2 set 2013

Presente e prospettive di Esteban Cambiasso


La stagione 2013/2014 dell'Inter è appena iniziata e la squadra di Mazzarri ha già lasciato intravedere qualche segnale positivo. Poco saggio lanciarsi in giudizi affrettati -d'altronde sarebbe stato difficile non crescere rispetto al triste epilogo dello scorso campionato-, eppure alcuni miglioramenti a livelli tattico e caratteriale sembrano essere evidenti. In un contesto di squadra organizzato, con reparti ordinati, un livello minimo di sincronismi, coperture e un'idea di gioco definita, la valutazione del singolo assume allora un valore più razionale e oggettivo.

In queste prime partite diversi nerazzurri hanno dato l'impressione di poter essere giunti a un punto di svolta nelle rispettive carriere, beneficiando di una preparazione fisica adeguata e soprattutto di un impianto di gioco ben definito, con ruoli e compiti chiari sia in fase offensiva che in quella difensiva. Il rischio che si tratti di timidi fuochi di paglia rimane ancora piuttosto elevato, ma finora la crescita nel rendimento di giocatori come Jonathan e Ricky Alvarez è innegabile. L'argentino, in particolar modo, schierato da interno sembra essere un altro giocatore, o meglio, sembra essere l'elemento che Ricardo Gareca aveva plasmato per completare il suo splendido Velez: forza fisica e qualità al servizio della squadra.

Tuttavia c'è anche chi, come Esteban Cambiasso, in queste prime uscite ha confermato le difficoltà emerse prepotentemente negli ultimi anni. L'attuale capitano dell'Inter ha avuto un brusco calo già nella stagione successiva allo storico Triplete targato José Mourinho e, eccezion fatta per qualche raro scatto d'orgoglio, ha mantenuto un livello di gioco che poco ricorda il magnifico centrocampista acquistato a parametro zero dal Real Madrid. In grado di giocare mezzala, mediano e all'occorrenza anche trequartista, il numero 19 era uno splendido risultato di tecnica, sacrificio, agonismo e senso tattico: tutte caratteristiche che lo hanno portato a diventare uno dei migliori interpreti al mondo nel proprio ruolo. Ma oggi, se da un lato la sapienza tattica è rimasta immutata, il crollo atletico è impietoso ed evidente agli occhi di tutti, tanto da portare sotto i riflettori difetti più o meno gravi finora passati inosservati.

La velocità non è mai stata una specialità della casa, ma con la perdita di ritmo e intensità il Cuchu ha pagato dazio anche per quanto riguarda agilità e presenza nel breve, risultando molto meno efficace come recupera-palloni e diventando un ostacolo facilmente superabile, soprattutto in campo aperto. L'anno scorso, schierato mediano davanti alla difesa, tutti questi limiti sono stati messi a nudo dalle distanze siderali tra i reparti, ma l'impressione è che anche con una squadra più corta soffra il passo e gli inserimenti dei centrocampisti avversari. Problema simile si riscontra anche al momento di effettuare il pressing, quando idee e gambe non vanno di pari passo e il ritardo in uscita di una frazione di secondo può trasformarsi in un pericoloso contropiede.

In fase di possesso palla Cambiasso non si è mai distinto per geometrie o tempi -non è infatti casuale l'importanza di Thiago Motta nella conquista della Champions League-, ma per l'intelligenza nella giocata, la velocità di pensiero e la capacità innata negli inserimenti, retaggio dei trascorsi da trequartista. Di conseguenza non sono una sorpresa gli errori in fase di impostazione, soprattutto se costretto a giocare lungo, e l'incremento di palloni persi sotto pressione. Tuttavia il problema più grave è che un giocatore nel suo ruolo non può rifiutarsi di ricevere palla nascondendosi dietro all'avversario, nè può limitarsi e arrendersi alla costante del passaggio arretrato a uno dei tre difensori, come accaduto in diverse uscite recenti.

Quella legata a Cambiasso è dunque una questione che andrebbe affrontata il più presto possibile, mettendo in chiaro peso e ruolo del secondo giocatore più pagato nella rosa, secondo solo al connazionale Diego Milito. Un elemento fino a poco tempo fa imprescindibile e uno dei centrocampisti più forti nella storia dell'Inter, ma che a soli 33 anni sembra aver intrapreso un inesorabile declino: destino sorprendente e inimmaginabile, forse dovuto a quella stessa sapienza calcistica su cui Esteban può aver fatto eccessivo affidamento trascurando l'aspetto atletico, fondamentale nel calcio di oggi. Il Cuchu è ancora in grado di dire la sua, se utilizzato con intelligenza e, probabilmente, come interno di centrocampo, per poter sfruttare quei tempi di inserimento e quell'ultimo passaggio che ha sempre saputo mettere in mostra. Davanti alla difesa non garantisce con continuità nè sufficiente copertura, nè determinate geometrie, mentre un futuro nel reparto arretrato non sembra essere ipotesi percorribile e credibile.
La società nerazzurra finora non ha perso occasione per dimostrare fiducia totale nel giocatore argentino più vincente della storia,  non considerando prioritari investimenti significativi nel suo ruolo. Una strategia che inevitabilmente lascia quesiti e dubbi, a partire dalla scelta di costruire la squadra attorno a quello che è sempre stato un gregario. Magnifico, ma pur sempre gregario.

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