15 giu 2010

Mourinho, l'allenatore

Tutti sanno che Josè Mourinho è l'allenatore più mediatico del mondo, ma pochi vedono davvero oltre la cortina fumogena della comunicazione. Su Josè da Setubal proliferano i luoghi comuni, malgrado quello che di anno in anno dice chiaramente il campo. Di sicuro un vincente, come testimoniano i 17 trofei in carriera o anche solo, per ridurre l'ottica al breve periodo, i 5 trofei in 2 anni di Inter. Ha vinto tutte le competizioni nazionali in ogni paese in cui ha allenato,la Coppa UEFA ed è uno degli unici 3 tecnici ad aver vinto la Champions con due squadre diverse.

Quindi perchè ostinarsi a definirlo solo un comunicatore? Di sicuro la comunicazione è una parte fondamentale della sua personalità e del suo modo di allenare. Figura assolutamente non ignorabile, o si ama o si odia a seconda se si sta con o contro di lui. Forte, aggressivo al limite dell'arroganza, provocatorio, mai banale, capace di distruggere in pochi minuti chiunque gli si pari davanti (vedere conferenza stampa pre Barcellona-Inter per farsi un'idea, in 10 minuti smontata una settimana di chiacchere catalane), mai impreparato o colto di sorpresa (nemmeno quando è ospite a talk show che col calcio non hanno niente a che fare), punto di riferimento e "bersaglio" chiaro per chi gira nel mondo del calcio. Mediaticamente quasi troppo forte per essere vero, capace di trascinare un intero paese dietro alle sue parole (e i mille articoli o titoli su di lui in due anni in Italia lo testimoniano ampiamente). Tutto figlio di una precisa strategia finalizzata alla protezione della sua squadra (oltre che a una fortissima personalità e a un filo di protagonismo), mind games raffinati per andare a toccare i nervi scoperti altrui e rinforzare fino all'eccesso la convinzione e la personalità della sua squadra.
Ma tutto questo farebbe ridere in assenza di risultati. Delle sue vittorie abbiamo già parlato, ma è possibile che questa sia l'unica causa? Ok che ha sempre avuto grandi squadre ai suoi ordini, ma la storia è piena di formazioni piene di campioni purtroppo non vincenti.

Nelle due stagioni all'Inter si trova una chiara risposta a questo quesito. Il 2 giugno 2008 diventa ufficialmente l'allenatore dell'Inter, prendendo in mano la squadra vincente creata da Roberto Mancini. Arrivano Muntari, Quaresma e Mancini, per provare tatticamente un nuovo 4-3-3 molto più "europeista" del 4-3-1-2 usato dal suo predecessore. Diventa subito chiaro però che per vari motivi (ali inadeguate, centrocampisti troppo statici) non è questa la via tattica adatta alla squadra nerazzurra, quindi Josè decide di affidarsi al noto schema in cui la squadra si trovava a memoria avendoci giocato per due stagioni, dando di fatto una svolta alla stagione. Modulo a rombo, con tanti saluti ai nuovi innesti del mercato in favore del serbo Stankovic inizialmente ai margini, dimostrando grande capacità critica e nessuna paura di ammettere gli errori. Per la parte centrale e decisiva della stagione la prima Inter di Mourinho ricalca fedelmente quella di Mancini, con pochi accorgimenti aggiuntivi (gioco addirittura semplificato con grande ricerca del lancio verticale, Stankovic primo portatore di un pressing asfissiante sulle fonti di gioco avversarie, tutti i palloni a Ibrahimovic o in subordine a Maicon liberi di inventare con attorno tanti giocatori di corsa e fisico pronti a inserirsi e a sfruttare dribbling, giocate e sponde). Solo nella parte finale, dopo e anche a causa dell'eliminazione agli ottavi di Champions col Manchester United, si rivedrà l'amato 4-3-3 con Figo e Balotelli ai lati di Ibrahimovic, e un centrocampo con più dinamismo grazie a Stankovic e Muntari. Una prova che di fatto getta le basi per la trionfale stagione 2009/2010 per la squadra nerazzurra.

