Dopo il suo periodo sabbatico, dopo essere andato in USA a imparare l'inglese, dopo essersi rigenerato dal'immenso stress di Barcellona, Pep Guardiola ha infine apposto la sua desideratissima firma su un nuovo contratto.
A sorpresa diventerà l'allenatore del Bayern Monaco, lasciando a rosicare mezza Inghilterra e la stampa italiana tutta, che perde il suo specchietto per le allodole preferito (ma adesso è facile parlare di Mourinho, tranquilli).
La scelta è sorprendente quanto affascinante.
Il Bayern rappresenta il prototipo del top club moderno. Economicamente solidissimo, gestione delle risorse oculata, settore giovanile all'avanguardia, progetto tecnico ben definito, ambizioni sportive massime in Germania e in Europa.
Non ha la pubblicità e la copertura mediatica delle big inglesi o spagnole anche per colpa della scarsa considerazione che a torto si riserva alla Bundesliga, ma il livello sportivo ed economico è quello.
L'arrivo di Guardiola rappresenta quel plus a livello di immagine e visibilità che proietta definitivamente il club nell'Olimpo. Vale come il migliore giocatore al mondo che cambia squadra dopo aver vinto tutto, senza nemmeno il rischio di non vederlo in campo per infortunio.
Parliamo del secondo avvento di Guardiola su un panchina, la prima fuori da casa sua, dopo aver scritto pagine di storia del calcio condite da 14 titoli. Gli occhi di tutto il mondo che mastica di pallone, prima o poi, dovranno rivolgersi a Monaco nell'immediato futuro.
Interessante è cosa c'è dietro a questa scelta decisamente spiazzante.
Guardiola ha scelto il Bayern per il progetto tecnico più che per i soldi, che sarebbero stati senza alcun dubbio moltiplicati in un contratto in sterline o foraggiato da uno sceicco. La filosofia gestionale del Bayern ha infatti molti punti di contatto con quanto mostrato dal Barcellona 2008-2012.
Punto più evidente è la base della squadra formata con giocatori provenienti dalle giovanili, con un paio di nazionali, in questo caso tedeschi, in aggiunta. Un gruppo dal forte stampo Bayern come forte era il marchio della masia catalana.
Altro elemento è l'eredità di Van Gaal. L'allenatore olandese ha lasciato una forte impronta a Barcellona col suo 4-3-3 e il suo possesso palla a fine anni '90 (con Pep in campo) ed è il padre calcistico del Bayern di oggi. Dal suo arrivo nel 2009/2010 si è radicata a Monaco un'idea di calcio basata sul gioco, sul possesso, sull'ampiezza, sul segnare e fare spettacolo.
Fattori che si sposano decisamente bene con le idee di calcio fondamentali del giovane allenatore spagnolo e lo favoriscono nella nascita del suo nuovo e attesissimo progetto.
La differenza sta tutta nel nuovo paese, nella lingua, nella cultura, nel dover veicolare concetti a individui con un bagaglio di esperienze diverse.
I giocatori del Barcellona sono programmati fin da bambini, ce lo ripetono tutti i giorni. Guardiola era uno di loro che si è affidato in tutto e per tutto al dna catalano.
Come parlerà ai bavaresi?
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