12 mar 2015

Hate Parade

Poiché siamo delle persone estremamente rancorose, che non a caso hanno eletto come proprio modello di vita l'eroe argentino Santiago Pasman (al secolo Tano Pasman), abbiamo deciso di stilare una classifica dei calciatori da noi più detestati e mal sopportati.
È una lista provvisoria, perché il nostro astio non ha limiti né pregiudizi: troviamo un capro espiatorio a tutte le latitudini e longitudini, di qua e di là dell'oceano Atlantico, anche se alcuni prediletti hanno oramai raggiunto livelli di disturbo della nostra tranquillità spirituale difficilmente pareggiabili.
Non sono (tutti) giocatori scarsi, semplicemente c'è un motivo per cui al solo leggerli in formazione (ma anche in panchina, o anche a leggerli e basta) scatta una molla nel nostro inconscio e l'odio sgorga. 


Ramires Santos do Nascimento: spesso ci si trova di fronte a giocatori atleticamente molto forti, in grado di fare la differenza sul piano della corsa, ma con un apporto tecnico diciamo ondivago. Difficilmente però se ne trovano di nazionalità brasiliana e pure nel giro della Seleção. Ramires in questo non ha colpe, è semplicemente un ottimo elemento tattico da sfruttare in determinati contesti. Non a caso Mourinho lo sceglie sempre nei match importanti con chiara impostazione difensiva. Il problema è la percezione media di Ramires come giocatore tecnico, forse addirittura funambolo, in grado di fare la differenza in chiave offensiva. E no, i mesi con Di Matteo non valgono in alcun modo come prova. In Brasile hanno una certa fantasia nei soprannomi, tipo "o fenomeno", "o rey do drible/de la pedalada", "l'angelo dalle gambe storte", "la gioia del popolo". Se ti chiamano "il keniota" qualcosa vorrà pur dire.


Lucas Leiva Pezzini: avete presente quello che non fa nulla, non si fa mai notare e quindi la sfanga sempre? E non dico per astuzia, semplicemente perchè è tappezzeria? Ecco, Leiva a centrocampo è così. Sta nella sua zona quindi fisiologicamente avversari e pallone passano, contrasta, gioca la palla il più semplice possibile, fine. Non rischia nulla perchè non tenta nulla, non entra negli highlights nè in positivo nè in negativo. Spunti, tecnica, personalità, tiri, inserimenti? Rivolgersi altrove. Però è biondo, è brasiliano, ha un nome evocativo, quindi fa figo. Sarebbe semplicemente un inutile non giocasse dalla preistoria nel Liverpool e a fasi alterne pure nel Brasile (dove, a onor del vero, hanno chiamato i peggio randagi come mediani difensivi). Pernicioso connubio di inutilità e notorietà.

Danny Welbeck: lo vedi lì, con quel fisico, quella tecnica, quella capacità di muoversi e inevitabilmente pensi che debba spaccare il mondo. Questo succedeva nel 2011 e grossomodo stiamo ancora aspettando. Mai visto un simile cocktail di qualità riuscire ad essere tanto irrilevante su un campo da calcio. Quando pensi abbia fatto una bella giocata e credi di intravedere un lumicino in fondo al tunnel ecco che abbassa la testa e ti ricordi perchè gli hai messo una croce sopra da tempo. In più ha un rapporto complicato con la porta avversaria perchè troppo impegnato a specchiarsi, a pensare al gol bello e ad usare solo il piede destro. Per un wannabe centravanti cose da niente proprio. L'epitome del potrei spaccare il mondo, ma perchè sfruttare con razionalità tutto questo potere?

Fernando Gago: per raccontare l'odio verso il malcapitato Fernando sarebbe sufficiente una breve rassegna stampa. Fin dagli esordi con la maglia del Boca Juniors i giornalisti sudamericani si sono infatti prodigati in paragoni poderosi, come "el nuevo Redondo". In procinto di atterrare in Europa, a Madrid, i colleghi europei, per non essere da meno, hanno subito rilanciato: "Guardiola ha vuelto. Tiene 19 años. Viste la casaca de Boca". Tuttavia il primo gradino del podio è doveroso assegnarlo al guru Fernando Niembro (commentatore di Fox Sports in Argentina) per l'immortale perla: "Gago è arrivato per cambiare la storia del calcio argentino". A quanto pare il messia di Ciudadela ha avuto qualche problema durante il suo cammino, poiché alla soglia dei 30 anni non lo si è visto né camminare sul Rio de la Plata, sul Manzanarre o sul Tevere, né tantomeno prendere per mano la nazionale argentina o una delle squadre di club in cui ha militato. Inoltre la predisposizione agli infortuni, più che un Gesù munito di pallone sotto braccio, lo fa sembrare un moderno Lazzaro a tinte albicelesti. Della classe di Redondo si è visto davvero poco, delle geometrie di Guardiola qualcosina in più, ma nulla che perdoni il paragone e giustifichi la stampa argentina dall'averlo sempre preferito a Ever Banega. Lui sì, talento vero gettato al vento.