Il mercato 2009 cambia completamente le carte in tavola. Parte il leader designato, Zlatan Ibrahimovic, e con lui crolla tutta l'impostazione tattica degli ultimi 3 anni. Insostituibile per caratteristiche, grazie alla sua cessione arrivano, spalmati in tre mesi, Thiago Motta, Diego Milito,Samuel Eto'o, Lucio e Wesley Sneijder. Appare immediatamente chiaro a tutti che parecchie cose nell'Inter devono cambiare per arrivare ancora a vincere, e il lavoro sta tutto nelle mani dell'allenatore, che deve trasformare completamente l'impianto di gioco e integrare 5 nuovi titolari nella struttura della squadra. Non esattamente una passeggiata. La nuova Inter parte stentando (sconfitta in Supercoppa Italiana pur avendo dominato con la Lazio e pareggio alla prima di campionato col Bari), ma esplode fragorosamente alla seconda giornata. 4-0 al Milan, Motta, Milito ed Eto'o sugli scudi, e tanti saluti ai tanti che volevano un'Inter ridimensionata dopo l'addio del suo principale campione. Ovviamente si era solo agli inizi, ma i primi cambiamenti già si vedevano. Ricerca del gioco palla a terra, niente lanci lunghi, triangolazioni, movimenti nello spazio, possesso palla, difesa più alta, pressing, ripartenze veloci e letali. Un cambiamento radicale in 3 mesi, possibile solo con un grande tecnico al timone, capace di farsi seguire alla lettera dai suoi. Tuttavia, era solo l'inizio. Il modulo era ancora il rombo, pur avendo più qualità negli interpreti e una nuova chiave di lettura. E qui sta la seconda evoluzione dell'Inter plasmata da Mou. A dicembre, tra Dinamo Kiev e Rubin Kazan la squadra nerazzurra trova la sua nuova identità tattica con un 4-2-3-1 con 3 punte pure in avanti, Sneijder ad ispirarle e Motta a gestire il gioco da mediano. Un modulo che permette di allargare il gioco e di sfruttare appieno la ricchezza della rosa in attacco (aumentata con l'arrivo a gennaio di Pandev), difficile per l'enorme sacrificio che richiede a tutti, perfetto per l'Europa, estremamente moderno come concezione e realizzazione. Altro cambiamento radicale, per di più in un periodo dell'anno in cui la squadra era impegnata ogni 3 giorni o quasi, quindi con ben poco tempo per lavorare in allenamento, che verrà definitivamente assimilato il 16 marzo 2010 nel capolavoro tattico di Londra contro il Chelsea. Uno scacco completo a domicilio di una delle formazioni più forti d'Europa, con un allenatore come Ancelotti incapace di far girare la sua squadra di fronte all'organizzazione tattica preparata da Mourinho. Da quella data in poi, l'Inter giocherà praticamente solo con quel modulo o col 4-3-3 in assenza di Sneijder, a testimonianza di una metamorfosi completata, arrivando a vincere tutto anche grazie alla perfetta preparazione delle partite a eliminazione diretta, giocate tutte con un'attenzione tattica straordinaria (preparata dall'alto e attuata dai giocatori) che ha permesso di massimizzare l'efficacia del gioco nerazzurro e evidenziare le debolezze dell'avversario di turno (anche quando sembrava non averne come il Barcellona).
Nel giro di un anno l'Inter è stata radicalmente trasformata, trascinata dalle idee tattiche moderne e dalla capacità di farsi seguire fino in fondo anche dai campioni più affermati (chiedere a Samuel Eto'o per informazioni) di un grandissimo allenatore di Setubal.
Chi si ostina a considerarlo solo un comunicatore continuerà a vederlo vincere senza spiegarsi il perchè.

1 commento: