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21 apr 2012

Perdere la Liga

Sin da quando il Barcellona ha lasciato per strada qualche punto tutti hanno cominciato a guardare al clasico in programma in Catalogna come allo snodo fondamentale del campionato (non che ci volesse una mente illuminata a trovare negli scontri diretti i veri crocevia di un campionato sostanzialmente a due). Figuriamoci quando il distacco si è ridotto a soli quattro punti in poco meno di un mese per via di una frenata abbastanza clamorosa quanto inaspettata del Madrid. Distanza che sarebbe scesa a un solo punticino vincendo il clasico in casa.

Le due squadre sono arrivate a questa partita in un'atmosfera strana, mai provata negli ultimi anni. Perchè una volta tanto il Barcellona stava ancora dietro e poteva solo aggrapparsi a questa partita per riaprire un campionato altrimenti segnato, ma soprattutto perchè entrambe avevano perso in Champions League in settimana. Troppa pressione da derby? Supponenza da superiorità manifesta? Avversari di livello superiore a quanto si creda? Un misto del tutto probabilmente, ma un elemento nuovo e per tutti inaspettato.

Il campo ci restituisce una vittoria madridista molto più netta di quella che raccontano i numeri.
L'1-2 finale firmato Khedira, Sanchez e Ronaldo premia un Real Madrid finalmente padrone del campo e del suo destino.
I semi sparsi nel secondo tempo dell'ultima partita a Barcellona sono germogliati, e tutta la squadra di Mourinho è cresciuta in sicurezza e affidabilità.

Il 4-2-3-1 scelto dal portoghese è modulo ormai collaudato in cui i giocatori sanno benissimo come muoversi e riescono a gestire il pallone velocemente e in verticale, risultando pericolosi anche con un possesso temporalmente ridotto.
In più Mou viene premiato in tutte le sue scelte sui singoli, a confermare la serata perfetta del Real. Fabio Coentrão gioca una partita difensivamente magnifica nonostante venga puntato a più riprese, Sami Khedira porta sostanza a centrocampo e il fondamentale gol dello 0-1, Karim Benzema plasmato in tutto dal suo allenatore regala una prestazione tutta fisico, sacrificio e intelligenza, Mesut Özil uno dei grandi esclusi del recente passato sforna giocate di classe, gestione della sfera e il magnifico assist per il definitivo 1-2. Tutto funziona come deve, la squadra gioca da squadra, colpisce nei momenti migliori, pressa i portatori di palla senza esasperazione, difende sulle linee di passaggio e gestisce la partita senza i consueti affanni e soprattutto libera da tutto il nervosismo inutile delle passate edizioni del clasico. Il Real soffre il giusto, ma dimostra di saper giocare a calcio, raccogliendo idealmente da Guardiola un testimone pesantissimo.

Il Barcellona invece si conferma preda dei fantasmi che lo accompagnano da tutta la stagione.
Guardiola sceglie un modulo molto fluido, per certi versi addirittura difficile da racchiudere in numeri, che in possesso palla si trasforma spesso in una specie di 3-3-4. Puyol,Mascherano e Adriano compongono la linea difensiva, Busquets e Thiago Alcantara sono deputati a cominciare l'azione, Iniesta e Xavi pensano agli inserimenti dietro a Messi e infine Tello e Dani Alves giocano larghissimi per dare sfogo sulle fasce all'azione. La squadra blaugrana punta a creare densità in mezzo per facilitare triangolazioni, scambi stretti e inserimenti,mentre gli uomini sulle fasce servono per allargare la difesa, facilitare il lavoro nel mezzo e offrire punti di riferimento sui cambi di gioco.
Al contrario del suo collega, Guardiola paga in negativo le sue scelte. Tello si muove bene, ma al momento decisivo è spesso inconcludente e in generale un pò timido. Alcantara per quanto talentuoso non è Xavi e la gestione della palla ne risente. In compenso il numero 6, più defilato nel possesso e in un ruolo di incursore più nelle corde del panchinato Fabregas, si vede troppo poco e si divora il possibile pareggio solo davanti a Casillas. Busquets, perso il contesto perfetto attorno a lui, mostra tutti i limiti che ha sempre avuto. Iniesta e Messi sembrano impegnati a giocare solo tra di loro fino a entrare in porta con la palla e Alves non ha lo spunto dell'ala vera, soffre a dover giocare sempre sul dribbling (lui che è letale negli inserimenti) e non ha alcun punto di riferimento in area per crossare. Il possesso palla del Barcellona risulta più sterile che mai, come era già sembrato contro il Milan. Non a caso il gol viene quando Sanchez prende il posto di Xavi, finalmente qualcuno impegna la difesa sulla profondità e Messi ha spazio per partire in progressione. Stupiscono poi gli errori gratuiti nel palleggio, banali sbagli di misura anche in assenza di pressing che non appartengono a quetsa squadra nell'immaginario collettivo, rallentano il possesso palla e fanno perdere qualcosa alla manovra offensiva, già di suo poco efficace perchè non produce quasi mai conclusioni.
In più difensivamente gli uomini di Guardiola soffrono perchè le distanze tra i giocatori non sono più precise al millimetro come in passato. Tutti sono un passo più distanti, un filo spostati, un attimo in ritardo e all'improvviso la squadra si dimostra vulnerabile e soprattutto incapace di portare quel pressing feroce che è alla base dei suoi successi. Schierare un solo difensore di ruolo, per di più come terzino, è un rischio troppo grande in una partita simile,e in questo si è sentita l'assenza di Abidal, fondamentale centrale aggiunto nel gioco catalano.

