Il Brasile di Menezes, favorito assoluto per l'oro, collassa sul peso di tutti i suoi limiti proprio nella finale contro il piccolo Messico, che si conferma realtà in crescita del calcio internazionale.
Il Brasile era la vera e propria corazzata di queste Olimpiadi.
Una struttura di giocatori under 23 fortissima, da nazionale maggiore, con 3 fuoriquota scelti accuratamente dal ct per dare ancora più spessore e personalità a una rosa che definire superiore alle altre è un eufemismo. Squadra completa negli 11 titolari e anche nelle riserve, per non farsi mancare nulla.
Ma per tutto il torneo c'era qualcosa che nn quadrava. Vittorie si, gol si, ma sempre con qualche errore di troppo, qualche sofferenza di troppo. Troppi gol subiti in particolare, anche dagli sconosciuti in inferiorità numerica (Honduras).
Un'impressione generale di mollezza e distrazione ben incarnata dalle prestazioni del capitano nonchè giocatore dal maggiore status, Thiago Silva. Lui che in Italia non può essere criticato per decreto ha disputato un torneo totalmente negativo, sotto ogni punto di vista. L'ombra del giocatore tanto voluto da Leonardo ed elogiato oltremisura a ogni controllo di palla.
Tanto tuonò che piovve.
In finale tutti si aspettavano che il Brasile avrebbe vinto nonostante i suoi limiti.
Magari anche facilmente, trascinato dai vari Neymar (50 milioni di valutazione), Oscar (30 e passa pagati dal Chelsea), Hulk (100 di clausola rescissoria), Leandro Damiao (35 facili), o dalle riserve Pato (24 milioni pagati 5 anni fa) e Lucas (44 milioni). Giocatori offensivi che tanto fanno sognare i tifosi e sono stati la vera forza del Brasile in questa Olimpiade, perchè capaci di segnare giocando da soli.
Invece ha prevalso l'organizzazione difensiva e la voglia di lottare del piccolo Messico. Privo, per di più, del suo giocatore più forte Giovani dos Santos. Sembrava la vittima sacrificale perfetta, ha condannato i verdeoro al loro terzo argento, dopo il bronzo di Pechino, regalando una pagina di storia del calcio.
Menezes è partito con una scelta che è sembrata subito azzardata. Alex Sandro (trezino sinistro del Porto) ala davanti a Marcelo, Hulk in panchina. Schieramento più fisico e di contenimento per favorire il possesso palla e bloccare il centrocampo tricolor.
Idea sconfessata al minuto 30, col Messico già in vantaggio e una sterilità offensiva rara.
Hulk, per quanto decisamente poco brillante in tutto il torneo, per la sua sola presenza impegna e allarga le difese, senza di lui Neymar e Damiao sono stati surclassati dai difensori messicani. Non a caso il Brasile ha iniziato a tirare fuori la testa, non trovando il gol per errori generali e la serata decisamente spenta sia di Neymar (raramente così impreciso nelle giocate) che di Oscar (incapace di accendere la luce). Damiao fondamentalmente non ha visto palla.
Il Messico si è difeso e ha organizzato le sue ripartenze verticali, trovando una traversa, un gol annullato per fuorigioco kilometrico e il calcio d'angolo del raddoppio. Il Brasile è andato avanti arruffando azioni, cercando dribbling e soluzioni troppo personali. Non a caso l'inutile gol del 2-1 è arrivato a tempo scaduto su una giocata verticale.
Azione simbolo della confusione dei brasiliani è il disimpegno difensivo in cui Rafael cerca uno scambio di tacco con Juan Jesus, regalando palla agli avversari. Poca presenza mentale, arroganza, scarsa comprensione del gioco del calcio. Che il suo compagno (pure più giovane) sia andato a parlargli a muso duro è il minimo (il capitano dov'era?).
Menezes trova la seconda grande delusione sul suo personale percorso verso i Mondiali di casa, mentre il Brasile ancora una volta vede sfuggirsi quell'oro che tanto manca.
Ancora più della Copa America, questa Olimpiade voleva essere l'anello di congiunzione tra le vittorie delle giovanili (Sud Americano Under 20, Mondiale Under 20) e la creazione definitiva della base per la nazionale futura.
Al di là dei nomi, il ct deve lavorare su tattica e gioco di squadra. Tutto troppo improvvisato in attacco, tutto troppo disorganizzato in difesa. Serve inoltre un'iniezione di carattere e voglia, perchè questa squadra tende a essere superficiale e a piacersi troppo.
