27 dic 2017

Petagna si sta accontentando



Andrea Petagna si è imposto all'improvviso nella scorsa stagione come uno dei centravanti protagonisti della nostra Serie A. Ormai la sua presenza è data per scontata, ma solo un anno fa non era affatto così: solo nell'Atalanta aveva davanti nelle gerarchie Mauricio Pinilla ed Alberto Paloschi. Unicamente la follia visionaria di Gasperini, uno che di sicuro non ha paura di azzardare, lo ha proiettato tra i titolari dei nerazzurri e a quel punto è iniziata totalmente un'altra storia.

Riavvolgiamo il nastro. Petagna cresce calcisticamente nel Milan, dove fa il suo esordio nel 2012 in Champions League venendo poi aggregato alla prima squadra. Il suo tratto distintivo è sempre stato il fisico: il nativo di Trieste infatti fin da piccolo ha potuto vantare una superiorità schiacciante sui suoi avversari che ne ha dettato lo stile di gioco da lottatore, impavido in ogni tipo di agone fisico. A questo l'attaccante unisce un mancino raffinato, che a livello di giovanili lo rendeva una specie di versione Hulk di Messi. O una specie di Hulk e basta, il calciatore. Tra i professionisti però la musica cambia in fretta.
I primi passi della carriera di Petagna sono duri, durissimi. Cambia tre maglie (Sampdoria, Latina, Vicenza, con un ritorno al Milan nel mezzo) senza trovare mai la sua dimensione. Una situazione tanto frustrante da fargli meditare persino l'addio al calcio. Lo salva l'Ascoli, che lo preleva in prestito e lo fa giocare titolare. Risultato un campionato da 7 gol, ad oggi il suo migliore dal punto di vista realizzativo. Siamo nella stagione 2015-2016 e nel mercato di gennaio l'Atalanta decide di puntare su di lui acquistandone il cartellino. Arriverà a Bergamo l'anno successivo, nel 2016-2017, e come dicevamo la sua carriera cambierà decisamente.

Come accaduto a Cristante, Gagliardini, Kessié e chissà quanti altri l'incontro con Gasperini è fondamentale per la svolta di Petagna. Nessuno al mondo infatti darebbe fiducia dal nulla ad una punta giovane (è un classe 1995), digiuna di Serie A e soprattutto così allergica al gol. Il tecnico di Grugliasco invece sì, panchinando pure giocatori con curriculum più seri, e il risultato un anno dopo è che Andrea è un titolare certo nel massimo campionato. Tutto grazie al contesto che Gasperini ha creato a Bergamo.
Perché il contesto tattico è chiaramente fondamentale per il rendimento di Petagna: il numero 29 infatti è l'unico attaccante al mondo che va in campo a prescindere dalla sua "incapacità" di segnare. Il suo compito principale nell'Atalanta è fare da riferimento offensivo. Petagna deve stare alto, giocare tanto spalle alla porta, difendere ogni cosa che i suoi compagni gli mandano, che sia palla alta o palla bassa, pressare ogni avversario nella sua zona di competenza (che è parecchio ampia visto che gioca da unica punta). E in questo è semplicemente straordinario. Ai gol ci pensano i suoi compagni, spesso sfruttando anche il suo preziosissimo lavoro di sponda, che poi è la sua seconda caratteristica migliore. Petagna infatti ha veramente un buon mancino grazie al quale riesce a duettare coi compagni, serve assist e si produce anche in cambi di gioco. Il resto lo fa il solito fisico. Gasperini, in sostanza, lo usa per spostare anche fisicamente le difese avversarie e aprire spazi ai compagni, che poi sa anche servire.

Il problema è appunto il suo rapporto col gol. Nella scorsa stagione con l'Atalanta ne ha segnati 5, un numero chiaramente insufficiente per un centravanti titolare, dimostrando una sorprendente mancanza di cattiveria dentro l'area, specie per un giocatore tanto convinto in ogni altra zona del campo. Sembra quasi che quando Petagna rivolge la fronte alla porta perda i suoi poteri: impressionante in negativo, ad esempio, è la debolezza del suo tiro. Completasse questa assurda mancanza potrebbe diventare una punta completa molto interessante, di conseguenza sembrava naturale che iniziasse a lavorare sui suoi limiti. Invece questa stagione, al momento, va nella direzione opposta.
Petagna invece che combattere contro i suoi limiti per superarli sembra averli abbracciati, decidendo di ritagliarsi il suo spazio vitale all'interno di essi. Questa scelta, magari inconscia, rischia di tarpargli le ali, limitandolo a giocatore di ruolo in un contesto unico o quasi. Un azzardo enorme per un ragazzo che bene o male ha tutta la carriera davanti.

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