Un tabellino un po' triste, me ne rendo conto, soprattutto se confrontato con l'altro.
Olanda-Argentina doveva essere una partita soprattutto tattica e così è stata, a scapito di gol e spettacolo. La semifinale meno "nobile", due titoli e sette finali in campo, è stata quasi l'opposto di Brasile-Germania.
Sabella e Van Gaal sono stati coerenti con le loro recenti evoluzioni.
L'Argentina ha sempre riposto tutte le sue speranze nel reparto offensivo, ma con gli infortuni di Agüero e Di Maria Pachorra ha deciso di puntare su corsa e intensità quanto possibile. Un 4-4-2 classico a intasare gli spazi e ripartire con gli esterni, puntando sull'estro di Messi e sulla presenza in area di Higuain. Enzo Perez a destra e Lavezzi a sinistra fanno i tornanti, riversando in campo ogni stilla di energia. Ammirevoli per intensità e applicazione inevitabilmente perdono qualità quando arrivano nei pressi dell'area avversaria. La scelta di Perez è dovuta sia al suo legame col ct, che lo allenava all'Estudiantes, sia alla sua capacità tattica di giocare esterno (come in Argentina) e mediano (come in Portogallo).
L'Olanda continua con la sua inedita veste da 3-4-1-2 in cui Van Gaal mescola uomini e ruoli. Oltre al blocco difensivo di tre centrali veri, coadiuvati da Blind a sinistra e De Jong in mediana, le marcature sugli uomini avversari e il pressing sono continui e ferrei. In questo è stata semplicemente incredibile per tutto il Mondiale l'applicazione di Sneijder, trasformato di fatto nel più classico dei trequartisti di quantità che in Italia abbiamo visto a bizzeffe. Anche per gli oranje la qualità è affidata al reparto offensivo, e in particolare a Robben, l'uomo più in forma.
Vista quindi la veste tattica, era facile aspettarsi una partita da aree intasate e ripartenze, in cui potevano essere decisivi i colpi dei singoli, i calci di punizione o i palloni recuperati sulla trequarti.
L'attenzione sugli uomini più pericolosi, Messi da una parte e Robben dall'altra, è stata ai limiti del maniacale, sia nel rendergli la vita più difficile possibile nel ricevere palla che nei raddoppi successivi. Entrambi hanno cercato di risolvere la partita con giocate individuali, finendo inevitabilmente a schiantarsi contro un muro. A causa della fatica in copertura non sempre i loro compagni sono riusciti a dargli sostegno.
Purtroppo per l'Olanda Van Persie ha deciso di fare ancora una volta scena muta, dimostrando di soffrire tantissimo quando deve giocare più sul fisico che sulla tecnica anche a causa del suo limitato dinamismo. Tolto lui sostanzialmente rimaneva solo il numero 11 o un tiro estemporaneo di Sneijder, specialmente quando Kuyt è passato sulla sinistra nel secondo tempo. Finalmente Van Gaal ci ha fatto vedere Clasie, ma stavolta si è giocato i tre cambi prima dei rigori. Possiamo solo immaginare lo stato d'animo di Cillessen, conteso tra la voglia di dimostrare e la consapevolezza della scarsa fiducia del suo allenatore (e senza aver mai parato un rigore in carriera).
Nell'Argentina, che si è mangiata due discrete occasioni nel finale, l'eroe che nessuno, ma proprio nessuno, si sarebbe aspettato è stato Romero, estremamente reattivo nel parare i rigori e con sguardo spiritato. Anni di fiducia di Sabella, contro tutto e tutti, hanno pagato nel momento più importante. Nella pausa tra supplementari e rigori si è capito indiscutibilmente che Javier Mascherano è il leader emotivo della squadra, con buona pace della fascia sul braccio di Messi. Lo stesso numero 14 ha svolto un ruolo fondamentale in copertura per la sua capacità di scalare tra i centrali, portando di fatto l'Argentina a replicare il modulo dell'Olanda.
La giocata più bella della partita è stato il tacco di Sneijder su inserimento di Robben, con recupero in scivolata di Mascherano.
Van Gaal a inizio Mondiale ha deciso di varare un'Olanda inedita, sicuramente difficile da digerire per i suoi tifosi, ed è inevitabile che finirà massacrato per l'eliminazione. La soluzione è stata di emergenza visti gli infortuni e gli uomini a disposizione, una scelta estremamente conservativa e pragmatica (non a caso quarti e semifinale finite ai rigori) che ha dimostrato una sorprendente capacità del ct di trovare soluzioni in relazione al materiale umano. Scelte così particolari ed estreme sono forzatamente legate ai risultati.
Sabella invece è a un passo dal sogno di un popolo intero. Vincere il Mondiale in Brasile sarebbe un avvenimento oltre lo storico, soprattutto per come vanno le cose in Sudamerica, ma oggi di sicuro non è l'Argentina a essere favorita.
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