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14 mar 2017

Lanús – River Plate, 4 febbraio 2017

Scritto da @HaRagioneNonno

Nel calcio succede, a volte, che Davide sconfigga Golia, proprio come nella leggenda biblica. Succede anche che, se Golia è il River Plate di Buenos Aires, la vittoria di Davide appaia ancora piú sorprendente. Bisogna peró essere onesti e dire che il Lanús non è più una squadra piccola del campionato argentino e del panorama sudamericano in generale. Dopo parecchi decenni passati nelle categorie minori, una volta raggiunta la Primera División, il Lanús ci è rimasto costantemente. Negli ultimi anni, poi, ha vinto quasi tutte le competizioni in cui ha giocato. Basta andarsi a vedere il palmarés per vedere la crescita impressionante di questo club di quartiere che ormai è diventato grande.

 Da qualche tempo a questa parte un gruppo di tifosi del Lanús mi ha praticamente adottato e mi porta a vedere tutte le partite. Era quindi impossibile rifiutare l’invito ad andare a vedere la finale della Supercopa Argentina, che si è giocata nel bellissimo stadio di La Plata.
Dopo aver accettato l’invito, ovviamente, nella settimana precedente alla partita, ho vissuto con fremente attesa il giorno dell’incontro. Il mio amico Gastón, tifosissimo del Lanús (e anche del Toro) ha voluto passare la giornata con me, e ho così potuto vivere pienamente l’atmosfera.
Partiamo in macchina da Buenos Aires a metà pomeriggio, passiamo a prendere un altro amico, e affrontiamo il viaggio verso La Plata, a una sessantina di chilometri dal centro della capitale. Il viaggio è carico di tensione, i ragazzi parlano delle altre finali, fanno i loro scongiuri, e percepisco che abbiano un po' di timore verso il River Plate. O forse è solo verso la storia del River Plate. La realtà di questi anni dice che anche il Lanús ha vinto tanto. Inizio a rendermi conto che vedrò una grande partita.

Arriviamo nei pressi dello stadio e dopo aver parcheggiato ci dirigiamo verso l’ingresso. Le stradine nei dintorni dello stadio sono già piene di gente granate che sta iniziando la sua festa. Quello che mi ha sempre colpito delle tifoserie argentine è il livello di festa che riescono a mettere in piedi in ogni situazione. Si nota davvero che per loro quei momenti sono magici. La loro squadra li rappresenta. È una comunione di persone che provengono quasi tutte dallo stesso quartiere, che sono cresciute insieme nel loro stadio. Che hanno vissuto momenti brutti, e che ora, quindi, si godono quelli belli con una gioia invidiabile. Si aprono i cancelli ed entriamo.

Lo stadio è diviso esattamente in due. Il nostro settore si va riempiendo velocemente. Più lentamente, invece, si riempie quello dedicato ai tifosi del River Plate. La tensione sale, e iniziano i cori da parte nostra. Sono circondato dal colore che amo e la cosa mi fa sentire a mio agio. Il settore continua a riempirsi velocemente e ben presto mi trovo in mezzo ad una vera e propria moltitudine di persone. L’arrivo della barrabrava è uno dei momenti più emozionanti. Tamburi, trombe e tanta gente. Sono il gruppo piú numeroso di tifosi. Quello organizzato. Scendono tutti insieme in mezzo al resto del pubblico e prendono posto in mezzo alla curva. La Barra 14 è il gruppo organizzato dei tifosi del Lanús. Colore e canzoni a non finire.
Nel frattempo la barra del River, Los Borrachos del Tablón, tarda ad arrivare. Il loro settore, invece, si sta ora riempiendo all’inverosimile. Riempiono anche i due settori laterali a loro dedicati. Noi siamo sicuramente meno dal punto di vista numerico, ma la battaglia di cori prima della partita è davvero emozionante. Le squadre escono per il riscaldamento e le due tifoserie esplodono di gioia. Passano vari minuti e la tensione a questo punto è alle stelle.


Come dicevo, il tifo del Lanús è un tifo ben delineato. Quello del River Plate è invece difficile da definire. Essendo uno dei club più grandi del mondo, il suo tifo è trasversale. Nel frattempo si scatena un temporale di proporzioni bibliche, per rimanere in tema. Una pioggia incessante che rende, se possibile, ancora piú mistico il momento. Sicuramente, almeno per me, mistico lo è davvero. Le squadre scendono in campo appena dopo l’arrivo della barra del River, che ora canta in maniera incessante. Non me ne vogliano gli amici del Lanús, però è un momento magico. Credo di non aver mai visto, dal vivo, un tifo del genere. Quelli del River cantano in maniera incredibile ed è difficile, per noi, farci sentire. Vista la grande amicizia che lega il Toro e il River Plate devo dire che mi sento comunque a casa. Da un lato il colore granate, per cui oggi farò il tifo. Dall’altra parte il River, squadra a cui voglio bene e che rispetto tantissimo.

