Il tempismo è definito come accortezza e decisione nello scegliere il momento opportuno per agire. Per molti soggetti è una dote innata, che viene raffinata con l'esperienza.
José Antonio Reyes nel particolare ambito dello scegliere le sue squadre si può considerare un maestro di tempismo.
Reyes, classe '83, è un giocatore di notevole talento che ha iniziato a far parlare di sè molto presto. Impossibile non notare quel ragazzo così pieno di visioni calcistiche in un Siviglia che ai tempi era una realtà minore. L'etichetta di predestinato ha portato sul mancino di Utrera una certa pressione, che per certi versi ha finito per schiacciarlo, tanto che di media lo si considera un talento incompiuto. Tutto un problema di aspettative, anche se in realtà Reyes ha avuto una carriera solida e di un certo livello. Gli è mancato l'ultimo step, imporsi ad altissimi livelli.
Sul talento ci siamo, ma il tempismo? Presto detto: Reyes ha vinto in tutte le squadre in cui ha giocato. Mere coincidenze, ma il ragazzo soprannominato la Perla ha avuto l'istinto di cogliere praticamente tutte le occasioni giuste. E questo rientra esattamente nel concetto di tempismo.
In realtà il primo trasferimento di Reyes fuori da quella Siviglia che oggi possiamo considerare casa sua avviene appena prima che il club, con la guida di Juande Ramos, arrivi ad imporsi con le prime vittorie in Europa League. A discolpa della Perla va detto che nel Gennaio 2004 va all'Arsenal, vale a dire in una squadra che ai tempi era al massimo la numero due della Premier League. Non a caso quello è il campionato degli invincibili, l'ultimo vinto nell'era Wenger. E Reyes vince anche il Community Shield e la FA Cup nella stagione successiva, titoli che l'Arsenal non vedrà per quasi un decennio. Nel 2006, suo ultimo anno a Londra, arriverà anche alla finale di Champions League persa col Barcellona.
Titoli a parte però Reyes non riuscì mai a imporsi veramente in maglia Gunners, ritagliandosi più che altro il ruolo di riserva di lusso. Nel 2006 finì quindi in prestito al Real Madrid, curiosamente in cambio di un altro ex pilastro del Siviglia come Julio Baptista. Anche a Madrid con Capello la sua esperienza non è indimenticabile, ma Reyes riesce a vincere la Liga segnando anche nella partita che consegna matematicamente il titolo alla Casa Blanca.
I passaggi da Arsenal e Real minarono la considerazione generale del talento di Utrera. Nei top club aveva fallito e l'etichetta del talento senza la giusta personalità/continuità era arrivata inesorabile. Come accettando questo, Reyes si trasferì all'Atletico Madrid, che anche in questo caso non era la squadra che abbiamo in mente oggi. Solo al contrario rispetto all'Arsenal. Una mossa curiosa per un giocatore che aveva appena regalato il titolo all'altra metà di Madrid, e infatti tutta la stagione sarà condizionata da un difficile rapporto coi tifosi. Non arriveranno titoli, ma è solo una parentesi.
In prestito al Benfica nel 2008-2009 vince la prima Coppa di Lega della storia del club, un trofeo da quel momento sostanzialmente monopolizzato dalle Aquile.
Il ritorno all'Atletico nel 2009-2010 apre l'era "moderna" della squadra biancorossa di Madrid. Arrivano la vittoria in Europa League e pure in Supercoppa Europea contro l'Inter tripletista. Reyes riesce a diventare un titolare della squadra, ma nel 2011 a causa di diverse incomprensioni sostanzialmente finì ai margini della rosa. A nemmeno 29 anni Reyes era già un giocatore dimenticato, bollato in ogni modo: da discontinuo a sempre rotto, a incapace di segnare. Poteva solo tornare a Siviglia per dare un senso alla sua carriera.
José Antonio Reyes nel particolare ambito dello scegliere le sue squadre si può considerare un maestro di tempismo.
Reyes, classe '83, è un giocatore di notevole talento che ha iniziato a far parlare di sè molto presto. Impossibile non notare quel ragazzo così pieno di visioni calcistiche in un Siviglia che ai tempi era una realtà minore. L'etichetta di predestinato ha portato sul mancino di Utrera una certa pressione, che per certi versi ha finito per schiacciarlo, tanto che di media lo si considera un talento incompiuto. Tutto un problema di aspettative, anche se in realtà Reyes ha avuto una carriera solida e di un certo livello. Gli è mancato l'ultimo step, imporsi ad altissimi livelli.
