Ci provo, ma parlare del Coco in questi giorni non è particolarmente facile. Perchè? Perchè è semplicemente il giocatore del campionato argentino del momento, il crack su cui tutti hanno gli occhi, il nuovo Messi e il nuovo Pastore. E' la sensazione del River Plate e come purtroppo succede nella stragrande maggioranza dei casi si stanno già sprecando paragoni pesanti, tessendo lodi immeritate e predestinando futuri eccessivamente rosei. Tuttavia, senza la pretesa di erigermi a giudice supremo, credo sia ora di fare un po' di chiarezza su questo fantastico talento.
Non ho scelto casualmente la parola "talento", poichè è da questa che è necessario partire per parlare di Lamela, un giocatore ancora molto acerbo ma dalle qualità cristalline, con dei colpi da autentico fuoriclasse ed un sinistro già di categoria superiore; ma anche un ragazzo ancora discontinuo, con lacune evidenti e tanta inesperienza che lo porta spesso a commettere errori estremamemente banali. E' bastata una visita in Argentina da parte di Ariedo Braida per far passare questo campione potenziale in uno già affermato, quando neanche 48 ore fa stava segnando la sua prima rete da professionista grazie ad un delizioso pallonetto a scavalcare il portiere in uscita a coronamento di una splendida azione corale dei Millonarios. Lo bruceranno? Per fortuna se c'è una cosa certa riguardo ad Erik è che con questa pressione ci convive da anni, da quando il Barça fece esplodere un mezzo caso diplomatico per trasferire lui e la sua famiglia in Catalogna e di colpo si ritrovò catapultato fra apparizioni televisive ed interviste sulla carta stampata. Chi non si ricorda il biondino con la coda di cavallo? Chi non ha pensato che sarebbe ben presto finito nel dimenticatoio come molti altri baby-fenomeni prima di lui?
Dopo il tornado mediatico Lamela ha perso il posto da titolare nell'annata '92, scavalcato nelle gerarchie da Juan Montero e soltanto qualche anno fa, dopo una sorprendente crescita a livello fisico, è tornato prepotentemente in auge. Alla guida di una squadra incredibilmente ricca di talenti ha conquistato trofei in patria e all'estero, faticando tuttavia ad imporsi nel giro della prima squadra. Bou e Villalva gli sono stati spesso preferiti e il Coco si è ritrovato a dover affrontare un lungo apprendistato tra le Riserve: un male? Niente affatto, perchè in questo modo ha avuto la possibilità di non affrettare i tempi di maturazione, compiendo importantissimi progressi dal punto di vista caratteriale, fisico e della disposizione al sacrificio.
L'esordio è arrivato nel 2009, in occasione di un River-Tigre conclusosi tre a uno in favore della Banda -reti di Fabbiani, Falcao e dell'uomo partita Robert Flores, meteora uruguaiana in prestito dagli spagnoli del Villarreal-, ma soltanto da questo semestre Erik è entrato in pianta stabile nel giro della prima squadra. Mai tenuto in considerazione da Astrada, soltanto una fortunata serie di infortuni e squalifiche ha costretto Cappa a schierarlo in campo come esterno sinistro: nonostante le ottime prestazioni nel campionato delle riserve il Filosofo non lo riteneva infatti pronto per un impiego in prima squadra e si mormora che soltanto la costante pressione dei suoi collaboratori lo abbia convinto a riguardo. La momentanea consacrazione è arrivata tuttavia con Jota Jota Lopez, l'allenatore attuale del River Plate, nonchè coordinatore delle giovanili dei Millonarios. Chi meglio di lui può conoscere Lamela? Non è infatti un caso se all'esordio sulla panchina della Banda in occasione del Superclasico ha restituito ad Erik il suo ruolo naturale dietro alle punte, concedendogli totale libertà d'azione e fiducia incondizionata, ripagate da una partita di qualità e grande personalità.
Tuttavia è ancora presto per tessere lodi esagerate e azzardare qualche paragone un po' troppo forzato, poichè il trequartista nato nella Provincia di Buenos Aires, in questa decina di partite, ha evidenziato tante luci ed altrettante ombre. Le sue qualità sono ormai note: piede fatato, dribbling infallibile, calci da fermo magistrali, controllo di palla delicatissimo e doti tecniche fuori dal comune, abbinati ad un buon spirito di sacrificio ed una nuova discreta duttilità. Ma non ha ancora messo in mostra la sua visione di gioco, la capacità di fornire deliziosi assist ai compagni e finora ha evidenziato una certa tendenza a perdere qualche pallone di troppo in improbabili azioni solitarie. Può e deve pensare più velocemente, capire quando è il caso di cercare la giocata ad effetto o quando è meglio proporre un calcio semplice ed essenziale e soprattutto non deve farsi influenzare dall'ambiente esterno: qualche volta ha infatti dato l'impressione di abbattersi troppo facilmente per qualche mormorio seguito ad un suo errore.
