Dieci partite: sei vittorie, quattro pareggi, zero sconfitte, ventuno gol fatti e sette subiti. Dopo un buon inizio e superate le prime difficoltà, il River Plate di Matias Almeyda inizia a trovare solidità e continuità, consolidandosi in vetta alla B Nacional in attesa degli scontri di alta classifica contro Insituto e Gimnasia Jujuy. Il disperato mercato di Passarella inizia a dare i suoi primi frutti e la scelta del Pelado come successore di Jota Jota Lopez acquista consensi giornata dopo giornata: nessuna invenzione pretenziosa o rivoluzionaria, ma tanta semplicità e praticità. Gli addii, seppur dolorosi, delle stelline Lamela e Pereyra hanno permesso di ridurre considerevolmente il pesante debito che continua ad aleggiare sopra agli uffici del club di Nunez, consentendo al Kaiser Passarella di ingaggiare due calibri pesanti come Fernando Cavenaghi e Alejandro Dominguez. E' da loro che il River ha deciso di ripartire nella rincorsa al calcio che conta, affidandosi all'esperienza, al carisma e alla classe che tanto sono mancati un anno fa, quando la posta in palio era troppo pesante per giovani alle prime armi ed eterne promesse.
Il filo conduttore tra l'incubo diventato realtà e il purgatorio in cui è ora relegata la Banda è Matias Almeyda: inventatosi allenatore in una calda estate (o meglio, in un freddo inverno argentino) e pronto a rimettersi in gioco, questa volta in una veste completamente nuova che sognava da ormai qualche mese. Il credo del Pelado è chiaro: bel gioco, ordine, intensità ed equilibrio, prendendo il meglio dalle sue esperienze argentine, spagnole ed italiane. Accantonato in fretta il sogno folle e proibito di vedere un River in versione "Barcellona del Sud America", Almeyda ha puntato sul più classico dei moduli: 442 e palla al Chori Dominguez. Le prime vittorie stagionali hanno dato ragione al DT dei Millonarios, ma ben presto i piedi delicati ed attenti dei giocatori della B Nacional hanno suggerito allo staff della Banda che per arrivare a fine torneo sarebbe servito qualcosina in più. Dopo un periodo di difficoltà e qualche esperimento mal riuscito, Almeyda sembra aver ottenuto la formula corretta, mantenendo il modulo invariato ma trovando il giusto mix fra esperienza, gioventù e nuovi arrivati.
Fra i pali è stato confermato il vice di Juan Pablo Carrizo, Leandro Chichizola, in netta crescita nonostante qualche peccato di gioventù. Davanti al numero uno l'infortunio dell'improponbile Alayes sembra aver facilitato le scelte di Almeyda: linea a quattro con Vella, Ferrero, Maidana e Arano, pronti ad essere rimpiazzati dai giovani Abecasis, Gonzalez Pirez, Pezzella e Juan Manuel Diaz. I due difensori centrali dell'Under 20 di Perazzo hanno da poco rinnovato i loro contratti, permettendo a Passarella di fissare una clausola di rescissione pari a quindici milioni di euro, tanti, forse troppi, ma si tratta di due super talenti che non tarderanno ad imporsi e mettere in dubbio le gerarchie attuali.
A centrocampo la rivoluzione invernale ha avuto il maggiore (e migliore) impatto: da destra a sinistra Carlos Sanchez, Aguirre, Cirigliano e Ocampos stanno rappresentando il reparto più decisivo di questo inizio di stagione. Due nuovi innesti e due giovani promesse del più florido vivaio argentino. Sanchez e Aguirre sono state le vere sorprese di queste prime partite, grazie alla loro imprevedibilità e alla straordinaria intensità di gioco hanno risolto incontri delicati in cui la Banda faticava ad imporsi, come accaduto in nottata nella sfida tra decadute contro l'Huracan, quando una strepitosa doppietta del centrocampista centrale ha ribaltato l'iniziale svantaggio (da cineteca la seconda rete). Cirigliano, dopo aver fatica a trovare spazio a causa della prolungata assenza dovuta al Mondiale U-20, si sta lentamente conquistando un posto da titolare, grazie all'ordine tattico, alla pulizia nelle giocate e alla capacità coprire gli spazi che gli permettono di integrarsi alla perfezione con Aguirre, molto più "caotico" e discontinuo quanto pericoloso e decisivo. A sinistra c'è l'uomo nuovo, la scommessa di Matias Almeyda: Lucas Ocampos, classe '94, attaccante della Seleccion U-17 e grande bomber delle Inferiores dei Millonarios assieme a Federico Andrada. Fisico imponente, grinta da vendere e colpi di classe da lasciare a bocca aperta, Ocampos ha finora sorpreso per duttilità ed applicazione tattica che nessuno avrebbe mai immaginato fossero nelle sue corde: il fratello calciatore del ragazzo tanto bravo quanto indolente visto all'opera con le squadre giovanili della nazionale argentina, quando assieme allo straordinario potenziale brillavano la poca intelligenza e la scarsa predisposizione nel gioco corale. A pochi mesi di distanza, in un campionato dove la classe e la qualità vengono dopo attributi fisici e caratteriali, Lucas sta dimostrando di poter diventare una delle grandi stelle in uscita dal vivaio del River, raccogliendo in qualche modo l'eredità di Erik Lamela e attirando su di sè l'interesse di molti club del vecchio continente. Abbandonato momentaneamente il ruolo di punta, ha interpretato alla perfezione quello di esterno offensivo nel 442 di Almeyda, abbinando grandi giocate ad intensità nel pressing e spirito di sacrificio in copertura. Alle volte, inevitabilmente, la giovane età lo porta a prendere scelte sbagliate e ad eccedere in preziosismi, ma stiamo pur sempre parlando di un ragazzo nato nel 1994 che ha già all'attivo tre reti in dieci partite, vestendo quella che con ogni probabilità è al momento la maglia più pesante dell'intero continente sudamericano.