Impensabile e ad alti livelli rischiosissimo. Come dimostra l'oro del Messico.
Il Brasile era la vera e propria corazzata di queste Olimpiadi.
Una struttura di giocatori under 23 fortissima, da nazionale maggiore, con 3 fuoriquota scelti accuratamente dal ct per dare ancora più spessore e personalità a una rosa che definire superiore alle altre è un eufemismo. Squadra completa negli 11 titolari e anche nelle riserve, per non farsi mancare nulla.
Ma per tutto il torneo c'era qualcosa che nn quadrava. Vittorie si, gol si, ma sempre con qualche errore di troppo, qualche sofferenza di troppo. Troppi gol subiti in particolare, anche dagli sconosciuti in inferiorità numerica (Honduras).
Un'impressione generale di mollezza e distrazione ben incarnata dalle prestazioni del capitano nonchè giocatore dal maggiore status, Thiago Silva. Lui che in Italia non può essere criticato per decreto ha disputato un torneo totalmente negativo, sotto ogni punto di vista. L'ombra del giocatore tanto voluto da Leonardo ed elogiato oltremisura a ogni controllo di palla.
Tanto tuonò che piovve.
In finale tutti si aspettavano che il Brasile avrebbe vinto nonostante i suoi limiti.
Magari anche facilmente, trascinato dai vari Neymar (50 milioni di valutazione), Oscar (30 e passa pagati dal Chelsea), Hulk (100 di clausola rescissoria), Leandro Damiao (35 facili), o dalle riserve Pato (24 milioni pagati 5 anni fa) e Lucas (44 milioni). Giocatori offensivi che tanto fanno sognare i tifosi e sono stati la vera forza del Brasile in questa Olimpiade, perchè capaci di segnare giocando da soli.
Invece ha prevalso l'organizzazione difensiva e la voglia di lottare del piccolo Messico. Privo, per di più, del suo giocatore più forte Giovani dos Santos. Sembrava la vittima sacrificale perfetta, ha condannato i verdeoro al loro terzo argento, dopo il bronzo di Pechino, regalando una pagina di storia del calcio.
Menezes è partito con una scelta che è sembrata subito azzardata. Alex Sandro (trezino sinistro del Porto) ala davanti a Marcelo, Hulk in panchina. Schieramento più fisico e di contenimento per favorire il possesso palla e bloccare il centrocampo tricolor.
Idea sconfessata al minuto 30, col Messico già in vantaggio e una sterilità offensiva rara.
Hulk, per quanto decisamente poco brillante in tutto il torneo, per la sua sola presenza impegna e allarga le difese, senza di lui Neymar e Damiao sono stati surclassati dai difensori messicani. Non a caso il Brasile ha iniziato a tirare fuori la testa, non trovando il gol per errori generali e la serata decisamente spenta sia di Neymar (raramente così impreciso nelle giocate) che di Oscar (incapace di accendere la luce). Damiao fondamentalmente non ha visto palla.
Il Messico si è difeso e ha organizzato le sue ripartenze verticali, trovando una traversa, un gol annullato per fuorigioco kilometrico e il calcio d'angolo del raddoppio. Il Brasile è andato avanti arruffando azioni, cercando dribbling e soluzioni troppo personali. Non a caso l'inutile gol del 2-1 è arrivato a tempo scaduto su una giocata verticale.
Azione simbolo della confusione dei brasiliani è il disimpegno difensivo in cui Rafael cerca uno scambio di tacco con Juan Jesus, regalando palla agli avversari. Poca presenza mentale, arroganza, scarsa comprensione del gioco del calcio. Che il suo compagno (pure più giovane) sia andato a parlargli a muso duro è il minimo (il capitano dov'era?).
Menezes trova la seconda grande delusione sul suo personale percorso verso i Mondiali di casa, mentre il Brasile ancora una volta vede sfuggirsi quell'oro che tanto manca.
Ancora più della Copa America, questa Olimpiade voleva essere l'anello di congiunzione tra le vittorie delle giovanili (Sud Americano Under 20, Mondiale Under 20) e la creazione definitiva della base per la nazionale futura.
Al di là dei nomi, il ct deve lavorare su tattica e gioco di squadra. Tutto troppo improvvisato in attacco, tutto troppo disorganizzato in difesa. Serve inoltre un'iniezione di carattere e voglia, perchè questa squadra tende a essere superficiale e a piacersi troppo.
Impensabile e ad alti livelli rischiosissimo. Come dimostra l'oro del Messico.
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