: il simbolo del tracollo spagnolo a quattro anni di distanza dal trionfo, lui che era stato eroe. Mentalmente distrutto, tecnicamente inaffidabile in ogni situazione. Nella partita d'esordio commette errori addirittura imbarazzanti, che chiudono di fatto il suo torneo. Un declino lento e costante che non sembra avere nessuna intenzione di arrestarsi.

David Luiz: i brasiliani lo hanno eletto beniamino e leader della Seleçao. Lui per un attimo dà l'impressione di poter mantenere un buon livello di gioco e concentrazione in un torneo breve, invece crolla nel momento decisivo mostrando gli enormi limiti di sempre.

Piqué: un altro spagnolo in un tunnel complicatissimo. Fisicamente in perenne difficoltà, spesso deconcentrato, incapace di gestire gli spazi. senza alcun feeling coi compagni. Lontano anni luce dal centrale completissimo che dominava nel Barcellona.

Chiellini: timido, impacciato e sempre a terra. Nella difesa a quattro perde tutti i riferimenti andando in bambola totale contro la Costa Rica. Non è un giocatore tecnico, ma raramente lo si è visto tanto in difficoltà nella gestione della palla. Sarebbe uno dei leader dell'Italia.

Dani Alves: un terzino famoso per qualità, inserimenti e gestione del gioco che non si vede una singola volta in attacco. Ci si ricorderà di lui solo per i capelli tinti, ed era la sua grande nonchè unica occasione di imporsi col Brasile. Malgrado sia un classe '83 mentalmente potrebbe essere finito. 

Gerrard: il nome più difficile da inserire tra i Flop, ma paga per la fallimentare spedizione inglese. Il doppio impegno Liverpool-Inghilterra sembra ingestibile alla sua età, soprattutto se l'ingrato piano tattico (o presunto tale) di Hodgson lo costringe a esporre il fianco agli avversari. Come in Premier, ha inoltre la sfortuna di commettere l'errore decisivo nel momento decisivo.

Xavi: come per Gerrard, vedere un giocatore del suo livello tra i Flop fa malissimo. Purtroppo il centrocampista di Terrassa conferma di essere ormai prossimo al capolinea a certi livelli e tutta la Spagna crolla attorno a lui.. Ha segnato un'epoca d'oro e per Barcellona e Furie Rosse non sarà impresa facile trovarne l'erede.

Paulinho: una delle grandi novità di Scolari, che è naufragata col suo principale sponsor. I mesi difficilissimi al Tottenham hanno lasciato il segno. Fisicamente c'è, ma di fatto non riesce a portare alcun contributo concreto alla causa del Brasile. Non si vede mai nè in impostazione, nè negli inserimenti, nè in iniziative personali. Un fantasma, malgrado l'ostinazione di Felipão.

Cavani: con quattro partite e un misero gol su rigore, il Matador conferma il suo difficile rapporto con la maglia della Celeste. Senza Suarez e con un Forlan in pre-pensionamento, sembrava fosse la volta buona per l'affermazione definitiva in campo internazionale, ma l'attaccante del PSG ha gettato l'opportunità al vento, sbagliando facili occasioni e estraniandosi per lunghi tratti di partita.

Balotelli: se sei il punto di riferimento della squadra diventi il simbolo del fallimento, anche se tutto è da ascrivere ad altri. Lui che aveva trascinato l'Italia di Prandelli agli Europei fa sostanzialmente scena muta al Mondiale, crollando come spesso gli accade quando la pressione si alza. Gol mangiati, interpretazione del ruolo totalmente sbagliata e un'arroganza francamente fuori luogo quando ha segnato il 2-1 all'Inghilterra. Serve un bagno di umiltà, ma non fa proprio parte del suo carattere.

Fred: c'è poco da dire quando sei il più criticato da tifosi e stampa di tutto il Mondo. Sicuramente non meritava una simila gogna, ma in tutto il torneo non fa nulla per far cambiare idea e zittire le critiche. Avulso dal gioco, non tiene palla, sbaglia quasi tutti i movimenti e non crea occasioni da gol. Verrà ricordato come uno dei più scarsi attaccanti ad aver indossato la maglia da titolare della Seleçao.