Davanti la scelta è stata obbligata e felice: Almeyda ha a disposizione due fuoriserie come il Chori Dominguez e Fernando Cavenaghi. Dopo un inizio difficile il Torito è tornato ad essere il giocatore che ha fatto innamorare il Monumental nei suoi giorni di gloria, bomber implacabile e attaccante totale, fondamentale nel far salire la squadra e nell'aiutare i suoi nei momenti di sofferenza. Sempre presente in questo inizio di stagione, il capitano della Banda ha messo a segno cinque reti, confermando di essere il giocatore che sarebbe servito al River Plate nella scorsa stagione, quando Funes Mori, Pavone e Caruso facevano ammattire il Tano Pasman di turno a suon di reti divorate. Alle spalle di Cavenaghi, infortuni permettendo, si è finora mosso Alejandro Dominguez, direttore d'orchestra in grado di gestire palla e dettare i tempi della manovra, il vero regista della squadra di Almeyda e, purtroppo, l'obiettivo numero uno dei tacchetti delle squadre avversarie. Il Chori è un acquisto di spessore assoluto e un autentico lusso per la serie B albiceleste, ma preservarlo nel corso della stagione non sarà impresa facile, visti i trattamenti speciali riservati al numero dieci in queste prime partite.
Nel complesso si è intravisto un buon River, a tratti spettacolare e a tratti poco convincente, vittima di quella paura pagata a caro prezzo nel finale della scorsa stagione. L'umiltà e la cattiveria agonistica che Almeyda ha saputo trasmettere ai suoi giocatori lasciano ben sperare, anche se i propositi del nuovo DT sono ancora ben lontani dall'essere raggiunti. Difensivamente la squadra commette ancora qualche distrazione di troppo e in mezzo al campo il caos talvolta prevale sull'ordine tattico, ma sono stati compiuti degli evidenti passi avanti: meno sensibile a crolli psicologici, fisicamente brillante e sempre pericoloso -sembrano ormai lontani i tempi delle carestie offensive-, il River Plate del Pelado ha tutte le carte in regola per dare battaglia fino alla fine.
Il filo conduttore tra l'incubo diventato realtà e il purgatorio in cui è ora relegata la Banda è Matias Almeyda: inventatosi allenatore in una calda estate (o meglio, in un freddo inverno argentino) e pronto a rimettersi in gioco, questa volta in una veste completamente nuova che sognava da ormai qualche mese. Il credo del Pelado è chiaro: bel gioco, ordine, intensità ed equilibrio, prendendo il meglio dalle sue esperienze argentine, spagnole ed italiane. Accantonato in fretta il sogno folle e proibito di vedere un River in versione "Barcellona del Sud America", Almeyda ha puntato sul più classico dei moduli: 442 e palla al Chori Dominguez. Le prime vittorie stagionali hanno dato ragione al DT dei Millonarios, ma ben presto i piedi delicati ed attenti dei giocatori della B Nacional hanno suggerito allo staff della Banda che per arrivare a fine torneo sarebbe servito qualcosina in più. Dopo un periodo di difficoltà e qualche esperimento mal riuscito, Almeyda sembra aver ottenuto la formula corretta, mantenendo il modulo invariato ma trovando il giusto mix fra esperienza, gioventù e nuovi arrivati.
Fra i pali è stato confermato il vice di Juan Pablo Carrizo, Leandro Chichizola, in netta crescita nonostante qualche peccato di gioventù. Davanti al numero uno l'infortunio dell'improponbile Alayes sembra aver facilitato le scelte di Almeyda: linea a quattro con Vella, Ferrero, Maidana e Arano, pronti ad essere rimpiazzati dai giovani Abecasis, Gonzalez Pirez, Pezzella e Juan Manuel Diaz. I due difensori centrali dell'Under 20 di Perazzo hanno da poco rinnovato i loro contratti, permettendo a Passarella di fissare una clausola di rescissione pari a quindici milioni di euro, tanti, forse troppi, ma si tratta di due super talenti che non tarderanno ad imporsi e mettere in dubbio le gerarchie attuali.