Il primo tempo della partita è ricco di occasioni per il Lanús, che si mangia due gol proprio sotto il nostro settore. Lo spettacolo delle tribune è altrettanto bello. Noi non smettiamo mai di cantare e altrettanto fanno loro. Il tempo scorre veloce e finisce il primo tempo. Finalmente un attimo di pausa. La gente si guarda perplessa. Un primo tempo molto ben giocato contro un River che non smette un attimo di pressare. Due gol falliti. La scaramanzia comincia a prendere piede. Il secondo tempo comincia e ora i tifosi del River fanno impressione. Cantano e saltano senza tregua. 25.000 persone circa che non mollano un momento. Il Lanús, però, non smette di giocare e si avvicina alla porta. Al 25’ minuto, poi, Lautaro “Laucha” Acosta, uno dei massimi idoli del granate, insacca il pallone con una sassata da dentro l’area di rigore. È il delirio. Da quel momento in poi è un monologo granate.
Arrivano il secondo ed il terzo gol e ormai il risultato è in cassaforte.

Come spesso accade in Argentina, la tifoseria della squadra che perde non ci sta. Quelli del River, adesso, si alzano tutti in piedi e cantano i loro cori piú forte di prima. Innalzano i loro colori e non mollano un secondo. Noi facciamo davvero fatica a farci sentire, nonostante il Lanús stia dominando la partita e abbia praticamente vinto la Supercopa e, di conseguenza, la sua sesta stella. Va in scena uno spettacolo meraviglioso. Due tifoserie che gridano con orgoglio e passione, con amore ai loro colori e per onorare uno sport. Per onorare lo sport piú bello del mondo. Perché anche se il terreno di gioco non è perfetto, anche se in campo non ci sono gli idoli palestrati del calcio da Playstation, o forse proprio per questo, lo spettacolo di oggi assume i contorni dell’autenticità. Qull’autenticità che tanto si va perdendo in altri posti.

Finisce la partita e noi esplodiamo di gioia. La gente si abbraccia e canta. Il trofeo andrà a Lanús e il miracolo di questa società continua. Mentre i giocatori vengono sotto la curva a festeggiare, dall’altra parte dello stadio nessuno se ne va. È festa anche fra chi ha perso, oggi. Per me è un’emozione enorme. Come dico sempre, di questo si tratta il calcio. Di questi momenti e di queste sensazioni. In fretta e furia viene organizzata la premiazione e i giocatori portano la coppa sotto il settore. Passano vari minuti e la festa continua. Ora sì il settore del River si svuota, mentre noi dobbiamo attendere dentro lo stadio. Ricomincia il diluvio mentre attendiamo di uscire. Poco importa se ci bagneremo, se dovremo camminare vari isolati sotto la pioggia per tornare alla macchina. Siamo felici e va bene così. Finalmente ci lasciano uscire e un fiume di gente si riversa nelle vie circostanti.

Il ritorno in macchina è una lunga carovana di auto e pullmini con bandiere granata ai finestrini. Attraversiamo vari quartieri e partono i cori verso la squadra di turno. Arriviamo a Lanús che sono ormai le 2 del mattino. La piazza della stazione è piena di tifosi che festeggiano e, come di rito, mi portano a mangiare in una pizzeria della stazione. È un covo storico di tifosi e ritrovo per il dopopartita.
Ancora una volta ho avuto la fortuna di vivere un giorno indimenticabile. Una bella partita, la vittoria di una coppa, due tifoserie magnifiche. Posso andare a dormire contento, sperando che presto mi possa ricapitare un giorno così.  


30 mag 2016

Il Lanus dei due Almiron

"Con el odio que le tengo a Lanus, otro a que le hice la macumba e no saliron campeon. Si Banfield tiene que perdier que pierda, ma no que salga Lanus campeon" diceva la signora Marta, un punto di riferimento per tutti noi che amiamo il futbol argentino. Ed evidentemente la sua fattura ha avuto un certo peso visto che il Granate pur essendo stabilmente tra le migliori squadre d'Argentina non è mai riuscito ad arrivare alla vittoria. Almeno fino ad oggi, perchè il Lanus ha battutto 4-0 il San Lorenzo nella finale del campionato 2016.
La macumba è finita, e immaginiamo che la signora Marta nel suo salotto stia scagliando altre, numerose, maledizioni.

I tornei brevi possono sempre portare sorprese, e l'unione di un semestre di transizione con gli impegni di Libertadores ha ancora di più sparigliato le carte.
Per prima cosa infatti va detto che il Lanus ha approfittato al meglio dei passaggi a vuoto di praticamente tutte le rivali più accreditate al titolo: Boca, River, Rosario Central, volendo Racing, ma pure le altre grandi storiche tipo Independiente e Newell's. Restava il San Lorenzo, una squadra di qualità notevole capace di battere 4-0 il Boca nel primo impegno stagionale in Supercoppa, regolata senza appello nella sfida decisiva. Una serie di coincidenze che potrebbero portare a identificare il Lanus come il Leicester d'Argentina, ma per fortuna non lo dirà nessuno.
La squadra guidata da Jorge Almiron dopo l'addio di Schelotto finalmente ha trovato un semestre di continuità, che l'ha portata a dominare il suo raggruppamento. Su 16 partite il Lanus ne ha vinte 12, pareggiate 2 e perse 2, ma un pareggio e una sconfitta sono arrivate nelle ultime due giornate, quando la squadra era già sicura di disputare la finale. Quando contava il Granate ha perso solo una volta, alla settima giornata contro il Racing con uno degli ultimi colpi di coda di Milito e il primo pareggio risaliva alla giornata numero cinque. Numeri raggiunti grazie al fatto di avere il secondo miglior attacco del campionato (28 gol fatti) e la miglior difesa (10 subiti, di cui 4 nelle ultime 2 giornate).