Il Barcellona veniva da 11 vittorie consecutive e 34 partite di imbattibilità casalinga. Ci credevano, magari non tanto da dare la pelle, ma ci credevano. E vedere una squadra così vincente incapace di buttarsi all'attacco negli ultimi minuti, lasciando addirittura palla agli avversari, è qualcosa di insolito e significativo.
Perdere la Liga così fa ancora più male. E adesso la Champions?

25 gen 2012

Clasico de Copa, ritorno

Dopo l'andata, con quel risultato ottenuto in quel modo, nessuno si aspettava qualcosa dal Real Madrid in trasferta a Barcellona.
Invece el clasico è riuscito a regalarci una partita imprevista, bella, nervosa, emozionante, con tante contraddizioni ma soprattutto, finalmente, aperta.
Il Barcellona ha giocato e il Real Madrid ha giocato.

Mou nella sua storia contro i balugrana da tecnico blanco ha mandato in campo praticamente tutti gli uomini a sua disposizione. Per l'ennesima volta inizia con una formazione diversa, per certi versi a sorpresa, sicuramente offensiva. La difesa vede Arbeloa a destra, Pepe e Ramos centrali, Coentrão a sinistra, mediani solo Xabi Alonso e Lass, in attacco un trio inedito con Özil, il redivivo Kakà e l'imprescindibile Cristiano Ronaldo a supporto di Higuain. Scelte nuove, sicuramente dettate dalla palese incapacità mostrata dalla sua squadra nel gestire la manovra d'attacco senza giocatori con doti di regia in campo.
Un Real come piace ai tifosi, una squadra coraggiosa che dà veramente tutto nella prima mezz'ora forse anche per zittire certe voci di dissidi interni, cercando un gol che non arriva per errori banali quanto clamorosi e una traversa del turco-tedesco.

E il Barcellona?
Strano a dirsi specie al Camp Nou, ma soffre, soffre e balla paurosamente sugli sbandamenti di una difesa veramente in affanno. Guardiola presenta il suo 4-3-3 nella versione più pungente, con Fabregas al posto di Iniesta e il tridente vero Pedro-Messi-Sanchez. Ma la squadra non c'è, va in campo nella sua versione distratta e giogioneggiante già vista in stagione (tanto per dire, contro il Milan), cosa che si reputava impensabile con tutti i titolari e contro il Real.

Così passati gli spaventi ci mette mezz'ora a imporre il suo palleggio. La partita torna sui binari consueti e alla prima vera occasione Messi parte in verticale, la difesa (in particolare Arbeloa) collassa tutta su di lui e abbandona Pedro, uno che quando c'è da affondare il colpo non manca mai l'appuntamento. 1-0 Barcellona e prima macigno sulla partita.
A questo punto si vedono chiari nervosismo e frustrazione. Il Real inizia ad eccedere nei falli e nelle proteste e proprio alla fine l'arbitro grazia Lass dal secondo giallo per un fallo sul solito Messi. Dalla punizione nasce la perla assoluta di Dani Alves, destro al volo che si insacca all'incrocio, per il 2-0 che chiude il primo tempo e sembra il preludio alla goleada.

