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Messico: una squadra unita, ben preparata e perfettamente conscia dei suoi limiti. Il punto di forza è l'organizzazione difensiva che si fonda sull'esperienza di Rafa Marquez, ma poi sanno ripartire e trovare il gol. Contro la Croazia hanno giocato in modo perfetto, gestendo i ritmi e colpendo quando si è presentata l'occasione. Molto più ostici di quanto si pensi.
Iran: ok, hanno fatto un punto e un gol in tre partite, ma sinceramente che dovevano fare? Il movimento calcistico iraniano è limitato a dire poco, ma Queiroz è riuscito a dare a questo gruppo una sua identità, pure molto forte. Gruppo compattissimo, blocco difensivo fisico e tattico, corsa al limite dello spasmodico anche per i giocatori più di classe. Mentalità da applausi.
Stephen Keshi: sottotitolo, l'Africa agli africani. Dopo aver vinto la Coppa d'Africa porta la Nigeria agli ottavi con una gestione accorta. Riesce a scuotere l'ambiente dopo un inizio rivedibile, non perde la bussola e punta sugli uomini giusti. La sua squadra non farà spettacolo, ma lotta e ha una fisicità esplosiva pericolosissima che non permette distrazioni. Non servono per forza presunti santoni europei per far giocare i neri.
Grecia: non siamo ancora ai miracoli dell'Europeo 2004, ma questi ottavi di finale sono un'impresa. La squadra è modesta e ha passato le prime due partite a costruire barricate, fossati e ponti levatoi. Con la Costa d'Avorio invece hanno messo in campo un minimo di gioco, e il dio del calcio ha deciso di premiarli. Uomo della provvidenza Samaras, freddo dal dischetto e senza contratto.
I baffi di Fred: la moda del momento per i brasiliani, portano pure fortuna al centravanti che riesce a sbloccarsi dopo un inizio difficile. Ti vogliamo come Lemmy dei Motörhead entro la finale.
I colpi di testa di Suarez: lungi da me difendere il cannibalismo, ma se Suarez fosse solo un giocatore immensamente forte sarebbe noioso come Messi. I suoi colpi di testa (anzi, di denti) sono sempre inaspettati e incredibili, fossi il suo psicologo un po' mi vergognerei per i soldi rubati. Il fatto che sia sostanzialmente sotto daspo per quattro mesi è la ciliegina sulla torta della simpatia.
La diffusione internazionale della difesa a tre: questi Mondiali stanno dimostrando che il mondo tatticamente impara. Non ci sono più squadre sprovvedute (tranne, forse, l'Honduras, ma gli si vuole bene lo stesso) e sono diffusi diversi stili di gioco. In particolare non ricordo un simile ricorso alla difesa a tre (o a cinque se preferite), sia come modulo base che come conseguenza dei movimenti in corso. Per alcuni è una scelta difensiva utile a coprire limiti dei singoli, per altri un modo di sviluppare il possesso palla.
Flop
Olanda: ovviamente non si discutono i risultati, ma non mi aspettavo questo integralismo da Van Gaal sulla difesa a tre. Nell'ultima, inutile partita col Cile ha snaturato vari giocatori pur di mantenere il credo tattico, con un Kuyt esterno sinistro a tutta fascia che grida vendetta. Una forzatura decisamente eccessiva e non necessaria. Un' Olanda duttile avrebbe avuto ben altro fascino, ma soprattutto così la rosa sembra decisamente composta male. E Huntelaar? Perchè ostracizzarlo così? Tanto valeva lasciarlo a casa.
Costa d'Avorio: la generazione d'oro, una delle migliori dell'intero calcio africano, ha fallito ancora una volta. Succede sistematicamente da un decennio, ma questa era l'ultima occasione per molti. Tanto forti nei nomi quanto incapaci di trovare una quadratura una volta messi insieme con la maglia arancione, e la Grecia non sembrava un ostacolo insuperabile. Spreco incalcolabile.
Croazia: una rosa di talento che si è decisamente persa sul più bello. Primo fra tutti Niko Kovac ha portato confusione cambiando troppe cose, cercando forse il colpo a sensazione. Col Brasile l'atteggiamento sbagliato ha portato la squadra a rinunciare alle sue qualità migliori, nella partita decisiva col Messico lo spostamento del terzino Pranjic a centrocampo ha indebolito in una mossa sola due reparti. Poca cattiveria, troppa mollezza, nessun vero leader soprattutto nel reparto avanzato.
