21 feb 2012

Aveva, ancora una volta, ragione lui

Rafa Benitez. Un nome che più passa il tempo più tormenta la psiche del tifoso interista.
Già a Natale scorso, quando arrivò Leonardo, si palesarono
molte cose che il buon Rafa aveva avuto il coraggio di dire prima di andarsene. Il mercato successivo le confermò e gli eventi recenti che hanno portato alle crisi di Gasperini e Ranieri sono solo ulteriori ripetizioni, che evidentemente non hanno giovato abbastanza.

Benitez arrivato alla guida della squadra campione di tutto chiese due suoi ex giocatori. Javier Mascherano e Dirk Kuyt.
Andando oltre nomi, stipendi, prezzi, capricci interni, analizziamo i due profili.
Un mediano giovane (26 anni all'epoca) ma con esperienza, tatticamente già formatissimo, forte fisicamente, in grado di coprire molto campo in fase difensiva e un attaccante capace di interpretare più ruoli, principalmente adattabile sull'esterno, con una resistenza unica per dare equilibrio a tutta la squadra, ma anche con gol nel curriculum.
Vi sembra di leggerci qualcosa di familiare a livello di necessità?

9 feb 2012

Il ritorno dei centravanti

Il calcio argentino nei secoli dei secoli ha alcuni elementi invariabili: il difensore forte fisicamente, di testa e roccioso, il mediano davanti alla difesa e il centravanti. Due spruzzate di garra, un paio di funamboli sotto i 170 cm e avete la summa del futbol albiceleste.

Per l'importanza del 9 vero, canonicamente inteso, chiedete a Sergio Batista, ex ct della nazionale che si è sfasciato la testa contro l'esperimento di Messi (e Lamela, ma tralasciamo) centravanti sull'esempio del Barcellona. E le due migliori squadre del paese, Boca e Velez, hanno deciso di puntare su due cavalli di ritorno, pur con profili diversi.

Santiago el Tanque Silva per la Primera Division Nacional è praticamente il meglio disponibile. Sei mesi anonimi a Firenze (ma in che contesto?) non ne hanno intaccato la credibilità dall'altra parte dell'oceano, dove parlano ancora i due campionati vinti e i due titoli di capocannoniere. E dopo l'infortunio di Viatri al Boca mancava proprio un puntero di peso e personalità per presentarsi al meglio in Libertadores, competizione con cui il Tanque ha un conto aperto dal rigore sbagliato in semifinale l'anno scorso.

Luca Pratto al Genoa era diventato un personaggio, con quel soprannome un pò così (il Cammello) e quel modo di giocare un pò così. Gol pochi, corsa tanta, ma si sa che dalle parti di Giochi Preziosi è difficile durare a lungo. Il Velez ha deciso in extremis di puntare su di lui per colmare un vuoto nel reparto offensivo abbastanza clamoroso. Considerato che è un classe 88 e che in Libertadores ha già fatto bene lo scorso anno con l'Universitad Catolica potrebbe essere un buon colpo.

La curiosità finale è che Silva era l'ex centravanti del Velez che ha lasciato un vuoto non colmato fino a oggi, mentre Pratto è giocatore di scuola Boca, mandato in giro in prestito fino al passaggio al Genoa. Chi ci guadagnerà dall'incrocio?

6 feb 2012

La fine degli alibi

Per la quarta volta in due anni l'Inter si trova a dover riflettere sulla propria condizione. Tecnica, atletica, motivazionale, gestionale.

Con quattro allenatori diversi, per motivi ovviamente diversi, si è sempre arrivati a una crisi di risultati che ha spento i lumicini di speranza nel cuore dei tifosi. Oggi l'Inter viene da un punto in tre giornate e dall'eliminazione in Coppa Italia, con la bellezza di undici gol subiti in quattro partite, proprio quando il periodo più difficile sembrava superato. Cos'è successo?