E invece no.
Mourinho attinge alla sua panchina, iniziando dal Pirata Granero in mediana. Il Barcellona tiene ancora il pallino del gioco soprattutto con Xavi in cattedra, ma si dimostra poco pungente anche per un Sanchez spaesato (soffre il tridente?). Ma a dare poca sicurezza è ancora la difesa, con Pique e Puyol molto imprecisi e Busquets incapace di fornire adeguato filtro.
Dopo un fuorigioco dubbio fischiato a Pedro lanciato nelle praterie, il Real si sblocca con una semplice azione in verticale di quelle che hanno reso famosa e vincente l'Inter del triplete. Palla a Özil sulla destra che alza la testa e serve il movimento profondo di Ronaldo tra il terzino e il centrale. Saltato Pinto al portoghese resta solo da insaccare il suo ennesimo gol stagionale, secondo consecutivo agli acerrimi rivali (scusate se è poco). Il Barcellona aveva trovato le marcature nel momento migliore del Real, ora tocca agli uomini di Mou ricambiare il favore.
Ancora una volta i blancos si trasformano, e il più pungente di tutti è Karim Benzema, l'ex bersaglio di tutte le critiche dell'allenatore portoghese, che coi suoi tagli fa letteralmente impazzire la linea difensiva catalana. Non è un caso che sia proprio lui a entrare in area da sinistra, saltare Puyol con un sombrero e depositare in rete il 2-2 che cambia la partita.
La qualificazione è di nuovo in bilico. Contro ogni pronostico.
Al Real manca la forza per l'ultimo spunto, l'ultima giocata per sigillare una rimonta che sarebbe storica. Özil, alla sua prima partita di personalità vera a Madrid, regala un altro gran pallone da destra, ma Ronaldo sbaglia. I brividi per il Barcellona ci sono, anche dopo l'espulsione di Sergio Ramos per un secondo giallo esagerato su classica simulazione di Sergio Busquets. Ma il Real con oltre 25 falli a referto poteva aspettarsi una cosa simile.
Le reti non si gonfiano più e il risultato finale è un giusto specchio della gara.

Il Barcellona passa il turno grazie soprattutto all'andata, il Real è ancora una volta a leccarsi le ferite e rimuginare sui suoi errori.
Però stavolta è stata diversa. Non hanno perso e non era facile a Barcellona, dovendo rimontare il 2-1 dell'andata e l'ulteriore 2-0 del primo tempo. Hanno fatto paura agli invincibili rivali con gol e gioco una volta tanto, senza subire o finire in riserva.

Potrebbe essere un bel segnale, una volta tanto, per quel clasico che è destinato a decidere la Liga 2011/2012.

18 gen 2012

Clasico de Copa

La prima eliminatoria per il triplete 2011 vede ovviamente opporsi Real Madrid e Barcellona. Al Bernabeu per la gara d'andata dei quarti di finale della Copa de su Mayestad el Rey.

Mourinho torna al (recente) passato, rinuncia al suo modulo abituale e schiera un 4-3-3 con scelte nuove. In difesa si vede il redivivo e fedelissimo Ricardo Carvalho come centrale a fianco di Tarzan Ramos, affiancati da Fabio Coentrão finalmente nel suo ruolo a sinistra e un sorprendente Hamit Altintop terzino destro (non una novità assoluta per il duttile turco). A centrocampo torna Pepe con Lassanà Diarrà e Xabi Alonso. In attacco tridente con Higuain, Benzema e Ronaldo, tre punte vere, i tre nomi più pesanti, scelta che indica chiara volontà di sfruttare anche il lancio lungo stante l'assenza dell'importantissimo Di Maria.
Guardiola prosegue sempre uguale a se stesso, con la sua nuova formazione titolare che prevede ormai Fabregas da incursore e Sanchez da prima punta.

Il Real non entra in campo con gli occhi iniettati di sangue come l'ultima volta, ma occupa tutti gli spazi, difende bene e prova ad affidarsi al contropiede. Pressing alto senza eccessi, mediani in marcatura attenta sulle fonti di gioco avversarie, punte che si sacrificano. In particolare lodevole il lavoro in tutto il primo tempo di Cristiano Ronaldo, bravissimo a dividersi tra una difesa bassissima su Daniel Alves e le improvvise ripartenze che solo lui può garantire.
Proprio da un suo maestoso scatto in contropiede (sfruttando guardacaso l'assenza di Alves) ottimamente servito da Benzema nasce il gol dell'1-0 al minuto 11. Grazie all'evidente complicità di Pinto il portoghese riesce finalmente a lasciare il suo marchio su questa sfida e il gol subito sembra minare alcune certezze dei blaugrana, che faticano a trovare il solito palleggio.
Nonostante qualche errore non consueto il Barcellona riesce comunque a rispondere con un palo di testa di Sanchez su imbeccata dolce del figliol prodigo Fabregas, un'occasione fallita da Iniesta per (udite udite) un controllo difettoso e impegnare seriamente Casillas con un diagonale di Messi.
Grande lavoro per il Real nei raddoppi in mezzo al campo e prova encomiabile dei due terzini nell'uno contro uno. Alzi la mano chi se lo aspettava da Altintop contro don Andres.
Il primo tempo si chiude dunque con un Real in vantaggio e con l'impressione di poter sfruttare una grande occasione.

