Adriano è sempre stato un gigante d'argilla, tanto potente quanto fragile.
Il talento calcistico immenso (chi ha visto giocare il vero Adriano sa di cosa parlo) è apparso subito abbagliante, la debolezza caratteriale nel tempo, purtroppo con effetti devastanti. Chi seguiva il tutto da fuori non riusciva a trovare spiegazioni per il percorso del giocatore, arrivato nei pressi della vetta assoluta in pochi anni e in altrettanto tempo precipitato. Bella vita si, magari poca voglia di allenarsi, ma ci doveva essere altro. E infatti tristemente c'era quell'alcolismo nato nel giorno della morte del padre (anche se proprio in quei giorni era nato il vero Imperatore), legato a una debolezza mentale che ogni tanto si ripresentava trascinandolo in un vortice da cui si è dimostrato incapace di uscire. Negli ultimi anni all'Inter si è visto un giocatore ancora con grandi colpi isolati, con una condizione fisica quantomeno approssimativa, totalmente inaffidabile a livello di testa in quanto capace di acquistare e perdere fiducia in poche settimane (con relative conseguenze su allenamenti, condizione fisica, ecc). Il ritorno in Brasile, a casa Flamengo, è stata la soluzione migliore per tutti.
Proprio li Adriano ha ritrovato serenità, calcio e gol. Idolo dei tifosi, capocannoniere, campione del Brasileirao dopo anni di digiuno per la sua squadra. Puntuali sono però arrivati i messaggi all'Europa. Frasi come "mi sono ritrovato, un giorno voglio tornare", "sono legato all'Italia e all'Inter", lasciano chiaramente intendere che al giocatore non dispiacerebbe confrontarsi ancora col calcio che conta. E' tuttavia chiaro (a chi lo vede giocare davvero) che la sua dimensione ideale, o forse ormai l'unica, sia proprio quella della sua nazione natale. Trattato come un eroe, lì può permettersi di tutto. Si allena quando e se vuole, e il suo rendimento in campo resta di spessore. In Brasile ha pochi rivali (come del resto Ronaldo al Corinthians), come testimoniano gol e successi. Che il calcio "vero" per lui sia purtroppo lontano si vede quando gioca nella ritrovata Selecao. Prestazioni incolori, senza gol alcuno. Un'involuzione immediata e radicale quando l'asticella si alza.
Purtroppo dal suo stesso club è arivata nei giorni scorsi la conferma del permanere dei suoi problemi con l'alcool. Una vita sregolata l'ha sempre avuta, e che avesse saltato la metà esatta (25 su 50) degli ultimi allenamenti là non fa certo notizia. Ma si possono chiudere gli occhi fino a un certo punto su problemi seri. Chissà se un nuovo medico riuscirà a fargli vincere la lotta contro se stesso.
Nel frattempo Adri, fidati di me, resta in Brasile che il tuo calcio è quello.
Il talento calcistico immenso (chi ha visto giocare il vero Adriano sa di cosa parlo) è apparso subito abbagliante, la debolezza caratteriale nel tempo, purtroppo con effetti devastanti. Chi seguiva il tutto da fuori non riusciva a trovare spiegazioni per il percorso del giocatore, arrivato nei pressi della vetta assoluta in pochi anni e in altrettanto tempo precipitato. Bella vita si, magari poca voglia di allenarsi, ma ci doveva essere altro. E infatti tristemente c'era quell'alcolismo nato nel giorno della morte del padre (anche se proprio in quei giorni era nato il vero Imperatore), legato a una debolezza mentale che ogni tanto si ripresentava trascinandolo in un vortice da cui si è dimostrato incapace di uscire. Negli ultimi anni all'Inter si è visto un giocatore ancora con grandi colpi isolati, con una condizione fisica quantomeno approssimativa, totalmente inaffidabile a livello di testa in quanto capace di acquistare e perdere fiducia in poche settimane (con relative conseguenze su allenamenti, condizione fisica, ecc). Il ritorno in Brasile, a casa Flamengo, è stata la soluzione migliore per tutti.
Proprio li Adriano ha ritrovato serenità, calcio e gol. Idolo dei tifosi, capocannoniere, campione del Brasileirao dopo anni di digiuno per la sua squadra. Puntuali sono però arrivati i messaggi all'Europa. Frasi come "mi sono ritrovato, un giorno voglio tornare", "sono legato all'Italia e all'Inter", lasciano chiaramente intendere che al giocatore non dispiacerebbe confrontarsi ancora col calcio che conta. E' tuttavia chiaro (a chi lo vede giocare davvero) che la sua dimensione ideale, o forse ormai l'unica, sia proprio quella della sua nazione natale. Trattato come un eroe, lì può permettersi di tutto. Si allena quando e se vuole, e il suo rendimento in campo resta di spessore. In Brasile ha pochi rivali (come del resto Ronaldo al Corinthians), come testimoniano gol e successi. Che il calcio "vero" per lui sia purtroppo lontano si vede quando gioca nella ritrovata Selecao. Prestazioni incolori, senza gol alcuno. Un'involuzione immediata e radicale quando l'asticella si alza.
Purtroppo dal suo stesso club è arivata nei giorni scorsi la conferma del permanere dei suoi problemi con l'alcool. Una vita sregolata l'ha sempre avuta, e che avesse saltato la metà esatta (25 su 50) degli ultimi allenamenti là non fa certo notizia. Ma si possono chiudere gli occhi fino a un certo punto su problemi seri. Chissà se un nuovo medico riuscirà a fargli vincere la lotta contro se stesso.
Nel frattempo Adri, fidati di me, resta in Brasile che il tuo calcio è quello.
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