Jorge Almiron, al primo titolo in carriera, è uno dei protagonisti del titolo visto che ha dato la sua impronta alla squadra. Il tecnico è stato bravo a non rinnegare il lavoro di Schelotto, normalizzando però alcune delle ultime derive dell'attuale allenatore del Boca e aggiungendoci un paio di intuizioni personali.
Il gioco del Lanus infatti vive ancora sui cardini di quanto portato da Schelotto, un tecnico decisamente influente sulla storia recente e forse anche futura del club visto che ha seminato una certa cultura. Almiron ha mantenuto il 4-3-3/4-1-4-1, cambiando solo alcuni interpreti, cercando sempre di arrivare alla rete attraverso il gioco collettivo. Grandi movimenti di squadra impreziositi da una tecnica diffusa rendono la squadra piacevole da vedere, ma soprattutto efficace.
Ed è proprio l'efficacia che in realtà è spesso mancata ai tempi di Schelotto. El Mellizo aveva sviluppato derive guardioliste/spagnole che lo portavano a imbottire la squadra di centrocampisti di rifinitura praticamente in ogni ruolo. Molto bene per lo sviluppo della manovra, meno per l'efficacia sotto rete. Non è un caso che il Lanus abbia invece vinto il titolo 2016 col capocannoniere del torneo, il grande monumento di ritorno José "Pepe" Sand, autore di 15 gol e letteralmente rinato in maglia granata.
Del resto Sand ha un rapporto speciale col Lanus. La sua storia ha dei punti in comune con quella di Milito, anche se a noi europei interessa meno. Nato nelle giovanili del River Pepe era considerato un talento di spessore assoluto. Per lui parlavano i 138 gol marcati nelle inferiores che lo rendevano il migliore di sempre con la maglia con la Banda. Il salto nel calcio dei grandi però non è stato tenero, e Sand praticamente ha vissuto una carriera da giramondo, con ben 16 squadre cambiate. Il club con cui ha reso al meglio è stato, ovviamente, il Lanus: 59 gol nella prima esperienza tra il 2007 e il 2009, 15 nel 2016 al ritorno a 35 anni. Ma perché dovrebbe collegarsi a Milito? Semplice, il Lanus nella sua storia ha vinto due campionati, nel 2007 e nel 2016. Il trait d'union è la presenza di Sand come centravanti, come successo a Milito col suo Racing.

La squadra di Almiron si schiera con una difesa a quattro con due terzini abili in fase di spinta, fisici e di buon piede, il cui movimento è fondamentale per lo sviluppo della manovra. José Luis Gomez sulla destra è la scoperta del semestre: il numero 4 è un classe '93 da tenere d'occhio, chiamato anche el Cafu santiagueño. Vicino a lui come centrale di destra è da segnalare Gustavo Gomez, paraguaiano anche lui del '93, che in questo semestre è molto cresciuto in personalità e rendimento.
Il centrocampo è il reparto nevralgico della squadra, e questa è la principale eredità di Schelotto. Davanti alla difesa, da classico numero 5 argentino, gioca Ivan Marcone, un classe '90 che al Lanus sembra sul punto di fare un deciso salto di qualità. È l'elemento tattico e di equilibrio della squadra e viene da una carriera all'Arsenal di Sarandì. Di fianco a lui come interno giostra Roman Martinez, un referente assoluto della formazione anche per questioni di esperienza (è del 1983 e ha giocato in Liga). Martinez è fondamentale per la sua capacità di muoversi senza palla box-to-box, andando sia a segnare a rimorchio delle punte (è il secondo miglior marcatore dietro a Sand) sia tornando a coprire gli spazi. Il suo movimento trasforma il modulo della squadra a seconda delle necessità.
Il terzo elemento del centrocampo è la vera intuizione del tecnico Almiron. Curiosamente ha lo stesso cognome (nessuna parentela): si tratta del paraguaiano Miguel Angel Almiron, classe 1994. Mancino, rapido, estremamente sgusciante, con un fisico asciutto, l'Almiron giocatore giocava da esterno d'attacco, ruolo in cui spiccava per qualità nell'1vs1 tanto da meritarsi il soprannome di "Di Maria paraguayo", ma mancava un po' di concretezza per spiccare davvero. L'Almiron allenatore lo ha spostato qualche metro più indietro seguendo l'esempio di quanto fatto dal Di Maria argentino quando il Real Madrid ha vinto la decima, e ha ottenuto un giocatore nuovo. Almiron non solo ha dimostrato di avere la resistenza e il senso tattico per disimpegnarsi da interno, ma in quella posizione è risultato imprendibile per gli avversari, sfruttando gli spazi in modo letale grazie alla sua accelerazione. Rischiava di diventare uno qualunque, questo semestre potrebbe cambiargli le prospettive future.
La verticalità di Roman e Almiron in mezzo al campo, anche in ripartenza, ha cambiato il gioco del Lanus, che con Schelotto era molto più compassato e orizzontale, alla spagnola. In questo il lavoro del nuovo allenatore può ricordare quanto fatto da Luis Enrique al Barcellona: ha ridato stimoli e cambiato leggermente lo spartito dell'idea di calcio, senza stravolgerla.
Come tocco finale (e ricalcando sempre le ultime trasformazioni catalane), Almiron è tornato a schierare un tridente vero in attacco, puntando su Laucha Acosta (un indispensabile del Lanus), il ritorno di Sand e Pablo Mouche, vecchia conoscenza xeneize. L'unico affidabile in temini di gol è Sand, ma gli altri due sono esterni con ottima tecnica, esperienza, sacrificio, abilità in dribbling e soprattutto propensione all'assist. Un reparto funzionale, in cui le qualità individuali si amalgamano bene e si sommano.