Sul talento ci siamo, ma il tempismo? Presto detto: Reyes ha vinto in tutte le squadre in cui ha giocato. Mere coincidenze, ma il ragazzo soprannominato la Perla ha avuto l'istinto di cogliere praticamente tutte le occasioni giuste. E questo rientra esattamente nel concetto di tempismo.
In realtà il primo trasferimento di Reyes fuori da quella Siviglia che oggi possiamo considerare casa sua avviene appena prima che il club, con la guida di Juande Ramos, arrivi ad imporsi con le prime vittorie in Europa League. A discolpa della Perla va detto che nel Gennaio 2004 va all'Arsenal, vale a dire in una squadra che ai tempi era al massimo la numero due della Premier League. Non a caso quello è il campionato degli invincibili, l'ultimo vinto nell'era Wenger. E Reyes vince anche il Community Shield e la FA Cup nella stagione successiva, titoli che l'Arsenal non vedrà per quasi un decennio. Nel 2006, suo ultimo anno a Londra, arriverà anche alla finale di Champions League persa col Barcellona.
Titoli a parte però Reyes non riuscì mai a imporsi veramente in maglia Gunners, ritagliandosi più che altro il ruolo di riserva di lusso. Nel 2006 finì quindi in prestito al Real Madrid, curiosamente in cambio di un altro ex pilastro del Siviglia come Julio Baptista. Anche a Madrid con Capello la sua esperienza non è indimenticabile, ma Reyes riesce a vincere la Liga segnando anche nella partita che consegna matematicamente il titolo alla Casa Blanca.
I passaggi da Arsenal e Real minarono la considerazione generale del talento di Utrera. Nei top club aveva fallito e l'etichetta del talento senza la giusta personalità/continuità era arrivata inesorabile. Come accettando questo, Reyes si trasferì all'Atletico Madrid, che anche in questo caso non era la squadra che abbiamo in mente oggi. Solo al contrario rispetto all'Arsenal. Una mossa curiosa per un giocatore che aveva appena regalato il titolo all'altra metà di Madrid, e infatti tutta la stagione sarà condizionata da un difficile rapporto coi tifosi. Non arriveranno titoli, ma è solo una parentesi.
In prestito al Benfica nel 2008-2009 vince la prima Coppa di Lega della storia del club, un trofeo da quel momento sostanzialmente monopolizzato dalle Aquile.
Il ritorno all'Atletico nel 2009-2010 apre l'era "moderna" della squadra biancorossa di Madrid. Arrivano la vittoria in Europa League e pure in Supercoppa Europea contro l'Inter tripletista. Reyes riesce a diventare un titolare della squadra, ma nel 2011 a causa di diverse incomprensioni sostanzialmente finì ai margini della rosa. A nemmeno 29 anni Reyes era già un giocatore dimenticato, bollato in ogni modo: da discontinuo a sempre rotto, a incapace di segnare. Poteva solo tornare a Siviglia per dare un senso alla sua carriera.
E ancora una volta il destino era con lui. Nel 2012 la squadra era ancora in una fase di transizione, ma l'alba di un nuova era, anche qui, si affacciava con l'annuncio di Unai Emery come nuovo tecnico. Il resto, come si dice è storia: Reyes ha messo in bacheca tre Europa League consecutive, coronando al meglio il ritorno a casa con un nuovo ciclo vincente per il club. Nelle finali del 2013-2014 e del 2014-2015 ha anche giocato titolare, a testimonianza della sua utilità tecnica. Non solo un ritorno romantico, ma anche una rinascita personale.
José Antonio Reyes, la Perla di Utrera, non è un giocatore che entrerà nella storia del calcio. In quella di Siviglia probabilmente sì, ma al di fuori della città in molti si dimenticheranno di lui.
Tra i dimenticati però non tanti possono vantare il palmares di Reyes, un giocatore con la rara capacità di trovarsi al posto giusto nel momento giusto, pur cambiando maglia e non scegliendo realtà di massimo livello. A volte il tempismo è veramente tutto.
José Antonio Reyes, la Perla di Utrera, non è un giocatore che entrerà nella storia del calcio. In quella di Siviglia probabilmente sì, ma al di fuori della città in molti si dimenticheranno di lui.
Tra i dimenticati però non tanti possono vantare il palmares di Reyes, un giocatore con la rara capacità di trovarsi al posto giusto nel momento giusto, pur cambiando maglia e non scegliendo realtà di massimo livello. A volte il tempismo è veramente tutto.
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