21 nov 2014

Intervista a Carlo Pizzigoni - Storie Mondiali

Storie Mondiali è il titolo di una serie di programmi passati su Sky in "preparazione" a Brasile 2014. Dieci puntate per dieci Mondiali, dieci racconti diventati di culto in brevissimo tempo narrati da Federico Buffa.
Dal 18 Novembre Storie Mondiali è anche un libro, e per raccontarci questa avventura AguanteFutbol ha intervistato Carlo Pizzigoni, co-autore dei testi e noto giornalista.

Storie Mondiali, Federico Buffa, Carlo Pizzigoni, Sperling & Kupfer, 2014

- Partiamo dall'inizio. C'è stata una telefonata nel cuore della notte da un numero sconosciuto? Ti hanno incappuciato e rapito in strada? A parte gli scherzi, la collaborazione con Sky come è nata?

Di telefonate Sky me ne ha fatte tante, ma mi chiedevano dell'abbonamento. A parte gli scherzi, la collaborazione nasce grazie a Federico Ferri, che mi chiamò per lavorare in vista della Copa America 2011. Poi si è andati avanti a intermittenza, ma con l'ottica precisa di arrivare ai Mondiali.

-Sai che le domande su di lui sono una tassa che ti tocca. Federico Buffa? Avete sviluppato il progetto insieme fin dall'inizio?
Il progetto è nato da subito con lui, anche perchè ci conosciamo da diverso tempo. Già lo seguivo da giocatore e appassionato di basket, colpito e incuriosito dal suo modo di raccontare in telecronaca. Poi si è presentata l'occasione di sentirlo per un'intervista, ci siamo trovati a disquisire del Porto pre-Mourinho, di Fernando Santos e del suo ruolo nella crescita di Deco, si è creato interesse reciproco e abbiamo continuato a sentirci. Federico Ferri ci ha poi contattati entrambi per lavorare allo speciale su Maradona che ha gettato le basi per un lavoro più lungo. Ci tengo a dire che Ferri è molto bravo a scegliere i collaboratori e ringraziare specialmente Sara Cometti e Leo Muti (anche nella dedica iniziale del libro, ndr), i veri architetti del programma.

- Vista la vastità della materia e la tua preparazione, come hai selezionato il materiale? Ti sei preparato un pezzo su ogni manifestazione e poi approfondito i più interessanti?
Il lavoro era settato su dieci puntate, quindi dieci Mondiali dall'inizio al 1998. Bisognava ovviamente fare una scelta che non è dipesa solo da me e Federico Buffa, che abbiamo lavorato ai testi. Per prepararci io e lui ci mettiamo a un tavolo e raccogliamo tutte le idee su un certo argomento, ottenendo un quadro generale di quello che vogliamo dire. Poi ci pensa Buffa con la sua straordinaria sensibilità a intuire quali storie possano risultare più interessanti e coinvolgenti.

- C'è una storia/vicenda che per qualche motivo non avete potuto raccontare, ma a cui tieni particolarmente? E un personaggio a cui ti sei affezionato?
L'argomento è veramente vasto e veramente ricco, in ogni Mondiali abbiamo rinunciato a varie storie. I Mondiali 1934, 1954 anche solo per la grande Ungheria e 1978 li avrei raccontati volentieri. Personalmente adoro il Mondiale '58 per la sua valenza seminale. Ci troviamo la stella assoluta Pelè che cambia il calcio come giovane in grado di imporsi in un palcoscenico così importante, regalando ai posteri un esempio, e la più grande Francia di sempre, una nazionale che consegna a una nazione un'identità calcistica offensiva, una filosofia del proporre sempre gioco che porterà anni dopo alla vittoria dell'Europeo e troviamo ancora in allenatori come Wenger.
Un personaggio di cui ho parlato a cui sono particolarmente affezionato è Zinedine Zidane. Sono stato anche a visitare il suo quartiere di origine a Marsiglia. Un giocatore con una storia unica, che parla di calcio, di Francia, di Marsiglia e dell'Africa. Avrei invece voluto parlare di Bruno Metsu, l'allenatore del Senegal sorpresa del Mondiale 2002, che aveva coi suoi ragazzi un rapporto unico e irripetibile da insegnante e padre.

- Una curiosità tecnica. Com'è il passaggio dalla stesura su carta al monologo televisivo? Hai avuto problemi di tempi, battute o altro?
Quello che voi spettatori non sapete è che Buffa recita a braccio, come si dice. Il monologo ha una scaletta, degli argomenti da toccare precedentemente preparati, ma poi la narrazione è opera sua, e a volte pesca dal nulla anche aneddoti extra. Non legge un testo perchè non ne sarebbe capace, semplicemente racconta. Max D'Aloe, l'armonicista, dice che è un jazzista. Le idee sulla messa in scena sono dei nostri collaboratori, in studio si prepara tutta la struttura della puntata.

- Il libro era già previsto o è nato successivamente?
Il libro è un'idea successiva, nato sulla scia del successo delle varie puntate. Ha un linguaggio diverso e per ogni Mondiale c'è del materiale inedito. Del resto anche senza lavorare alle competizioni successive al 1998 abbiamo tanti argomenti da poterne già scrivere un altro, l'editore ci ha posto un limite perchè un libro del genere con troppe pagine (sono 266, ndr) non avrebbe funzionato. 

- "Chi sa solo di calcio non sa niente di calcio" a pensarci è una frase curiosa per introdurre delle trasmissioni e un libro che parlano di calcio. Che sfumatura vi ha colpito del noto aforisma di Mourinho?
La scelta è stata condivisa da tutti, è un messaggio molto efficace che spiega come il calcio sia un fenomeno a 360°, che va molto oltre il semplice rettangolo da gioco. Non si può parlare di Mondiali senza toccare argomenti sociali e politici, è un argomento estremamente fertile e stimolante.


Si ringrazia Carlo Pizzigoni per la gentilezza e la disponibilità

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