Il titolo del Lanus è il compimento di un lavoro iniziato anni fa, ma potrebbe rappresentare un nuovo inizio per il club e anche per il tecnico Almiron, che non aveva mai trovato una simile alchimia.
In Argentina i commenti sono di ammirazione per una macchina da calcio in cui si vedono undici giocatori muoversi insieme, pronti a scambiarsi di ruolo, a coprirsi l'un l'altro, tutti sincronizzati sulla stessa idea tattica.
Una dedica speciale per questo titolo in casa Granate va sicuramente a Diego Barisone, scomparso un anno fa in un incidente stradale.


13 gen 2016

Schelotto a Palermo, una sorpresa di Gennaio

L'arrivo di Guillermo Barros Schelotto in Europa e nello specifico in Italia così, all'improvviso, in una giornata di Gennaio probabilmente non se lo aspettava nessuno. Forse nemmeno Zamparini, noto per i suoi colpi di testa e primo presidente/proprietario nella storia a presentare un allenatore come un acquisto per il futuro, che sarà utile soprattutto l'anno prossimo dopo sei mesi di ambientamento.

Schelotto in effetti è un talento della panchina. Il suo regno al Lanus è stato caratterizzato da un'incessante ricerca del gioco, spesso anche a scapito dei risultati.
Come ben riassunto qui infatti si poteva andare meglio, soprattutto viste le alte aspettative create subito. Ma tra limiti di rosa, cali di motivazione, problemi fisici e scelte di mercato il Lanus non ha mai raggiunto la sua piena dimensione tecnica, finendo per essere una squadra buona, ma mai vincente e continua.
Guardare il Lanus però valeva la pena per il gioco di Schelotto. Il suo calcio fluido, fatto di spazi e movimenti senza palla, in Argentina ha aiutato a far fare un passo avanti all'intero movimento, portando idee e concetti europei in un contesto che, ai tempi del suo insediamento, ristagnava un po'.
Il 4-3-3 o 4-1-4-1 del granate aveva come punti fissi un giocatore davanti alla difesa, stanziale e con compiti tattici e difensivi, e un attaccante centrale col compito di tagliare in profondità e riempire l'area, che spesso però non era un nove vero, ma un giocatore dinamico e tecnico tipo Silvio Romero o Lucas Melano. I due interni e le due ali si scambiavano e portavano rifinitura, tiro da fuori e inserimenti, risultando il vero motore del gioco e il tratto distintivo del calcio di Schelotto. Quasi tutti erano giocatori con una forte componente di tecnica, una certa vocazione per l'assist, pronti a muoversi senza palla e a cercare combinazioni.
Giocatore tatticamente fondamentale per Schelotto infine era Lautaro Acosta, elemento nettamente diverso dagli altri e insostituibile. Con le sue caratteristiche da ala/seconda punta molto veloce e forte in uno contro uno il Laucha serviva per scompigliare le difese e cambiare lo spartito di possesso orizzontale orientato agli scambi corti.

