4 nov 2012

Il nodo è nel taglio

Per un motivo o per l'altro l'allenatore dell'Inter Andrea Stramaccioni si trova sempre al centro di dispute semantiche di rarefazione unica nel calcio.
Sarà che perdere tempo ad analizzare come o perchè un allenatore con una trentina di panchine (non in Serie A, ma in carriera coi grandi) sia in grado di sollevare la squadra nerazzurra dalle macerie del 2011/2012 trovandole una nuova identità sfruttando alchimie tattiche, dialettica, empatia con giocatori e tifosi, preparazione fisica, uomini vecchi e nuovi, giornalisticamente non interessa a nessuno. O forse mancano competenze e onestà intelletuale per farlo.
Dovendo spostare l'attenzione ci si butta sugli aggettivi qualificativi. Il gioco è appiccicare un'etichetta a questa squadra che in molti vorrebbero vedere sprofondare. Parlare nel dettaglio di calcio annoia, gli elogi non son cosa. Un aggettivo di sintesi, di uso comune e facilmente trasmissibile a tutti è decisamente più comodo e veloce, ma soprattutto deresponsabilizza. Non va spiegato perchè ha un significato in se e può mantenere quel minimo di ambiguità da dico/non dico.
 Le parole sono ampiamente interpretabili a seconda del contesto, del tono, del taglio che si vuole dare alle cose. Ed è proprio il taglio di certe aggettivazioni che ha fatto scattare Stramaccioni.

Lui dice di essere permaloso e molti commentatori concorderanno, ma a me sembra semplicemente uno che tiene a veder riconosciuto il suo lavoro sul campo.
Nel suo metodo nulla è lasciato al caso, tutto è peparato e studiato. Per questo non si arrende alle semplificazioni, specie quando nascondono quel pizzico di malignità che parlando di Inter ci sta sempre. Di conseguenza risponde, senza mai essere offensivo o andare fuori dai binari consentiti.

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