7 giu 2016

Ever Banega

Dopo un periodo di scaramantico silenzio è giunto il momento di parlare di Ever Banega. Il suo trasferimento all'Inter non è ufficiale, ma il periodo di raccoglimento ha aiutato a fare chiarezza e a riordinare le idee per poter affrontare l'argomento con lucidità e razionalità. O forse no, perché Ever occupa un posto speciale nei nostri cuori praticamente da sempre. E si sa, l'amore non si sceglie e soprattutto non si affievolisce di fronte a cose banali come la continuità di rendimento, l'instabilità tattica o le vicende extra-calcistiche.

Classe 1988, di Banega si conosce già tutto: giocatore di qualità, testa calda, incostante, inaffidabile in campo e al distributore di benzina, da tenere lontano da webcam e connessioni internet. La carta d'identità non lo qualifica ancora come vecchio, anche se nella percezione lo sembra perché è in circolazione in Europa da quasi dieci anni.
Nel corso del tempo il suo ruolo ha subito un'evoluzione chiara e netta. Al Boca e soprattutto in uno straordinario Mondiale Under 20 con la Seleccion argentina ha iniziato come classico 5 in termini biancocelesti, ossia centrocampista di riferimento davanti alla difesa, tattico nella copertura e incaricato dell'impostazione. Il modello nel ruolo se nasci dalle parti di Buenos Aires è Mascherano ormai da un decennio, ma in chiave Boca Banega era l'erede designato di Gago. Una cosa contraddistingue fin da subito el Tanguito: la straordinaria qualità che ha nei piedi, soprattutto per un centrocampista basso. Banega vede il gioco come pochissimi, col pallone è un giocoliere e ha una personalità devastante per un diciannovenne.


Il suo soprannome, Tanguito, rimanda a uno dei cardini della cultura argentina, cioè il tango. Vedendo giocare Banega anche oggi non si fa fatica a capire perché il suo apodo sia collegato a questo particolare ballo. Ever si muove al suo ritmo come abbracciando la palla, portandola dove vuole in una serie di giravolte per poi improvvisamente accelerare lasciandola andare. Balla una sua personale danza con la sfera, che crea una relazione unica e particolare, sia per lui che per lo spettatore.
Passa al Valencia nel 2008, dopo appena due anni in Argentina, e il suo posto viene curiosamente preso da un certo Gary Medel.

Su di lui ci sono grosse aspettative, che saranno quasi totalmente deluse. Banega è giovane, esuberante, forse troppo conscio delle sue qualità e spesso finisce per perdersi in sé stesso, nelle pieghe delle sue danze sulla palla.
In Spagna il suo calcio, progressivamente, cambia. Diventa chiaro in fretta che per giocare davanti alla difesa la testa non lo asseconda e quindi il suo raggio d'azione si sposta di partita in partita più avanti. In questo indubbiamente lo aiuta la sua qualità decisamente sopra la media, che gli permette di diventare più incisivo sui risultati, ma il vero limite invalicabile è legato alla continuità di rendimento. Ever alterna periodi positivi (pochi) a momenti di buio (molti), sia dentro che fuori dal campo. Appena arrivato esce la storia di un suo video hard ripreso tramite webcam.  Anche per questo non si ambienta e dopo soli sei mesi viene ceduto in prestito all'Atletico Madrid. Gioca coi colchoneros una stagione, quella 2008-2009, non viene riscattato e torna a Valencia, dove prosegue tra alti e bassi fino al 2014.
Nel 2012, quando arrivano le prime voci di un interesse dell'Inter, si infortuna seriamente facendo benzina perché dimentica di mettere il freno a mano alla sua Ferrari. La stessa macchina pochi mesi dopo andrà a fuoco, fortunatamente senza conseguenze per lui. Tutti fatti che uniti al suo carattere non facile e a una certa propensione per alcol e vita nottura non renderanno fruttuosa la sua esperienza al Valencia, malgrado l'allenatore dei suoi primi anni sia lo stesso Unai Emery che oggi l'ha fatto sbocciare al Siviglia.
Nel Gennaio 2014 Banega decide di tornare a casa, al Newell's Old Boys. L'obiettivo è giocare titolare per arrivare al Mondiale. In Primera però le cose non andranno come previsto: il Tanguito fatica a imporsi, perde minuti e alla fine viene tagliato da Sabella dopo la convocazione iniziale nel gruppo allargato per l'Argentina di Brasile 2014. C'è in più un'altra disavventura extracalcistica: il suo nome viene fuori in un'inchiesta su riciclaggio di denaro da parte di bande criminali.