Difficile dire cosa ci si può aspettare da Schelotto nel breve a Palermo. L'ambientamento in Europa ha sempre le sue asperità e un ambiente come quello rosanero, in generale e quest'anno in particolare, non è proprio il massimo per lavorare tranquilli. In più un allenatore che punta sul gioco e ha idee così spiccate può avere difficoltà a far germogliare il tutto in poco tempo, specie senza esperienza europea e senza giocatori di riferimento. Simeone a Catania ha funzionato, ma in un ambiente solido. E sulla stoffa del Cholo abbiamo avuto conferme.
Sarà interessante vedere il suo lavoro sugli interni/rifinitori in rosa. Tutti potrebbero trovare un sistema in cui esaltare le qualità, a patto di inserirsi nel sistema. Il Palermo non può prescindere dal Mudo Vazquez, che però ha trovato la sua dimensione giocando più avanti, a supporto della punta. Sulla carta nelle idee di Schelotto sarebbe ideale nel ruolo dei quattro dietro la punta, giocando un po' centrocampista, un po' esterno, un po' rifinitore, come facevano giocatori come Jorge Ortiz o Junior Benitez nel suo ultimo Lanus, ma non è da escludere che un tecnico intelligente come il Mellizzo adatti le sue idee al materiale disponibile, senza azzardare troppo, sviluppando qualcosa di nuovo, diverso e più italiano.
Singolarmente interessante sarà vedere Cristante: forse, e finalmente, il talento dell'ex Milan potrà trovare l'allenatore giusto per lui visto l'apprezzamento di Schelotto per chi sa dare regia davanti alla difesa assolvendo anche compiti tattici.
Il più grosso dubbio è la capacità di Schelotto di adattarsi a una mentalità più difensiva, e in tempi brevi. Il suo Lanus non ha mai pensato a difendersi o a speculare sul risultato per ottenere il punticino. A Palermo potrebbe invece averne bisogno.

22 ott 2014

Piscu & Romero

River e Lanus sono rispettivamente prima e seconda nel torneo Transicion ed entrambe stanno anche disputando la Copa Sudamericana, di cui il Lanus è anche campione in carica. Sono squadre ben allenate, con un'identità ben precisa in campo e diversi uomini di qualità in grado di risultare decisivi.
Tuttavia due giocatori in particolare spiccano per capacità di gestione della palla e influenza generale sul gioco, il numero 15 della banda e il 10 del granate.

Silvio Romero

Il numero dieci del Lanus è un classe 1988 con alle spalle un corposo curriculum sia nel calcio argentino in generale che nel granate in particolare. Fa il suo esordio nel 2005, tra le fila dell'Instituto Cordoba, e passa proprio al club di Buenos Aires nel 2010 dopo aver messo a segno trentadue gol nelle sue prime tre stagioni da titolare. La sua prima esperienza al Lanus vede trentuno gol in tre stagioni, di cui la seconda è stata la meno fortunata. Conosce l'Europa in prestito al Rennes nel 2013-2014 in un'esperienza poco fruttuosa e torna al suo club nell'estate 2014 dopo un trasferimento saltato in Messico. Rimasto quindi quasi per caso a sorpresa è diventato il giocatore più determinante per la fase offensiva di Guillermo Barros Schelotto.
Romero è un attaccante di movimento, destro di piede, che si distingue fin dai tempi cordobesi per tecnica, capacità di vedere la porta e soprattutto abilità nel muoversi senza palla. Non ha problemi a svariare su tutto il fronte d'attacco, giocando sia da esterno che da prima punta, proprio per la sua intelligenza che gli permette di leggere prima lo sviluppo dell'azione unita al trattamento della sfera. Per i canoni argentini ha abbastanza fisicità per difendere efficacemente palla, grazie anche alla capacità di controllo e alla pericolosità nel gioco di prima. Al Lanus si trova inserito in un contesto fluido e ricco di giocatori di qualità in cui raffina la sua visione di gioco, il dribbling anche in progressione e il dialogo coi compagni, trovandosi più spesso a sfruttare l'uno contro uno sull'esterno, posizione da cui può cercare sia l'assist che il taglio verso la porta.
A 26 anni Romero è un giocatore nel pieno della maturità tecnica che riesce a sfruttare le sue qualità in ogni fase della manovra offensiva. Infatti è vicecapocannoniere del Torneo con otto gol segnati, miglior marcatore della squadra, ma produce anche assist come questo e riesce a servire così l'inserimento del suo compagno Acosta. Sia che giochi da prima punta (falso nueve, si direbbe da qualche parte) sia che parta largo tende a svariare molto, sia tagliando verso l'area che venendo incontro per organizzare l'azione. Ha infine un'apprezzabile tendenza a giocare velocemente la sfera, senza eccedere in tocchi o dribbling insistiti.