Per l'ennesima volta la squadra ha dimostrato i suoi limiti. Che sono tecnici, ma soprattutto atletici e motivazionali.
" La grossa rincorsa ha fatto sì che inconsciamente si sia staccata la spina. Martedì dovremo fare un bel discorso, parlando francamente e ricominciare da capo. Così non possiamo andare avanti. Abbiamo fatto tre sconfitte e non può andare. [...] Se non sei determinato, è inutile parlare di sistema di gioco". Parole di Claudio Ranieri, che dalla panchina ha visto la sua squadra allo sbando senza riuscire a fare nulla. Perchè oggi i giocatori dell'Inter hanno dei problemi palesi, che si sono ripresentati ciclicamente, ma ciclicamente sono stati ignorati in virtù di un passato glorioso. Il sistema di gioco non è tutto, ma è un elemento.

Ranieri è stato costretto a varare un 4-4-2 di corsa e prudenza per rischiare il meno possibile e i risultati sono stati con lui. Ma del resto anche Benitez prima e Leonardo poi si erano rifugiati in qualcosa di simile per salvare il salvabile, ottenendo i traguarti minimi richiesti. La causa è sempre la stessa, lo scarso apporto fisico e dinamico dei centrali di centrocampo, che vanno messi nelle condizioni di non fare danni. Su questo altare si sacrificano i giovani Faraoni e Obi, mandati in campo col chiaro compito di correre anche per altri, e vengono minimizzate le qualità di gente come Coutinho, Alvarez e Poli, la cui capacità di creare qualcosa in termini offensivi diventa troppo rischiosa. Nessuno è in grado di coprire le loro avanzate, anzi sono loro a dover coprire gli altri. Il problema si ripercuote fino alle punte, costrette a giocare sistematicamente lontano dall'area per far partire il pressing come fossero centrocampisti.

In questo contesto fisico non stupisce che i giocatori non siano in grado di alzare il pressing o semplicemente diventare più aggressivi. Il campo da coprire è quello e la coperta cortissima. Il minimo movimento fuori dagli schemi provoca delle voragini, in cui negli ultimi giorni sono stati lieti di inserirsi Miccoli, Giacomazzi e tutta la Roma. Lavorare costantemente col timore di prendere gol al primo pallone perso è deleterio al massimo. E la ripercussione sul gioco evidente.

La cessione di uno dei titolari indiscussi nonchè regista di Ranieri, Thiago Motta, non deve diventare un alibi. Questa squadra ha sempre avuto dei problemi (e i risultati lo dicono chiaramente), Motta era uno degli elementi che li mascherava. Non è un singolo giocatore sul mercato a cambiare la situazione, servono un insieme di tasselli, piccoli elementi per migliorare passo dopo passo. Citando ancora l'allenatore: "Ripercussioni per un mercato non all'altezza? Questa è la prima partita che facciamo da quando è finito il mercato, ne avevamo già perse due. Tutti abbiamo fatto pressioni su Thiago, ma quando un giocatore ti chiede di lasciarlo andare, credo che sia giusto quello che abbiamo fatto. Non dobbiamo più parlare di Thiago Motta ma trovare soluzioni per migliorare." . Motta è stato per lungo tempo un totem a cui aggrapparsi, la sua partenza per Parigi rappresenta piuttosto la fine di ogni alibi per i suoi compagni di squadra. Stessa cosa che in teoria doveva rappresentare l'esonero di Gasperini e l'abbandono del suo improponibile sistema di gioco.

Motta non rappresentava il futuro dell'Inter. Ma questa squadra per avere un futuro deve accettare i suoi limiti e lavorarci sopra. Senza egoismi, senza preconcetti, senza posti assicurati. Facendo delle scelte per il bene della squadra, cioè di tutti, accettando il proprio ruolo per quello che dice il campo. Ogni giocatore di fronte alle sue responsabilità, senza più alibi appunto.

I singoli passano, la squadra resta.

31 gen 2012

Due parole su Thiago Motta

Tanto tuonò che piovve, quando personalmente non me l'aspettavo più.
Thiago Motta è un giocatore del Paris Saint Germain.
E' il caso di spendere due parole su un'operazione simile. Da parte di uno dei primi sostenitori del brasiliano d'Italia.