2 lug 2014

Brazil2014: Top&Flop Giocatori - Ottavi di finale

Top

Marcelo Diaz: non fa mai un passo indietro, ha un senso della posizione straordinario, resta lucido e gioca a due tocchi. Sa sempre dove sono i compagni e non ha paura di affondare il tackle. Prova di grandissima sostanza contro avversari fisicamente più imponenti di lui. Mi ha ricordato Gabi, in questa stagione vuol dire davvero tanto.

Gary Medel: eroico. Soffre la velocità di Neymar, che riesce ad arginare portando l'asso brasiliano sul sinistro, poi chiude qualsiasi cosa passi dalle sue parti. Pur non essendo un difensore, guida la linea difensiva con sicurezza e personalità, ringhiando quando necessario e uscendo con ammirabile pulizia in altre occasioni. È l'anima e il cuore del Cile, decide di giocare nonostante i fastidi muscolari e rimane in campo zoppicando per chissà quanti minuti. Esce stremato, con mezzo chilometro di bende e nastri sulla coscia, oltre al rispetto e alla gratitudine a vita da parte di un'intera nazione.

Luiz Gustavo: l'unico giocatore tatticamente istruito dell'intero Brasile, ingranaggio fondamentale del "gioco" di Scolari coi suoi movimenti ad alzarsi e abbassarsi. Sbroglia un sacco di situazioni intricate, aiuta chiunque, lotta e riparte pure con bello stile e buona tecnica. Ammonito salterà i quarti, un'assenza decisamente pesante per un uomo che non ha vere alternative nella testa del suo ct.

Egidio Arevalo Rios: brutto, sgraziato e cattivo, ma l'Uruguay intero si regge su di lui da quasi un quinquennio. Tabarez si fida ciecamente. Di solito si dice per gli attaccanti, ma sostanzialmente fa reparto da solo. Copre tutta la metà campo difensiva,  legge tatticamente in anticipo dove si creano situazioni pericolose, si fa trovare pronto a contrastare qualunque essere in giallo che si presenti nella sua metà campo. E tutto sommato non gioca nemmeno male il pallone.

Dirk Kuyt: l'uomo tattico di Van Gaal, che è un modo per dire l'uomo mandato allo sbaraglio da Van Gaal. Alla fresca età di 34 anni lui che nasce centravanti prima fa l'esterno a sinistra nel 3-5-2, poi il terzino destro di difesa a quattro quando si passa alla formazione d'assalto. Tocca un'infinità di palloni, è sempre lucido e regala pure la giocata che porta al corner del primo gol. Per la corsa, credo non si sia ancora fermato adesso. L'ultimo immortale.

Klaas-Jan Huntelaar: la sua foto sarà inserita nei vocabolari alla voce "personalità". Vede finalmente il campo in una partita maledetta, sostituisce uno degli uomini simbolo di questa Olanda e si toglie la soddisfazione di risolvere un ottavo chiusissimo. Assist di sponda aerea per Sneijder, rigore battuto col piglio di chi non ha paura di niente (al contrario del suo capitano Robben). Un segnale fortissimo a Van Gaal, che finora lo aveva totalmente ignorato. Il Cacciatore c'è ed è pronto a lasciare il segno.

Bryan Ruiz: il suo tiro lento e preciso è un colpo da biliardo che sa tanto di beffa. L'uomo della provvidenza per la Costa Rica visto il gol all'Italia che indirizza il girone, il gol alla Grecia nei regolamentari degli ottavi e il rigore segnato nella lotteria che porta ai quarti. E' il giocatore più conosciuto e non si tira indietro. Numero 10 e capitano vero.

Marcos Rojo: un Mondiale a mille all'ora. Sulla fascia è un pendolino instancabile, si propone sempre e produce anche cross tesi interessanti. In fase difensiva chiude le diagonali e ci mette il fisico senza paura. Un'energia inesauribile, una corsa e una continuità mostruose, che hanno presentato il conto fisicamente nei supplementari con la Svizzera (sostituito per infortunio). Ammonito, salterà i quarti e sarà molto dura per Basanta dimostrarsi alla sua altezza. L'Argentina perde una risorsa fondamentale. 