Leonardo Ponzio: è tornato in Sudamerica per aiutare il River Plate a risorgere dalle proprie ceneri, forte di un'esperienza europea che lo avrebbe formato come uomo e calciatore, pronto a ricevere in dono le chiavi del centrocampo della Banda. Un giocatore moderno, totale, con geometrie, tiro da fuori, tempi di chiusura e personalità da vendere: un mediano per la Seleccion. O forse no. Le convocazioni in Nazionale sono arrivate (grazie eh, Pachorra), ma il suo impatto nei Millonarios è stato un crescendo di imprecazioni degne proprio del miglior Tano Pasman. Da uno con la sua esperienza ti aspetti almeno la capacità di rimanere sempre lucido, invece è il primo a navigare col pensiero per altri lidi: un concentrato letale di posizionamenti sbagliati, lanci sbilenchi, conclusioni senza senso e idee becere. È in crisi di identità e crede di essere Juan Sebastian Veron, con i piedi di Funes Mori. Ha avuto uno scatto d'orgoglio nel doppio Superclasico di Copa Libertadores, quando almeno ha avuto l'accortezza di picchiare senza remora qualsiasi forma di vita orbitante attorno al proprio unico neurone. Non abbastanza, tuttavia, per perdonargli la panchina extra (erano entrambi alle spalle del Lobo Ledesma) a cui costrinse Kranevitter durante la gestione Ramon Diaz.


Giorgio Chiellini: "un duro", "un guerriero", "un lottatore", "un agonista", "il miglior difensore della Serie A", "uno dei migliori difensori d'Europa", "uno dei primi tre al mondo". Potrei finire qui, senza neanche commentare, perché leggere o sentire certe scemenze sarebbe sufficiente per giustificare la chiusura del blog causa raptus omicida da parte dei poveri autori. È vero che siamo in un'epoca calcistica in cui i difensori veri sono come gli unicorni, ma ciò non legittima il commentatore di turno a propinarci certe nefandezze. Innanzitutto, nonostante il livello medio indecente dei difensori di tutto il mondo, Chiellini non brilla né per senso della posizione, né per continuità, né tantomeno per classe. Come il 90% dei colleghi di reparto deve ringraziare la triste moda della difesa a tre, che permette di nascondere sotto al tappeto buona parte dei limiti tattici di base di un difensore (ciao Ranocchia, ciao Bonucci). Poi c'è la fama da duro che si è costruito nel tempo: ma che rude è uno a cui tutto o quasi è permesso e che al primo contatto inizia a strillare come il primo Neymar di turno? Tra l'essere tosto e l'essere vigliacco il confine è davvero sottile, ma con il difensore di Pisa il problema neanche si pone. Quante volte durante un contropiede lo abbiamo visto tagliare la strada a un avversario con una spallata in pieno sterno e la palla a 50 metri da lui? Quante volte è finito a terra in una pozza di lacrime reclamando una punizione esemplare per l'avversario? Questo blog sta con Luis Suarez.


David Luiz Moreira Marinho: il discorso alla fine è semplice. Vieni considerato da alcuni il miglior difensore del mondo? E allora mi aspetto che saper difendere rientri tra le tue caratteristiche migliori. Telespalla Luiz invece riceve questa investitura facendo altro, tipo segnare su punizione. Curioso mondo a volte il calcio. Il suo problema alla fine è che è nato difensore, ma con la mentalità da attaccante. Punta alla giocata, all'effetto, al prevalere singolarmente e questo lo porta a perdere di vista alcune priorità del ruolo, tipo tenere la linea. Colpa di sicuro di una personalità spiccata, che ha creato un personaggio che in certe occasioni finisce per fagocitare il giocatore. Più passa il tempo, più gli si danno responsabilità più questa cosa si acuisce. Dite che potrebbe non essere un caso il suo spostamento a mediano? Potrebbe.


Sergio Busquets: andiamo oltre il fatto che ha iniziato a giocare in quanto canterano figlio di canterano in un periodo in cui contava tantissimo il pedigree in casa Barcellona. Passi che è al massimo un buon giocatore di sistema spacciato per regista illuminato. Passi che non ha nessuna qualità realmente sopra la media se non l'intelligenza tattica e l'altezza per i canoni dei pari ruolo spagnoli. Passi che è un simulatore senza vergogna. Passi che non fa assist, non segna mai e non è manco forte di testa pur dando venti centimetri ai compagni. Passi che se non esistesse Xavi farebbe al massimo il pivot nel calcio a cinque. Passi che a un certo punto nella Spagna si è veramente pensato di panchinare Xabi Alonso per farlo giocare. Passi tutto, ma al suo nome sono da ascrivere almeno due crimini contro il calcio: la cessione di Yaya Tourè come fosse un signor nessuno (a prescindere dal prezzo, conta il concetto) e la condanna per Mascherano a fare il difensore centrale per anni. Nel Medioevo c'era il rogo per molto meno, e senza prove.


Antonio Valencia: una volta la 7 del Manchester United era roba seria. Poi Beckham è diventato un modello a tempo pieno, Cristiano Ronaldo è andato a Madrid, Sir Alex per una stagione l'ha data a Valencia e le cose sono andate a farsi benedire (inutile sottolineare che dopo un paio d'anni il manager si sia ritirato dalla panchina, e alle coincidenze non crede nessuno). L'esterno dell'Ecuador non è un giocatore singolarmente negativo, solo è mortalmente prevedibile. Nel caso lo United si stia allenando ora, potrei tranquillamente dirvi cosa sta facendo: è largo sulla destra, corre dritto, conduce col destro e cerca di dribblare a destra. In questi quattro (quattro) concetti c'è tutto il gioco di Valencia. Movimento senza palla poco, sinistro inesistente, senso del gol da terzino difensivo, colpo di testa nullo. Tutto questo malgrado una buona tecnica e fisicità da vendere. Miglioramenti negli anni chiedete? Chiaramente zero, ma se volete davvero divertirvi guardatelo difendere da terzino (intendo se non tifate Red Devils). Talento rubato all'atletica leggera, o alle corse campestri, o all'inseguimento dell'ara ararauna, diffuso in Ecuador.

 
In collaborazione con G.D.C.

2 commenti:

  1. Sto morendo di risate: grazie, grazie davvero. Splendido.

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  2. Bellissimo articolo! Aspetto la puntata #2 di G.D.C. con tra i protagonisti un portiere…

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