Thiago Motta è arrivato all'Inter quasi a sorpresa due anni e mezzo fa, una sorta di allegato dell'operazione Milito. Nessuno dei tifosi comprendeva davvero la mossa del suo acquisto pur dopo l'ottima annata della rinascita sotto la guida di Gasperini, salvato per caso e per scommessa da Preziosi in persona, perchè il giocatore aveva poco clamore attorno a se. A torto.
L'importanza e il talento di Thiago erano ampiamente sottovalutati a causa del suo passato. Scaricato dal Barcellona, sua masia d'origine, con tanti, troppi drammi fisici alle spalle. Un'etichetta di giocatore finito difficile da staccare.
Per caso o per fortuna, dicevamo, Preziosi lo valorizza e probabilmente lo offre alla società nerazzurra, intravedendo una ghiotta plusvalenza. L'Inter ci punta e il resto è storia.

Purtroppo il revisionismo è pratica veloce, e la maledizione dell'uomo in particolare calcistico è dimenticare.
Motta all'Inter ha sempre avuto dei problemi.
La prima categoria di problemi è di ordine tattico. Il brasiliano è giocatore più unico che particolare, difficile da mettere nelle migliori condizioni di esprimere il suo talento (che è molto) innanzi tutto per motivi dinamici. Ha fisico, ma è lento e fatica a coprire lo spazio sia nel breve che sull'allungo, il che lo porta a lasciare spesso campo all'avversario nella fase di copertura, e anche nel contrasto a volte è approssimativo. Tecnicamente è fortissimo, si esalta nel fraseggio palla a terra ed è ottimo negli inserimenti, che però difficilmente sfrutta in quanto per coprire un suo movimento deve spostarsi l'intero reparto. La sua capacità di gioco impone di schierarlo in mezzo al campo più che defilato come interno (dove è limitato dalla visione parziale del campo e dal dinamismo), ma bisogna coprirlo con la corsa di altri giocatori per evitare rischi in difesa. La dimostrazione sono stati i 6 mesi di Leonardo, quando è nato Motta davanti alla difesa, e basta rivedere le partite col Bayern Monaco per capire quanti problemi potesse dare quando tutto non girava al meglio. All'Inter è sempre stato incostante, con qualunque modulo e compagno. Per vocazione ha sempre gestito molti palloni, ma alcuni errori banali li ha concessi spesso.
La seconda categoria di problemi sono quelli fisici, che ne hanno contraddistinto la carriera. All'Inter ha avuto lesioni muscolari, un'operazione al ginocchio e un'infiammazione allo stesso che di fatto ne hanno dimezzato l'utilizzo nell'ultima stagione e mezza. Un peso non da poco per un giocatore che per caratteristiche è un punto di riferimento per i compagni, aggravato dalla sua convocazione in nazionale italiana, che ne ha aumentato il chilometraggio annuo (emblematico l'infortunio con l'Italia prima ancora di iniziare il campionato con l'Inter).

Parliamo però di un titolare dell'Inter degli ultimi anni. Un giocatore cardine per personalità, capacità di pensare in verticale, gestione del gioco e anche gol. Tutto ciò testimoniato dai numeri dell'Inter con o senza di lui in campo. Cederlo è ovviamente un rischio, anche grosso, e farlo a Gennaio un moltiplicatore visto che cambi degli equilibri già consolidati senza il tempo nè di cercare un sostituto ponderato nè di rivedere con calma l'assetto tecnico di squadra.
La cessione di Motta è un evento che ci poteva stare, all'interno di un progetto, di un'idea ben precisa anche di rinnovamento.
L'italobrasiliano classe 1982 andava in scadenza nel 2013, è sempre a serio rischio infortunio e per caratteristiche è un giocatore a cui devi costruire attorno l'impianto più adatto possibile a valorizzare il suo talento e coprire i suoi problemi. Se ce l'hai lo schieri titolare, accetti un certo discorso tattico e il rischio che ti salti mezza stagione. Sapendo che per caratteristiche un suo back-up vero non lo troverai mai.
Detta in breve o ci punti adesso e in futuro come titolare o è più un rischio che un beneficio, specie andando a scollinare oltre i 30 anni. La scelta era o rinnovare subito (forse creandosi dei problemi in casa visto che ci sono altri giocatori in scadenza che ancora aspettano) o cederlo subito.
Sul filo di lana si è scelto.