Impressione demolita dopo appena 4 minuti, quando Puyol su calcio d'angolo trova il gol del pareggio.
Il gol che non ti aspetti nella situazione meno probabile. Una mazzata terribile per Mourinho e per la distratta difesa del Real, che si fa clamorosamente spostare tutta dal movimento di Pique e lascia il capitano blaugrana libero di insaccare di testa su inserimento giusto osservato da Pepe il suo secondo gol al Bernabeu.
A questo punto la partita cambia.
Il Barcellona ritrova fiducia e nasconde il pallone, il Real si sfilaccia sempre più. Cristiano Ronaldo sparisce progressivamente dal campo senza più toccare palla. Iniesta trova la traversa su tiro deviato. Insomma, il Real passa le redini della partita nelle mani avversarie.
E si accende anche un certo nervosismo, soprattutto per colpa madridista e specificamente di Pepe. Il numero 3 del Madrid meriterebbe l'espulsione per aver calpestato a gioco fermo una mano a Messi, ma l'arbitro non vede. Un giocatore su cui è doverosa una parentesi.

Il portoghese, difensore da 30 milioni di euro, non solo tecnicamente non è mai diventato un top nel suo ruolo, ma si è spesso segnalato per comportamenti fuori dalle righe. Sia per falli violenti quanto insensati (10 giornate di squalifica non arrivano per caso), sia per giocate spesso al limite (vedere l'espulsione dello scorso anno), sia per una tendenza al tuffo che nella partita odierna ha fatto addirittura sembrare un attore consumato come Busquets meno di un mimo da strada. Simbolo assoluto di antisportività.

L'insieme di giocate scorrette è il sintomo che il Real non c'è più con la testa, fatta salva una grande azione sulla sulla destra di Altintop che porta a un palo colpito di testa da Benzema. E il gol del vantaggio del Barcellona nasce da un'altra immane distrazione blanca.
Messi, fino a quel momento autore di una partita del tutto anonima, vede un solissimo Abidal nel cuore dell'area madridista, lo serve con un pallonetto morbido e il francese non perdona, trovando il suo secondo gol col Barcellona.
Guardiola può così iniziare a coprirsi in vista del ritorno sfruttando i cambi, Mourinho prova a tornare al 4-2-3-1 inserendo Ozil e Callejon senza ottenere granchè.
Anzi, salvandosi dal finale in inferiorità numerica grazie all'arbitro che prima mostra a Carvalho un giallo invece del rosso diretto per un fallaccio da dietro su Messi e poi gli risparmia il secondo giallo su un'entrata scomposta.

La rivincita al Camp Nou. Dove servirà qualcosa che sembra molto un'impresa sempre più inverosimile.
Il Real ancora una volta era andato in vantaggio in casa e ancora una volta si è fatto raggiungere e superare.
Mourinho perde ancora nonostante gli accorgimenti tattici.
In generale non si vede chi nel Real possa dare la scossa per cambiare le cose.
Cristiano Ronaldo è troppo solo, troppo defilato e forse gli si chiede anche troppo sul piano fisico visto come si spegne. Higuain e Benzema sono punte e soffrono senza palloni giocabili. Lass Diarrà pensa giustamente solo a difendere e l'unico a inserirsi è di fatto Pepe, che è anche quello coi piedi peggiori. Resta poco da fare a Xabi Alonso, che per quanto provi a cucire il gioco non ha spazi nè tempo nè assistenza.
Nella pessima gestione dei contropiedi (clamoroso nel finale un 5 contro 3 totalmente gettato alle ortiche) si vede chiarissima l'assenza di un regista avanzato. Che però non è evidentemente Ozil, troppo morbido per questi palcoscenici.

Questo Real Madrid, squadra fantastica traboccante di talento, ha un limite psicologico e di personalità.
Riuscirà a uscirne?

13 dic 2011

el Clasico

La partita più attesa dell'anno. La numero uno del mondo contro la numero due. Il migliore contro il migliore. Fiesta del futbol. Solita retorica da Real Madrid-Barcellona

In Spagna vale un'intera stagione da qualche anno, e questa volta in particolare poteva essere un match ball clamoroso per i blancos di Mourinho.
Il Barcellona era 3 punti dietro con una partita giocata in più, in caso di vittoria il più 6 effettivo, più 9 virtuale sarebbe stato un vantaggio sensibile in termini numerici (soprattutto in un campionato grossomodo a due), ma la carica psicologica che avrebbe ottenuto il Real battendo una volta tanto i rivali, dimostrandosi in tutto e per tutto artefice del proprio destino, sarebbe stata assolutamente unica.
Tutti condizionali distrutti dalla realtà dell'1-3 rifilato dagli uomini di Guardiola a domicilio alla squadra di Madrid, che pure era passata in vantaggio dopo soli 20 secondi con Benzema.

Mourinho presenta in partenza la formazione titolare, senza mediani aggiuntivi di sorta. Pressing, attenzione difensiva (in particolare Ozil a disturbare le fonti di gioco catalane), ripartenze. A suo modo un messaggio chiaro di volersela giocare davvero.
Guardiola risponde ritornando a schierare più di un difensore di ruolo (cosa contraria alle sue recenti abitudini) e rispolverando il suo classico 4-3-3, con la sola novità del figliol prodigo Fabregas a scambiarsi con Iniesta il ruolo di terzo del tridente con Alexis Sanchez e ovviamente Leo Messi. Un modulo molto fluido, che vede come uniche posizioni fisse Busquets davanti alla difesa e Sanchez riferimento in avanti. A suo modo un messaggio chiaro circa la serietà dell'impegno.