Tim Howard: l'eroe assoluto degli ottavi per gli Stati Uniti. 15 parate, un posizionamento al limite dell'incredibile, una reattività da campione. La partita giusta al momento giusto, peccato non sia bastato.


Flop

Oscar: continua il suo Mondiale totalmente anonimo. Tocca pochi palloni, non trova mai spunti nè al tiro nè nella gestione. Troppo isolato, troppo fermo, troppo esterno. Soffre tantissimo sia a destra che a sinistra, gli manca brillantezza, velocità, iniziativa. Ci si aspettava molto, ma molto di più.

Marcelo: ogni tanto ha le sue partite in cui entra in difensivamente in versione telepass. Col Cile totalmente svagato e distratto, spesso si trova a vagare per il campo attratto dal pallone come nemmeno i pulcini. Giocando pure dalla stessa parte di David Luiz è un azzardo notevole.

Alexis Sanchez: è il giocatore di riferimento della Roja, segna, corre molto e gestisce un sacco di palloni ricamando dribbling su dribbling. Ma appunto questo è anche il suo limite, spesso rallenta il gioco per cercare la giocata finendo con l'essere circondato e perdere palla. Forse il Cile avrebbe avuto bisogno di un filo di incisività in più.

Edinson Cavani: coi problemi di Forlan e Suarez aveva una grossa chance di prendersi il suo spazio con la Celeste. Si trova però ad essere utilizzato solo come uomo di corsa giocando dietro alla prima punta, finendo inevitabilmente per perdere lucidità e sbagliare spesso quando chiamato a gestire palla. Vista la squalifica del coniglio mannaro avrà molto spazio nell'immediato futuro, ma siamo veramente all'ultima occasione di imporsi con l'Uruguay.

Robin Van Persie: ha intenzione di vivere di rendita per il gol alla Spagna? Totalmente impalpabile col Messico, incapace di smarcarsi e di entrare in partita in qualunque modo, fermo, lento e impreciso. L'Olanda ha bisogno di ben altro nello spot di numero 9.

Jerome Boateng:
il fratello tedesco di Kevin-Prince è in evidente difficoltà. Difensivamente è inaffidabile, non ha alcuna intesa con Mertesacker, non gli fornisce mai copertura, gestisce con fatica gli 1vs1.  Con la palla risulta impacciato e tende a ritardare la giocata. Fisicamente non appare in gran forma, risultanto soprattutto lento sia nel breve che nell'allungo. Un bel rischio per la difesa tedesca.

Angel Di Maria (escluso l'ultimo tiro): di sicuro è uno che crede molto in se stesso. Tenta sempre la giocata e corre moltissimo fino al minuto 120, peccato che parta spesso bene per poi perdersi regolarmente nella giocata decisiva. Forse proprio per questo segna tirando di prima. Sbaglia passaggi e cross a pioggia.


A parte

James Rodriguez:
su di lui viene ormai prodotto un pezzo al minuto, che stia dominando il Mondiale lo sapete, quindi sarà nominato il meno possibile su questo blog

18 giu 2014

Brazil2014: Top&Flop Giocatori - Prima Giornata


Top

Matteo Darmian: la vera sorpresa dell'Italia, il terzino che non ti aspetti. Corsa continua, fisico e inserimenti, con ottima personalità. Considerato il livello nel ruolo una bella sorpresa.

Alexis Sanchez: il riferimento offensivo del Cile dimostra subito di voler mettere un bel po' di pepe su questi Mondiali. Diverte e si diverte, lampi di classe, ma anche concretezza (gol e assist).

Marcos Rojo: tecnicamente già è tanto vederlo terzino, figuriamoci esterno di centrocampo. Ma uno che spazza nella sua area in rabona è un pazzo, un genio, un rivoluzionario. Altrochè mettere la Terra a girare attorno al Sole.