A centrocampo la rivoluzione invernale ha avuto il maggiore (e migliore) impatto: da destra a sinistra Carlos Sanchez, Aguirre, Cirigliano e Ocampos stanno rappresentando il reparto più decisivo di questo inizio di stagione. Due nuovi innesti e due giovani promesse del più florido vivaio argentino. Sanchez e Aguirre sono state le vere sorprese di queste prime partite, grazie alla loro imprevedibilità e alla straordinaria intensità di gioco hanno risolto incontri delicati in cui la Banda faticava ad imporsi, come accaduto in nottata nella sfida tra decadute contro l'Huracan, quando una strepitosa doppietta del centrocampista centrale ha ribaltato l'iniziale svantaggio (da cineteca la seconda rete). Cirigliano, dopo aver fatica a trovare spazio a causa della prolungata assenza dovuta al Mondiale U-20, si sta lentamente conquistando un posto da titolare, grazie all'ordine tattico, alla pulizia nelle giocate e alla capacità coprire gli spazi che gli permettono di integrarsi alla perfezione con Aguirre, molto più "caotico" e discontinuo quanto pericoloso e decisivo. A sinistra c'è l'uomo nuovo, la scommessa di Matias Almeyda: Lucas Ocampos, classe '94, attaccante della Seleccion U-17 e grande bomber delle Inferiores dei Millonarios assieme a Federico Andrada. Fisico imponente, grinta da vendere e colpi di classe da lasciare a bocca aperta, Ocampos ha finora sorpreso per duttilità ed applicazione tattica che nessuno avrebbe mai immaginato fossero nelle sue corde: il fratello calciatore del ragazzo tanto bravo quanto indolente visto all'opera con le squadre giovanili della nazionale argentina, quando assieme allo straordinario potenziale brillavano la poca intelligenza e la scarsa predisposizione nel gioco corale. A pochi mesi di distanza, in un campionato dove la classe e la qualità vengono dopo attributi fisici e caratteriali, Lucas sta dimostrando di poter diventare una delle grandi stelle in uscita dal vivaio del River, raccogliendo in qualche modo l'eredità di Erik Lamela e attirando su di sè l'interesse di molti club del vecchio continente. Abbandonato momentaneamente il ruolo di punta, ha interpretato alla perfezione quello di esterno offensivo nel 442 di Almeyda, abbinando grandi giocate ad intensità nel pressing e spirito di sacrificio in copertura. Alle volte, inevitabilmente, la giovane età lo porta a prendere scelte sbagliate e ad eccedere in preziosismi, ma stiamo pur sempre parlando di un ragazzo nato nel 1994 che ha già all'attivo tre reti in dieci partite, vestendo quella che con ogni probabilità è al momento la maglia più pesante dell'intero continente sudamericano.
Davanti la scelta è stata obbligata e felice: Almeyda ha a disposizione due fuoriserie come il Chori Dominguez e Fernando Cavenaghi. Dopo un inizio difficile il Torito è tornato ad essere il giocatore che ha fatto innamorare il Monumental nei suoi giorni di gloria, bomber implacabile e attaccante totale, fondamentale nel far salire la squadra e nell'aiutare i suoi nei momenti di sofferenza. Sempre presente in questo inizio di stagione, il capitano della Banda ha messo a segno cinque reti, confermando di essere il giocatore che sarebbe servito al River Plate nella scorsa stagione, quando Funes Mori, Pavone e Caruso facevano ammattire il Tano Pasman di turno a suon di reti divorate. Alle spalle di Cavenaghi, infortuni permettendo, si è finora mosso Alejandro Dominguez, direttore d'orchestra in grado di gestire palla e dettare i tempi della manovra, il vero regista della squadra di Almeyda e, purtroppo, l'obiettivo numero uno dei tacchetti delle squadre avversarie. Il Chori è un acquisto di spessore assoluto e un autentico lusso per la serie B albiceleste, ma preservarlo nel corso della stagione non sarà impresa facile, visti i trattamenti speciali riservati al numero dieci in queste prime partite.
Nel complesso si è intravisto un buon River, a tratti spettacolare e a tratti poco convincente, vittima di quella paura pagata a caro prezzo nel finale della scorsa stagione. L'umiltà e la cattiveria agonistica che Almeyda ha saputo trasmettere ai suoi giocatori lasciano ben sperare, anche se i propositi del nuovo DT sono ancora ben lontani dall'essere raggiunti. Difensivamente la squadra commette ancora qualche distrazione di troppo e in mezzo al campo il caos talvolta prevale sull'ordine tattico, ma sono stati compiuti degli evidenti passi avanti: meno sensibile a crolli psicologici, fisicamente brillante e sempre pericoloso -sembrano ormai lontani i tempi delle carestie offensive-, il River Plate del Pelado ha tutte le carte in regola per dare battaglia fino alla fine.
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