L'inizio del Real, come detto, è da sogno e in particolare come sognato da Mourinho. Squadra molto aggressiva, alta nel pressing che forza all'errore un disastroso Victor Valdes e segna il classico gol che sembra voluto dal destino.
Il Barcellona subisce per qualche minuto tutta la fisicità che il Madrid mette in campo, faticando a trovare le sue classiche trame. A dare la sveglia a tutti ci pensa Messi che va vicino al gol su scivolata di Sergio Ramos al minuto 6.
Così la partita torna sui binari attesi da tutti, tattici di studio e palleggio, in rispetto della rispettiva forza. Il Real prova a sfruttare il contropiede, ma la scarsa vena di Ozil, Di Maria e Cristiano Ronaldo non aiuta. In particolare l'argentino schierato a destra soffre molto il dover rientrare sempre sul mancino. Il Barcellona punta sul possesso palla e le invenzioni dei suoi talenti migliori, puntando sulla densità in mezzo al campo (spesso si vedono Fabregas, Iniesta, Xavi e Messi sulla stessa linea).
Al minuto 29 Messi parte in verticale da posizione centrale. I due mediani vanno a chiuderlo e subito gli si fanno incontro anche i due centrali in un gesto che denota tanta, tantissima paura inconscia nata da molti gol subiti in passato. Si libera quindi spazio per un intelligente taglio di Sanchez che può inquadrare la porta e fulminare Casillas.

Il primo tempo si chiude così, senza altre emozioni. Il Barcellona torna in vantaggio al minuto 52 grazie a un tiro deviatissimo di Xavi, saldando il conto con la fortuna.
Il Real è tornato in campo troppo molle, come svuotato dal pari avversario. Niente pressing, niente fisicità e Cristiano Ronaldo a sprecare due ottime punizioni. Ha abbassato il baricentro e anche dopo il gol una vera e propria reazione non l'ha avuta. Non un bel segnale se devi dimostrare qualcosa, non una grande idea lasciare campo al Barcellona e ai suoi palleggiatori. Che infatti non si sono fatti pregare e si sono presi tutto lo spazio possibile, in particolare un Iniesta molto ispirato.
Da qui nasce il gol di Fabregas al minuto 65 (dopo un incredibile errore di Cristiano Ronaldo), su grande azione manovrata ancora innescata da un'accelerazione di Messi conclusa da un cross sul secondo palo di Dani Alves. I cambi di Mourinho cercano di dare un pò di verve alla squadra (soprattutto Kakà, strano a dirsi), ma il campo è ormai blaugrana.

Note a margine:
- Pepe assolutamente troppo falloso e nervoso per certe partite. Affiancato da un peperino come Sergio Ramos poi...
- Fabio Coentrão da terzino destro fa quasi tenerezza. Si applica, difende anche, ma non ha la minima possibilità di attaccare. E parliamo di uno dei migliori esterni sinistri di spinta in circolazione.
- Cristiano Ronaldo flop assoluto della serata. I poker in giro per i campi minori della Liga fanno personaggio, ma sarebbe il caso di mettere un pò di sostanza quando conta. Ha sbagliato tutti i palloni che ha toccato, si è mosso male, si è nascosto invece di cercare la palla. E se non fa lui il leader di questo Real Madrid...
- Victor Valdes forse dovrebbe pensare a fare il portiere e non il libero
- decisamente indecente l'atteggiamento delle due squadre con (anzi contro) l'arbitro, qualcuno lo dovrà pur dire. Sempre a esagerare ogni minimo contatto, a protestare in massa, a chiedere cartellini, a cercare di influenzare la direzione di gara. Bell'esempio di sportività.

Al di la della singola partita, il Real ha un problema. Vero.
Mourinho è stato preso per battere il Barcellona, chiaro e semplice.
Di sicuro la squadra è migliorata nel tempo, ma il bilancio dopo un anno e mezzo parla di 8 partite giocate con 1 sola vittoria, ai supplementari. E il Real veniva da 15 vittorie consecutive, mentre il Barcellona sembrava un pò svagato, tra esperimenti tattici di Guardiola e testa al Mondiale.
Vincere il ritorno al Camp Nou sarebbe qualcosa di più che un'impresa.

3 mag 2011

Real Madrid - Barcellona, match 4 di 4

A far parlare di se è ancora una volta Josè Mourinho, assente forzato dopo l'espulsione dell'andata, per la scelta di vedere la partita in hotel. Una provocazione per un personaggio che proprio non ce la fa a non attirare l'attenzione.