Le simulazioni di Chiellini: se sei grande e grosso, hai basato la tua intera carriera su fisicità e irruenza e di norma meni come non ci fosse un domani semplicemente non puoi volare a terra per ogni mosca che passa sul campo da calcio. Un atteggiamento che fa schifo, punto.
Italia: l'arbitraggio è stato indubbiamente un fattore, è indiscutibile (anche se c'era un rigore per l'Uruguay, come ce n'era uno per la Costa Rica). Ma l'Italia che aveva intenzione di fare? Il Mondiale azzurro è sostanzialmente finito al gol di Bryan Ruiz, da quel momento in poi encefalogramma piattissimo, anche evidentemente per gravi problemi di gruppo che hanno impedito qualsiasi reazione di carattere. Prandelli ci ha messo del suo con cambi cervellotici figli probabilmente di scarsa lucidità, ma i giocatori in campo non sono proprio sembrati in grado di produrre qualcosa di pericoloso e se non sei in grado di segnare c'è poco da lamentarsi degli arbitri. Qualcuno poi ci spiegherà l'imbarazzante condizione atletica della totalità della rosa? O la generale incapacità di giocare al caldo dopo essersi inventati casette per replicare il clima? Manco l'Italia fosse un paese artico.
La difesa della Svizzera: una squadra che in tempi recenti costruiva la sua forza su una retroguardia quasi impenetrabile all'improvviso si scopre tanto, troppo svagata. I centrali fanno a gara a chi va più in affanno, nessuno segue i tagli e i centrocampisti difensivi sembrano in decisa apnea fisica. La demolizione subita dalla Francia poteva preoccupare, subire per un tempo dall'Hoduras è ben più che un campanello di allarme.
Il gioco del Brasile: ormai è chiaro che Scolari vuole replicare de facto la difesa a tre che lo ha portato a vincere nel 2002, con Luiz Gustavo nuovo Edmilson. Il problema è che il piano di gioco del Brasile si limita a un paio di movimenti, il resto è improvvisazione. Reparti lunghissimi soprattutto quando il mediano scala dividono la squadra in tronconi. Basta un accenno di pressing posizionale per costringere al lancio lungo sistematico che avviene sempre sugli esterni, risultando ulteriormente prevedibile. Non è prevista alcuna possibilità di scambio corto palla a terra sostanzialmente fino alla trequarti offensiva e per lo più i due mediani giocano sulla verticale uno dell'altro. Dire tra l'altro che Paulinho stia giocando è una gentilissima concessione.
L'attacco dell'Argentina che non si chiama Leo Messi:
capisco il sacrificio, capisco che Messi sia la grande speranza, capisco tutto. Ma zero gol prodotti tra Palacio, Lavezzi, Aguero e Higuain contro Bosnia, Iran e Nigeria sono decisamente contro le aspettative. Higuain che nel 2010 era stato devastante sembra tutto tranne una prima
punta, sempre a uscire dall'area per cercare i cross e le imbucate. Il Kun è stato semplicemente invisibile fino all'infortunio che ha chiuso il suo Mondiale, e parliamo di uno che in una realtà parallela è il 10 e il fulcro di questa Argentina. Senza di lui il titolare probabilmente diventa Lavezzi, che più che corsa e buona volontà non sembra in grado di dare. Ad oggi salvo per impegno e intelligenza il solo Palacio, che infatti si è visto appena. L'Argentina non può andare avanti se non si sveglia almeno un'altra punta.
Fabio Capello: la Russia a livello di talento non è nemmeno lontana parente di quella del 2008, in cui il solo Arshavin valeva tutti i giocatori di oggi sommati, quindi il lavoro del ct italiano non è stato di certo facile. Però sei Fabio Capello e prendi una vagonata di rubli per stare in vacanza a mangiare uova di storione, quindi non mi accontento di una squadra coperta con un certo ordine tattico. Valore aggiunto dalla panchina zero, soprattutto nei cambi. Bisognava aspettare la terza partita per capire che Kokorin da solo risultava troppo leggero?
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