Wenger e Mourinho non sono esattamente amici. Oltre ad anni di rivalità i due manager sono divisi profondamente dalla loro personale visione del calcio, legata a concetti più ampi per uno e inscindibile dalle vittorie per l'altro.
Analizzando gli acquisti principali, il loro agire sul mercato nelle ultime due stagioni, cioè da quando il portoghese è tornato in Premier League, riflette con chiarezza le differenze caratteriali e di mentalità tra i due.
Arsene Wenger oggi incarna l'Arsenal, anche perchè è l'unico tecnico ad averne occupato la panchina nell'era moderna del club. L'approccio al gioco, la filosofia, il progetto giovani e una serie di altri fattori consolidati in quasi venti anni costituiscono un pacchetto chiaro quanto preconfezionato di quello che ci si aspetta da lui e dalla sua squadra, con uno spartiacque fondamentale dal 2004 in poi.
Nella passata stagione, forse stanco di leggere critiche e ironie, il francese decise di dare una svolta. La squadra aveva una sua ossatura costruita negli anni e finalmente sul mercato si potevano investire soldi veri su quei pochi giocatori veramente utili. Operazioni chirurgiche finalizzate a un salto di qualità atteso da dieci anni. La principale necessità tecnica era quella del centravanti, un nome che potesse portare personalità, gol, tecnica e pericolosità costante. Un nuovo Van Persie, capace di segnare, ma anche di svariare e giocare la palla. L'identikit portava a Luis Suarez, ma il corteggiamento cadrà nel nulla e un altro candidato come Higuain sceglierà la città che fu di Maradona. Wenger si trovò così in un'empasse storica, senza obiettivi e senza acquisti se non il ritorno di Flamini a parametro zero. All'ultimo giorno di mercato, forse consapevole di non poter reggere la pressione di un'estate di immobilismo, decise di investire tutto il budget nell'unico giocatore di spessore e pedigree disponibile, quel Mesut Özil scaricato dal Real Madrid. Un colpo mediatico importante per cifre e caratura tecnica, ma anche un giocatore non realmente necessario alla rosa. Preso perchè qualcuno doveva arrivare e lui tutto sommato nel gioco non stava male, al massimo bastava adattarlo un po'.
Un anno dopo, nel mercato appena concluso, l'Arsenal aveva ancora delle necessità tecniche principali ed evidenti. Il ruolo di centravanti era sostanzialmente coperto dal solo Giroud, reduce da un'ottima stagione, cui serviva una riserva credibile se non un titolare, ancora un grande nome che potesse mandarlo in panchina e elevare il livello dell'intera squadra. A centrocampo poteva servire un mediano difensivo, o un impostatore tecnico più giovane di Arteta o un giocatore fisico migliore di Flamini. Infine un difensore centrale affidabile. L'unico vero acquisto invece è stato Alexis Sanchez, ancora una volta un giocatore di talento e pedigree strappato a una spagnola arrivato in un reparto già notevolmente affollato. Tutto sommato nel gioco non stava male, bastava adattare un po' tutti gli altri. Gli altri arrivi sono stati un giovane (Chambers, che per quanto talentuoso è un '95) e un paio di sostituzioni necessarie (Debuchy per Sagna e Welbeck causa infortunio di Giroud).
Due anni di mercato anche dispendiosi, ma che non hanno risolto alcun problema tecnico (a meno che Welbeck non esploda fragorosamente, e comunque l'inglese è arrivato per coprire un infortunio) e anzi hanno ogni volta avviato una specie di rivoluzione tecnica. Non a caso oggi Wenger si trova con un progetto tattico diverso da quello che l'ha portato a vincere l'FA Cup lo scorso anno, in cui proprio Özil sembra di troppo. Poca determinazione, troppo amore per un certo tipo di giocatori, idee tattiche troppo variabili e assenza di riferimenti tecnici assoluti.
Josè Mourinho invece, non essendo legato a un unico club, ha dei tratti distintivi personali che più o meno impianta dove allena. E di solito portano a vincere titoli. La sua seconda avventura al Chelsea ha dei presupposti molto diversi dalla prima, infatti nel 2004 sia lui che il club avevano bisogno di imporsi nel calcio che conta, mentre oggi le aspettative si sono alzate visti i successi consolidati nel tempo e i soldi a disposizione. Tradotto, i risultati non possono aspettare troppo.
Più o meno dalla vittoria della Champions 2012 la rosa aveva cominciato il suo rinnovamento, uscendo dall'onda lunga del primo ciclo-Mourinho. I nuovi leader si potevano identificare in David Luiz e Mata, coadiuvato in attacco da altri giovani come Oscar e Hazard. L'allenatore portoghese nell'estate 2013 ha optato essenzialmente per un primo anno di studio, valutando il materiale disponibile, seminando le sue idee tattiche e puntellando gli uomini disponibili con Willian e Schürrle. Stranamente per le abitudini di Mourinho non sono arrivati titoli, ma il progetto è stato definito in modo chiaro e inequivocabile. La squadra ha trovato una sua base e confidenza nei risultati ottenuti, soprattutto contro le grandi.
Col mercato 2014 Mou ha voltato pagina, passando alla composizione della rosa più adatta ai suoi gusti. Le necessità tecniche individuate erano il terzino sinistro, il mediano difensivo, l'erede di Lampard come centrocampista di collegamento, la prima punta. Il mercato ha portato Filipe Luis, Matic (a Gennaio), Fabregas e Diego Costa, con l'aggiunta di Courtois in porta. Gli epurati sono stati Ashley Cole, David Luiz e Juan Mata, senza troppi complimenti e guadagnandoci pure bei soldi.
Scelte nette, anche dure e impopolari, seguendo un'idea tattica molto precisa a cui bene o male i singoli devono adattarsi. Nessuna paura di chiudere col passato, immobilismo o scelte di ripiego dell'ultimo minuto. Una rosa nuova, giovane, pronta per avviare il secondo ciclo-Mourinho.
Nel 2013-2014 Wenger ha potuto rinfacciare a Mourinho i famosi zero tituli, consumando una vendetta freddissima. Scommettiamo che non si ripeterà a breve?
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