In campo va un Real Madrid fatto di scelte forzate in difesa per le assenze di Sergio Ramos e Pepe. Per il resto Mou abbandona la tattica fin troppo conservativa delle partite precedenti mandando in campo titolari Kakà e Higuain insieme a Xabi Alonso, Ronaldo e Di Maria, tenendo stavolta come unico mediano difensivo Lass Diarrà. Un Real Madrid per costruzione finalmente molto simile alla sua vecchia Inter, capace si di difendersi in modo unico, ma con tutto il suo potenziale offensivo in campo.

La partita non è la guerra tattica e fisica dell'andata. Si gioca a calcio su entrambi i fronti e per una volta pure il possesso palla risulta equilibrato. Il Real con questi giocatori ha tutt'altra qualità e la gestione della palla ne guadagna sensibilmente. Il Barcellona è sempre il Barcellona, specie col rientro di Iniesta, e offensivamente è una macchina a cui deve opporsi ancora una volta Casillas.
Il risultato dell'andata è un macigno, e l'1-0 di Pedro (su filtrante splendido proprio di Iniesta) decreta di fatto la prima finalista di Wembley. Un fulmine a ciel sereno giusto a difesa schierata, grazie all'abilità del numero 17 di inserirsi e concludere e del numero 8 di snocciolare assist di puro genio. Il Real mostra però il carattere e l'orgoglio di chi non ci sta a perdere, arriva a produrre il pareggio di Marcelo dopo un palo di Di Maria (spaesato sulla destra) e a tenere ancora in apprensione la squadra di Guardiola fino alla fine. Proprio il giovane (classe 1988, malgrado sia a Madrid da diversi anni) terzino brasiliano gioca una partita di altissimo livello, con ottime chiusure difensive su Messi e Pedro e un sostegno determinante all'azione offensiva, confermandosi il giocatore blanco più cresciuto sotto la gestione Mourinho.
Finalmente inoltre non si sono viste sceneggiate pietose o proteste eccessive. A pensare male verrebbe da dire perchè il Barcellona aveva già il risultato in tasca, ma evitiamo simili pensieri.

Il bilancio finale di questi incontri vede dunque un risultato equilibrato, fatto di due pareggi e una vittoria per parte. Il Barcellona ha perso l'unico trofeo direttamente in palio, ma ha ipotecato la Liga ed è in finale di Champions League. Al Real resta il primo trofeo della gestione Mourinho, qualche rimpianto per il rosso a Pepe, per un gol annullato a Higuain e alcune scelte tattiche, ma anche la consapevolezza di aver dato un primo segnale. Arrivare a interrompere la tirannia catalana non sarà facile, ma i primi passi ci sono stati.

Una domanda a margine: come mai oggi niente idranti al Camp Nou?

1 mag 2011

Real Madrid - Barcellona, match 3 di 4

Ed eccoci qui, al piatto che conta veramente. Le partite precedenti erano solo un antipasto.
Semifinale di andata di Champions League a Madrid.

Il Real gasato per l'ultima vittoria, il Barcellona con la vendetta negli occhi per i due schiaffi consecutivi presi dall'uomo più odiato, Josè Mourinho. E anche il solitamente pacato Guardiola stavolta perde la calma di fronte alla dialettica dell'uomo di Setubal che l'ha pungolato per tutto l'anno, a testimonianza del fatto che il gioco si fa duro.
Di nuovo Mou propone la stessa squadra fatta di mediani, corsa, fisico e ripartenze. Una sorta di 4-1-4-1 molto accorto, senza un vero punto di riferimento in avanti, con Lass Diarrà e Pepe in mezzo a chiudere su tutti e le ali Ronaldo e Di Maria a ripartire. Il Barcellona si propone sempre uguale a se stesso, con la novità di capitan Puyol a sinistra per cercare di mettere il più possibile le briglie al miglior avversario. La squadra di Madrid vuole la palla giusto il tempo che serve per far male, difendendosi con ordine e la giusta cattiveria, mentre il Barcellona paga l'assenza di Iniesta, sostituito da Keità. Senza don Andres rimane il solo Xavi ad accendere la luce in mezzo al campo e questo favorisce il lavoro in pressing delle merengues, che devono occuparsi di un uomo in meno.

Il primo tempo è fatto di lotta a centrocampo, mischie, falli, qualche cartellino. In questo contesto di calcio lottato risulta sempre più stucchevole l'atteggiamento del Barcellona. Sempre a provocare, a protestare con tutti gli effettivi con l'arbitro, a buttarsi a terra a ogni minimo tocco. La squadra più forte di tutte potrebbe evitare di ricorrere a certi mezzucci che con la sportività hanno poco a che fare, ma ormai è questo il costume dei catalani.