Dopo il passaggio al NOB la carriera di Banega sembra sostanzialmente arenata. A 26 anni, con una reputazione ormai bruciata in Europa, le sue prospettive parlano di campionati minori o di un ritorno a casa fisso, che a quell'età significa fallimento.
Invece Monchi ha piazzato un colpo dei suoi, per la gioia di tutti i tifosi romantici del pianeta. Il ds del Siviglia in fondo è fatto come noi (e per noi intendo gli autori di questo blog): quando si innamora non si fa distrarre dagli orpelli, tiene un posto nel cuore per i suoi pupilli e punta al sodo. Monchi, studioso di calcio come pochi, conosceva le qualità di Banega e sapeva che valevano ad occhi chiusi una scommessa. Quando il valore del giocatore era al minimo ha fatto la sua mossa. Economicamente il rischio era bassissimo, ma tecnicamente l'investitura per il Tanguito era pesante: il suo ruolo designato era raccogliere il testimone di Ivan Rakitic (altra scommessa vinta da Monchi) appena passato al Barcellona. Vale a dire il cuore della squadra di Emery e uno dei migliori centrocampisti in Europa. E proprio il tecnico, che lo accolse al suo sbarco in Europa, si rivelerà fondamentale nella rinascita dell'argentino.
A Siviglia Banega diventa il punto di riferimento della squadra, il regista della manovra. Tutti i palloni passano da lui, non importa se gioca in mediana o sulla trequarti. Rispetto a Rakitic gioca meno in funzione del gol e più per tessere la manovra. Emery insomma gli cuce attorno una macchina ideale per sfruttarne le caratteristiche, e arriverà a vincere due Europa League consecutive. Banega giocherà 94 partite in due anni e risulterà il migliore in campo nella finale contro il Dnipro nel 2015.

Ever firma con l'Inter in quello che è l'apice della sua carriera, arrivato quasi per caso. Il ritorno a casa, nel suo NOB, doveva essere un nuovo inizio, invece ha rischiato di rappresentare la fine. Banega poteva mollare soprattutto di testa dopo il doppio fallimento nel club del suo cuore e nell'Argentina, ma ha accettato una nuova sfida, scommettendo su se stesso. E ha vinto, rivelandosi calciatore come mai prima, diventando anche un titolare di Martino.
Come già scritto, le qualità le ha sempre avute, ma ha sempre avuto anche il problema di metterle in pratica. Al Siviglia sono scomparsi gli eccessi fuori dal campo, e sul campo il Tanguito ha trovato una continuità mai vista. Il suo gioco si è molto semplificato, pulito, in un certo senso raffinato. Banega oggi non cerca giocate fini a se stesse, è in continuo movimento per cercare di ricevere palla e dare sbocco alla manovra. Proprio come un ballerino alla ricerca della sua partner. Se serve sa ancora ballarci assieme, nascondendola agli altri pretendenti, ma sceglie con più oculatezza i rischi da prendersi. Ha imparato a leggere modi e tempi per far girare la sfera conducendo l'azione di tutti i suoi compagni a prescindere dalla posizione in campo. Oltre che un tessitore abile nel palleggio però Ever ha una visione verticale e una capacità di servire i tagli semplicemente unica, a prescindere dalla quantità di metri di distanza dal bersaglio.
Il Banega attuale non ha un impatto devastante in termini di gol e assist, ma a un'analisi più profonda è un maestro assoluto in quello che nel basket è chiamato hockey assist, cioè il passaggio che libera il compagno che poi rifinisce l'assist. Questo perché Ever vede il calcio prima degli altri, e sa spostare le sue pedine per arrivare allo scacco.

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