La crisi in cui ormai l'Inter versa da mesi è una questione con un risvolto psicologico significativo.
Dopo la vittoria di Torino tutto l'ambiente pensava di poter volare alto, più alto del dovuto (inutile negarlo). L'eccessiva esaltazione è stata demolita da squalifiche, infortuni, errori di tutti a ogni possibile livello e il ritorno sulla terra non si è ancora fermato a mesi di distanza.
Oltre alla componente tecnica, è evidente un appiattimento psicologico. La squadra di fatto è stata incapace di trovare risorse per reagire ai mille problemi che sono nati, molto raramente e solo per periodi determinati di gioco si è vista in campo la grinta e la tenacia che i tifosi si aspettano. Non a caso tutte le volte che l'Inter poteva rosicchiare qualche punto in classifica alla fine al massimo ha mantenuto invariato il distacco con le squadre davanti, mentre quelle dietro si sono avvicinate sempre di più (se è facile notare l'aggancio del Milan, ricordo che la Fiorentina è a 1 punto e il Catania a 5).
Di pari passo è andata spegnendosi la baldanza delle dichiarazioni. Oggi c'è un obiettivo dichiarato, il terzo posto, e la sua rappresentazione è la Lazio a 3 punti, su cui a parole tutti nell'Inter stanno facendo la corsa.
Ovvio che nessuno possa realisticamente parlare di punti di arrivo più ambiziosi, ma da quando puntare dichiaratamente al minimo porta risultati? Ogni risultato trova una giustificazione troppo comoda e regala alibi troppo facili. L'appiattimento sul minimo è praticamente garantito.
E se alla fine non fosse la Lazio la concorrente per il vitale posto Champions? L'Inter rischia di perdere un'altra stagione per l'atavica assenza di una leadership seria e definita.
Il terzo posto di suo non è un obiettivo ambizioso per una squadra come l'Inter, ma la perdita di qualunque stimolo in questa stagione è reso ancor più evidente dalla considerazione data alle coppe.
Il mercato di Gennaio e la conseguente variazione della lista ha di fatto declassato l'Europa League a terzo obiettivo se non proprio partitella infrasettimanale. La semifinale di andata di Coppa Italia è stata affrontata per ottenere al massimo un pareggio (e infatti è arrivata la sconfitta), sperando di potersi giocare il tutto per tutto al ritorno in casa.
Tutto va sul campionato, dove si punta a raggiungere un piazzamento minimo.
Perdere aiuta a perdere ed è molto più facile abituarsi alla sconfitta che ritornare a vincere.Senza alcuna motivazione concreta a fare di più si tenderà a fare sempre di meno.
L'Inter si trova (per la seconda stagione consecutiva, praticamente nello stesso periodo) in questo tunnel dall'11 Novembre, e non si intravede nemmeno l'idea della luce in fondo.
la disamina non fa una grinza,complimenti!!!!
RispondiEliminaCiò che fa rabbia non è tanto la serie di sconfitte che si è inanellata, bensì che la caduta libera è cominciata bruscamente subito dopo la l'ascesa ai primi posti e al raggiungimento dell'apice.
RispondiEliminaL'impresa dello Juventus Stadium fa infatti da spartiacque tra partite giocate con orgoglio, grinta e sacrificio e partite giocate in modo diametralmente opposto, ovvero con supponenza e senza motivazione.
E l'Inter nel post-Mourinho ci ha purtroppo abituati abbastanza stabilmente a questo genere di evoluzioni. Basti pensare alle metamorfosi con Leonardo e Ranieri dove la squadra prima si avvicinava al vertice con prestazioni giocate con caparbietà e voglia, salvo poi cominciare di punto in bianco a precipitare inesorabilmente e senza capacità di reagire.
E quando il fenomeno si ripete più di una volta, è lecito pensare che la sfortuna e gli infortuni non siano la sola causa. Ma che piuttosto la spina dorsale della squadra, arrivata ad un certo punto, non riesca a mantenere concentrazione ed umilità per proseguire il cammino nel modo più opportuno. Al di là ovviamente della mediocrità della guida tecnica che dal 2010 non riesce più a reincarnare la figura di un trascinatore con la "T" maiuscola che sappia porsi con continuità da motivatore anche nei momenti più difficili.