La svolta arriva nel secondo tempo. Josè prova a dare spessore offensivo inserendo Adebayor al posto di uno spaesato Ozil, ma a cambiare indelebilmente la partita e forse la storia dell'intera semifinale è il rosso a Pepe al sessantesimo per un'entrata a gamba tesa su Daniel Alves. Provvedimento eccessivo, con classico carpiato del numero 2 blaugrana, a confermare la tradizione che vuole le squadre allenate dal portoghese con l'uomo in meno contro i catalani. A questo punto il Real pensa a difendersi e a lanciare lungo sul suo attaccante togolese, mentre il Barcellona prova ancora di più a esasperare scambi e inserimenti. Alves sulla destra è una spina nel fianco e serve un grande Marcelo per contenere lui e Pedro. Ma alla lunga la corsa viene leggermente meno da parte di Di Maria, e senza Pepe a correre in lungo e in largo qualche spazio si apre. E chi se non Messi, mister 50 gol in stagione, poteva approfittarne? Al settantaseiesimo da prima punta pura su cross del neo entrato Afellay (che salta secco un Marcelo alle corde) e all'ottantasettesimo saltando tre avversari (evidente l'assenza di Pepe sulle sue tracce).

Uno 0-2 che rappresenta il trionfo di Guardiola, l'ennesimo della sua giovane carriera. Il campo ha emesso un verdetto, anche se come ci tiene sempre a ricordare Mourinho la Champions è la competizione degli episodi. E quelli a favore del Barcellona sono proporzionali alla forza della squadra.



30 apr 2011

Real Madrid - Barcellona, match 2 di 4

Josè Mourinho ha vinto. 1-0 ai supplementari (Cristiano Ronaldo), è vero, difendendosi e soffrendo, verissimo, ma ha vinto, confermandosi quasi imbattibile nelle partite secche con un trofeo in palio. Ha portato la Coppa del Re a Madrid dopo 18 anni, e a Perez il suo primo titolo dai tempi di Del Bosque. Battendo il Barcellona.

L'andamento della gara era stato stabilito dall'ultimo incontro in campionato. Mou conferma la sua scelta tattica il cui cardine è un eccezionale Pepe in mediana, inserendo però Ozil in attacco come punta molto atipica. Tanta difesa, tanta aggressività, pressing e ripartenze verticali fulminee, soprattutto con Cristiano Ronaldo.
Il primo tempo è una sua vittoria tattica e mentale completa. Il Barcellona soffre, e tanto, concedendo due occasioni abbastanza chiare al numero 7 (comunque troppo solo in avanti) e un palo allo scatenato Pepe. Il Barcellona fatica ad attaccare e fare gioco, ma ha la pazienza di aspettare forte di una grande convinzione nei proprio mezzi. E il secondo tempo da ragione alla squadra di Guardiola, che riesce a ribaltare la situazione. Il Real cala fisicamente, abbassa il baricentro e la differenza si sente. Il gol annullato a Pedro è solo una delle occasioni capitate alla squadra di Messi, e serve un grande Casillas per evitare il vantaggio blaugrana. Grazie anche alla presenza di Adebayor come riferimento offensivo negli ultimi minuti il Real alza la testa e riesce a ripartire creando qualche apprensione alla difesa avversaria. I regolamentari finiscono 0-0, ma la partita ha già detto tanto.
I supplementari tornano equilibrati, col Real a spaventare Pinto grazie a sprint velenosissimi di CR7. La squadra blanca ha tanta voglia e si vede. Non concedono nulla, ma ci mettono anche la qualità. Bellissimo il triangolo tra Marcelo e Di Maria, che va al cross per la testa di Cristiano per il gol che vale un titolo. Proprio l'argentino è encomiabile per il sacrificio in copertura su Alves.

Il fortino tiene e a Madrid festeggiano. E adesso?

17 apr 2011

Real Madrid - Barcellona, match 1 di 4

Il clasico in Spagna si sa, è partita molto sentita. Real Madrid e Barcellona, due squadre fortissime, due filosofie, due storie vincenti, due nazioni, Guardiola contro Mourinho, Messi contro Cristiano Ronaldo. Figuriamoci che succede quando in quattro incontri le due squadre si giocano di fatto tutta la stagione. Una partita di campionato, andata e ritorno in semifinale di Champions League, finale di Copa de su majestad el Rey. Tre tituli, direbbe Mou, per un derby lungo quattro partite.

Il primo match è stato in campionato. Partita poco influente a livello aritmetico per il vantaggio di otto punti del Barcellona, ma importante psicologicamente per i recenti risultati del Real in questa partita. Con Guardiola in panchina infatti, il Barcellona aveva sempre vinto e all'andata aveva raggiunto l'apoteosi nell'ormai famosissimo 5-0 della manita. Il pareggio finale, 1-1 siglato da Messi e Cristiano Ronaldo entrambi su rigore, non cambia le sorti di un campionato che in ogni caso era chiuso, ma da decisamente il via a una serie di fuoco, perchè questa era l'unica delle future sfide a non mettere direttamente in palio qualcosa, quindi al di la del risultato serviva dare dei segnali.