Addio Thiagone e grazie di tutto.

30 gen 2012

Martedì con Aguante Futbol

Assieme ai redattori di Aguante Futbol, facciamo il punto sull'attualità attraverso 4 domande.

1)
A cosa serve la squalifica per bestemmie se poi nei fatti non si riesce mai a stabilire se il labiale è netto?

G.B.: Non serve. E' una regola approvata in fretta e furia per non si sa quale motivo e dimenticata con la stessa velocità. Salvo casi particolari in cui può essere comodo riportarla sulle prime pagine dei giornali.
G.D.C.: A nulla. E' il classico esempio di un attacco isterico di bigottismo che poi nei fatti non si ha il coraggio di applicare. Specie coi forti.
Pile: A prescindere dal fatto che possa servire o meno, o possa funzionare o meno per via del labiale, è il sistema italiano (o più nello specifico il sistema calcio) a non essere adatto ad una regola del genere
A.L.: Un'altra legge inefficace e sterile che in diversi casi ha assunto connotati ridicoli. Inutile rimarcare come il fermo dogma della 'legge uguale per tutti' di fatto non viene mai messo in pratica e applicato. Parlano i casi avvenuti finora; non voglio accennare a parzialità nel giudicare, ma di certo una manifesta variabilità.

2) Mancini: "Datemi più soldi per il mercato e stenderò il Manchester United".

G.B.: Mi sembra una richiesta sensata, in un mercato dopato dagli sceicchi (Malaga e PSG) e dagli Abramovich di turno è giusto che anche l'umile Manchester City abbia il diritto di poter acquistare qualcuno senza doversi accontentare di seconde o terze scelte.
G.D.C.: Richiesta un pò forzata, che messa così sa tanto di bambino viziato. La Coppa d'Africa causa sempre dei problemi, e prima o poi qualcuno dovrà pensare come risolvere la questione.
Pile: Mi sembra una richiesta un pò forzata, ma Mancini ha sempre fatto così, lo fece anche all'Inter dopo una Supercoppa vinta e dopo che Moratti aveva già assecondato tutte le richieste. Può sembrare una presa di posizione arrogante e presuntuosa, per me è sintomo di personalità. Mancini ha tante carenze, ma la faccia tosta non gli manca e questa per me è una qualità.
A.L.: Più che forzata direi piuttosto stravagante, entra di diritto nei colmi calcistici.
Il parere è sempre quello, Mancini e il Manchester City alla fine riusciranno a portare a casa la Premier League, mercato o non mercato che sarà.


3) Ad oggi, Pato giura amore al Milan e impedisce l'arrivo di Tevez. Il Milan ci guadagna o ci perde?

G.B.: Nell'immediato, nonostante il prolungato stop di Tevez, il Milan a mio avviso ci perde. In ottica futura è difficile fare previsioni, perchè come avete giustamente detto Pato ha davanti un'intera carriera ed è tutto nelle sue mani.
G.D.C.: La risposta può darla solo la futura carriera di Pato. Ad oggi il milanista ha di sicuro ottimi numeri, ma è un giocatore con più limiti che pregi. Non ultimi il carattere, il rapporto con Ibrahimovic e quello con Allegri, cose non esattamente secondarie per rimanere al Milan. Tevez doveva essere un'occasione quasi gratis, ma al variare delle condizioni c'era poco da inventarsi.
Pile: Difficile da dire. Pato è un giocatore che, a 22 anni, ha già dimostrato tanto, ma vive un momento difficile. Allo stesso tempo, anche Tevèz è un grande giocatore in un momento un pò così. Io penso che solo la società Milan o gli addetti ai lavori possono conoscere a fondo pregi o difetti di questa (non) operazione.
A.L.: E' veramente una cosa impossibile da prevedere –e sarebbe altrettanto insensato provare a farlo–. Fare un confronto, mettendo in contrapposizione le abilità dei due sarebbe velleitario, poiché sono troppi i fattori e le variabili influenzanti che alla lunga potrebbero rivelarsi determinanti. Pato ha dalla sua l'età, un potenziale ancora da esprimere appieno –o perlomeno farlo con continuità, dimostrare di poter tenere un'intera stagione ad alto livello–, e la garanzia che comunque vadano le cose rimarrebbe nel "calcio che conta" –perchè saranno sempre parecchi i Club alla finestra per lui.
Il valore di Tevez, per quanto mi riguarda, è sempre stato fuori discussione, un fuoriclasse che molto probabilmente attualmente può dare di più –del Brasiliano–, ma è l'instabilità dimostrata e puntualmente venuta fuori ovunque è andato che da qualche grattacapo. L'impressione è che messo a suo agio, Tevez > Pato; ma appunto rimane un'impressione troppo opinabile.