Leonardo Pisculichi

Se la carriera di Romero si è sviluppata quasi interamente in Argentina, quella di Pisculichi lo ha portato a vagabondare per tutto il globo, abbandonando poco più che ventenne l'Argentinos Juniors in direzione Europa. Dopo una fugace avventura alle Baleari agli ordini dell'Hombre Vertical Hector Cuper, il trequartista del River ha risposto presente alla chiamata dorata del Qatar, dove è rimasto per cinque stagioni, prima di accasarsi per un biennio a Jinan, provincia di Shandong, Repubblica Popolare Cinese. Un anno fa arriva la richiesta d'aiuto dell'Argentinos, invischiato nella lotta salvezza, e Piscu coglie al volo l'opportunità per il ritorno in patria: un buon semestre dal punto di vista individuale, ma vano in ottica retrocessione.
In estate il trequartista classe '84 passa al River Plate orfano di Ramon Diaz, suscitando più di qualche perplessità in una tifoseria ansiosa di accogliere nuovamente a casa qualche grande ex come Pablito Aimar.
L'iniziale scetticismo viene tuttavia distrutto dopo poche partite, il tempo di lasciare che il numero 15 assorba l'idea di calcio di Gallardo e che il Muneco capisca come utilizzarlo. La sintonia è totale e Pisculichi, più della solidità di Kranevitter e della vena di Teofilo, si rivela l'ago della bilancia della Banda. Ogni azione offensiva passa per il suo sinistro: che si tratti di palleggio a centrocampo o di verticalizzare il gioco, è lui l'incaricato a spaccare in due le difese avversarie con palle velenose e duetti con i compagni. La propensione all'assist è innata (ringraziano le medie realizzative di Mora e Teo), così come la capacità di vedere spazi che apparantemente non esistono. Il mancino diventa un'arma letale su calci d'angolo e piazzati e le percussioni palla al piede, con quel suo incedere che un po' ricorda il Chori Dominguez, sorprendono per efficacia e imprevedibilità.
Ma a lasciare stupefatti, è l'assoluta propensione al lavoro senza palla: Piscu è infatti l'incaricato a dettare il primo pressing del River, un inatteso recuperatore di palloni capace di far collaborare alla perfezione le fasi di non possesso di attacco e centrocampo. Insomma, un giocatore vero all'apice della carriera, capace di intendere il gioco prima degli altri e con quel tocco di fantasia che finora gli ha permesso di entrare nella maggior parte delle azioni da gol dei Millonarios; un elemento fondamentale che Gallardo dovrà riuscire a gestire fisicamente in vista del duro finale di semestre.

12 dic 2013

Lanus campeon


La favola della Ponte Preta si è spenta proprio all'ultimo atto. Per una squadra piccola andata avanti a suon di miracoli già l'1-1 casalingo nella finale d'andata era stato un ottimo risultato che lasciava tutto aperto nel ritorno. Ma alla Fortaleza il Lanus ha imposto il suo maggior spessore tecnico dominando anche oltre il 2-0 conclusivo. Coi gol di Ayala al minuto 25 e di Blanco al 45 la partita era già chiusa e il secondo tempo è stata tutta gestione degli argentini.

Il Lanus conquista il terzo titolo della sua storia, il secondo internazionale, consolidando un cammino che vede da anni la squadra a ottimi livelli. L'unico campionato vinto è del 2007, ma successivamente il club si è sempre trovato a lottare per i primi posti. Tuttavia nell'ultimo anno e mezzo è forte la sensazione che si sia avviata una nuova fase con Guillermo Barros Schelotto, allenatore (in coppia col fratello gemello Gustavo) giovane (classe 1973) con un passato da leggenda del Boca e secondo argentino più vincente della storia con 17 titoli di cui 10 internazionali (4 Libertadores, 2 Sudamericane, 2 Intercontinentali). Si è presentato fin da subito con uno stile moderno e decisamente europeo, ha portato la sua squadra in finale eliminando U de Chile, River Plate e Libertad rimanendo lo stesso altamente competitivo in campionato, dove è secondo con 30 punti. La finale di ritorno è stata vinta grazie alla sua scelta di schierare Ismael Blanco, autore di un assist e un gol. Anche da allenatore ha un futuro scritto al Boca, ne sentiremo parlare.
La Ponte Preta dal canto suo rappresentava un piccolo miracolo sportivo. Arrivata alla Copa malgrado il quattordicesimo posto in campionato per il rifiuto di sostanzialmente tutte le altre a partecipare, sembrava spacciata appena arrivata alla fase a eliminazione. Se con il Deportivo Pasto ci poteva anche stare passare il turno, eliminare Velez (una delle favorite) e San Paolo (campione in carica) con risultati anche netti è stata un'impresa, ancora di più per una squadra dal rendimento pessimo in campionato. Il primo titolo in 113 anni di storia sembrava scritto nel cielo, ma dopo una gara d'andata gagliarda al ritorno anche i principali protagonisti di questa grande cavalcata sono sembrati scarichi. L'espulsione del tecnico Jorginho a fine primo tempo col risultato già sul 2-0 probabilmente ha spento del tutto il furore agonistico.

Lo scontro tra queste due squadre aveva similitudini con altre due finali recenti di Copa Sudamericana.
Come nel 2010 vedeva affrontarsi un'argentina e una brasiliana giunta in finale malgrado la retrocessione in campionato. Allora l'Independiente si impose ai rigori sul Goias dopo una grande rimonta e tornò per una notte a far valere il suo soprannome di rey de copas. Restava quello tra l'altro l'ultimo successo argentino in campo internazionale.
Come nel 2012 invece si affrontavano una squadra di nome evidentemente più forte e tecnica e un'outsider assoluta giunta fino in fondo con un percorso sorprendente fatto di difesa e contropiede. Curiosamente anche la sfida tra San Paolo e Tigre vide un pareggio nella gara d'andata e un 2-0 al ritorno, seppur in circostanze a dire poco particolari.

Schelotto si porta a casa il suo primo titolo da allenatore. Per uno col suo curriculum poteva essere solo un trofeo internazionale, da dedicare al maestro Carlos Bianchi. Il Lanus avrebbe anche la possibilità di lottare per il campionato, se i risultati si incastrano bene.
Riuscirà una storica doppietta?

