Che la Spagna abbia come modello di riferimento il Barcellona lo sanno anche i sassi.
La cosa preoccupante è come una nazionale che ha molti giocatori cardine in comune con un club, ma anche delle innegabili differenze (la principale: l'assenza di Messi) e soprattutto un allenatore diverso accetti acriticamente tutte le derive e gli estremismi tattici del modello di riferimento, senza chiedersi se sia il caso di rivedere qualcosa o integrare una certa idea di calcio.
Dove è andato il Barcellona, la Spagna l'ha seguito.
Ad oggi manca solo la difesa a tre, probabilmente per l'assenza di un propulsore come Dani Alves a destra. La titolarità di Fabregas è l'ultimo esempio in ordine cronologico. Ma prima c'erano state, ad esempio, l'imposizione di Busquets, l'uso di David Villa come ala, la progressiva riduzione del numero di punte in campo.
Nella partita contro l'Italia si è arrivati all'ultimo stadio, il 4-6-0 mascherato da 4-3-3, senza alcuna punta nemmeno di nome in campo. Chiaro derivato del modulo che Guardiola ha varato per il Barcellona 2011/2012, con le sole differenze dal centrocampo in su di Xabi Alonso in mezzo e David Silva a coprire il ruolo di Messi. Un'idea di gioco che punta a esasperare il possesso palla sfruttando come mezzi per scardinare le difese altrui le azioni personali di Iniesta (spesso insistite, come in blaugrana), gli inserimenti di Fabregas (come in Catalogna) e la capacità di Xavi e Silva di creare gioco e servire i tagli, uno più basso e uno più alto.
Il problema è che trattasi di un sistema tremendamente sterile, a meno di qualche giocata da campione (l'assist di Silva sul gol di Fabregas rientra nel caso). I difensori hanno vita troppo facile contro una squadra senza nessuno a dare profondità, nè centrale nè sulle fasce, nessuna minaccia aerea, nessuno dentro l'area e addirittura nessuno specialista del tiro da fuori (le caratteristiche degli spagnoli parlano chiaro). Una squadra organizzata riesce a trovare le giuste contromosse per chiudersi e pure ripartire senza troppi sforzi. Come dimostra l'Italia di Prandelli, squadra tutt'altro che fenomenale, che però ha sofferto nettamente di più quando è entrato in campo Torres, un attaccante che non è esattamente al vertice della carriera, ma almeno i movimenti li sa fare.
Lo stesso Barcellona in questa stagione ha avuto dei problemi seguendo quest'idea di gioco. Togliere dall'equazione Messi (autore di 73 gol in stagione, sostanziale unico marcatore della squadra) per Silva (che non arriva a 70 gol in carriera) potrebbe rivelarsi uno scoglio fatale per la nazionale roja.
Urge tornare a giocare a calcio con gli attaccanti, almeno finchè vince ancora chi segna un gol in più degli altri.
La cosa preoccupante è come una nazionale che ha molti giocatori cardine in comune con un club, ma anche delle innegabili differenze (la principale: l'assenza di Messi) e soprattutto un allenatore diverso accetti acriticamente tutte le derive e gli estremismi tattici del modello di riferimento, senza chiedersi se sia il caso di rivedere qualcosa o integrare una certa idea di calcio.
Dove è andato il Barcellona, la Spagna l'ha seguito.
Ad oggi manca solo la difesa a tre, probabilmente per l'assenza di un propulsore come Dani Alves a destra. La titolarità di Fabregas è l'ultimo esempio in ordine cronologico. Ma prima c'erano state, ad esempio, l'imposizione di Busquets, l'uso di David Villa come ala, la progressiva riduzione del numero di punte in campo.
Nella partita contro l'Italia si è arrivati all'ultimo stadio, il 4-6-0 mascherato da 4-3-3, senza alcuna punta nemmeno di nome in campo. Chiaro derivato del modulo che Guardiola ha varato per il Barcellona 2011/2012, con le sole differenze dal centrocampo in su di Xabi Alonso in mezzo e David Silva a coprire il ruolo di Messi. Un'idea di gioco che punta a esasperare il possesso palla sfruttando come mezzi per scardinare le difese altrui le azioni personali di Iniesta (spesso insistite, come in blaugrana), gli inserimenti di Fabregas (come in Catalogna) e la capacità di Xavi e Silva di creare gioco e servire i tagli, uno più basso e uno più alto.
Il problema è che trattasi di un sistema tremendamente sterile, a meno di qualche giocata da campione (l'assist di Silva sul gol di Fabregas rientra nel caso). I difensori hanno vita troppo facile contro una squadra senza nessuno a dare profondità, nè centrale nè sulle fasce, nessuna minaccia aerea, nessuno dentro l'area e addirittura nessuno specialista del tiro da fuori (le caratteristiche degli spagnoli parlano chiaro). Una squadra organizzata riesce a trovare le giuste contromosse per chiudersi e pure ripartire senza troppi sforzi. Come dimostra l'Italia di Prandelli, squadra tutt'altro che fenomenale, che però ha sofferto nettamente di più quando è entrato in campo Torres, un attaccante che non è esattamente al vertice della carriera, ma almeno i movimenti li sa fare.
Lo stesso Barcellona in questa stagione ha avuto dei problemi seguendo quest'idea di gioco. Togliere dall'equazione Messi (autore di 73 gol in stagione, sostanziale unico marcatore della squadra) per Silva (che non arriva a 70 gol in carriera) potrebbe rivelarsi uno scoglio fatale per la nazionale roja.
Urge tornare a giocare a calcio con gli attaccanti, almeno finchè vince ancora chi segna un gol in più degli altri.
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