La Copa Libertadores è una competizione con un fascino particolare, legato indissolubilmente all'alone di magia del calcio sudamericano. Il Brasile è il grande dominatore della competizione negli ultimi anni: bisogna risalire al 2004 per trovare una finale senza squadre verdeoro e al 2009 per l'ultimo vincitore non brasiliano (l'Estudiantes).
La finale 2012 aveva visto la sfida tra una squadra con tradizione e mistica, il Boca Juniors, e una "vergine" desiderosa di imporsi, il Corinthians. La finale 2013 si è presentata con la stessa struttura (la tradizione dell' Olimpia contro la voglia dell'Atletico Mineiro), considerando le nette differenze tecniche, ed è finita allo stesso modo con l'imposizione del nuovo che avanza.
Il Galo è riuscito a sfatare la tradizione che vuole la dominatrice della fase a gironi incapace di vincere la Copa. Di gran lunga la squadra più spettacolare della competizione, l'allenatore Cuca ha messo insieme un 4-2-3-1 tutto talento e gioco offensivo. Il motore non poteva che essere Ronaldinho, colui che ha messo il Mineiro nell'elenco delle grandissime del continente e settimo giocatore capace di vincere Champions e Libertadores con Dida, Cafu, Roque Junior, Sorin, Tevez e Samuel. Attorno a lui un insieme di giocatori reduci da esperienze europee (Rever, Jo, Josuè, Diego Tardelli) e talenti in ascesa (Bernard, Luan), tutti con in testa l'idea di tenere il pallone e segnare più degli avversari. Non a caso Jo, letteralmente rinato, ha chiuso da capocannoniere a 7 gol davanti a Diego Tardelli con 6, cui si aggiungono i 4 di Dinho, conditi da 7 assist. Altro punto di forza l'inespugnabilità del Mineirão, in cui la squadra vanta 53 risultati utili consecutivi, comprese le due rimonte sotto 2-0 contro il Newell's in semifinale e contro l'Olimpia in finale.
L'Olimpia dal canto suo è stata la finalista a sorpresa, sottovalutata da tutti, ma capace di dettare legge nel girone e di eliminare la Fluminense ai quarti. Difesa dura, tanta corsa e ripartenze esplosive guidate da Salgueiro e Barreiro. Giovane interessante Alejandro Silva, buon piede e attenzione tattica. Collettività, sacrificio e anche per loro la fortezza casalinga del Defensores del Chaco di Asuncion. Guidati da Ever Almeida (ex portiere del club già vincitore della Copa) nel corso della doppia sfida hanno avuto le occasioni più nitide per vincere, fallendole però clamorosamente (si ricorderanno a lungo della scivolata di Ferreyra a porta vuota).
Decisiva è stata l'attitudine mentale. L'Olimpia al ritorno è stata troppo rinunciataria, troppo arroccata, troppo poco cattiva nelle tante occasioni avute. Anche nelle sortite offensive sembrava più preoccupata di perdere tempo che non di trovare un gol. L'Atletico si è giocato le sue carte e i suoi rischi, ben consapevole di essere permeabile in difesa, ma di poter segnare molto. 2 gol sono arrivati, ci sono state anche 2 traverse e diverse altre occasioni. Ronaldinho non è stato decisivo, ma ha risposto presente (mentre all'andata era scomparso dal campo), Bernard si è sacrificato pure troppo e ha gestito con sapienza la palla, però su tutti svetta Jo, che appena ha trovato un minimo di spazio è stato letale sotto porta e preziosissimo nello sviluppo del gioco. Cuca ha vinto la sua partita a scacchi con Almeida togliendo un mediano puro a inizio secondo tempo per schierare un centrocampista incursore. Rosinei ha scombinato le sicurezze difensive dei paraguaiani in fretta, dando inizio alla rimonta. Il cambio di Almeida invece, Ferreyra per Barreiro, doveva aiutare la squadra a prendere campo, ma ha finito per azzerare ogni tentativo di ripartenza per la lentezza del tanque.
Ronaldinho ha vinto la sua personale scommessa e può godersi il dolce sapore della vittoria, che tutti attribuiranno a lui.
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