6 feb 2012

La fine degli alibi

Per la quarta volta in due anni l'Inter si trova a dover riflettere sulla propria condizione. Tecnica, atletica, motivazionale, gestionale.

Con quattro allenatori diversi, per motivi ovviamente diversi, si è sempre arrivati a una crisi di risultati che ha spento i lumicini di speranza nel cuore dei tifosi. Oggi l'Inter viene da un punto in tre giornate e dall'eliminazione in Coppa Italia, con la bellezza di undici gol subiti in quattro partite, proprio quando il periodo più difficile sembrava superato. Cos'è successo?

Per l'ennesima volta la squadra ha dimostrato i suoi limiti. Che sono tecnici, ma soprattutto atletici e motivazionali.
" La grossa rincorsa ha fatto sì che inconsciamente si sia staccata la spina. Martedì dovremo fare un bel discorso, parlando francamente e ricominciare da capo. Così non possiamo andare avanti. Abbiamo fatto tre sconfitte e non può andare. [...] Se non sei determinato, è inutile parlare di sistema di gioco". Parole di Claudio Ranieri, che dalla panchina ha visto la sua squadra allo sbando senza riuscire a fare nulla. Perchè oggi i giocatori dell'Inter hanno dei problemi palesi, che si sono ripresentati ciclicamente, ma ciclicamente sono stati ignorati in virtù di un passato glorioso. Il sistema di gioco non è tutto, ma è un elemento.

Ranieri è stato costretto a varare un 4-4-2 di corsa e prudenza per rischiare il meno possibile e i risultati sono stati con lui. Ma del resto anche Benitez prima e Leonardo poi si erano rifugiati in qualcosa di simile per salvare il salvabile, ottenendo i traguarti minimi richiesti. La causa è sempre la stessa, lo scarso apporto fisico e dinamico dei centrali di centrocampo, che vanno messi nelle condizioni di non fare danni. Su questo altare si sacrificano i giovani Faraoni e Obi, mandati in campo col chiaro compito di correre anche per altri, e vengono minimizzate le qualità di gente come Coutinho, Alvarez e Poli, la cui capacità di creare qualcosa in termini offensivi diventa troppo rischiosa. Nessuno è in grado di coprire le loro avanzate, anzi sono loro a dover coprire gli altri. Il problema si ripercuote fino alle punte, costrette a giocare sistematicamente lontano dall'area per far partire il pressing come fossero centrocampisti.

In questo contesto fisico non stupisce che i giocatori non siano in grado di alzare il pressing o semplicemente diventare più aggressivi. Il campo da coprire è quello e la coperta cortissima. Il minimo movimento fuori dagli schemi provoca delle voragini, in cui negli ultimi giorni sono stati lieti di inserirsi Miccoli, Giacomazzi e tutta la Roma. Lavorare costantemente col timore di prendere gol al primo pallone perso è deleterio al massimo. E la ripercussione sul gioco evidente.

La cessione di uno dei titolari indiscussi nonchè regista di Ranieri, Thiago Motta, non deve diventare un alibi. Questa squadra ha sempre avuto dei problemi (e i risultati lo dicono chiaramente), Motta era uno degli elementi che li mascherava. Non è un singolo giocatore sul mercato a cambiare la situazione, servono un insieme di tasselli, piccoli elementi per migliorare passo dopo passo. Citando ancora l'allenatore: "Ripercussioni per un mercato non all'altezza? Questa è la prima partita che facciamo da quando è finito il mercato, ne avevamo già perse due. Tutti abbiamo fatto pressioni su Thiago, ma quando un giocatore ti chiede di lasciarlo andare, credo che sia giusto quello che abbiamo fatto. Non dobbiamo più parlare di Thiago Motta ma trovare soluzioni per migliorare." . Motta è stato per lungo tempo un totem a cui aggrapparsi, la sua partenza per Parigi rappresenta piuttosto la fine di ogni alibi per i suoi compagni di squadra. Stessa cosa che in teoria doveva rappresentare l'esonero di Gasperini e l'abbandono del suo improponibile sistema di gioco.

Motta non rappresentava il futuro dell'Inter. Ma questa squadra per avere un futuro deve accettare i suoi limiti e lavorarci sopra. Senza egoismi, senza preconcetti, senza posti assicurati. Facendo delle scelte per il bene della squadra, cioè di tutti, accettando il proprio ruolo per quello che dice il campo. Ogni giocatore di fronte alle sue responsabilità, senza più alibi appunto.

I singoli passano, la squadra resta.

