Può sembrare strano, ma il Santos ha avuto una storia prima di Neymar e dopo Pelè.
In particolare nei primi anni 2000 c'è stata una rinascita tecnica e anche mediatica basata sulla valorizzazione dei meninos de vila, i ragazzi delle giovanili. In un certo senso i padri spirituali dei vari Neymar e Ganso della generazione successiva. Senza di loro, senza il loro esempio e i loro successi non avremmo avuto il nuovo "Santastico" capace di vincere la Libertadores dopo 48 anni.
Parliamo di un insieme di ragazzi attorno ai 20 anni che dal 2002 al 2004 hanno portato al club 2 campionati vinti e una finale di Libertadores persa (malamente) contro il Boca Juniors di Bianchi e Tevez. Apripista non solo come esempio di valorizzazione del vivaio, ma anche come primi baby-fenomeni brasiliani pronti a migrare in giovane età. In un certo senso i primi rappresentanti dell'era moderna del calcio brasiliano.
I nomi principali sono abbastanza noti, ma hanno tutti in comune il fatto di essere, a 10 anni di distanza, sostanzialmente delle promesse mancate. Non meteore, talenti solo in parte espressi. Infatti hanno tutti avuto delle buone carriere, ma nessuno è riuscito a fare il salto di qualità decisivo.
I nomi principali:
Alex Rodrigo Dias da Costa (1982): difensore centrale fisicamente massiccio, tecnicamente capace e con un gran tiro. Ai tempi qualcuno lo vedeva anche come mediano difensivo. Una carriera consistente in Europa tra PSV, Chelsea e PSG, ma senza trovare mai la titolarità assoluta. Vedremo al Milan.
Renato Dirnei Florêncio (1979): centrocampista con senso dell'inserimento e gol, una specie di Paulinho meno potente. Elemento importante del Siviglia dei miracoli di Juande Ramos con quasi 300 presenze alle latitudini iberiche.
Elano Blumer (1981): eclettico centrocampista di gran piede e altrettanto senso tattico, in Europa ha vagato tra Shakthar, City prima che fosse big e Galatasaray, sostanzialmente sempre periferico al calcio che conta. Si è tolto lo sfizio di tornare nel 2011 dando uno slancio anche di personalità, forse decisivo, al nuovo Santos vincente. In Brasile è di un altro livello.
Anderson Luiz de Carvalho, Nenè (1981): in rosa nel 2002-2003 prima di partire per le peregrinazioni spagnole. Anima del PSG pre-sceicco, pure capocannoniere della Ligue 1 con 21 gol nel 2011-2012. Ha liberato la 10 per Ibrahimovic.
Diego Ribas da Cunha (1985): una carriera da questa parte dell'Atlantico sostanzialmente infinita, con la Germania come culla prediletta. Dal 2001 al 2004, giovanissimo, sembrava qualcosa tipo il nuovo Zico. Schaaf resta l'allenatore che l'ha valorizzato di più come titolare, Simeone oggi gli ritaglia un ruolo da dodicesimo.
Robson de Souza, Robinho (1984): il nuovo Pelè, o se preferite oggi il vecchio Neymar. Un talento, un gusto per lo spettacolo, uno stile e un'indole 100% made in Brasil. Al Santos 60 gol in 4 anni prima della grande chiamata del Real Madrid. Tra blancos, City (primo acquisto faraonico della nuova gestione) e Milan acuti apprezzabili soprattutto nelle prime stagioni sempre seguiti da cali al limite del crollo. Oggi sembra un giocatore in prepensionamento, pronto al soleggiato clima di casa.
Ricardo Oliveira (1980): una sola stagione, nel 2003, da grande protagonista in Copa Libertadores con 9 gol, battendo il record di Pelè col Santos. Gli anni in Spagna dal 2004 sono i migliori, col Valencia del double di Benitez e i 22 gol al Betis. Poi l'infortunio, un'apparizione da meteora al Milan, un buon ritorno nell'amata Liga e la monetizzazione a cannoneggiare in Arabia.
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