Se non vivete in una grotta, anche se non seguite il calcio ormai saprete che il Portogallo ha vinto Euro 2016. Un'affermazione storica per una nazionale che sembrava destinata a non trionfare mai per limiti strutturali scritti nel dna, e invece ha trovato il modo di imporsi a suo modo, vincendo in totale solo una partita entro i novanta minuti in tutto il torneo. Del resto si è sempre detto che i portoghesi sarebbero i più forti del mondo nel calcio senza porte, e questa è una sorta di dimostrazione che il fato ha voluto darci.
L'ossatura della rosa campione d'Europa ha un'origine sorprendentemente chiara: ben dieci dei quattordici giocatori utilizzati da Fernando Santos nella finale contro la Francia sono prodotti dello Sporting club de Portugal (da quelle parti mal sopportano la dicitura Sporting Lisbona, io vi avviso). E anche il ct a dirla tutta ha avuto un'esperienza sulla panchina del club biancoverde.
Un dato sorprendente visto che lo Sporting nell'immaginario collettivo è al terzo posto nella gerarchia delle tre grandi portoghesi, ben staccato nella considerazione sia dal Porto che dai rivali cittadini del Benfica.
Rui Patricio, Cedric (a proposito, se uno sulla maglia si fa scrivere Cédric specificando dove va l'accento perché chiamarlo per tutto l'Europeo Cedríc?), Fonte, William Carvalho, Adrien Silva, João Mario, Nani, Cristiano Ronaldo, João Moutinho, Quaresma. Sono questi i dieci prodotti biancoverdi vale a dire gran parte dei giocatori più forti che possa schierare il Portogallo. Infatti otto di loro erano titolari in finale. Curioso che ben cinque siano ancora a Lisbona.
Il merito di aver formato questa generazione va a un uomo in particolare: Aurelio Pereira, che dal 1988 è a capo del settore giovanile dello Sporting. Molto più che un semplice osservatore, Pereira ha evidentemente un occhio unico per il talento unito alla capacità di reclutare i giovani e farli crescere, portandoli nel miglior modo possibile alle soglie del calcio professionistico. Oltre a questa generazione anche alcuni grandi del passato sono "nati" grazie ai suoi consigli, come Luis Figo e Simão Sabrosa.
C'è un paradosso però dietro a tutto questo: lo Sporting è un ottima fucina di talenti, ma non vince un campionato da quattordici anni.
Anzi, andando oltre si scopre che dei diciotto titoli nazionali ottenuti solo due sono arrivati negli ultimi trentaquattro anni, nelle stagioni 1999-2000 e 2001-2002 grazie ai gol a grappoli segnati da Mario Jardel. Oltre a questi il punto più alto della storia recente è la finale di Coppa UEFA persa contro il CSKA Mosca. Una partita che ha solidificato una sorta di maledizione per il club visto che si giocava a Libona, all'Estadio José Alvalade, e rappresentava per lo Sporting la migliore occasione di scrollarsi di dosso il complesso di inferiorità verso Porto e Benfica.
Lo Sporting quindi rappresenta una scuola unica per il calcio portoghese, ma molto raramente raccoglie i frutti del suo lavoro. Due esempi ideali sono Quaresma e Moutinho: entrambi, come detto, prodotti delle giovanili hanno trovato consacrazione e titoli con la maglia del Porto.
Un destino beffardo per i Leoni di Lisbona.