La partita contro il Colon di Santa Fé è stato un chiaro esempio di ciò che in grado di fare e la rete messa segno contribuirà sicuramente ad allentare la pressione e a giocare con maggior tranquillità. Nel frattempo, dopo avergli fatto firmare un contratto che prevede una clausola di rescissione di venti milioni di Euro, il presidente Passarella dovrà resistere agli assalti di mezza Europa per lui e per Funes Mori, altro talento ricercatissimo nel vecchio continente.
Non ho scelto casualmente la parola "talento", poichè è da questa che è necessario partire per parlare di Lamela, un giocatore ancora molto acerbo ma dalle qualità cristalline, con dei colpi da autentico fuoriclasse ed un sinistro già di categoria superiore; ma anche un ragazzo ancora discontinuo, con lacune evidenti e tanta inesperienza che lo porta spesso a commettere errori estremamemente banali. E' bastata una visita in Argentina da parte di Ariedo Braida per far passare questo campione potenziale in uno già affermato, quando neanche 48 ore fa stava segnando la sua prima rete da professionista grazie ad un delizioso pallonetto a scavalcare il portiere in uscita a coronamento di una splendida azione corale dei Millonarios. Lo bruceranno? Per fortuna se c'è una cosa certa riguardo ad Erik è che con questa pressione ci convive da anni, da quando il Barça fece esplodere un mezzo caso diplomatico per trasferire lui e la sua famiglia in Catalogna e di colpo si ritrovò catapultato fra apparizioni televisive ed interviste sulla carta stampata. Chi non si ricorda il biondino con la coda di cavallo? Chi non ha pensato che sarebbe ben presto finito nel dimenticatoio come molti altri baby-fenomeni prima di lui?
Dopo il tornado mediatico Lamela ha perso il posto da titolare nell'annata '92, scavalcato nelle gerarchie da Juan Montero e soltanto qualche anno fa, dopo una sorprendente crescita a livello fisico, è tornato prepotentemente in auge. Alla guida di una squadra incredibilmente ricca di talenti ha conquistato trofei in patria e all'estero, faticando tuttavia ad imporsi nel giro della prima squadra. Bou e Villalva gli sono stati spesso preferiti e il Coco si è ritrovato a dover affrontare un lungo apprendistato tra le Riserve: un male? Niente affatto, perchè in questo modo ha avuto la possibilità di non affrettare i tempi di maturazione, compiendo importantissimi progressi dal punto di vista caratteriale, fisico e della disposizione al sacrificio.
L'esordio è arrivato nel 2009, in occasione di un River-Tigre conclusosi tre a uno in favore della Banda -reti di Fabbiani, Falcao e dell'uomo partita Robert Flores, meteora uruguaiana in prestito dagli spagnoli del Villarreal-, ma soltanto da questo semestre Erik è entrato in pianta stabile nel giro della prima squadra. Mai tenuto in considerazione da Astrada, soltanto una fortunata serie di infortuni e squalifiche ha costretto Cappa a schierarlo in campo come esterno sinistro: nonostante le ottime prestazioni nel campionato delle riserve il Filosofo non lo riteneva infatti pronto per un impiego in prima squadra e si mormora che soltanto la costante pressione dei suoi collaboratori lo abbia convinto a riguardo. La momentanea consacrazione è arrivata tuttavia con Jota Jota Lopez, l'allenatore attuale del River Plate, nonchè coordinatore delle giovanili dei Millonarios. Chi meglio di lui può conoscere Lamela? Non è infatti un caso se all'esordio sulla panchina della Banda in occasione del Superclasico ha restituito ad Erik il suo ruolo naturale dietro alle punte, concedendogli totale libertà d'azione e fiducia incondizionata, ripagate da una partita di qualità e grande personalità.
Tuttavia è ancora presto per tessere lodi esagerate e azzardare qualche paragone un po' troppo forzato, poichè il trequartista nato nella Provincia di Buenos Aires, in questa decina di partite, ha evidenziato tante luci ed altrettante ombre. Le sue qualità sono ormai note: piede fatato, dribbling infallibile, calci da fermo magistrali, controllo di palla delicatissimo e doti tecniche fuori dal comune, abbinati ad un buon spirito di sacrificio ed una nuova discreta duttilità. Ma non ha ancora messo in mostra la sua visione di gioco, la capacità di fornire deliziosi assist ai compagni e finora ha evidenziato una certa tendenza a perdere qualche pallone di troppo in improbabili azioni solitarie. Può e deve pensare più velocemente, capire quando è il caso di cercare la giocata ad effetto o quando è meglio proporre un calcio semplice ed essenziale e soprattutto non deve farsi influenzare dall'ambiente esterno: qualche volta ha infatti dato l'impressione di abbattersi troppo facilmente per qualche mormorio seguito ad un suo errore.
La partita contro il Colon di Santa Fé è stato un chiaro esempio di ciò che in grado di fare e la rete messa segno contribuirà sicuramente ad allentare la pressione e a giocare con maggior tranquillità. Nel frattempo, dopo avergli fatto firmare un contratto che prevede una clausola di rescissione di venti milioni di Euro, il presidente Passarella dovrà resistere agli assalti di mezza Europa per lui e per Funes Mori, altro talento ricercatissimo nel vecchio continente.
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