Il Boca probabilmente contava molto sull'effetto Bombonera, stadio caldissimo in grado di intimidire chiunque, per chiudere l'inesperto Corinthians nella sua area e mettere un'ipoteca sulla Copa.
Peccato che la squadra di Tite non solo non abbia avuto timori, ma si sia permessa anche di spaventare gli xeneizes. Solida e organizzata, dicevamo, ma assolutamente non rinunciataria o barricata in area. Con un'idea in testa e un modo ben chiaro di metterla in atto.
Il Boca, che comunque ha comandato il gioco, ha capito in fretta di trovarsi davanti un avversario di livello. Alla squadra di Falcioni è mancata soprattutto la capacità di chiudere la partita, dopo un inizio in sofferenza. Troppa imprecisione nelle giocate decisive, malgrado le ottime prestazioni di Riquelme ed Erviti. Non a caso il gol è arrivato su calcio piazzato, grazie alla tenacia di due lottatori come SIlva e Roncaglia.
Ma proprio nello svantaggio si è vista la personalità dei brasiliani. Potevano crollare, tra la pressione per una finale tanto attesa e il tifo. Invece hanno continuato a giocare seguendo il loro spartito tattico, colpendo la difesa argentina proprio nei suoi punti deboli.
L'azione del pari di Romarinho, giovane da osservare, arrivata quando la partita sembrava già chiusa, gioca infatti sulla lentezza della coppia Caruzzo-Schiavi e sull'attitudine difensiva di un terzino offensivo come Clemente Rodriguez. Attaccante che attira la marcatura, protezione della sfera, passaggio in verticale, taglio nello spazio e gol. Da manuale, eppure molto poco brasiliano. Etti di concretezza e capacità di gioco, impreziositi da freddezza e tocco di un ragazzo classe '90, che finalizza in rete da campione. Un segnale psicologicamente fortissimo, tanto che negli ultimi minuti il Boca soffre pure, in una totale inversione dei ruoli.
Il pari finale rimanda ogni verdetto al ritorno (i gol in trasferta non valgono doppio). Ma la sorpresa Corinthians ha visto la propria imposizione a livello mentale.
Non è qui per caso, e adesso lo hanno capito tutti.
Peccato che la squadra di Tite non solo non abbia avuto timori, ma si sia permessa anche di spaventare gli xeneizes. Solida e organizzata, dicevamo, ma assolutamente non rinunciataria o barricata in area. Con un'idea in testa e un modo ben chiaro di metterla in atto.
Il Boca, che comunque ha comandato il gioco, ha capito in fretta di trovarsi davanti un avversario di livello. Alla squadra di Falcioni è mancata soprattutto la capacità di chiudere la partita, dopo un inizio in sofferenza. Troppa imprecisione nelle giocate decisive, malgrado le ottime prestazioni di Riquelme ed Erviti. Non a caso il gol è arrivato su calcio piazzato, grazie alla tenacia di due lottatori come SIlva e Roncaglia.
Ma proprio nello svantaggio si è vista la personalità dei brasiliani. Potevano crollare, tra la pressione per una finale tanto attesa e il tifo. Invece hanno continuato a giocare seguendo il loro spartito tattico, colpendo la difesa argentina proprio nei suoi punti deboli.
L'azione del pari di Romarinho, giovane da osservare, arrivata quando la partita sembrava già chiusa, gioca infatti sulla lentezza della coppia Caruzzo-Schiavi e sull'attitudine difensiva di un terzino offensivo come Clemente Rodriguez. Attaccante che attira la marcatura, protezione della sfera, passaggio in verticale, taglio nello spazio e gol. Da manuale, eppure molto poco brasiliano. Etti di concretezza e capacità di gioco, impreziositi da freddezza e tocco di un ragazzo classe '90, che finalizza in rete da campione. Un segnale psicologicamente fortissimo, tanto che negli ultimi minuti il Boca soffre pure, in una totale inversione dei ruoli.
Il pari finale rimanda ogni verdetto al ritorno (i gol in trasferta non valgono doppio). Ma la sorpresa Corinthians ha visto la propria imposizione a livello mentale.
Non è qui per caso, e adesso lo hanno capito tutti.
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