26 giu 2014

La confusione tattica di Prandelli

Nella fretta di trovare un capro espiatorio, tra vertici dimissionari e guerre senatori/giovani, ci si dimentica che per tre partite l'Italia avrebbe anche dovuto giocare a calcio.
L'eliminazione porta con sé un bottino da una vittoria e due sconfitte, con due gol fatti, tre subiti e una sensazione generale di lentezza, inadeguatezza fisica e poche idee. Alla base di quanto (poco) visto al Mondiale ci sono il lavoro e le scelte dell'ormai ex ct Cesare Prandelli, un allenatore arrivato all'appuntamento più importante con troppe alternative e tutte parecchio confuse.
L'Italia è sembrata improvvisare, sia nel varare il nuovo 4-3-2-1 che nel ritorno al 3-5-2, trascinata più dalla sensazione del momento che da un progetto preciso, guidata da un allenatore senza più riferimenti. Come si è arrivati a questo?

Il primo fondamentale snodo tattico è stato l'infortunio di Montolivo.
So che suona strano, ma l'uomo di Caravaggio era per Prandelli una pedina fondamentale nel centrocampo in quanto deputato a galleggiare tra mediana e attacco. Con lui il modulo designato era il rombo (presumibilmente insieme a Pirlo, De Rossi e Marchisio), sfruttato spesso per tutte le qualificazioni in quanto permetteva di avere un centrocampo folto votato al possesso e di mantenere pericolosità offensiva con due punte davanti. Senza il capitano del Milan questa idea tattica è scomparsa dalle opzioni di Prandelli, mai nemmeno provata al Mondiale.
Una conseguenza dell'infortunio è stata la convocazione di Verratti. Il talento del PSG infatti era più che altro un'alternativa a De Rossi e Pirlo nello schacchiere tattico per le sue vocazioni da playmaker e subiva la concorrenza anche del suo compagno di club Thiago Motta. Un elemento futuribile più che una risorsa per il presente, come suggerisce anche il suo impiego nel tempo. La perdita di Montolivo ha aperto un improvviso buco nel gruppo e il pescarese si è trovato catapultato ai Mondiali.

Prandelli si è trovato quindi a ridisegnare la squadra che aveva in mente a pochi giorni dall'esordio.
I suoi leader tecnici, i giocatori imprescindibili, erano Barzagli, Pirlo e Balotelli. Attorno a loro andavano adattati gli altri.
L'idea principale era puntare sulla difesa a quattro, sfruttando l'alternativa a tre solo in partite singolarmente ostiche come agli Europei, anche perchè questa volta rispetto al 2012 nei convocati non c'erano esterni abituati a fare tutta la fascia. In mezzo al campo ogni scelta era condizionata dalla presenza di Pirlo e dalla conseguente necessità di proteggerlo, non fisicamente come avviene alla Juve, ma attraverso il possesso insistito. Serviva in mezzo al campo un giocatore che potesse garantire circolazione palla e tecnica al posto di Montolivo, quindi o Verratti o Thiago Motta (non a caso alternati con Inghilterra e Costa Rica). I due del PSG però, soprattutto se schierati insieme alla coppia Pirlo-De Rossi, fornivano poche garanzie a livello di corsa e dinamismo. Marchisio fin da subito era chiaro che sarebbe stato il giocatore deputato a portare fisicità, inserimenti e sacrificio, ma pensare che potesse farlo da solo era più sintomo di incoscienza che di fiducia.
Per completare la formazione bisogna spostarsi un attimo sul reparto d'attacco. Prandelli nella qualificazioni chiedeva corsa, pressing, ma anche profondità al partner di attacco di Balotelli, che non a caso è spesso stato uno come Osvaldo. Il 9 azzurro ha talento e colpi, ma tende ad aspettare la palla e a fare poco movimento, richiedendo quindi un certo lavoro al suo compagno di reparto.
Il tecnico si è quindi trovato a metà strada tra la necessità di dare una spalla a Balotelli che si accollasse questi compiti e un aiuto a Marchisio che condividesse il lavoro sporco a metà campo. Candreva deve essergli sembrato l'ibrido ideale, vista la sua capacità di corsa, inserimento e tiro.

Questo modulo ha retto per una partita e mezzo, in gran parte grazie alla connivenza di Hodgson.
La coperta si è rivelata in fretta estremamente corta sia per i limiti tattici di Balotelli, sia per i problemi difensivi, sia per la pessima condizione atletica di gran parte dei centrocampisti, sia per l'inadeguatezza dei terzini.
Tutte cose di cui Prandelli doveva essere conscio e sperava in qualche modo di nascondere con un insistito possesso palla. Un po' debole come piano partita.
La scarsa convinzione nel neo-varato contesto tattico si evince anche dai cambi effettuati contro la Costa Rica. Per quanto fosse evidente che la squadra non si stesse trovando in campo, mettere in campo giocatori offensivi più o meno a caso sperando si inventino una giocata difficilmente è la soluzione.

Il passaggio al 3-5-2 nell'ultima decisiva partita con l'Uruguay era sostanzialmente una necessità. Prandelli ha dimostrato di essere influenzabile e influenzato dalle critiche e ha deciso, di fatto, di abbandonare ogni scelta e responsabilità affidandosi al blocco (soprattutto difensivo) Juventus, cioè la retroguardia che offriva più garanzie e automatismi estranei al suo lavoro dopo i disastri visti nella linea a quattro. In attacco si sono riviste le due punte, con Immobile, cioè l'uomo richiesto a gran voce da media e tifosi, gettato all'improvviso nella mischia come partner di Balotelli. Scelte populiste di comodo buttate dentro sperando, sostanzialmente, in un miracolo, sintomo di pura improvvisazione.

Nessuno ha però risposto alle preghiere, e l'Italia è finita vittima dei suoi limiti tattici, difensivi (tutti gol subiti con chiare responsabilità singole) e atletici (il caldo vale anche per gli altri).
Ma soprattutto dei limiti del suo ct, incapace di selezionare 23 giocatori utili e di scegliere un sistema di gioco definito.


P.S.:
Il discorso è volutamente incentrato sulla tattica, e tocca solo marginalmente la questione delle convocazioni perchè entrare in quel ginepraio avrebbe reso il tutto troppo lungo e pesante.
Ma, detto in breve, dei 23 uomini scelti da Prandelli quelli realmente compresi nelle idee tattiche erano circa 13.

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