BARCELLONA-REAL MADRID 5-0
10' Xavi (B), 18' Pedro (B), 55', 58' Villa (B), 90' Jeffren (B).
Il Barcellona ci teneva. Era secondo in campionato e aveva perso agli occhi di tutti lo status di squadra più forte del mondo. Potere di una sconfitta in semifinale di Champions League, potere delle alchimie di Josè Mourinho come allenatore dell'Inter tripletista prima e del Real Madrid poi.
Proprio quel Mourinho che qui è nato, e come figliol prodigo traditore odiato come nessun altro, portava al Camp Nou quella squadra blanca acerrima rivale sia sportiva, perchè parliamo di numeri uno e numeri due, sia politica in quanto squadra del Re e della Spagna per eccellenza.
Il Barcellona ci teneva perchè negli ultimi anni ha conquistato il campionato grazie a grandi vittorie sul Madrid, ma coi risultati più roboanti sempre fuori casa. Che danno certo gusto, ma godere in 100.000 è tutt'altra cosa.
Il Barcellona ci teneva per il suo allenatore Pep Guardiola, così giovane e così vincente, che doveva dimostrare di fronte al numero uno assoluto di poter dire la sua.
Il Barcellona ci teneva per Leo Messi nella sua eterna lotta con Cristiano Ronaldo per il trono di migliore al mondo.
Il Barcellona ci teneva per il suo calcio, la sua filosofia, il suo essere mes que un club.
E in campo ha messo tutto.
Poche partite come questa si prestano alla definizione di lezione di calcio.
Il Real neogalactico è rimasto in campo 18 minuti, il tempo di prendere i primi due gol. Da quel momento in poi monologo blaugrana. Decine e decine di passaggi consecutivi, movimenti ovunque, scambi in fazzoletti di campo in ogni modo consentito dal regolamento e altri tre gol, giusto per completare una storica manita.
Il Real in tutto questo non ha potuto fare altro che finire soffocato dalla marea blaugrana. Incapace di creare gioco per l'asfissiante pressing catalano, incapace di difendersi dai letali tagli in verticale delle punte avversarie, incapace di sfruttare i suoi talenti stretti nella morsa d'acciao di capitan Puyol hanno opposto la sola resistenza di molti falli di pura frustrazione, testimoniati dai sette ammoniti più l'espulso Sergio Ramos, che diventa suo malgrado massimo simbolo della mortificazione di casa Mourinho
Folle l'atteggiamento del ragazzo andaluso, che a fine partita perde completamente la testa rifilando un calcione da dietro a Messi (a quanti italiani è balenato in mente Totti? vedremo qui che squalifica troverà il giocatore) e mettendo le mani in faccia a Puyol e Xavi, suoi compagni di nazionale. Un episodio che di certo non si chiuderà qui...
"Dedico questo successo a Reixach e Cruyff che sono quelli che ci hanno mostrato la via. Questa è la vittoria di tutti coloro che in 15 anni hanno creduto a questo modo di giocare a calcio. In nessuna parte del mondo c'è una società che vince così tanto puntando sui ragazzi della terra da cui proviene. E' vero che si tratta solo di una partita e che sono solo tre punti in più in classifica, ma vincere in questo modo è qualcosa che ci porteremo dietro per parecchio tempo".
Le parole di Guardiola a fine partita sottolineano ancora che la filosofia-Barcellona ha un origine, uno svolgimento e un obiettivo ben preciso.
Saranno arroganti, ma questi sanno giocare a calcio.
10' Xavi (B), 18' Pedro (B), 55', 58' Villa (B), 90' Jeffren (B).
Il Barcellona ci teneva. Era secondo in campionato e aveva perso agli occhi di tutti lo status di squadra più forte del mondo. Potere di una sconfitta in semifinale di Champions League, potere delle alchimie di Josè Mourinho come allenatore dell'Inter tripletista prima e del Real Madrid poi.
Proprio quel Mourinho che qui è nato, e come figliol prodigo traditore odiato come nessun altro, portava al Camp Nou quella squadra blanca acerrima rivale sia sportiva, perchè parliamo di numeri uno e numeri due, sia politica in quanto squadra del Re e della Spagna per eccellenza.
Il Barcellona ci teneva perchè negli ultimi anni ha conquistato il campionato grazie a grandi vittorie sul Madrid, ma coi risultati più roboanti sempre fuori casa. Che danno certo gusto, ma godere in 100.000 è tutt'altra cosa.
Il Barcellona ci teneva per il suo allenatore Pep Guardiola, così giovane e così vincente, che doveva dimostrare di fronte al numero uno assoluto di poter dire la sua.
Il Barcellona ci teneva per Leo Messi nella sua eterna lotta con Cristiano Ronaldo per il trono di migliore al mondo.
Il Barcellona ci teneva per il suo calcio, la sua filosofia, il suo essere mes que un club.
E in campo ha messo tutto.
Poche partite come questa si prestano alla definizione di lezione di calcio.
Il Real neogalactico è rimasto in campo 18 minuti, il tempo di prendere i primi due gol. Da quel momento in poi monologo blaugrana. Decine e decine di passaggi consecutivi, movimenti ovunque, scambi in fazzoletti di campo in ogni modo consentito dal regolamento e altri tre gol, giusto per completare una storica manita.
Il Real in tutto questo non ha potuto fare altro che finire soffocato dalla marea blaugrana. Incapace di creare gioco per l'asfissiante pressing catalano, incapace di difendersi dai letali tagli in verticale delle punte avversarie, incapace di sfruttare i suoi talenti stretti nella morsa d'acciao di capitan Puyol hanno opposto la sola resistenza di molti falli di pura frustrazione, testimoniati dai sette ammoniti più l'espulso Sergio Ramos, che diventa suo malgrado massimo simbolo della mortificazione di casa Mourinho
Folle l'atteggiamento del ragazzo andaluso, che a fine partita perde completamente la testa rifilando un calcione da dietro a Messi (a quanti italiani è balenato in mente Totti? vedremo qui che squalifica troverà il giocatore) e mettendo le mani in faccia a Puyol e Xavi, suoi compagni di nazionale. Un episodio che di certo non si chiuderà qui...
"Dedico questo successo a Reixach e Cruyff che sono quelli che ci hanno mostrato la via. Questa è la vittoria di tutti coloro che in 15 anni hanno creduto a questo modo di giocare a calcio. In nessuna parte del mondo c'è una società che vince così tanto puntando sui ragazzi della terra da cui proviene. E' vero che si tratta solo di una partita e che sono solo tre punti in più in classifica, ma vincere in questo modo è qualcosa che ci porteremo dietro per parecchio tempo".
Le parole di Guardiola a fine partita sottolineano ancora che la filosofia-Barcellona ha un origine, uno svolgimento e un obiettivo ben preciso.
Saranno arroganti, ma questi sanno giocare a calcio.