30 mag 2016

Il Lanus dei due Almiron

"Con el odio que le tengo a Lanus, otro a que le hice la macumba e no saliron campeon. Si Banfield tiene que perdier que pierda, ma no que salga Lanus campeon" diceva la signora Marta, un punto di riferimento per tutti noi che amiamo il futbol argentino. Ed evidentemente la sua fattura ha avuto un certo peso visto che il Granate pur essendo stabilmente tra le migliori squadre d'Argentina non è mai riuscito ad arrivare alla vittoria. Almeno fino ad oggi, perchè il Lanus ha battutto 4-0 il San Lorenzo nella finale del campionato 2016.
La macumba è finita, e immaginiamo che la signora Marta nel suo salotto stia scagliando altre, numerose, maledizioni.

I tornei brevi possono sempre portare sorprese, e l'unione di un semestre di transizione con gli impegni di Libertadores ha ancora di più sparigliato le carte.
Per prima cosa infatti va detto che il Lanus ha approfittato al meglio dei passaggi a vuoto di praticamente tutte le rivali più accreditate al titolo: Boca, River, Rosario Central, volendo Racing, ma pure le altre grandi storiche tipo Independiente e Newell's. Restava il San Lorenzo, una squadra di qualità notevole capace di battere 4-0 il Boca nel primo impegno stagionale in Supercoppa, regolata senza appello nella sfida decisiva. Una serie di coincidenze che potrebbero portare a identificare il Lanus come il Leicester d'Argentina, ma per fortuna non lo dirà nessuno.
La squadra guidata da Jorge Almiron dopo l'addio di Schelotto finalmente ha trovato un semestre di continuità, che l'ha portata a dominare il suo raggruppamento. Su 16 partite il Lanus ne ha vinte 12, pareggiate 2 e perse 2, ma un pareggio e una sconfitta sono arrivate nelle ultime due giornate, quando la squadra era già sicura di disputare la finale. Quando contava il Granate ha perso solo una volta, alla settima giornata contro il Racing con uno degli ultimi colpi di coda di Milito e il primo pareggio risaliva alla giornata numero cinque. Numeri raggiunti grazie al fatto di avere il secondo miglior attacco del campionato (28 gol fatti) e la miglior difesa (10 subiti, di cui 4 nelle ultime 2 giornate).

Jorge Almiron, al primo titolo in carriera, è uno dei protagonisti del titolo visto che ha dato la sua impronta alla squadra. Il tecnico è stato bravo a non rinnegare il lavoro di Schelotto, normalizzando però alcune delle ultime derive dell'attuale allenatore del Boca e aggiungendoci un paio di intuizioni personali.
Il gioco del Lanus infatti vive ancora sui cardini di quanto portato da Schelotto, un tecnico decisamente influente sulla storia recente e forse anche futura del club visto che ha seminato una certa cultura. Almiron ha mantenuto il 4-3-3/4-1-4-1, cambiando solo alcuni interpreti, cercando sempre di arrivare alla rete attraverso il gioco collettivo. Grandi movimenti di squadra impreziositi da una tecnica diffusa rendono la squadra piacevole da vedere, ma soprattutto efficace.
Ed è proprio l'efficacia che in realtà è spesso mancata ai tempi di Schelotto. El Mellizo aveva sviluppato derive guardioliste/spagnole che lo portavano a imbottire la squadra di centrocampisti di rifinitura praticamente in ogni ruolo. Molto bene per lo sviluppo della manovra, meno per l'efficacia sotto rete. Non è un caso che il Lanus abbia invece vinto il titolo 2016 col capocannoniere del torneo, il grande monumento di ritorno José "Pepe" Sand, autore di 15 gol e letteralmente rinato in maglia granata.
Del resto Sand ha un rapporto speciale col Lanus. La sua storia ha dei punti in comune con quella di Milito, anche se a noi europei interessa meno. Nato nelle giovanili del River Pepe era considerato un talento di spessore assoluto. Per lui parlavano i 138 gol marcati nelle inferiores che lo rendevano il migliore di sempre con la maglia con la Banda. Il salto nel calcio dei grandi però non è stato tenero, e Sand praticamente ha vissuto una carriera da giramondo, con ben 16 squadre cambiate. Il club con cui ha reso al meglio è stato, ovviamente, il Lanus: 59 gol nella prima esperienza tra il 2007 e il 2009, 15 nel 2016 al ritorno a 35 anni. Ma perché dovrebbe collegarsi a Milito? Semplice, il Lanus nella sua storia ha vinto due campionati, nel 2007 e nel 2016. Il trait d'union è la presenza di Sand come centravanti, come successo a Milito col suo Racing.