4) Al Porto arriva Danilo, talento brasiliano abbastanza dimenticato negli ultimi mesi. Che impatto potrà avere col calcio europeo?

G.B.: Arrivare al Porto lo aiuterà ad adattarsi senza eccessiva pressione al calcio europeo, iniziando in un campionato a metà strada fra l'anarchia brasiliana e i tatticismi del vecchio continente. La squadra di Pinto da Costa potrebbe essere l'ambiente ideale per un giocatore ancora tutto da impostare come lui.
G.D.C.: A me il giocatore è sempre piaciuto, sono molto curioso di vederlo. Magari nel suo ruolo, a centrocampo, perchè da terzino è sprecato e avrebbe veramente troppo da imparare, come dimostra l'altalenante Mondiale Under 20. Col suo dinamismo e la fisicità potrebbe essere una valida opzione anche per la nazionale.
Pile: Il Porto mi sembra essere la squadra giusta per un giovane promettente sudamericano come Danilo. Devo dire che il giocatore non è fra i miei preferiti, anche se la sua duttilità è una qualità importante. Il fatto che, come si dice nella domanda, possa esser stato un po' dimenticato porta un po' alla luce il problema dei giocatori sudamericani, nel senso che spesso in patria li enfatizzano sopratutto per questioni di mercato e forse questo suo accantonamento anche mediatico potrebbe dipendere dal fatto che è stato ceduto da mesi.
A.L.: Può essere la tappa perfetta, il club con un'ottima caratura che gioca in una nazione non rientrabile e non definibile di 'prima fascia', ergo il massimo per l'ambientamento, con un comunque distinto livello di gioco competitivo. Il Porto in particolare poi, non devo dirlo io quante promesse ha prelevato dal Sud America facendole esprimere al massimo -e talvolta anche più- in Europa [..] è una trama già vista.
Il profilo del giocatore, nell'ultimo periodo in particolare, è stato un po' altalenante nelle prestazioni, ma il talento è stato dimostrato -parla anche l'esborso per lui-.
Ha tutte le carte in regola per far bene, e andar progressivamente migliorando.

25 gen 2012

Clasico de Copa, ritorno

Dopo l'andata, con quel risultato ottenuto in quel modo, nessuno si aspettava qualcosa dal Real Madrid in trasferta a Barcellona.
Invece el clasico è riuscito a regalarci una partita imprevista, bella, nervosa, emozionante, con tante contraddizioni ma soprattutto, finalmente, aperta.
Il Barcellona ha giocato e il Real Madrid ha giocato.

Mou nella sua storia contro i balugrana da tecnico blanco ha mandato in campo praticamente tutti gli uomini a sua disposizione. Per l'ennesima volta inizia con una formazione diversa, per certi versi a sorpresa, sicuramente offensiva. La difesa vede Arbeloa a destra, Pepe e Ramos centrali, Coentrão a sinistra, mediani solo Xabi Alonso e Lass, in attacco un trio inedito con Özil, il redivivo Kakà e l'imprescindibile Cristiano Ronaldo a supporto di Higuain. Scelte nuove, sicuramente dettate dalla palese incapacità mostrata dalla sua squadra nel gestire la manovra d'attacco senza giocatori con doti di regia in campo.
Un Real come piace ai tifosi, una squadra coraggiosa che dà veramente tutto nella prima mezz'ora forse anche per zittire certe voci di dissidi interni, cercando un gol che non arriva per errori banali quanto clamorosi e una traversa del turco-tedesco.

