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24 lug 2013

Habemus Tata


Il Barcellona per qualche minuto ha deciso di sembrare un club normale. Invece di seguire l'amata autarchia assoluta in ogni ambito ha deciso per la prima volta dal 2008 di affidarsi a un tecnico esterno. Per di più facendo una scelta se non proprio imposta dal suo leader tecnico Messi quantomeno caldeggiata dalla pulce argentina. Gerardo el Tata Martino, argentino nato a Rosario nel 1962 è il nuovo allenatore del Futbol Club Barcelona.

Malgrado le malelingue, non parliamo di un raccomandato.
Il Tata inizia ad allenare nel 1998 e ha una solida carriera alle spalle. Il maestro è Marcelo Bielsa, la palestra il Paraguay. Dal 2002 al 2006 si impone come figura dominante del calcio albirojo vincendo 6 titoli (il campionato si divide in Apertura e Clausura) alla guida di Cerro Porteño e Libertad, con cui conquista anche una semifinale di Libertadores.
Visti i risultati la Federazione gli offre la panchina della nazionale. Dal 2007 al 2011 porta il Paraguay ai quarti della Copa America 2007 (appena insediato), ai quarti del Mondiale 2010 (eliminato dalla Spagna per 1-0) e alla finale persa contro l'Uruguay in Copa America 2011.
Nel 2012 arriva finalmente ad allenare in Argentina (escludendo una brevissima parentesi nel 2005), proprio nella sua Rosario. Resuscita il Newell's portandolo al secondo posto nell'Inicial 2012 e alla vittoria nel Final 2013, aggiungendo un'altra semifinale di Copa Libertadores.
Al Barcellona avrà il suo primo impatto col calcio europeo, col grande vantaggio di trovarsi a disposizione del materiale tecnico straordinario.

Ma che tecnico è Martino?
La grande fonte di ispirazione è ovviamente il lavoro di Marcelo Bielsa, suo allenatore ai tempi del Newell's e idolo assoluto del calcio rosarino. Non è però un integralista e nel corso degli anni ha dimostrato grande spirito di adattamento e capacità di sfruttare al meglio i punti di forza a sua disposizione. I due migliori nonchè più accessibili esempi rappresentativi del suo calcio sono il Paraguay della Copa America 2011 e il NOB 2012/2013.
La nazionale albiroja aveva un'evidente carenza di talento che rendeva inutile tentare di impostare alchimie di calcio spettacolo. Presentava invece una notevole fisicità e disposizione al sacrificio, che Martino ha saputo canalizzare ed esaltare. Spirito di gruppo, grande solidità, attenzione in copertura e corsa, tanta corsa, senza badare alle giocate raffinate. Un calcio molto pratico predicato sulla garra e sulle ripartenze improvvise.
Il Newell's 2012/2013 è al contrario chiaramente una squadra di stampo bielsista. Molto offensiva, con una manovra d'attacco organizzata e fluida. Palla a terra, tanti movimenti, un attacco "leggero" con un centravanti molto mobile come Nacho Scocco accompagnato da esterni rapidi e ficcanti, ma anche attenti a coprire. A centrocampo due interni con corsa verticale (con l'eccezione di Cruzado, più da possesso) e uno schermo davanti alla difesa come Diego Mateo, posizionale, fisico e fondamentale per ricevere il primo passaggio e far partire la manovra (dettaglio che in Spagna conoscono benissimo). Grande attenzione anche alla corsa dei terzini, fondamentali per allargare il gioco e molto coinvolti in zona gol. Possesso palla e controllo dei ritmi.
Due modelli di calcio quasi opposti, soprendentemente sviluppati dallo stesso allenatore. In comune troviamo la grande capacità di leggere gli spazi (esaltata da una parte difensivamente, dall'altra offensivamente), una certa attenzione sulla corsa e la valorizzazione dei talenti individuali.

Restano da citare le parole di Bielsa circa la leadership del suo allievo (che fisicamente gli somiglia sempre di più col passare degli anni):
"Destaco 4 cosas de Gerardo Martino como líder: 1. Siempre que decía hablaba, tenía algo para decir, algo que valiera la pena; 2. Cuando hablaba, nunca levantaba la voz; 3. Él entraba al vestuario y aunque no hablara, bajaba el nivel del murmullo; 4. Cuando él contaba un chiste, todos nos reíamos. Cuando yo me iba a casa y lo contaba, nadie se reía. Y eso que jugaba de local."

Il suo calcio ovviamente non è il tiki-taka di Guardiola, ma nemmeno la verticalità esasperata del Loco. Per capacità tattiche e spirito abbiamo una figura interessantissima, su una panchina meno facile di quel che sembra.

11 lug 2013

Il Tata Martino a un passo dalla leggenda


Gerardo Martino ci credeva. Probabilmente nemmeno lui si aspettava di poter riportare così in alto il suo Newell's Old Boys in un solo anno e proprio per questo il repentino crollo sul più bello gli farà più male.
Sembrava un copione perfetto, da film. Lui, uno dei migliori giocatori della storia del Newell's, che riporta la sua squadra del cuore in finale di Copa Libertadores seguendo le orme del maestro (suo e di mezzo Sudamerica che parla spagnolo) Marcelo Bielsa.

La Copa Libertadores non è una competizione facile, richiede grandi sforzi sia fisici che mentali, oltre a viaggi lunghi e scomodi. Il NOB l'ha pagata nell'ultimo periodo, in termini di brillantezza e risultati. Il Torneo Final è stato vinto ugualmente, ma ci sono state l'eliminazione dalla Copa d'Argentina e la sconfitta col Velez nella Superfinal (il nuovo trofeo inaugurato quest'anno, partita secca tra vincitrice dell'Inicial e vincitrice del Final che assegna il terzo titolo dell'anno). La squadra aveva la testa a questa semifinale, e dopo l'andata sembrava anche aver tratto grandi insegnamenti dai tentennamenti nel difficile quarto di finale contro il Boca.
Il turno era duro, ma dopo l'andata le prospettive erano ottime. Un 2-0 addirittura stretto, una partita dominata, il campionato argentino finito, l'eventualità di una finale da favoriti. La possibilità di superare addirittura il monumento Bielsa, colui a cui è intitolato lo stadio di Rosario, che nel 1992 perse la finale con Martino in campo.

Purtroppo non è bastato per superare lo scoglio del ritorno a Minas Gerais, infatti dopo i rigori in finale vanno Ronaldinho e soci. Un'eliminazione dura che fa sorgere qualche parallelo con l'epopea del primo Athletic Bilbao del Loco, arrivato a un passo da vincere qualcosa di importante.
Lo stile di gioco prodotto dalla squadra del Tata Martino ha infatti chiarissima l'impronta di Bielsa, sia nel modulo (4-3-3) che nei movimenti che nella gestione della sfera. Non a caso il NOB ha dato spesso spettacolo e segnato molto (chiedere a Nacho Scocco e ai suoi 30 gol stagionali), mettendo in mostra idee moderne di movimenti e spaziature. Ma come le squadre di Bielsa ha il limite di dover andare al massimo per produrre risultati e di soffrire spazi molto intasati.
Una tattica spettacolare e produttiva (anche per la valorizzazione dei singoli), ma logorante e difficile da riproporre con continuità.

Con un pò più di fortuna Martino avrebbe potuto centrare un risultato eccezionale. Un immenso regalo per tutta la città di Rosario, prima di salutare per venire forse in Europa.
Si è fermato a un passo, portando lo stesso un titolo.
Suerte Tata.