La squadra di Almiron si schiera con una difesa a quattro con due terzini abili in fase di spinta, fisici e di buon piede, il cui movimento è fondamentale per lo sviluppo della manovra. José Luis Gomez sulla destra è la scoperta del semestre: il numero 4 è un classe '93 da tenere d'occhio, chiamato anche el Cafu santiagueño. Vicino a lui come centrale di destra è da segnalare Gustavo Gomez, paraguaiano anche lui del '93, che in questo semestre è molto cresciuto in personalità e rendimento.
Il centrocampo è il reparto nevralgico della squadra, e questa è la principale eredità di Schelotto. Davanti alla difesa, da classico numero 5 argentino, gioca Ivan Marcone, un classe '90 che al Lanus sembra sul punto di fare un deciso salto di qualità. È l'elemento tattico e di equilibrio della squadra e viene da una carriera all'Arsenal di Sarandì. Di fianco a lui come interno giostra Roman Martinez, un referente assoluto della formazione anche per questioni di esperienza (è del 1983 e ha giocato in Liga). Martinez è fondamentale per la sua capacità di muoversi senza palla box-to-box, andando sia a segnare a rimorchio delle punte (è il secondo miglior marcatore dietro a Sand) sia tornando a coprire gli spazi. Il suo movimento trasforma il modulo della squadra a seconda delle necessità.
Il terzo elemento del centrocampo è la vera intuizione del tecnico Almiron. Curiosamente ha lo stesso cognome (nessuna parentela): si tratta del paraguaiano Miguel Angel Almiron, classe 1994. Mancino, rapido, estremamente sgusciante, con un fisico asciutto, l'Almiron giocatore giocava da esterno d'attacco, ruolo in cui spiccava per qualità nell'1vs1 tanto da meritarsi il soprannome di "Di Maria paraguayo", ma mancava un po' di concretezza per spiccare davvero. L'Almiron allenatore lo ha spostato qualche metro più indietro seguendo l'esempio di quanto fatto dal Di Maria argentino quando il Real Madrid ha vinto la decima, e ha ottenuto un giocatore nuovo. Almiron non solo ha dimostrato di avere la resistenza e il senso tattico per disimpegnarsi da interno, ma in quella posizione è risultato imprendibile per gli avversari, sfruttando gli spazi in modo letale grazie alla sua accelerazione. Rischiava di diventare uno qualunque, questo semestre potrebbe cambiargli le prospettive future.
La verticalità di Roman e Almiron in mezzo al campo, anche in ripartenza, ha cambiato il gioco del Lanus, che con Schelotto era molto più compassato e orizzontale, alla spagnola. In questo il lavoro del nuovo allenatore può ricordare quanto fatto da Luis Enrique al Barcellona: ha ridato stimoli e cambiato leggermente lo spartito dell'idea di calcio, senza stravolgerla.
Come tocco finale (e ricalcando sempre le ultime trasformazioni catalane), Almiron è tornato a schierare un tridente vero in attacco, puntando su Laucha Acosta (un indispensabile del Lanus), il ritorno di Sand e Pablo Mouche, vecchia conoscenza xeneize. L'unico affidabile in temini di gol è Sand, ma gli altri due sono esterni con ottima tecnica, esperienza, sacrificio, abilità in dribbling e soprattutto propensione all'assist. Un reparto funzionale, in cui le qualità individuali si amalgamano bene e si sommano.

Il titolo del Lanus è il compimento di un lavoro iniziato anni fa, ma potrebbe rappresentare un nuovo inizio per il club e anche per il tecnico Almiron, che non aveva mai trovato una simile alchimia.
In Argentina i commenti sono di ammirazione per una macchina da calcio in cui si vedono undici giocatori muoversi insieme, pronti a scambiarsi di ruolo, a coprirsi l'un l'altro, tutti sincronizzati sulla stessa idea tattica.
Una dedica speciale per questo titolo in casa Granate va sicuramente a Diego Barisone, scomparso un anno fa in un incidente stradale.


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