E il Barcellona?
Strano a dirsi specie al Camp Nou, ma soffre, soffre e balla paurosamente sugli sbandamenti di una difesa veramente in affanno. Guardiola presenta il suo 4-3-3 nella versione più pungente, con Fabregas al posto di Iniesta e il tridente vero Pedro-Messi-Sanchez. Ma la squadra non c'è, va in campo nella sua versione distratta e giogioneggiante già vista in stagione (tanto per dire, contro il Milan), cosa che si reputava impensabile con tutti i titolari e contro il Real.

Così passati gli spaventi ci mette mezz'ora a imporre il suo palleggio. La partita torna sui binari consueti e alla prima vera occasione Messi parte in verticale, la difesa (in particolare Arbeloa) collassa tutta su di lui e abbandona Pedro, uno che quando c'è da affondare il colpo non manca mai l'appuntamento. 1-0 Barcellona e prima macigno sulla partita.
A questo punto si vedono chiari nervosismo e frustrazione. Il Real inizia ad eccedere nei falli e nelle proteste e proprio alla fine l'arbitro grazia Lass dal secondo giallo per un fallo sul solito Messi. Dalla punizione nasce la perla assoluta di Dani Alves, destro al volo che si insacca all'incrocio, per il 2-0 che chiude il primo tempo e sembra il preludio alla goleada.

E invece no.
Mourinho attinge alla sua panchina, iniziando dal Pirata Granero in mediana. Il Barcellona tiene ancora il pallino del gioco soprattutto con Xavi in cattedra, ma si dimostra poco pungente anche per un Sanchez spaesato (soffre il tridente?). Ma a dare poca sicurezza è ancora la difesa, con Pique e Puyol molto imprecisi e Busquets incapace di fornire adeguato filtro.
Dopo un fuorigioco dubbio fischiato a Pedro lanciato nelle praterie, il Real si sblocca con una semplice azione in verticale di quelle che hanno reso famosa e vincente l'Inter del triplete. Palla a Özil sulla destra che alza la testa e serve il movimento profondo di Ronaldo tra il terzino e il centrale. Saltato Pinto al portoghese resta solo da insaccare il suo ennesimo gol stagionale, secondo consecutivo agli acerrimi rivali (scusate se è poco). Il Barcellona aveva trovato le marcature nel momento migliore del Real, ora tocca agli uomini di Mou ricambiare il favore.
Ancora una volta i blancos si trasformano, e il più pungente di tutti è Karim Benzema, l'ex bersaglio di tutte le critiche dell'allenatore portoghese, che coi suoi tagli fa letteralmente impazzire la linea difensiva catalana. Non è un caso che sia proprio lui a entrare in area da sinistra, saltare Puyol con un sombrero e depositare in rete il 2-2 che cambia la partita.
La qualificazione è di nuovo in bilico. Contro ogni pronostico.
Al Real manca la forza per l'ultimo spunto, l'ultima giocata per sigillare una rimonta che sarebbe storica. Özil, alla sua prima partita di personalità vera a Madrid, regala un altro gran pallone da destra, ma Ronaldo sbaglia. I brividi per il Barcellona ci sono, anche dopo l'espulsione di Sergio Ramos per un secondo giallo esagerato su classica simulazione di Sergio Busquets. Ma il Real con oltre 25 falli a referto poteva aspettarsi una cosa simile.
Le reti non si gonfiano più e il risultato finale è un giusto specchio della gara.

Il Barcellona passa il turno grazie soprattutto all'andata, il Real è ancora una volta a leccarsi le ferite e rimuginare sui suoi errori.
Però stavolta è stata diversa. Non hanno perso e non era facile a Barcellona, dovendo rimontare il 2-1 dell'andata e l'ulteriore 2-0 del primo tempo. Hanno fatto paura agli invincibili rivali con gol e gioco una volta tanto, senza subire o finire in riserva.

Potrebbe essere un bel segnale, una volta tanto, per quel clasico che è destinato a decidere la Liga 2011/2012.