4 dic 2013

L'ultima giornata della Primera Argentina


La Primera Division argentina ci ha regalato negli anni combattutissimi finali a sorpresa.
Dal Velez che sotto la grandine e tra le polemiche batte e supera in classifica l'Huracan di Cappa, all'incredibile unione di risultati che ha portato a far vincere l'Arsenal, fino a uno storico triplo spareggio Tigre-San Lorenzo-Boca.

Il torneo di questo semestre è stato fin dall'inizio particolarmente combattuto. Tra le favorite in partenza si sono perse River e Racing, relegate addirittura agli ultimi posti, mentre ha saputo ripartire da zero il Boca di Bianchi. La scorsa giornata ha visto Lanus e proprio Boca pareggiare 2-2 malgrado la doppia inferiorità numerica degli uomini di Schelotto, mettendo forse fine ai sogni di titolo degli xeneizes, e il San Lorenzo non andare oltre lo 0-0 con l'Estudiantes, perdendo la chance di chiudere il torneo. Si è arrivati a una giornata dalla fine ad avere in 5 punti le prime 7 squadre, addirittura in 3 le prime 5. La classifica recita San Lorenzo 32, Lanus-Velez-NOB appaiate a 30, Arsenal 29, Boca 28.

La cosa incredibile, quasi da copione preparato, è che l'ultima giornata vede Newell's Old Boys - Lanus e Velez Sarsfield - San Lorenzo, praticamente un doppio confronto diretto per decidere il primo posto.
Tutto è nelle mani del cuervo che ha 2 punti di vantaggio e vedrebbe premiato un percorso abbastanza continuo e un grande lavoro sui giovani tipo Angel Correa. Ma queste cose in Argentina riservano sempre molte sorprese, con intrecci di risultati sorprendenti per alcuni e dolorosi per altri.
In caso di arrivo a pari punti non si guarderanno gli scontri diretti o i gol, ma si giocherà una nuova partita che sancirà il nuovo campione. Con più di 2 squadre a pari punti si realizzerà un mini-girone, come nel 2008. Che vinca il migliore. 



12 gen 2010

Salvio all'Atletico Madrid!

Dopo essere stato indicato come uno dei principali obiettivi dei club di mezza Europa, al termine di una lunga trattiva, manca solo l'ufficialità per il passaggio di Eduardo Salvio all'Atletico Madrid. Il costo del trasferimento si aggira attorno agli 8 milioni di euro e venerdì l'attaccante del Lanus sarà nella capitale spagnola per discutere gli ultimi dettagli e per apporre la firma sul contratto. Passato quasi in sordina, quello dei Colchoneros è sicuramente uno degli acquisti più importanti di questa sessione di mercato, un grandissimo colpo in prospettiva, a cifre più che contenute analizzando il valore ed il potenziale della giovane stella argentina.

Classe 1990, Salvio è considerato uno dei talenti più cristallini del Sud America e probabilmente uno dei migliori giocatori del campionato argentino, dove con Blanco e Sand ha formato nella scorsa stagione un tridente inarrestabile, fatto di fantasia, forza fisica, velocità e gol, che ha candidato così il Lanus come una delle pretendenti più accreditate per la conquista del titolo. Nonostante negli ultimi sei mesi non abbia particolarmente brillato, risentendo del momento non molto positivo della squadra e incappando in qualche problema fisico di troppo, il Toto ha potuto comunque festeggiare le prime presenze nella Seleccion argentina agli ordini del DT Diego Armando Maradona.

Alto poco più di un metro e 70, la joyita del Lanus fa della rapidità, del cambio di passo e dell'imprevedibilità le sue armi principali. Tutte qualità che gli permettono di essere una costante spina nel fianco per qualsiasi difesa e che, abbinate ad un'ottima forza fisica, ne fanno un giocatore polivalente, in grado di giostrare con la stessa facilità su entrambe le fasce o alle spalle di una prima punta. Completo sotto qualsiasi punto di vista, escluso per ovvi motivi il gioco aereo, è in grado di trovare con buona frequenza la via del gol e, allo stesso tempo, di servire assist più che invitanti per i compagni. Un talento più volte paragonato per l'incedere e per il portamento al Pocho Lavezzi, ma che ha dalla sua sicuramente una maggior caratura tecnica ed un margine di crescita nettamente superiore. Dotato di uno spirito di sacrificio invidiabile per un'ala/mezza punta, deve migliorare soltanto sotto il profilo della continuità e nella costruzione della manovra.

Ora non resta che aspettare e vedere come sarà l'ambientamento a Madrid, dove, con Aguero e Forlan, potrebbe formare un tridente tutto sudamericano potenzialmente incontenibile.

1 ott 2009

Il Pincha non si ferma più!