Il Real Madrid ha raggiunto il pareggio dopo essere andato sotto e rimasto in dieci uomini per l'espulsione di Raul Albiol. Psicologicamente il Real ha dimostrato di non soffrire più la corazzata catalana. Va bene il loro possesso palla (70% anche in trasferta a Madrid), va bene la superiorità nello sviluppare il gioco, ma la squadra di Mou era in campo con testa e cuore. Ha subito il gol, ha sfiorato due volte il pari (salvataggio sulla linea e palo su punizione) e con un uomo in meno ha creato occasioni per pareggiare, ma anche per vincere. Con Ozil e Higuain dall'inizio e in undici chissà...

Il dado è tratto, la sfida lanciata. Il Barcellona è ancora superiore, lo dice la classifica di oggi e le vittorie del recente passato. Ma a Madrid vogliono lottare. Che Messi (primo gol a una squadra di Mourinho) e Cristiano Ronaldo (primo gol al Barcellona) siano riusciti a sbloccarsi proprio adesso è un segnale che promette spettacolo. E non dimentichiamo che il vate di Setubal è arrivato sulla panchina blanca proprio grazie a una vittoria sul Barcellona.

30 nov 2010

La partita perfetta

BARCELLONA-REAL MADRID 5-0
10' Xavi (B), 18' Pedro (B), 55', 58' Villa (B), 90' Jeffren (B).

Il Barcellona ci teneva. Era secondo in campionato e aveva perso agli occhi di tutti lo status di squadra più forte del mondo. Potere di una sconfitta in semifinale di Champions League, potere delle alchimie di Josè Mourinho come allenatore dell'Inter tripletista prima e del Real Madrid poi.
Proprio quel Mourinho che qui è nato, e come figliol prodigo traditore odiato come nessun altro, portava al Camp Nou quella squadra blanca acerrima rivale sia sportiva, perchè parliamo di numeri uno e numeri due, sia politica in quanto squadra del Re e della Spagna per eccellenza.
Il Barcellona ci teneva perchè negli ultimi anni ha conquistato il campionato grazie a grandi vittorie sul Madrid, ma coi risultati più roboanti sempre fuori casa. Che danno certo gusto, ma godere in 100.000 è tutt'altra cosa.
Il Barcellona ci teneva per il suo allenatore Pep Guardiola, così giovane e così vincente, che doveva dimostrare di fronte al numero uno assoluto di poter dire la sua.
Il Barcellona ci teneva per Leo Messi nella sua eterna lotta con Cristiano Ronaldo per il trono di migliore al mondo.
Il Barcellona ci teneva per il suo calcio, la sua filosofia, il suo essere mes que un club.

E in campo ha messo tutto.
Poche partite come questa si prestano alla definizione di lezione di calcio.
Il Real neogalactico è rimasto in campo 18 minuti, il tempo di prendere i primi due gol. Da quel momento in poi monologo blaugrana. Decine e decine di passaggi consecutivi, movimenti ovunque, scambi in fazzoletti di campo in ogni modo consentito dal regolamento e altri tre gol, giusto per completare una storica manita.
Il Real in tutto questo non ha potuto fare altro che finire soffocato dalla marea blaugrana. Incapace di creare gioco per l'asfissiante pressing catalano, incapace di difendersi dai letali tagli in verticale delle punte avversarie, incapace di sfruttare i suoi talenti stretti nella morsa d'acciao di capitan Puyol hanno opposto la sola resistenza di molti falli di pura frustrazione, testimoniati dai sette ammoniti più l'espulso Sergio Ramos, che diventa suo malgrado massimo simbolo della mortificazione di casa Mourinho
Folle l'atteggiamento del ragazzo andaluso, che a fine partita perde completamente la testa rifilando un calcione da dietro a Messi (a quanti italiani è balenato in mente Totti? vedremo qui che squalifica troverà il giocatore) e mettendo le mani in faccia a Puyol e Xavi, suoi compagni di nazionale. Un episodio che di certo non si chiuderà qui...

"Dedico questo successo a Reixach e Cruyff che sono quelli che ci hanno mostrato la via. Questa è la vittoria di tutti coloro che in 15 anni hanno creduto a questo modo di giocare a calcio. In nessuna parte del mondo c'è una società che vince così tanto puntando sui ragazzi della terra da cui proviene. E' vero che si tratta solo di una partita e che sono solo tre punti in più in classifica, ma vincere in questo modo è qualcosa che ci porteremo dietro per parecchio tempo".
Le parole di Guardiola a fine partita sottolineano ancora che la filosofia-Barcellona ha un origine, uno svolgimento e un obiettivo ben preciso.

Saranno arroganti, ma questi sanno giocare a calcio.