23 gen 2012

Necessità tecniche

L'Inter di Ranieri chiude il girone d'andata al quarto posto, in pieno purgatorio da Europa League.
Posizione non certo esaltante, ma insperata appena due mesi fa quando arrivava la sesta sconfitta stagionale in campionato contro l'Udinese (non a caso terza tre punti sopra).
Molto se non tutto si deve all'allenatore di Testaccio, capace in poco tempo di plasmare dal fango della zona retrocessione una squadra solida in grado di inanellare una serie di vittorie consecutive sinceramente impronosticabile, con la ciliegina della vittoria nel derby.

L'errore è pensare che adesso sia tutto a posto.
Ranieri ha fatto un miracolo. Gestendo la rosa, trovando un modulo adatto per il risultato (lo spettacolo si lascia volentieri ad altri, rigorosamente non in Italia), recuperando giocatori persi. Il campo dice che tutto funziona, ma fermare l'analisi a questo livello è un errore banale.

Occorre ricordare il punto di partenza, cioè il mercato estivo.
Già allora l'Inter aveva delle necessità precise, che sono state colpevolmente perse di vista a causa di una gestione della questione allenatore a dir poco approssimativa. Così non è arrivato alcun ricambio vero, concreto e affidabile per il reparto che dal 22 Maggio 2010 ne ha più bisogno, cioè la mediana. L'unico nome è stato Poli, arrivato in prestito, che ha collezionato più infermeria che campo, con tre presenze in cinque mesi. Alvarez è stato presto dirottato in ruoli più offensivi, mentre Obi paga una certa indisciplina tattica.
Restano quindi i soliti Cambiasso, Motta, Stankovic e Zanetti, i cosiddetti senatori, i giocatori a cui Moratti è tanto attaccato da non riuscire nemmeno a dirgli che potrebbe arrivare un sostituto. Ma gli anni passano per tutti, e per giocare a calcio è importante anche la componente atletica.
Con Stankovic sempre più in difficoltà e alle prese coi soliti frequenti infortuni, Cambiasso e Motta sono stati gli unici titolari di Ranieri. L'argentino sembra sempre più in condizioni fisiche approssimative, mentre la storia clinica dell'italo-brasiliano impone una certa prudenza nell'impiego. Unica opzione di back-up il sempreverde Zanetti, che rimane pur sempre un adattato nel ruolo e a 38 anni un pò di smalto fisico l'ha perso anche lui.
Un pò poco per una squadra impegnata su tre fronti, con partite continue. E a mercato aperto si sentono voci solo sulla cessione di Motta...
Serviva un'opzione più affidabile a Giugno, ne servirebbero due senza cessioni oggi vista l'assenza prolungata di Stankovic (o fiducia a Poli più un nuovo acquisto, il conto è sostanzialmente lo stesso). I senatori, tutti, vanno dosati. Servono giocatori in grado di andare in campo e dare un apporto fisico e tecnico, senza guardare al nome.

In attacco, si pagano le scommesse estive.
Forlan ha giocato poco o nulla per infortuni, Zarate è inadeguato e Castaignos troppo giovane (per quanto decisivo a Siena). Senza la resurrezione di Milito e la scoperta di Alvarez l'Inter si troverebbe in grossissimi guai.
Ad oggi l'Inter ha solo il Principe e Pazzini visto che Forlan è fuori un altro mese. E' anche inutile sottolineare come sia troppo poco. Si può dare fiducia al giovane olandese, ma serve un'altra punta, magari anche in grado di rifinire. Tutto ciò che non è stato l'ex laziale Zarate insomma, evidentemente alla fine della sua avventura in nerazzurro.

Manca una settimana alla fine del mercato, non a caso chiamato di riparazione.
Le lacune ormai sono chiare a tutti, e soprattutto quella a centrocampo è stata penosamente evidenziata anche in Inter-Lazio.
I risultati non sono una scusa per non cercare un miglioramento.
Milan e Juventus, rispettivamente seconda e prima, hanno già operato sul mercato e lo faranno ancora, senza il timore di rovinare degli equilibri, senza paura di sovraffollare la rosa per coprire gli infortuni.
Bisogna ponderare le mosse, ma bisogna intervenire.
Perchè la squadra per la rimonta attuata fin'ora ha dato tutto, ma solo nuove forze fresche possono dare qualcosa di più.