Prova del nove, sfida decisiva, esame finale. Si sono sprecati decine di titoli e migliaia di parole per presentare Inter-Barcellona, prima partita del girone di qualificazione di Champions League. Aspettative alle stelle per una sfida giocata a otto mesi dalla finale di Madrid, a poco più di due settimane dalla chiusura della sessione di mercato estiva.
Quale può essere dunque il peso specifico di quella che era stata presentata come la sfida fra Eto'o ed Ibrahimovic? Può essere veramente considerata la prova decisiva per giudicare l'Inter, per capire fino a dove può arrivare e soprattutto se è cambiato qualcosa rispetto alla scorsa stagione?
La risposta sembra essere pressochè unanime ed è affermativa, questa è stata la sfida che ha permesso di trarre molte conclusioni, per quanto affrettate o meno possano essere. Ben diverso però è il contenuto di queste conclusioni, perchè se l'opinione pubblica (tifosi interisti compresi) sembra piuttosto compatta nel giudicare incolore e non sufficiente la prestazione dei nerazzurri, c'è chi preferisce vedere ed analizzare da una prospettiva ben diversa i novanta minuti giocati contro il Barça.
Il Barcellona appunto, campione di Spagna e campione d'Europa, una squadra in grado di esprimere il miglior calcio al mondo per distacco, fatto di movimento, possesso palla, verticalizzazioni, velocità, precisione. Un mix letale di tecnica, qualità e tattica che ha permesso agli uomini di Pep Guardiola di dominare in lungo e in largo la scorsa stagione, che si trattasse di Liga o di Champions poco importa, perchè grazie ad interpreti meravigliosi di questa filosofia di gioco come Xavi, Iniesta, Messi, Henry, Daniel Alves e molti altri nessuna squadra e nessun tecnico è stato in grado di fermarli. L'unico che può recriminare qualcosa è forse Guus Hiddink, che con il suo Chelsea è stato fermato a pochi minuti dal sogno da una magia di Andrés Iniesta. Lasciando da parte le recriminazioni varie legate all'arbitraggio di Ovrebo, sarebbe più opportuno ricordare come il tecnico olandese sia riuscito ad arginare e limitare la superiorità degli spagnoli: undici uomini costantemente dietro alla linea della palla, concentrazione estrema in fase difensiva, marcature impeccabili ed attacco basato su ripartenze rapide e precise. Al ritorno a Stamford Bridge sicuramente il Chelsea è riuscito a rendersi più pericoloso, seppure non cambiando di molto l'impostazione e l'approcio alla gara, ma traendo particolare vantaggio dalle numerose assenze nelle fila del Barça, costretto ad esempio a giocare con Yaya Touré centrale difensivo.
Mercoledì Mourinho ha invece deciso di utilizzare le stesse armi dell'undici blaugrana per contrastarli: pressing asfissiante, ritmo, fiammate in velocità, movimenti continui da parte delle punte e nei limiti del possibile possesso palla. Una scelta coraggiosa, che ha dato buoni/ottimi risultati nella prima frazione di gara e pagata carissima nella ripresa. Per quasi mezz'ora l'Inter ha cercato ed è riuscita a fare la partita, per un'ora complessiva è riuscita a giocare alla pari e a tenere testa al Barcellona, grazie ad un grande spirito di sacrificio, alla compattezza sia della squadra in generale che dei singoli reparti, ad un pressing estremo quanto efficace e a tentativi di verticalizzazioni improvvise che hanno permesso di presentarsi qualche volte nei pressi di Victor Valdes e al contempo di limitare per quanto possibile la pericolosità in fase offensiva degli avversari.
Nella ripresa la squadra è rimasta chiaramente a corto di fiato, cedendo pian piano campo agli avversari, che guidati dal direttore d'orchestra Xavi, migliore in campo per distacco anche questa volta, hanno invaso la metà campo nerazzurra e cercato di insidiare Julio Cesar in ogni modo. Tuttavia, nonostante il secondo tempo di marca nettamente blaugrana, l'Inter ha mostrato grande capacità di soffrire ed una compattezza difensiva impressionante. Samuel, Lucio e Chivu hanno interpretato la partita in modo perfetto, chiudendo, accorciando e sbrogliando le situazioni pericolose in maniera impeccabile. Non a caso Julio Cesar nella ripresa è risultato praticamente inoperoso, una certa novità se si considerano i precedenti big-match di Champions League.
Per concludere si può leggere sicuramente la partita in modo più che positivo, soprattutto se si considera che l'Inter era priva di due perni quali sono Stankovic e Cambiasso e che la squadra lavora da tre settimane al completo. Una leggera differenza rispetto al Barcellona, che ha cambiato un solo titolare e gioca allo stesso modo da anni e anni.
Mourinho e i suoi non sono sicuramente al livello del Barça ed è da visionari pensare che potessero esserlo, ma quei trenta minuti del primo tempo lasciano ben sperare e danno tutta la fiducia necessaria per continuare a lavorare in questo modo, consapevoli del fatto che c'è solo da migliorare, magari prendendo anche spunto dalla fantastica squadra affrontata mercoledì.
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