3 commenti:

  1. Divido il commento in 2 parti, causa limite di caratteri.
    Premetto che, a mio avviso, le colpe della situazione negativa dell'Inter non si possono addossare in toto a Mister Ranieri; ma credo fermamente anche che questi ci abbia messo del proprio per non migliorare più di tanto la suddetta situazione. Già il fatto che dica che "se non sei determinato è inutile parlare di sistema di gioco" mi suona un pò strano, visto che un allenatore non può mai prescindere dalla presenza contemporanea delle componenti psicologica e tattica; a tal proposito, nell'articolo leggo, giustamente, che "il sistema di gioco non è tutto, ma è un elemento". Vedo il 4-4-2 di Ranieri, o meglio, la interpretazione di questo modulo, in una chiave estremamente attendista, il che addirittura non è detto che risulti così estremamente utile per correre ai ripari in difesa, considerato che una base di gioco bisogna crearla. E' una cosa così ovvia nel calcio d'oggi che il problema dell'Inter di Ranieri risiede, per me, proprio in questo, ed è quindi un problema di origine "teoreticamente" banalissima: era giusto riordinare le idee nel reparto arretrato, ma eccedere nel difensivismo poi ti porta a degli effetti totalmente contrari allo stesso lavoro che stai svolgendo; poi, si aggiungano delle distrazioni difensive e momenti di calo fisico che possono insorgere, e non è così sorprendente subire 4 gol da squadre come Palermo e Roma (2 squadre che hanno una predilezione perlopiù offensiva, e che con l'Inter si sono potute "scoprire" in certe occasioni, assecondando quella che è la loro filosofia di gioco, sapendo che i nerazzurri non hanno dei colpi in canna per sfruttare gli spazi lasciatigli e far male, cosa che invece appare normale aspettarsi se si gioca contro una squadra che abbia un giusto equilibrio tra applicazione in fase offensiva nonché difensiva). In sintesi: ti puoi chiudere quanto vuoi, ma prima o poi il gol lo prendi, per un motivo o per un altro, e se non sei abile, dinamico, a far leva sui punti scoperti che l'avversario ti lascia, allora la frittata è fatta. A livello di impostazione in campo, non vedo una così eclatante differenza tra l'Inter vittoriosa nel derby e l'Inter vista all'Olimpico (i risultati sono totalmente dissonanti, a mio avviso, per una questione di diversa resa in campo dei giocatori, specie quelli cardine della fase difensiva, nelle due sfide), e non vedo come si potesse avere fiducia a lungo termine di una squadra che non aveva modificato niente nel suo stile di gioco. Quindi così come non ci si poteva esaltare dopo il derby, non credo che bisogna considerare il 4-0 dell'Olimpico come una nuova ricaduta nerazzurra, semplicemente perché l'Inter mi pare essere rimasta sullo stesso livello di tempo addietro (parlo sempre sul piano di evoluzione dello stile di gioco, e sempre dell'era Ranieri).

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  2. Alcune volte è riuscita a sopperire a problemi generali grazie alle prestazioni del singolo, ma una club come l'Inter non può sperare di racimolare risultati soddisfacenti in una stagione con questo "gira la ruota e vediamo chi oggi ci risolve la partita", nè con questa "filosofia di gioco", che scrivo virgolettata perché in fin dei conti mi appare, francamente, abbastanza insensata, il che si ricollega a tutto il discorso fin qui fatto: un 4-4-2 formato da centrocampisti poco dinamici, che non hanno tenuta fisica per garantire ripartenze costanti e veloci per un filotto di partite, figuriamoci per una stagione; da ali che non hanno tra le frecce a disposizione del loro arco una almeno discreta propensione offensiva, e che dunque non aiutano la squadra a salire e non propongono spesso cross per le punte; a ciò aggiungiamo che Milito e Pazzini, per quanto si possano applicare nello spaziare nel reparto, sono essenzialmente 2 attaccanti "pesanti", uomini d'area, che fanno dei cross il loro pane quotidiano. I giocatori proposti in campo non rispecchiano, dunque, le caratteristiche necessarie ad interpretare in modo adeguato un 4-4-2 equilibrato. E, dulcis in fundo, la chiave interpretativa di questo modulo da parte di Ranieri è il motivo principale della necrosi di giocatori come Sneijder, Alvarez, o l’oramai partito Coutinho, che avendo una spiccata predilezione offensiva non trovano spazio nell’odierno progetto attendista. E’ tutto uno spartito discordante e sproporzionato… Dunque, questo eccessivo attendismo, che porta ad una alterazione interpretativa di un modulo che pure ha fatto le fortune di tanti allenatori, è il grosso difetto dell'Inter, a mio parere. I modi per risanarlo possono essere vari, molteplici, anche non affidando tutto il compito alle sessioni di calciomercato: basta (anche se a parole è sempre facile) cercare soluzioni più equilibrate per lo stile di gioco della squadra, e strigliare i giocatori, spronandoli a dare il meglio, nelle situazioni in cui possono fornire un maggiore apporto alla squadra. In pratica, quello che dovrebbe riuscire a fare ogni buon allenatore, chi con effetti accettabili, chi con effetti straordinari... Non vorrei che Ranieri non lo fosse, perché altrimenti la prima zona del campo da riguardare sarebbe la panchina :)

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    1. Sono assolutamente d'accordo col discorso. L'Inter attuale per caratteristiche fisiche e tecniche non può affidarsi a difesa e contropiede. Può andare bene una volta come contro il Milan, ma basta poco per far saltare il banco (e anche in quella partita diversi episodi sono girati bene).
      Ranieri ha scelto di adottare un certo schema anche per le assenze. Col ritorno di Sneijder la squadra va inevitabilmente rifatta e possibilmente costruita attorno a lui.
      Perchè se devo scegliere se far rendere decentemente lui o Cambiasso, scelgo il 10.

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