10 nov 2016

Intervista a Carlo Pizzigoni - Locos per el Futbol

Dopo Storie Mondiali, Carlo Pizzigoni torna in libreria con Locos por el futbol, un volume che è molto più di quello che promette in copertina.
Carlo, noto giornalista, in poco più di 300 pagine racconta la storia calcistica, ma non solo, del continente sudamericano paese per paese, fornendo agli appassionati un punto di riferimento semplice, completo e ricchissimo.
AguanteFutbol l'ha intervistato per cogliere qualche sfumatura in più di un libro che meriterebbe un approfondimento ad ogni pagina.

 - Da dove nasce la tua passione per il Sudamerica? Come molti hai cominciato con un campione per poi allargarti a città, paesi e tessuto socio-culturale?

In realtà no, perché da piccolo non ero affascinato da un campione sudamericano in particolare. Ce n'erano ovviamente tanti, ma nessuno che mi colpisse in modo speciale ecco. C'era un fascino generale per il Sudamerica, questo sì, che nel tempo ho coltivato, fatto germogliare e sbocciare.
La passione è nata in un certo senso per tutto il subcontinente, sviluppandosi poco alla volta con viaggi e visite specifiche mosse dalla curiosità. Argentina e Brasile ovviamente sono stati i primi riferimenti, ma poi ho scoperto molto altro.


 - Leggendo il libro ci si rende conto che gli argomenti trattati sono tanti e meriterebbero ancora più approfondimento visto che si spazia dal calcio in generale, alle varie squadre, ai singoli protagonisti, agli eventi di storia. E questo per ogni paese. Come hai fatto a fare una selezione in così tanto materiale?

Il percorso è stato davvero difficile. Se penso a come mi sono sentito durante la stesura il concetto che mi viene in mente è di aver fatto fatica, fatica fisica a riassumere un insieme clamoroso di informazioni.
Dopo Storie Mondiali la casa editrice mi ha proposto di scrivere di nuovo, e alla fine l'idea è stata una storia del calcio sudamericano che ha come riferimento la Storia critica del calcio italiano di Gianni Brera. C'è voluto tempo per trovare coerenza narrativa, un filo conduttore per il lettore, in modo che il libro non fosse solo un insieme di episodi slegati o curiosi aneddoti fini a sè stessi.
Oltre al materiale accumulato negli anni tra ricordi, racconti, appunti e libri letti ho fatto un viaggio tra Uruguay, Argentina, Brasile e Colombia per arricchire ulteriormente il mio bagaglio di conoscenze. Ne è uscita una mole complessa da scremare, con scelte difficili ad ogni angolo. La stesura è stata travagliata: per fare un esempio, la prima versione del solo Brasile era di 180.000 battute. Un libro a sè stante, da cui ho dovuto per forza di cose tagliare alcune storie, come per esempio il percorso del Santos di Pelé in Libertadores, che ho lasciato come accenno. L'editore del resto, conoscendomi, mi aveva avvisato subito: "Carlo per piacere, non facciamo enciclopedie".
Il problema raccontando del Sudamerica è non cadere nei cliché, non perdersi nei personaggi e ricostruire la realtà dei fatti senza indulgenze o giustificazioni. Ho cercato di restituire un punto di vista realistico puntando alla veridicità, per quanto possibile. Per fare un esempio, la famosa partitella di Garrincha contro Nilton Santos è una bella favola, ma non è mai avvenuta. Eppure se ne parla quasi da settant'anni. Parlando anche di fatti di storia politica e sociale ho riportato soprattutto cronaca, senza approfondimenti che rischiavano di diventare parziali. L'importante era fissare dei punti precisi e dare informazioni fruibili agli appassionati.

- Visto il titolo e la diffusione dell'apodo "Loco" dicci qual è il tuo "Loco" preferito. Anzi, visto che il primo sappiamo già chi è
(Marcelo Bielsa) passa pure al secondo.

La mia passione per Bielsa è nota, e va ben al di là delle sue qualità come allenatore. Nel suo campo è un genio e non lo dico io, ma gente che di cognome fa Puyol, Simeone, Zanetti, Milito e Guardiola. Però tutti quelli che lo conoscono lo definiscono persino superiore come persona. Una figura unica per spessore umano, tecnico e limpidezza. Tanto che avrei quasi paura di incontrarlo viste le aspettative che ormai mi sono creato.
Per citare quindi il secondo scelgo Orestes Corbatta, ala del Racing Avellaneda che per certi versi è stato la risposta argentina a Garrincha, seppur a livelli differenti. Talento straordinario con una parabola clamorosa che lo ha visto finire in miseria a vivere in una stanza proprio dentro al Cilindro di Avellaneda, lo stadio del Racing, in una stanza con solo un materasso e appese al muro le due medaglie delle due edizioni della Copa America vinte con l'Argentina.

- C'è un personaggio di cui volevi parlare e hai invece escluso?

In realtà no, ma per un motivo ben preciso. Di storie singole in Sudamerica se ne trovano all'infinito, ci sono mille suggestioni. Un ottimo esempio è el Trinche Carlovich: una bella curiosità, perfetta da far raccontare a un narratore come Buffa. Volendo se ne trovano anche di più divertenti, ma il mio obiettivo non era un libro di aneddoti.
Ho lasciato solo alcune storie singole in favore degli eventi importanti, quelli generali, per dare importanza alla storia del calcio e alla nascita dei singoli movimenti nazionali. Meno sensazionalismo, più Sudamerica. Il calcio va oltre i personaggi e la mia idea era creare un libro che facesse da trampolino per i lettori verso approfondimenti ulteriori, dando una certa linearità a un complesso notevole di fatti che si intrecciano.

- Un capitolo che mi ha singolarmente colpito è quello sul Cile, un paese con una storia calcistica particolare, segnata dall'incontro con Marcelo Bielsa (ancora lui) nel 2007.
Una tematica importante che emerge da questo libro è che attraverso il calcio i singoli paesi in Sudamerica hanno ottenuto una forma di identità nazionale. La particolarità del Cile è che non l'ha avuta fino al 2007, pur avendo avuto i suoi momenti e i suoi campioni. Prima di Bielsa però non c'era uno stile cileno in cui si identificasse il popolo o che fosse immediatamente riconoscibile dall'esterno, ci è voluto un tecnico argentino con idee forti e una capacità unica di seminare calcio per portare tutto questo. Un tratto che si ritrova anche in altri casi.
In realtà l'identità calcistica cilena avrebbe potuto svilupparsi già negli anni '20 grazie all'opera di Arellano, attaccante e fondatore del Colo-Colo. La sua morte prematura però interruppe il processo, e di fatto nessuno si dimostrò in grado di raccoglierne il testimone fino all'arrivo di un argentino con idee tanto particolari da essere preso per pazzo. Bielsa ha preso in mano una generazione di talenti, li ha uniti con un'idea ben precisa e gli ha indicato una strada. Poi Sampaoli e Pizzi (altri due argentini) hanno condotto in porto la barca portanto al Cile i primi titoli della sua storia.


Si ringrazia Carlo Pizzigoni per la cortesia e la disponibilità.

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