2 lug 2010

Puntare sui cavalli sbagliati

Ogni commisario tecnico di una nazionale ha il preciso compito di selezionare un certo numero di giocatori (si presume i migliori) per rappresentare un intero paese. Per quanto un allenatore sia capace, senza i giocatori giusti (per talento, condizioni fisiche, carisma o quant'altro) è destinato a fallire. Quei 23 ragazzi rappresentano la sua scommessa, e i cavalli del titolo.

Olanda - Brasile esemplifica al massimo livello questo semplice concetto.

Carlos Dunga per me è un ottimo allenatore, pochissimo brasiliano e molto europeo. E' riuscito negli anni a creare un Brasile solidissimo in difesa, attento e concentrato, mantenendo sprazzi di qualità verdeoro, vincendo Copa America e Confederations Cup. Anche in questi Mondiali il Brasile ha giocato due ottime partite (con la Costa d'Avorio e col Cile), ma è stato irrimediabilmente vittima delle scelte del proprio ct proprio contro l'Olanda.
Dunga ha di fatto scelto i suoi uomini e i suoi principi di gioco nella suddetta Copa America 2007. Da allora pochi i cambiamenti. Ha di fatto azzerato o quasi la fantasia tipica dei brasiliani privilegiando calciatori più fisici e funzionali al suo gioco. In alcuni casi ha fatto scelte impopolari, sempre aspramente criticate, che hanno però sempre trovato conferme sul campo. Fino a oggi.
Fragorosa la bocciatura del suo leader tecnico, Ricardo Kakà, e dell'uomo che più di tutti proprio Dunga ha fortemente voluto e difeso in questa selecao, Felipe Melo. Il numero 10 ha giocato un Mondiale in linea con la stagione al Real, anzi anche peggiore perchè si pensava che si risparmiasse col club proprio per arrivare in forma alla nazionale. Tecnicamente in grossa difficoltà, fisicamente anche peggio, nervosissimo con avversari e compagni. Doveva essere la luce, ha trascinato nel buio tutta la squadra. Felipe Melo un anno fa era reduce da una buona stagione con la Fiorentina e da una Conferations Cup strepitosa. Sembrava un giocatore sulla rampa di lancio, pronto a esplodere a 27 anni. Invece, dopo essere passato per 25 milioni di euro alla Juventus ha imboccato una strada in discesa che pare senza fine. Fa l'assist per il gol di Robinho, ma è totalmente incapace di reggere mentalmente quando il match si fa combattuto. Un autogol goffo e soprattutto un'espulsione che è il principale segnale di una stupidità calcistica gravissima. Ad oggi, il suo calcio pare a un livello parecchio più basso di questo.

Dall'altro lato della bilancia, Bert van Marvijk. Anche lui da quando è diventata seria la fase delle qualificazioni Mondiali ha scelto i suoi uomini, cambiando al massimo degli elementi di contorno. Soprattutto ha scelto come leader e faro del gioco Wesley Sneijder, facendolo giocare per primo nel suo ruolo ideale, trequartista dietro a 3 punte. Il giocatore ha così iniziato un proprio cammino di maturazione tecnica, continuato con l'arrivo all'Inter dal Real Madrid . Anche nel club è diventato leader, punto di riferimento, e ha ricoperto di fatto lo stesso ruolo sul campo. In una stagione ha completato un percorso personale impressionante, ottendendo una tremenda personalità vincente, che sul campo riesce a trasmettere a tutti i suoi compagni. Non è un caso che, anche se in campo si vede poco, sia spesso lui a decidere le partite in questo Mondiale per l'Olanda (vedere il gol e mezzo contro il Brasile). Una nazionale storicamente perdente ha trovato la sua anima.

Purtroppo non è facile puntare sui cavalli giusti, ma chi lo fa si può trovare a un passo dalla storia.

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