L’impressione è che la marcia dell’Estudiantes sia veramente inarrestabile. Il Pincha infila infatti la terza vittoria consecutiva e prende la testa solitaria della classifica. A farne le spese questa volta è un Boca Juniors sempre più in crisi, incapace di reagire e di rialzare la testa dopo le sconfitte contro Atletico Tucuman e Godoy Cruz, nonostante l’ennesimo gol di un sempreverde Martin Palermo, che può così festeggiare la convocazione da parte di Maradona per la sfida amichevole contro il Ghana. A decidere l’incontro è Enzo Perez, che risponde prontamente al pareggio Xeneize in apertura di ripresa, dopo il vantaggio iniziale degli uomini di Sabella segnato da Calderon.

L’unica squadra in grado di tenere veramente testa all’Estudiantes sembra il il Velez di Gareca, che ospita l’Huracan in una sfida dal sapore e dalle motivazioni particolari, dal momento che pochi mesi fa, in quello stesso stadio, le due compagini si sono giocate il titolo del Clausura. A presentarsi al José Amalfitani, però, è un Globo orfano delle sue stelline Pastore e De Federico, e ben lontano dai livelli di gioco espressi nell’ultimo campionato.
Anche questa volta, quindi, a spuntarla è il Velez, con una vittoria molto meno sudata di allora, arrivata in scioltezza grazie alla doppietta di Cristaldo, salito così a quota quattro nella classifica cannonieri.

A focalizzare le attenzioni domenica è stato tuttavia il Clasico di Avellaneda, conclusosi con la vittoria dell’Independiente per 2-1, in una sfida iniziata già in settimana dai due tecnici Gallego e Lombardi con piccanti botta e risposta tramite i media. A tingere di rosso il Cilindro e l’intera città in provincia di Buenos Aires ci ha pensato Dario Gandin, autore di entrambe le reti del Rojo e spietato esecutore di un Racing irriconoscibile in questo inizio di Apertura.
La squadra di Caruso Lombardi è infatti un lontano ricordo di quella sorprendente ammirata nel Torneo di Clausura, e per tutto il primo tempo subisce passivamente gli attacchi del Rojo, bravo ad imporre il ritmo e a sfruttare gli enormi varchi lasciati dalla difesa dell’Academia. Vana la rete ad inizio ripresa di Ledesma, che serve soltanto a rendere meno amaro il risultato.

Altri risultati importanti sono le vittorie del sempre temibile Colon del “Turco” Mohamed contro il Rosario Central, rivelazione del torneo, dell’Argentino Juniors contro il Godoy Cruz e del Banfield contro il Newell’s Old Boys. Il Taladro grazie ai tre punti ottenuti domenica si porta al terzo posto, candidandosi ad un possibile ruolo di terzo incomodo assieme al Central in un campionato che pian piano sembra delinearsi sempre più in una sfida a due fra i campioni del Sudamerica dell’Estudiantes e quelli d’Argentina del Velez.

Nel frattempo a Nuñez è sempre crisi nera; nonostante la confortante prestazione del giovanissimo talento Daniel Villalva, i Millonarios non vanno oltre uno scialbo 2-2 che non placa le ire dei tifosi riverplatensi. In vantaggio di due reti il River Plate è riuscito nell’impresa di farsi rimontare e di rischiare addirittura una sconfitta in extremis, non dopo aver avuto la possibilità di chiudere la partita con una clamorosa occasione capitata sui piedi di Bou.
A rendere ancora peggiore la giornata è l’infortunio muscolare di cui è stato vittima Ariel Ortega, costretto così a dover rinunciare alla convocazione in Nazionale di Maradona. Oltre alla prestazione della stellina Villalva, va segnalata l’ennesima grande partita del “Pelado” Matias Almeyda, sempre più sorprendente e sempre più leader di una squadra allo sbando e, non a caso, uno dei pochi a salvarsi dalle dure contestazioni dei tifosi della Banda.

Chi non se la passa meglio è sicuramente il Tigre, sconfitto in casa dal San Lorenzo di Diego Simeone e penultimo in classifica. Un 2-3 casalingo che ha spinto il tecnico Cagna a rassegnare le dimissioni, anche se difficilmente queste verranno accettate dalla società.

Non molto migliore è la sorprendente situazione del Lanus, presentatosi ai nastri di partenza come una delle favorite assieme a Velez ed Estudiantes, ma ancora fermo nelle zone basse della classifica.A complicare la giornata del Granate è soprattutto l’espulsione nel primo tempo del talentuosissimo Sebastian Blanco, enganche assolutamente fondamentale nell’economia del gioco degli uomini di Zubeldia. Nonostante la superiorità numerica, comunque, l’Atletico di Tucuman non è riuscito a sfruttare il doppio vantaggio, facendosi recuperare dal Granate nei minuti finali.

Il prossimo turno prevede sfide molto insidiose per le squadre di testa, con il Velez che va a fare visita alla Bombonera contro un Boca ansioso di uscire da un brutto periodo e probabilmente forte del ritorno di Riquelme e con l’Estudiantes di Veron impegnato in trasferta contro l’Argentinos Juniors. Altra sfida degna di nota, infine, è lo scontro che si terrà al Nuevo Gasometro fra Ciclon e Millonarios, con gli uomini di Gorosito che faranno visita all’ultimo allenatore in grado di portare a Nuñez il titolo argentino: Diego Pablo Simeone.


Articolo scritto per calcioargentino.com