Joel Campbell: l'anima e probabilmente la speranza di tutta la Costa Rica. Si presenta senza paura e con la chiara intenzione di spaccare il mondo, mettendo in mostra tutto il repertorio contro il più quotato uruguay. L'esperienza in Grecia sembra averlo maturato molto.

Daley Blind: il figlio d'arte ha una enorme chance di dimostrare di non essere il classico raccomandato e si mette a pennellare assist di 30 metri. Resta un giocatore con caratteristiche particolari, ma il piede è decisamente educato e la comprensione tattica raffinata.

Arjen Robben: nel 2014 dobbiamo ancora spendere parole su di lui? A prescindere da eventuali rivincite, accelerazioni e mancino da alieno. Seconda punta è veramente difficile da tenere, perchè sa anche tagliare.

Robin Van Persie: potrebbe averci già regalato il gol più bello dei Mondiali. Quel colpo di testa lo rivedremo per tutta la vita. Al massimo della maturità, sia tecnica che nel ruolo di prima punta, al suo ultimo Mondiale (presumibilmente) sembra voglia lasciare il segno.

Thomas Müller:
dove eravamo rimasti? 5 gol nel 2010 quando era appena nato come giocatore, 3 all'esordio oggi. Feeling mica da ridere con la porta e coi Mondiali, occhio Klose.


Flop

Diego Forlan: il biondo numero 10 appare proprio a fine corsa. Non che sia una novità visto che è in calo dal 2011 (compreso), ma non ha nemmeno lo satus di battere i rigori ormai. Affonderà con tutta la nave?

Edinson Cavani: in nazionale continua ad essere irriconoscibile. Con Suarez fuori aveva un'occasione forse unica, ma produce solo corsa a vuoto e tiri sbucciati. Certo, in un contesto ignobile, ma parliamo di uno qualunque o di uno dei giocatori più pagati al mondo?

Gabriel Paletta: una volta si diceva che per reggere in certi contesti serve l'esperienza internazionale. Appare decisamente inadeguato al livello, soprattutto in quello che dovrebbe saper fare meglio. E non parlo del pettinarsi.

Hulk: un altro che con la maglia del Brasile si è visto poco o nulla. A sinistra dire che non si trova è riduttivo, ma sembra anche lento e impacciato. Tanto vale mettere in campo il Doriforo.

Gerard Pique: il simbolo assoluto del progressivo calo del Barcellona, di anno in anno peggiora costantemente. Distratto, lentissimo, incapace di marcare e anche con scarsa intesa coi compagni.

Iker Casillas: se il gol di Godin poteva essere un segnale, la prestazione contro l'Olanda ha confermato il suo disastroso stato tecnico. E dire che con la Spagna era sempre stato una sicurezza. Quegli occhi da gattino bagnato poi non aiutano a dare l'impressione che possa riprendersi a breve.

Joe Hart: continua la sua personale lotteria, il problema per l'Inghilterra è che non si può sapere cosa esce. Buone parate ed errori inspiegabili (la mezza uscita su Balotelli, per dire il più ricordabile), se si deprime il Mondiale di Hodgson è già finito.

Stipe Pletikosa: con un portiere e un arbitro la Croazia poteva pure vincere. Poco reattivo, lentissimo a buttarsi, in definitiva incapace di coprire la porta.

Lionel Messi: il gol è fenomenale e decisivo. Ma il suo stato fisico e mentale condiziona troppo tutta la squadra. La gestione tattica del fenomeno del Barcellona non è mai stata facile, ora sembra anche psicologicamente in sofferenza. Basta vedere quanto forzatamente lo cerchino i compagni pur di farlo segnare.

Pepe: rosso fiscale, paga la fama, tutto quello che volete. Un giocatore della sua esperienza e col suo curriculum non può compiere due ingenuità simili di fila, compromettendo la partita e forse l'intero girone. Del resto, conoscere Pepe è più che sufficiente per aspettarsi questo e altro.

Igor Akinfeev: qualche anno fa era considerato un talento assoluto nel ruolo. Oggi fa di tutto per non far sentire il suo collega della Corea inadeguato, riuscendo dopo diversi tentativi a regalare il gol.